24.3

ᴅɪᴀʀɪᴏ ᴅɪ ᴊᴏɴᴀᴛʜᴀɴ ʜᴀʀᴋᴇʀ

5 ottobre, pomeriggio - Per un po', dopo la nostra riunione di stamane, non sono riuscito a pensare con chiarezza. Il nuovo stato di cose mi lascia così perplesso, da rendermelo impossibile. 

La decisione di Mina di non prendere parte alla discussione mi preoccupa; e siccome non ho avuto il tempo di discuterne con lei, non ho potuto far altro che tirare a indovinare. Ma eccomi qui, più lontano che mai dalla soluzione. Stupito m'ha lasciato anche il modo con cui gli altri hanno accolto la notizia; l'ultima volta che abbiamo parlato della questione, si era convenuto che tra noi non dovevano esserci segreti di sorta. 

Adesso Mina dorme, così tranquillamente e dolcemente da sembrare un bimbo, le labbra socchiuse, il volto splendente di felicità. Grazie a Dio, per lei ci sono ancora momenti simili. 

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Più tardi - Com'è strano, tutto questo! Stavo contemplando il sonno sereno di Mina, ed ero giunto a sentirmi quasi felice come pure pensavo di non poter più essere. A mano a mano che la sera avanzava, e la terra si riempiva di ombre mentre il sole calava, il silenzio nella stanza è parso farsi sempre più intenso. D'un tratto, Mina ha riaperto gli occhi e, teneramente guardandomi, mi ha detto: 

"Jonathan, desidero che tu mi faccia una promessa e mi dia la tua parola d'onore di mantenerla. Una promessa che farai a me, ma in realtà a Dio, e alla quale non devi venir meno anche se dovessi gettarmi in ginocchio ai tuoi piedi e implorarti, piangendo a calde lacrime, di non mantenerla. Su, devi giurarmelo subito". 

"Ma Mina" ho replicato "non posso farti seduta stante una promessa del genere. Non ne ho il diritto."
"Mio caro" ha ribattuto lei, e parlava con un tono di tale intensità, che gli occhi le splendevano come stelle polari "a volerlo sono io. E la promessa non riguarda me. Puoi chiedere al dottor Van Helsing se ho o no ragione; in caso negativo, potrai fare come vuoi. Anzi, ti dirò di più: se tutti saranno d'accordo, in un secondo tempo potrai essere sciolto dal tuo giuramento." 

"E va bene, ti do la mia parola" ho detto, e per un istante Mina è parsa lietissima; ma a me la lietezza era negata dalla vista della cicatrice rossa che aveva in fronte. Ha ripreso:
"Promettimi che non dirai nulla dei piani di azione contro il Conte. Non me ne parlerai né espressamente né per accenni e allusioni; e non lo farai finché avrò questa!" 

E con gesto solenne ha indicato la cicatrice. Mi son reso conto che non scherzava affatto, e altrettanto solennemente le ho detto: "Te lo prometto!", ma mentre lo facevo, ho avuto la sensazione che tra noi due si fosse interposto un uscio serrato. 

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Più tardi, mezzanotte - Mina si è mostrata allegra e spensierata tutta la sera, al punto che gli altri sono apparsi rianimati, quasi fossero in qualche modo contagiati dalla sua gaiezza; e di conseguenza, io stesso ho avuto la sensazione che la tetra cappa che ci opprime si fosse un tantino sollevata. 

Ci siamo ritirati tutti di buon'ora, e adesso Mina dorme tranquilla; è davvero meraviglioso che, nel pieno della sua terribile prova, le resti la capacità di sonni così profondi. Ne sia ringraziato Iddio, perché per lo meno riesce a dimenticare sia pure momentaneamente le sue preoccupazioni. Chissà che il suo esempio non eserciti un'influenza su di me, al pari della sua allegria di questa sera. Starò a vedere. Oh, quanto non darei per un sonno senza sogni. 

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6 ottobre, mattina - Un'altra sorpresa. Mina mi ha svegliato presto, suppergiù all'ora di ieri, e mi ha chiesto di andarle a chiamare il professore. Pensando che volesse farsi ipnotizzare un'altra volta, sono andato subito a cercarlo. Van Helsing evidentemente se lo aspettava, perché l'ho trovato bell'e vestito nella sua stanza, l'uscio della quale era spalancato, sì da permettergli di udire aprirsi la porta della nostra. È venuto senza farsi aspettare; ed entrando ha chiesto a Mina se anche gli altri potevano essere presenti. 

"No" ha risposto senz'altro lei "sarebbe inutile. Potrete dirglielo voi più tardi. Devo accompagnarvi nel vostro viaggio."

Il professore è rimasto non meno stupito di me. Un attimo di silenzio, e poi ha chiesto:
"Ma perché?"
"Dovete portarmi con voi. Con voi sarò più al sicuro, e anche voi sarete più al sicuro." 

"Ma perché, cara Madame Mina? Voi sapete che vostra salvezza è nostro più solenne dovere. Noi andiamo in pericolo, al quale voi siete o potete essere più esposta che ciascuno di noi a causa di... circostanze... be', cose che sono state..." e qui si è zittito, imbarazzato. 

Prima di rispondere, Mina ha alzato l'indice e se l'è puntato alla fronte:
"Lo so. È per questo che devo venire. Posso dirvelo ora, mentre il sole sta sorgendo, mentre può darsi che più tardi non sia in grado di farlo. Io so che, quando il Conte lo vuole, devo andare da lui. So anche che, se mi dice di recarmi da lui in segreto, devo farlo di nascosto, ricorrendo a ogni espediente per ingannare gli altri, Jonathan compreso". Dio ha senza dubbio notato l'occhiata che m'ha lanciato pronunciando queste parole, e se davvero un angelo registratore esiste, quell'occhiata le è stata ascritta a eterno merito. Non ho potuto far altro che afferrarle la mano. Mi riusciva impossibile parlare, preda com'ero di un'emozione troppo grande persino per il sollievo delle lacrime. Ha ripreso Mina: 

"Voi uomini siete coraggiosi e forti. Siete forti tutti assieme, perché potete sfidare ciò che schiaccerebbe le umane energie di un singolo che vigilasse su di me da solo. Inoltre, io posso esservi d'aiuto, perché potete ipnotizzarmi, e in tal modo venire a sapere cose che neppure io conosco." Ha replicato con tono assai grave il dottor Van Helsing: 

"Madame Mina, voi siete come sempre moltissimo saggia. Voi con noi verrete; e insieme faremo quello che noi partiamo per compiere". È seguito, da parte di Mina, un lungo silenzio, che mi ha costretto a levare lo sguardo a lei. E ho visto che era ricaduta sul guanciale, nel sonno; non si è svegliata neppure quando ho tirato la tenda, lasciando che la luce del sole invadesse la stanza. Il professore mi ha fatto cenno di seguirlo senza far rumore. Siamo andati in camera sua, e un minuto dopo erano con noi anche Lord Godalming, il dottor Seward e il signor Morris. Il professore ha riferito loro le parole di Mina, soggiungendo: 

"Domattina partiremo per Varna. Dobbiamo ora tener conto di nuovo fattore: Madame Mina. Oh, ma sua anima è vera. È per lei un'agonia di sofferenza di dire a noi così tanto quanto ha fatto; ma è stato utilissimo, e siamo avvertiti in tempo. Non deve essere occasione perduta, e in Varna noi dobbiamo essere pronti di agire l'istante stesso che la nave arriva". 

"Ma che faremo esattamente?" ha chiesto, laconico, il signor Morris.
Il professore si è concesso una pausa prima di rispondere:
"Per prima cosa dobbiamo salire a bordo di quella nave; poi, quando abbiamo trovato la cassa, noi dobbiamo mettere su essa un ramo della rosa selvatica. Noi essa dobbiamo legare, legare bene, perché quando esso è là, nessuno può emergere di cassa; così almeno dice la superstizione. E a superstizione noi dobbiamo fidarci in prima; superstizione è stata fede di uomo in tempi antichi, ed essa ancora è all'opera in fede. Poi, quando noi abbiamo l'opportunità che noi cerchiamo, quando nessuno è vicino per vedere, noi apriremo cassa e... E tutto sarà bene". 

"Io non attenderò nessuna opportunità" ha replicato Morris. "Non appena vedrò la cassa, l'aprirò e distruggerò il mostro, anche se attorno, a guardare, fossero mille uomini, e a costo di essere spacciato io stesso, per averlo fatto, un attimo dopo."
Istintivamente gli ho preso la mano: era ferma come un pezzo d'acciaio. Penso che abbia compreso il significato del mio sguardo. Almeno lo spero. 

"Buono ragazzo" ha commentato il professore. "Coraggioso figliolo. Quincey è uomo come si deve. Dio benedica lui per questo. Ragazzo mio, credete me se io vi dico che nessuno di noi si tira indietro o esita per qualsiasi paura. Io dico solo quel che possiamo fare, che dobbiamo fare. Ma, in verità, in verità non possiamo dire quel che poi facciamo. Sono tante cose che possono accadere, e loro vie e loro conseguenze sono così varie che fino al momento noi non possiamo dire. Saremo tutti armati in tutti i sensi; e quando il momento per la fine è venuto, nostro sforzo non manca. Ora prepariamo tutte nostre cose in ordine. Che tutte faccende che riguardano altri cari a noi e che da noi dipendono, siano completate, perché nessuno di noi può dire quale, quando e come è conclusione. In quanto a me, miei affari sono regolati; e siccome null'altro ho da fare, vado a provvedere al viaggio. Compro biglietti e così via." 

Non c'era altro da aggiungere, e ci siamo separati. Adesso sistemerò tutte le mie questioni terrene, e sarò pronto per qualsiasi evenienza... 

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Più tardi - Tutto è a posto. Ho fatto testamento, non c'è altro da aggiungere. Mina, se sopravvivrà, sarà la mia sola erede. Se così non sarà, ogni nostra cosa andrà a coloro che sono stati così buoni con noi. 

Il tramonto è vicino: me ne rende avvertito l'inquietudine di Mina. Sono certo che c'è qualcosa, nella sua mente, che il momento esatto del tramonto rivelerà. Sono occasioni, queste, che per noi tutti stanno facendosi strazianti, perché ogni sorgere o calare del sole è foriero di nuovi pericoli, di qualche nuovo dolore che tuttavia, se Dio vorrà, potrà anche essere il mezzo per un buon fine. Scrivo tutto questo nel diario, perché la mia cara d'ora in poi non deve più essere al corrente di queste cose; ma, se mai suonerà l'ora che possa saperle, saranno qui, pronte.
Mi sta chiamando. 

Commento: Il tramonto è vicino, la partenza incombe. Chiudiamo il Capitolo ventiquattresimo con il nostro gruppo ormai pronto a partire per dare la caccia a Dracula. Partiranno tutti insieme, uniti come lo sono stati fino ad ora. Com'è giusto che sia.
L'obiettivo è anticipare il Conte e finirlo prima che possa reagire. Riusciranno i nostri valorosi protagonisti nel loro scopo?

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