☽~ 𝕮𝖆𝖕𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔 𝖓𝖔𝖛𝖊
ᴛᴀɴᴛᴇ ᴠᴏʟᴛᴇ ᴜɴᴏ ᴅᴇᴠᴇ ʟᴏᴛᴛᴀʀᴇ ᴄᴏꜱì ᴅᴜʀᴀᴍᴇɴᴛᴇ ᴘᴇʀ ʟᴀ ᴠɪᴛᴀ ᴄʜᴇ ɴᴏɴ ʜᴀ ᴛᴇᴍᴘᴏ ᴅɪ ᴠɪᴠᴇʀʟᴀ.
ᴄʜᴀʀʟᴇꜱ ʙᴜᴋᴏᴡꜱᴋɪ
⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱•
Shane sbatte le palpebre, per tre volte di fila. La mia richiesta deve averlo sorpreso a tal punto da lasciarlo senza parole.
Lo capisco, davvero. Sono giorni che facciamo una specie di inseguimento tra gatto e topo, ora però ho bisogno del suo aiuto.
È l'unico che può aiutarmi, non di certo l'altro sbirro.
Solleva una mano per sfiorarsi leggermente il ciuffo biondo e ben pettinato, poi si inumidisce le labbra e mi rivolge uno sguardo che in questo momento non riesco a decifrare. Finalmente parla. «Aiuto per cosa?»
Adesso sono io ad ammutolirmi e a guardarlo con quell'espressione. Che cosa dovrei dire? Che ho quasi ucciso un uomo? Che mio padre con molte probabilità mi troverà e mi ucciderà?
Inizio a pentirmi di aver lanciato questa maledetta richiesta d'aiuto.
Fa un passo in avanti ed io indietreggio. Non ho paura di lui, non mi spaventa. È solo che... è un uomo anche lui. Gli uomini mi spaventano.
Nota il mio disagio e si allontana di un passo, lasciandomi il mio spazio personale. «Quindi? Che hai combinato questa volta? Hai rubato un pollo arrosto?» Una leggera punta d'ironia fa capolino nel suo tono di voce. Dura poco, dato che io continuo a fissarlo inebetita. «Se non mi dici che cosa è successo, come posso aiutarti?»Continua.
Avanti Lilith, apri quella maledetta bocca e chiedi aiuto. È un poliziotto, può aiutarti!
«Io...» Le parole mi muoiono in gola. Non so che dire.
Lui sospira. «Hai fame?»
Fame?
Si, ho fame. Ma non sono qui per elemosinare cibo da lui. Oddio, lui pensa che io sia una senzatetto o roba del genere? È questo che vedono in me le altre persone?
Scuoto appena il capo. «No, non ho fame.»
«Mi dici come ti chiami?»
«Io ho quasi ucciso un uomo», dico di punto in bianco.
Shane sgrana gli occhi, schiude la bocca, fa un sacco di cose in realtà. «Scusa? E me lo dici così?»
Alzo le spalle. «In che altro modo avrei dovuto dirtelo?» Compio un altro passo indietro. Non è stata una buona idea avvicinarmi a lui. Ora che ho anche confessato ha tutto il diritto di ammanettarmi e di chiudermi al fresco.
Invece, Shane, con un gesto rapido mi afferra il polso. «Vieni con me.»
Sussulto appena, ma non tento nemmeno di liberarmi. Ignoro la sensazione di fastidio che provo nell'essere toccata e lo seguo.
So perfettamente che non dovrei fidarmi così tanto. È un poliziotto. Uno sbirro a cui io ho appena confessato di aver quasi ucciso una persona. Solo che... Non lo so, lui mi ispira fiducia, e poi, quello che ho fatto, l'ho fatto per legittima difesa, no?
Mi trascina abbastanza lontano dal chiasso dei bar.
Si piazza sotto un lampione che emana una luce arancione che gli conferisce un aspetto quasi angelico. Solleva una mano per toccarsi il mento. «Okay...» si ammutolisce per un istante. Forse l'ho scioccato davvero. «Mi dici innanzitutto il tuo nome? Non posso chiamarti ragazza fagiolo!»
Se fosse un'altra situazione avrei anche potuto ridere. Ma ora, di farlo non ne ho nessuna voglia. Sono nella merda fino al collo ed è meglio che io mi... salvi?
Sospiro. «Mi chiamo Lilith.»
Abbozza un sorriso. «Oh, finalmente! Bene Lilith, adesso ti chiedo gentilmente di non colpirmi alla sprovvista, ma di fidarti di me. Devi dirmi quello che è successo, okay?»
Come faccio a dirgli quello che è successo? Con quale coraggio posso confessare di aver pugnalato un uomo con una forbice perché stava abusando di me? Questa è stata la peggiore idea che mi sia venuta in mente.
Inumidisco le labbra. Sto morendo di sete e ho ancora i polmoni in fiamme. Non mangio da non so nemmeno quanto e sono sfinita. Mi accascio contro il muro. «Non qui» è l'unica cosa che dico.
Gli occhi color nocciola di Shane scrutano il mio viso, i segni che ho sul viso. Poi sospira, di nuovo. «Va bene, vieni.» Afferra di nuovo il mio polso e mi trascina via di lì.
Lo seguo in silenzio. Ora, non avrei nemmeno la forza per scappare ancora.
Ho solo bisogno di... troppe cose.
Vorrei potermi davvero fidare di qualcuno. Mi sento così sola.
Estrae le chiavi della macchina e io mi paralizzo. Abbassa lo sguardo su di me, notando la mia crescente agitazione. «Non ti farò del male, Lilith. Fidati di me.»
Lo guardo negli occhi alla ricerca di non so nemmeno che cosa. Voglio fidarmi, non ho altra scelta. Annuisco.
Lui sorride e apre l'auto. Mi apre persino lo sportello.
Raggira la macchina e si siede al lato guida, infila la chiave e mette in moto.
Nel più totale dei silenzi ci allontaniamo da quella via, lasciandoci alle spalle la movida notturna di un freddo febbraio.
Oh aspetta. Non era insieme ad una ragazza?
Mi volto a guardarlo, trovandolo concentrato sulla strada con la fronte appena aggrottata. «Shane, non eri insieme ad una ragazza?»
Lui si volta a guardarmi per qualche secondo. «Cosa?»
Annuisco, anche se non mi sta più guardando. «Si, eri con una ragazza. L'ho vista.»
Si batte una mano sulla fronte. «Merda», ridacchia. «Hai ragione. E adesso quella ragazza non vorrà più vedermi.»
Si è dimenticato di lei? Ma che cavolo?
«Torna indietro da lei allora. Non è carino quello che hai fatto», dico.
Lui sospira. «No, le manderò un messaggio più tardi, inventerò qualche scusa. Non preoccuparti.»
Perché gli uomini devono sempre mentire?
⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱•
Ferma la macchina davanti ad una piccola villetta fatta con dei mattoncini marroni. Spegne il motore e si volta a guardarmi. «Voglio che ti fidi di me, Lilith. Devi dirmi tutto, altrimenti non posso aiutarti.»
Annuisco, perché non so che altro dire. Continuo a pensare che questa sia stata una pessima idea.
Scendiamo dall'auto e io lo seguo in silenzio. Percorriamo il piccolo vialetto ben curato. Shane estrae le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni scuri che indossa, le infila nella toppa e prima di aprire si volta a guardarmi. «Non rubarmi niente, eh. Non c'è molto e preferirei che non lo facessi.»
Sollevo il mento per guardarlo negli occhi. «Non sono una ladra.»
A sua volta lui inarca un sopracciglio. «Ah no?»
«Non lo faccio di mia spontanea volontà», mormoro.
Lui non risponde, si limita a girare la chiave nella toppa e apre la porta bianca.
Accende le luci, rivelando un piccolo salotto con le pareti bianche, una tv appesa al muro e un divano angolare grigio. È piccola, ma decisamente meglio di quella in cui vivo io. Almeno qui, non c'è muffa e non c'è pericolo che ti possa cadere il soffitto in testa da un momento all'altro. È tutto ordinato, e nell'aria aleggia un odore di profumatore per ambienti ai frutti tropicali.
Shane resta immobile tra il salotto e quella che presumo essere la cucina. L'ambiente è diviso da un arco.
«Hai fame?»
Da morire. Ma non sono qui per approfittarmi di lui. «No, sto bene così, grazie.»
Poi, l'orologio sulla parete segna quasi l'una del mattino. Non mi sembra il caso di recargli altro disturbo. Solitamente, a quest'ora io ho "cenato" già da un pezzo.
Shane si guarda la camicia azzurra, poi emette una breve risata. «Ho lasciato persino il giubbotto dentro il pub.»
Mi dispiace aver interrotto la sua serata. Da come lui e la ragazza stavano sorridendo, immagino che fosse anche piacevole. «Mi dispiace aver rovinato il tuo appuntamento», dico sinceramente dispiaciuta.
Lui agita una mano per aria prima di andare a sedersi sul divano, invitandomi a imitarlo. «Non preoccuparti. Quello che importa adesso è che tu mi dica quello che è successo. Tutto.»
Sento le spalle afflosciarsi e tutti i muscoli protestare. Sposto lo sguardo sul tappeto e sospiro. Da dove posso cominciare a raccontare ventitré anni di orrore? Come posso dirgli quello che ho subito guardandolo negli occhi?
Provo una vergogna immensa, così tanta che mi viene anche da piangere. «L'ho pugnalato con delle forbici», sussurro fissando il nulla.
Shane non sembra scomporsi più di tanto, o per lo meno non lo da a vedere. «Perché?»
Mi agito contro il divano e chiudo gli occhi. «Lui stava abusando di me», la mia voce è così bassa che spero che non possa sentire quello che ho appena detto. Mi vergogno da morire.
«È stato lui a ridurti così?»
Scuoto il capo.
«Qualcuno ti picchia? Subisci violenza domestica?» Continua.
Non rispondo.
«Lilith, dimmelo.»
Annuisco.
«Chi ti fa queste cose?» Insiste.
«Le persone che vivono con me», mormoro. Sto per scoppiare a piangere.
«Chi», il tono della sua voce si fa più insistente.
Chiudo di nuovo gli occhi e tento di superare quel maledetto groppo che ho in gola che mi sta soffocando. «Mio padre.»
Con la coda dell'occhio lo vedo toccarsi il mento liscio, poi sospira. «Perché non hai denunciato?»
Perché mi avrebbe uccisa. «Avevo paura.»
«Altri hanno abusato di te?» Il suo tono di voce è così fermo, pacato.
Annuisco. È da una vita che lo fanno. Tutti, in continuazione.
«Come si chiama l'uomo che hai ferito?»
Scuoto il capo. Non voglio rispondere.
«Lilith», mi richiama.
Volto la testa di lato per rifuggire dai suoi occhi. Alcune lacrime scivolano lungo il mio viso, non riesco più a trattenerle. Mi sento così sporca, così sbagliata. «North Wallace», sussurro.
Lo vedo passarsi una mano tra i capelli, scompigliandosi il ciuffo. «È tardi adesso. Che ne dici di farti una bella doccia calda e riposare un po'? Domattina parleremo con calma.» Si alza in piedi. «Vieni.»
Mi alzo in piedi anche io, e in silenzio lo seguo nel piccolo corridoio, poi si ferma davanti ad una porta bianca. «Non ho niente da farti indossare, della tua taglia, intendo», si tocca il retro del collo con fare imbarazzato. «Ma posso darti qualcosa di mio, andrà bene lo stesso. Poi metterò i tuoi vestiti a lavare. Sei sicura di non avere fame?»
Tutte queste parole mi fanno venire mal di testa, ricordandomi che mio padre mi ha colpita anche lì. «Non ho fame, ma farò una doccia.» Ne ho davvero bisogno, devo levarmi il sangue di quel maiale di dosso.
Lui sorride. «Bene, fai come se fossi a casa tua», apre la porta del bagno e accende la luce. «Ti metterò i vestiti qui, davanti alla porta.»
È così dolce cavolo, ora mi sento ancora più in colpa per avergli tirato un pugno. «Grazie, Shane.»
«Di niente, Lilith.»
Avrei voluto far durare la doccia più a lungo, la sensazione dell'acqua calda contro la mia pelle è stata fantastica. Ma non volevo approfittarmene troppo. Questa è stata la prima doccia calda di tutta la mia vita, ho persino pianto, mentre l'acqua scorreva sul mio corpo.
Ho indossato i vestiti che Shane ha lasciato per me davanti alla porta del bagno. Ci sto almeno dieci volte dentro questo maglione e i pantaloni di tuta. Il fatto che non indossi biancheria intima mi mette un po' a disagio.
Torno in salotto, Shane ha i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani. Immagino che stia pensando a come risolvere la mia situazione, oppure, sta riflettendo su come spedirmi direttamente dietro le sbarre.
Nota la mia presenza e solleva la testa, abbozzando un sorriso. «Ti senti meglio?»
Annuisco. «Sì, grazie.»
Solo ora noto che sul divano ci sono un cuscino e una coperta. Segue il mio sguardo. «Dormirò io sul divano. Tu hai l'aria di una che ha bisogno di riposare come si deve. Dormi pure nella mia stanza.»
Perché è così carino con me? Questo va ben oltre il suo codice etico. «No, dormirò sul divano», mi impongo.
«No, dormirai nella mia stanza. Riposati bene e domani mattina affronteremo questa situazione, insieme. Non sei sola, Lilith.»
Il mio cuore trema a queste parole. Non sono sola. Lui mi aiuterà.
Non sono più sola.
Si alza in piedi per accompagnarmi nella sua stanza. Anche qui accende la luce. Non è grande, ma quel letto con quel piumone azzurro ha tutta l'aria di essere caldo e confortevole. C'è un armadio bianco e ai lati del letto due comodini dello stesso colore. Appeso sulla parete, poco più sopra della testata, c'è un quadro che ritrae lo stesso Shane con lo sguardo rivolto verso il mare, ovviamente in una posa poco naturale.
Mi sfugge una risatina che non ho potuto controllare. «Fai il modello nel tempo libero?»
Lui si acciglia. «No, sono solo molto egocentrico.»
«Però sei carino», mi sfugge.
Piega leggermente le labbra all'insù. «Solo carino?»
Annuisco. «Sì, solo carino, Shane.»
Ridacchia. «D'accordo Miss Fagiolo, sistemati pure qui e riposati.» Si volta in direzione della porta pronto ad uscire dalla stanza.
«Grazie, Shane», sussurro.
Mi guarda oltre la spalla. «Figurati, Lilith. Io sapevo che c'era qualcosa che non andava. Non sei una persona cattiva.»
Rispondo con un mezzo sorriso, anche se lo sento tutto stiracchiato.
Sono davvero una brava persona, oppure sono marcia anche io?
A questo, ci penserò domani. Ora ho davvero bisogno di riposarmi.
Scosto le coperte e mi infilo a letto. Dio, è così comodo. Mi viene quasi da piangere.
Mi sembra di stare su di una nuvola soffice. È così confortevole il calore di queste coperte, che sento le palpebre chiudersi lentamente.
Prima di addormentarmi, sento la voce di Shane, non ne sono sicura però, forse sto sognando.
«Abbiamo un grosso problema.»
⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱⋅•⋅⋅•⋅•⋅⊰∙∘☽☾∘∙⊱•
Spazio Autrice
Ma quanto è stato dolce Shane?
Adesso vediamo come la prenderà Lucien.
Immagino non così bene come il suo collega.😬
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top