27.3

ᴅɪᴀʀɪᴏ ᴅɪ ᴊᴏɴᴀᴛʜᴀɴ ʜᴀʀᴋᴇʀ

4 novembre, sera - L'incidente della lancia è stato per noi gravissimo. Se non fosse avvenuto, avremmo raggiunto il barcone già da un pezzo, e adesso la mia cara Mina sarebbe libera. Non ho il coraggio di pensare a lei, lassù, vicino a quell'orrendo luogo. Ci siamo procurati cavalli con cui proseguiremo. Faccio queste annotazioni mentre Godalming si prepara. Abbiamo le nostre armi e gli Szgani, se vogliono contrastarci il passo, avranno da pentirsene. Oh, se solo Morris e Seward fossero con noi. Non ci resta che sperare. Non ti scrivo più arrivederci, Mina! Che Dio ti benedica e ti protegga.


ᴅɪᴀʀɪᴏ ᴅᴇʟ ᴅᴏᴛᴛᴏʀ ꜱᴇᴡᴀʀᴅ

5 novembre - All'alba, abbiamo avvistato il gruppo di Szgani, poco davanti a noi: si allontanavano veloci dal fiume con il loro carro a pianale, che circondavano strettamente da ogni parte, e correvano come invasati. Cade una neve leggera, nell'aria è come una strana elettricità. Può darsi sia solo una nostra impressione, ma la tensione è tangibile. Lontano, odo l'ululato dei lupi; la neve li spinge a valle, il pericolo ci è addosso da ogni parte. I cavalli sono quasi pronti, tra poco saremo in sella. Andiamo verso la morte di qualcuno, e Dio solo sa chi, o dove, o che cosa, o quando, o come accadrà che...


MEMORANDUM DEL DOTTOR VAN HELSING

5 novembre, pomeriggio - Sono per lo meno sano di mente. Grazie a Dio, comunque, per questo, anche se averne prova è stato terribile. Quando ho lasciato Madame Mina addormentata dentro il cerchio sacro, ho preso mia via per il castello. Il martello da fabbro che a Veresti ho caricato a bordo di carrozza era utile; le porte erano tutte aperte, ma io ho spezzato loro rugginosi cardini, per tema che cattive intenzioni o cattiva sorte richiudano esse, sicché io essendo entrato non posso venire più fuori. Amara esperienza di Jonathan qui mi è servita. Per memoria di suo diario ho trovato mia strada ad antica cappella, perché sapevo che lì era mia opera. L'atmosfera era opprimente; sembrava che fosse in essa una sulfurea fumigazione, che in momenti rendeva me stordito. Sentivo un rombo in mie orecchie, o forse era lontano lontano ululo di lupi. Poi io penso a mia cara Madame Mina, ed ero in terribile disperazione. Il dilemma aveva preso me tra suoi due corni. Lei, non ho osato io portare in questo luogo, ma ho lasciata salva da Vampiro in quel sacro cerchio; ma può venire il lupo! Io risolvo che mia opera è qui, e che quanto ai lupi dobbiamo rassegnare noi stessi, se questa è volontà di Dio. In ogni caso, era solo morte e oltre questa libertà. Così io scelgo per lei. Se era solo per me, la scelta era facile, i denti dei lupi meglio che riposare nel sepolcro del Vampiro! Così ho fatto mia scelta di proseguire con mia opera.

Sapevo che erano almeno tre tombe da trovare - tombe che sono abitate; così io cerco e cerco, e trovo una di esse. Lei giace in suo vampiresco sonno, così piena di vita e voluttuosa bellezza che rabbrividisco come se sono per commettere assassinio. Ah, non dubito che in antico tempo, quando cose simili erano, più di un uomo che si accinge a compiere un compito tale quale il mio, trova alla fine che suo cuore lui viene meno, e quindi suo coraggio e forza. E così lui rimanda e rimanda e rimanda, finché la semplice bellezza e il fascino dell'immonda Non-morta hanno ipnotizzato lui; e lui resta e resta, fino a che viene il tramonto, e il sonno del Vampiro termina. Poi gli splendidi occhi della bella donna si aprono e parlano amore, e la bocca voluttuosa si offre a un bacio - e l'uomo è debole. E lì rimane un'altra vittima nella stretta del Vampiro; una di più per ingrossare le fila orrende e atroci dei Non-morti!... 

È una certa fascinazione, certo, se sono commosso da semplice presenza di una così anche giacente come essa giace in una tomba consunta dai secoli e gravata di polvere di secoli, anche se è quell'orrido odore che avevano le tane del Conte. Sì, ero scosso, io, Van Helsing, con tutta mia risolutezza e con tutto mio motivo per odio: ero preso da un desiderio di aspettare, di rimandare, che sembrava paralizzare mie facoltà e incatenare mia anima stessa. Può essere che il bisogno di naturale sonno e la strana pesantezza dell'aria cominciano a sopraffare me. 

Certo era che stavo cadendo in sonno, il sonno a occhi aperti di uno che cede a un dolce fascino, quando attraverso l'aria ovattata di neve viene un lungo, basso gemito, così pieno di dolore e pietà che mi risveglia come il suono di una tromba. Perché era la voce di mia cara Madame Mina che io udivo. Allora ho ritrovato energia per mio orrido compito, ed eccomi scoperchiare la tomba di un'altra delle sorelle, la seconda bruna. Non ho osato fermarmi a guardare essa come avevo fatto con la sorella, per paura che una volta ancora sono stregato; ma continuo a cercare finché ecco che trovo in un'alta grande arca che sembra eretta a una assai più amata che le altre belle sorelle che, come Jonathan, avevo visto formarsi fuori di particelle di nebbia. Era così splendida a guardare, di così bella radianza, di così squisita voluttà, che lo stesso istinto di uomo in me, che spinge tanti di mio sesso ad amare e proteggere una di esse, ha fatto che mia testa girasse di nuova emozione. Ma grazie a Dio, quel gemito di anima di mia cara Madame Mina non ancora era da mio orecchio scomparso; e, prima che l'incantesimo possa agire più oltre sopra me, io ho ferrato me stesso per compiere mio atroce lavoro. Infratempo avevo cercato tutte tombe di cappella, che io potevo sapere; e siccome attorno a noi in notte erano state sole tre di queste fantasime di Non-morti, ho assunto che non erano altri di attivi Non-morti esistenti. Ed ecco una grande tomba più signoriale che tutte le altre; enorme, essa era, e nobile proporzionata. Su essa solo una parola: 

DRACULA

Questa allora era la dimora non morta del Vampiro Re, a cui si dovevano tanti altri vampiri. Sua vuotezza parlava eloquente, facendo certo ciò che io già sapevo. Prima che io comincio a restituire queste donne a loro morte mediante mio atroce lavoro, io metto in tomba di Dracula alcuno di ostia, e così io bandisco lui da essa, Non-morto, per sempre. 

Poi io comincio mia terribile opera, e io tremo in essa. Se era stata solo una, è stata facile, comparativo. Ma tre! Ricominciare due volte dopo che io ho stato attraverso un atto di orrore; perché era già terribile con dolce signorina Lucy, e cosa non sarà poi con queste straniere che hanno sopravvissuto per secoli e che sono state rinforzate dal passare di anni, e che, se possono, esse combattono per loro sconce vite... 

Oh, mio amico John, ma esso era lavoro di macellaio; se non ero io ferrato da pensieri di altri morti e di vivi sui quali giace simile cappa di terrore, io mai ho proceduto. Io tremo e tremo anche adesso, sebbene, finché tutto è finito, grazie a Dio mio nervo ha resistito. Se non ho visto il riposo di prima morta, e la felicità che è apparsa in suo sembiante un momento prima di dissoluzione finale, quasi rendersi conto che l'anima ha vinto, non sono io andato avanti con mia macelleria. Non ho sopportato l'orrido scricchiolio del paletto infitto in esse; il balzo di forma contorcente sé, e labbra di sanguinante schiuma. Io allora quasi quasi ho lasciato mio lavoro incompiuto e fuggito in terrore. Ma adesso è finito! E le povere anime, io adesso posso compassionare esse e piangere, siccome penso di esse placide ciascuna in suo pieno sonno di morte per un breve momento prima di andare esse in dissoluzione. Perché, amico John, appena mio coltello ha spiccato il capo di ognuna, ecco che intero corpo prende a sciogliersi via e a frantumarsi in sua nativa polvere, come se la morte che ha dovuto venire secoli fa ha finalmente affermato sé e dice d'un tratto e ad alta voce: "Io sono qui!". 

Prima che io lascio il castello, io così lavoro suoi ingressi che mai più può il Conte entrare ivi Non-morto. 

Quando sono tornato nel cerchio dove Madame Mina dormiva, lei è svegliata da suo sonno e, vedendo me, grida in dolore che ho sofferto troppo, troppo. "Andiamo!" essa dice "andiamo via da questo orribile luogo! Andiamo noi a incontrare mio marito il quale è, io so, sta venendo verso di noi." Essa sembrava magra, pallida e debole; ma suoi occhi erano puri e ardevano di fervore. Io ero lieto di vedere suo pallore e suo malessere, essendo che mia mente era piena del fresco orrore di quel sonno di vampiri rosei in faccia. 

E così con fiducia e speranza, seppure pieni di paura, noi andiamo verso est per incontrare nostri amici - e lui! - che Madame Mina mi dice che sa che stanno venendo verso a incontro di noi. 

Nota: lo so che è il 1 Aprile, ma non è uno scherzo! Oggi completeremo la nostra avventura!

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