☽ ~ 𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 𝖖𝖚𝖆𝖙𝖙𝖗𝖔
🚨QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE VIOLENTE🚨
ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ È ᴜɴ ᴘᴏꜱᴛᴏ ᴘᴇʀɪᴄᴏʟᴏꜱᴏ, ɴᴏɴ ᴀ ᴄᴀᴜꜱᴀ ᴅɪ Qᴜᴇʟʟɪ ᴄʜᴇ ᴄᴏᴍᴘɪᴏɴᴏ ᴀᴢɪᴏɴɪ ᴍᴀʟᴠᴀɢɪᴇ ᴍᴀ ᴘᴇʀ Qᴜᴇʟʟʟɪ ᴄʜᴇ ᴏꜱꜱᴇʀᴠᴀɴᴏ ꜱᴇɴᴢᴀ ꜰᴀʀᴇ ɴᴜʟʟᴀ.
ᴀʟʙᴇʀᴛ ᴇɪɴꜱᴛᴇɪɴ
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Non riesco a muovermi. Non riesco a scendere da questa dannata macchina. Sento lo sguardo di Chris perforarmi la testa. Sono sicura che freme dalla voglia di vedermi essere pestata a sangue da Ray. Dopo il mio rifiuto, non si aspetta nient'altro che vedermi ridotta male. Continuo a stringere quella scatola tra le mani come se fosse un'ancora di salvataggio. Sto tremando e fatico persino a deglutire.
Chris apre lo sportello e lo sbatte con forza facendomi trasalire. Lo osservo col fiato sospeso mentre si avvia verso il vialetto di casa.
Vorrei darmela a gambe, ma non riesco nemmeno a muovermi, figuriamoci se riuscirei a correre in questo momento.
Tutto quello che ho mangiato a cena, sta per risalirmi dall'esofago. La bile è diventata amara. Sto per vomitare.
Li osservo scambiarsi qualche parola e poi voltarsi entrambi nella mia direzione.
Lo sguardo che mi rifila mio padre mi fa tremare anche l'anima. Ogni cosa dentro di me trema furiosamente.
Per qualche secondo smetto anche di respirare. La paura è così tanta che... Sul serio, non riesco nemmeno a muovermi. È come se fossi stata pietrificata su questo maledetto sedile.
In un battito di ciglia, Ray raggiunge l'auto. Apre lo sportello e mi afferra dal polso. Cerco di oppormi, ma è inutile. È più forte di me. Mi trascina fuori dall'abitacolo con forza, facendomi male al braccio.
Cado a terra. Le ginocchia vanno a sbattere furiosamente contro il marciapiede.
Infila una mano in mezzo ai miei capelli e li strattona, obbligandomi a sollevare il viso e guardarlo in quegli occhi che ardono di arrabbia. Quegli occhi demoniaci.
«Che cazzo hai combinato?» Mi strattona i capelli procurandomi un dolore infernale al cuoio capelluto. «Pensavi di farla franca? Piccola puttanella che non sei altro!» Rafforza la presa sui miei capelli e mi tira su.
Mi trascina con la forza fin dentro casa, una volta dentro, mi spinge dalla schiena facendomi cadere di nuovo a terra. Con un colpo secco chiude la porta alle sue spalle. Talmente è forte il suo gesto, che alcuni pezzi di intonaco cadono a terra sbriciolandosi.
Chris scavalca il mio corpo e va a sedersi sul divano, forse per godersi meglio la scena.
Smetto di respirare quando il piede di Ray mi colpisce sul costato destro. Questa volta mi ucciderà.
«Lo sapevo!» Sbraita. «Avrei dovuto tagliarti la gola quando sei nata!» Mi colpisce di nuovo sullo stesso punto.
La vista si offusca mentre un dolore lancinante si espande in tutto il mio corpo. Al terzo colpo, le mie costole produco un rumore orribile.
Un conato di vomito mi obbliga a mettermi sulle ginocchia. Provo a vomitare, ma non ci riesco. L'unica cosa che mi esce dalle labbra è bava.
«Era un'imboscata», cerco di difendermi, con un filo di voce. Ad ogni respiro che prendo, sembra che qualcuno mi stia accoltellando al centro del petto.
Mi afferra di nuovo dai capelli, inclinandomi la testa all'insù. «Un'imboscata? Pensi che ti crederò mh? Lurida puttana.» Ora la sua furia si concentra sul mio viso. Mi ha appena colpita con uno schiaffo così potente da farmi vibrare anche il cervello dentro al cranio.
La ferita che già aveva aperto Chris poco fa, riprende a sanguinare copiosamente. Sento il sangue scivolarmi bollente lungo il mento.
Prendo un bel respiro prima di rispondere. «Sto dicendo la verità...» Faccio una pausa perché il dolore che sento è troppo. «C'era un poliziotto! Il cliente era un suo complice!»
Le mie parole non servono a niente. Un altro manrovescio mi colpisce sullo zigomo, terribilmente vicino all'occhio.
Da una parte spero che ponga fine alla mia vita e a tutte le mie sofferenze una volta per tutte. Forse è l'unico modo che ho per essere finalmente libera e andare via di qui.
Ora, non mi importa neanche più di scoprire chi sono veramente. Ora vorrei solo chiudere gli occhi per sempre e sparire.
A pochi passi da me c'è il ragazzo che oggi mi ha promesso che nessuno mi avrebbe fatto più male. Lo ha promesso, invece se ne sta comodamente seduto sul divano a fumare una sigaretta, godendo come un pazzo per questa orribile scena.
In men che non si dica l'occhio mi si gonfia tantissimo, impedendomi di vedere.
I pensieri corrono verso quella figura onnipotente che continua a rendere possibile tutta questa sofferenza.
Guarda che cosa mi sta facendo! Dove sei, quando ho bisogno di te?
Sento le lacrime annidarsi dietro le palpebre, la vista offuscarsi ancora di più, e quel maledetto filo spinato attorcigliarsi sempre di più intorno al mio collo.
L'occhio ancora funzionante ricade sulla scatolina marroncina che è caduta a pochi metri da me.
Credo che nemmeno oggi avrò finalmente il piacere di assaggiare una torta. Forse non ce l'avrò più. Oggi finisce davvero male. Quindi dovrei anche smetterla di pensare ad una stupida torta, dato che in ballo c'è la mia stessa maledetta vita.
Ray continua a picchiarmi, ad ogni colpo che subisco, il mio corpo quasi lo incassa come se fosse ormai abituato. Lo è.
Solo che questa volta fanno più male.
Perché Dio mi odia così tanto?
Se non sono andata in chiesa, e se non sono stata mai battezzata, non è colpa mia! È per questo motivo che mi rinnega?
Chris si alza dal divano. Il mio cuore fa un sussulto quando penso che forse sta per intervenire. Si spezza del tutto quando afferra lo zainetto e lo getta a terra, a pochi passi da me. «Ho recuperato un po' di soldi.» Il suo tono di voce è irrequieto, inespressivo.
Mi guarda dall'alto con una smorfia disgustata che gli storce i lineamenti. «Credo che abbia imparato la lezione, Ray. Adesso ci penso io.»
No. No. No. Ray, uccidimi!
Preferisco essere picchiata fino alla morte, piuttosto che essere violentata.
Uccidimi.
Ray molla la presa dai miei capelli con uno strattone. Mi guarda con il respiro affannato, ricordandomi una bestia inferocita. Compie un passo all'indietro, e prima di darmi le spalle, carica quanta più saliva possibile prima di sputarmi in piena faccia. «Vedi di ringraziarlo come si deve, il tuo ragazzo. È solo grazie a lui se non ti ammazzo.» Come se non mi avesse appena massacrata di botte, si volta e se ne va, rintanandosi nella sua stanza.
Le ginocchia di Chris compaiono nel mio campo visivo. « Hai visto che cosa comporta rifiutarmi? Avremmo potuto risolvere le cose in modo diverso. Forse, se non ti fossi opposta, ti avrei anche potuta difendere. Ma no, tu devi sempre rendere le cose difficili. Non è vero Lilith? Inizio a pensare che ti piaccia essere picchiata a sangue», ridacchia. «Ora alzati, subito.»
Obbedisco. Lo faccio perché non posso fare altrimenti. Con una fatica immane, riesco a mettermi in piedi. Una smorfia di dolore si fa strada sul mio viso quando una costola emette un orribile crack.
Sono a pezzi, ma non del tutto.
Sto barcollando, ma non cado.
Cado, ma non mi spezzo.
Quanta forza ho ancora? Perché non cedo e la faccio finita una volta per tutte?
Chris afferra la mia mano e in silenzio mi conduce fino alla mia stanza.
Resto immobile come una statua a fissare la scatola marroncina della torta fino a quando non svanisce dalla mia vista una volta che Chris si chiude la porta alle spalle.
I suoi occhi smeraldini mi osservano come se fossi un pezzo di carne, una bestia da macello. Mi divora con un solo sguardo, ma lui non è questo ciò che vuole.
Si prenderà il mio corpo ed io non potrò fare altro che lasciarglielo fare. L'ho già rifiutato nella sua auto, adesso, non ne ho le forze. Non ce la faccio.
Mi raggiunge, e senza dire una parola, inizia a spogliarmi. Resto inerte, come se fossi una maledetta bambola inanimata.
Una volta levati tutti i vestiti mi spinge sul letto. Si prende un attimo per ammirare il mio corpo martoriato con uno sguardo di fuoco.
Si eccita nel vedermi così rotta?
Si lecca il labbro inferiore prima di chinarsi su di me. Mi guarda negli occhi. «Ti fa male?» Con il polpastrello sfiora la ferita sul mio labbro inferiore. Chiudo gli occhi per il pizzicore che mi provoca il suo tocco. Annuisco solamente. «Potevamo risolverla meglio, Lili. Forse adesso capirai che rifiutarmi non comporterà niente di buono. Tu sei mia, ed io posso farti tutto ciò che voglio. Tu dovrai solo accettare senza fare storie», il suo fiato caldo mi scivola lungo la coda facendomi venire il voltastomaco.
Perché anche lui deve essere così?
Mi sovrasta con tutto il suo corpo, le sue mani vagano indisturbate sulla mia pelle sensibile e dolorante. Preme appena i polpastrelli su quel lato delle costole facendomi vedere le stelle dal dolore. Un gemito mi sfugge dalle labbra e istintivamente mi inarco verso di lui. Come sempre, lui interpreta male i miei gesti. Lo sento sorridere compiaciuto sulla mia pelle.
In questo momento desidero perdere i sensi e risvegliarmi solo quando avrà finito.
Ovviamente non sarà così. Il mio cervello è un maledetto sadico e vuole assistere a tutti questi orrori.
Si libera dei vestiti anche lui, poi torna su di me. Afferra entrambe le mie ginocchia e mi apre le gambe con forza prima di infilarsi in mezzo. I suoi baci bruciano contro la mia pelle. Bruciano come un qualcosa di velenoso, tossico. Mi corrodono la pelle insinuandosi nelle mie vene infettandomi ogni cosa dentro. Ogni organo... Tutto.
Con un movimento secco e deciso del bacino, entra dentro di me strappandomi il fiato. Non c'è nessuna passione nei suoi movimenti, nessun sentimento. Il piacere è solo suo.
Con la mano libera afferra il mio viso stritolandomi la mandibola e obbligandomi a guardarlo negli occhi.
Si spinge forte, rude, facendomi male.
Sembra che voglia spezzarmi in due, lacerarmi. Si china su di me per rubarmi un altro bacio velenoso per poi tirarsi di nuovo su e guardarmi dall'alto con quell'espressione compiaciuta stampata sul volto.
Fa così anche con le altre?
Qualcosa di caldo mi scivola sulle guance. In questo momento non riesco a distinguere se sia sangue oppure lacrime. Non lo so. Sto solo cercando di dissociarmi da questo momento, ma è impossibile, perché quando ci provo, lui mi colpisce con un'altra stoccata che mi squarcia ogni membrana. Una coltellata dopo l'altra, sempre più forte, sempre più veloce.
Sento vibrare persino le vertebre, tanto sono forti le sue spinte.
Ti prego, finisci subito.
A rendere tutto più sadico, fa scivolare una mano fino al mio collo, dove lo stringe con decisione affondando i polpastrelli contro la mia carotide.
«Tu sei la mia puttana, Lilith. Solo mia», ringhia, spingendosi oltre il limite possibile.
Mi fa male tutto, ma faccio comunque di tutto per resistere e non spezzarmi sotto di lui come un fragile pezzo di vetro.
Una mano si schianta sulla guancia già dolorante. Apro gli occhi di scatto ritrovandomi i suoi imbestialiti, le sopracciglia aggrottate in un'espressione contrariata. «Guardami negli occhi quando ti scopo!» Ringhia.
Non mi sono nemmeno resa conto di averli chiusi, forse stavo lentamente perdendo coscienza.
Ho contato i minuti e i secondi.
La tortura è durata quindici minuti e dodici secondi.
Chris libera un sospiro compiaciuto prima di sdraiarsi accanto a me con il respiro ansante. Io resto immobile nella stessa posizione. Non riesco a muovermi, e se lo facessi vedrei le stelle dal dolore.
Ovviamente lui si è concentrato solo ed esclusivamente sul suo, di piacere. E va bene così. A me non piace più il sesso con lui. Non mi piace più niente che lo riguardi. Anzi, tutto questo mi fa ribrezzo. Il corpo maschile, mi schifa. I loro gemiti di piacere sibilati al mio orecchio, mi disgustano. Le loro paroline sussurrate in preda all'estasi mi danno il vomito.
Odio gli uomini.
Li odio con ogni singola, e rotta fibra della mia anima condannata a questo inferno. Li odio tutti, dal primo all'ultimo.
Se dipendesse da me, avrei fatto di tutto per farli estinguere per sempre. Tutti.
Accanto a me, il ragazzo che mi ha obbligata a fare sesso, si mette a sedere e afferra una sigaretta dal pacchetto abbandonato sul pavimento.
Neanche lo guardo. Mi fa schifo. Mi fa schifo anche che non usi nessuna precauzione. Con tutte quelle con cui va a letto, è il minimo che possa fare. Invece no, non lo fa.
Per fortuna, se così si può dire, Ray mi ha obbligata ad assumere la pillola anticoncezionale alla tenera età di tredici anni. Ma non per un fatto amorevole: per il semplice fatto che, una volta avute le prime mestruazioni, rischiavo di rimanere incinta da uno dei suoi clienti. Da lui.
Ray ha smesso di abusare di me sessualmente. Ora, si limita solo a picchiarmi, ma non mi tocca più con un dito.
È stato lui il primo uomo che ha abusato di me. Ray Moon ha stuprato sua figlia quando lei aveva solo otto anni. Lo ha fatto fino al compimento dei miei tredici anni, dove al posto suo, sono subentrati i suoi clienti.
Mi chiedo quante altre cose io debba subire prima di morire o di essere salvata da qualcuno.
Ma salvata da chi? Nessuno sa che esisto.
Potendo e riuscendoci, sarei andata a denunciare lui e tutte quelle persone di merda alla polizia. Ma se nessuno mi credesse? E se lui poi si arrabbiasse ancora di più?
Non è facile, purtroppo non lo è.
Ho capito troppo tardi di essere sola al mondo. Di essere soltanto un puntino insignificante in questo mondo spaventoso. Di non essere nient'altro che un numero.
Sono sola. Se voglio uscirne, devo farlo con le poche forze che mi restano.
Ma quanto sono disposta a spingermi oltre pur di salvarmi l'anima?
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Per tutta la notte non ho fatto altro che fissare il soffitto, fino a quando non mi sono resa conto che il sole ormai era sorto.
Che abbia inizio un'altra giornata in questo inferno.
Chris dorme beato accanto a me con un braccio posato sugli occhi per riparli dai raggi del sole.
Oggi, le percosse subite questa notte, mi fanno ancora più male.
Scosto le coperte e mi alzo in piedi, provocandomi un dolore lancinante alla testa, alle costole.
Mi trascino fino al bagno reggendomi contro il muro. Sono a pezzi.
Un altro piccolo pezzo di me mi abbandona quando incontro il mio riflesso allo specchio.
Sono spaventosa. Ho il viso così deformato che non riesco neanche a riconoscere quella ragazza che mi guarda a sua volta.
Sollevo una mano e sfioro lo zigomo gonfio e viola. L'occhio è gonfio e non c'è verso di farlo aprire. Ho le labbra spaccate, dove alcune nuove croste si stanno già formando. I capelli sono ridotti a un groviglio informe e crespo.
Mi sollevo sulle punte dei piedi, e mettendomi leggermente di fianco, osservo i danni che hanno subito le mie costole. Anche qui, la pelle è arrossata, prossima a diventare viola. Con l'indice sfioro delicatamente quel punto. Stringo i denti dal dolore non appena lo accarezzo impercettibilmente.
Mi sfugge un verso strozzato che mi risale dalla gola. Stringo con forza il lavabo con entrambe le mani. Osservo quella povera ragazza che continua a fissarmi di rimando.
Mi dispiace per lei...
Un colpo contro la porta del bagno mi fa sussultare.
«Esci da quel cazzo di bagno!» Strepita Ray continuando a battere il pugno contro il legno fragile.
Con un'ultima occhiata verso il mio riflesso, apro la porta ed esco.
Mio padre mi guarda da capo a piede con un'espressione di puro compiacimento. Gli piace ciò che vede, ciò che ha fatto al mio corpo. «Sei ancora intera», dice in tono divertito.
Intera? Dentro di me ogni cosa è rasa al suolo.
Non rispondo. Lo oltrepasso e mi reco in cucina. I miei occhi perlustrano l'ambiente ancora nascosto nella penombra. La scatolina con dentro la fetta di torta è ancora lì, a terra.
Muovo alcuni passi per raggiungerla, mi chino e la afferro.
Apro la confezione ritrovandomi davanti quello che non ha più l'aspetto di un invitante pezzo di torta al cioccolato. Cadendo a terra si è distrutta, un po' come me.
Sospiro e raggiungo il piccolo, e unico bancone che abbiamo in cucina.
Apro il cassetto delle posate e trovo un cucchiaino per lo più macchiato dalla ruggine. Non ne abbiamo altri, quindi mi dovrò arrangiare, se voglio assaggiare questa torta.
In realtà non ho molta fame. Per niente. È solo che... Non lo so. Ho bisogno di assaggiare questa torta e sperare che in qualche modo mi faccia sentire meglio.
Ripongo il cucchiaino dentro il cassetto e decido di mangiarla con le mani. Ne afferro un piccolo pezzo che si sgretola sotto i miei polpastrelli. La consistenza è fragile, morbida.
Sollevo la mano pronta a far risvegliare le mie papille gustative, e dare almeno a loro una gioia, quando mio padre compare davanti a me. Osserva la torta e poi me, che sono rimasta con la mano sospesa per aria.
Un sorriso sardonico gli incurva leggermente le labbra accentuandoli le rughe accanto alla bocca. «Direi che per come ti sei comportata, non meriti questa fetta di torta.»
Senza neanche il tempo di reagire, afferra la scatolina e infilandoci la grossa mano dentro, la afferra tutta e se la porta alla bocca. Il tutto, continuando a guardarmi con un'aria di sfida. In attesa che io gli dica qualcosa per darmi il resto di quello che non mi ha dato questa notte.
Non oso fiatare. Lo osservo gustarsi la mia torta, sentendo la rabbia farsi largo dentro di me. Con quel groppo amaro che sembra essersi bloccato in gola.
Niente, nemmeno questo piccolo e sciocco sogno verrà esaudito. Niente torta per me. Forse dovrei semplicemente smetterla di sognarla.
Sognare di assaggiare una torta, è l'ultimo dei miei problemi al momento. E solo che... ci tenevo davvero tanto. Talmente tanto che il mio cuore si accartoccia su se stesso come un foglio di carta.
Perché mi fa questo?
Sbatto le palpebre per scacciare via le lacrime, deglutisco cercando di superare quel maledetto groppo che ho in gola.
Ray finisce la torta al posto mio e per darmi il colpo di grazia, inizia a leccarsi i polpastrelli ad uno ad uno, guardandomi sempre negli occhi. «Squisita», sorride beffardo. «Oggi dovrai andare a recuperare cibo, cara piccola Lilith. E non fagioli», scuote il capo. «No, oggi ho voglia di qualcosa di più sfizioso. Sai, punirti mi ha messo una gran fame.» Ridacchia, prima di gettare la confezione ormai vuota dentro il lavandino.
Mi irrigidisco. «Cosa?» Mormoro con un filo di voce. «Io... Io oggi non ce la faccio! Hai visto in quale condizioni mi trovo?»
Alza le spalle per liquidare le mie parole. «Lo vedo, sono stato io», risponde ironico. «Che vuoi che sia? Non sei la prima né l'ultima puttana sulla faccia della terra che viene pestata. E poi», si avvicina a me. «Nessuno presterà attenzione ad un fantasma come te. Indossa un cappuccio se proprio lo vuoi. Tanto nessuno ti vede.» Conclude con l'ennesimo sorriso sornione.
Nessuno mi vede.
Nessuno mi vuole.
Nessuno verrà a salvarmi.
«Va bene», rispondo solamente. Oppormi non mi gioverebbe affatto. Non sono sicura di riuscire a sopravvivere ad un'altra sua sfuriata. «Mi accompagni tu o Chris?»
Scuote il capo. «Nessuno dei due. Ci andrai da sola oggi. Noi, abbiamo altro a cui pensare.»
Sgrano gli occhi. «Da sola? Ma io non so come muovermi!»
Sbuffa. «Ti porteremo noi, ma poi sarai sola.»
Come sempre.
Prima di uscire di casa, faccio una rapida doccia. Con ancora i capelli bagnati, seguo quei due in macchina. Chris solleva il sedile del passeggero per farmi infilare in quelli di dietro. Sto morendo di freddo, e questa stupida gonna che indosso non migliora per niente la situazione. Ovviamente non l'ho scelta per rendermi carina e meno sospettabile, l'ho fatto perché non ho più vestiti puliti. Se Ray mi darà qualche spicciolo, stasera andrò alla lavanderia a gettoni per lavare i nostri vestiti. Non mi va più di lavarli a mano. Le mie povere mani sono completamente distrutte.
Ray ferma l'auto davanti ad un supermercato. Mi osserva dallo specchietto. «Non fare cazzate Lilith», mi redarguisce.
Scuoto il capo per risposta.
«Fai attenzione, Lili», dice invece Chris con un tono amorevole e smielato che proprio non gli appartiene.
Annuisco solamente. Scende per sollevare il sedile e per farmi uscire. Neanche il tempo di toccare il marciapiede con il piede, che partono veloci allontanandosi da me.
Li osservo sparire appena svoltano l'angolo e poi osservo l'insegna di fronte a me.
Non mi va più di rubare.
Dentro di me scatta qualcosa, qualcosa a cui non so nemmeno attribuirgli un nome.
Invece di entrare nel supermercato, cambio strada. Inconsapevole di dove mi porterà questa mia decisione.
Ogni qualvolta qualcuno mi passa accanto, io mi ritraggo come se mi dessero la scossa. Mi sento un inutile topolino spaventato dal mondo.
Non posso controllare questo istinto. Le persone mi fanno paura.
Presa dal panico, scivolo dentro un vicolo buio e umido. L'esagerata altezza dei palazzi che si innalzano sulla mia testa, impedisce ai raggi del sole di filtrare e scaldare il vicolo. Cammino con il naso rivolto verso l'alto, osservando con curiosità e paura, tutto quello che mi circonda.
C'è una terribile puzza di pesce che proviene dai tantissimi bidoni della spazzatura. L'odore di umidità mista a quella di non so neanche cosa, infetta i miei polmoni fino a nausearmi.
«Che schifo», mormoro.
Intravedo l'uscita del vicolo illuminata come se fosse un'oasi nel deserto. Accelero il passo per raggiungere la via della salvezza.
Il rumore di qualcosa di metallico che cade a terra mi fa trasalire e di conseguenza paralizzare sul posto.
Lentamente, come se avessi il timore di ritrovarmi un fantasma o che ne so, mio padre che mi ha beccata a disobbedire, mi volto in quella direzione.
Sbatto le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco. Cavolo, credo proprio di aver bisogno degli occhiali da vista.
Osservo con attenzione tutto, ma non riesco a vedere niente.
Magari è stato qualche animale. Mi volto, e proseguo per la mia strada, ma con le orecchie sempre in allerta.
Un altro trambusto mi impedisce di proseguire fino all'uscita. Questa volta, mi volto di scatto.
Divento di pietra quando i miei occhi mettono a fuoco la sagoma della persona che, a quanto pare, mi stava seguendo.
Perché ce li ho sempre tra i piedi?
La chioma color grano del finto cliente di mio padre, si fa sempre più nitida davanti ai miei occhi. È Shane.
Il biondino indossa una fottuta divisa della polizia!
Lo sapevo, merda.
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Spazio autrice
Quarto capitoloooooo.
Che dire, la situazione di Lilith è sempre peggio. Povera ragazza 🥺
Per scoprire che cosa succede nel prossimo capitolo, ci vediamo mercoledì 🖤
Grazie mille per il supporto ✨
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