21.2
(Continua dal diario del Dr. Seward)
Così dicendo ha girato la maniglia, ma la porta non ha ceduto. Ci siamo gettati contro il battente, che con uno scroscio si è spalancato, e siamo piombati nella stanza quasi a capofitto. Il professore anzi è caduto, e l'ho visto a quattro zampe, mentre si sforzava di rimettersi in piedi. Ma qualcosa d'altro mi ha sgomentato. Ho sentito i capelli rizzarmisi sulla nuca come setole e il cuore fermarmisi.
La luce della luna era tanto chiara da penetrare attraverso la spessa cortina gialla, sì che nella stanza ci si vedeva abbastanza bene. Sul letto matrimoniale, vicino alla finestra giaceva Jonathan Harker, il volto paonazzo, respirando pesantemente, come se fosse drogato. Inginocchiata sull'orlo del letto, girando le spalle al marito, era la figura biancovestita di sua moglie, e accanto a lei un uomo alto, magro, nerovestito. Non guardava verso di noi, ma all'istante tutti abbiamo riconosciuto in lui il Conte: ogni suo tratto, persino la cicatrice sulla fronte.
Con la mano sinistra stringeva quelle della signora Harker, bloccandogliele dietro il dorso; con la mano destra le aveva afferrato il collo, obbligandola a chinare il volto verso il proprio petto. La bianca camicia da notte era sporca di sangue, e un rivolo scorreva sul petto nudo dell'uomo che s'era aperto l'abito. La posizione dei due aveva una terribile somiglianza con l'immagine di un bambino che caccia il naso di un gatto in un piattino di latte per obbligarlo a bere. Come abbiamo fatto irruzione nella stanza, il Conte ha volto il capo, e di colpo in viso gli si è stampata l'espressione infernale di cui avevo letto. Gli occhi hanno preso a fiammeggiargli di diabolica furia; le grandi narici del bianco naso aquilino si sono spalancate, frementi; i candidi denti aguzzi, visibili tra le labbra piene della bocca stillante sangue, hanno cozzato assieme come quelli di una bestia selvaggia. Con uno scatto, ha buttato la sua vittima sul letto che vi è piombata come se fosse caduta da chissà quale altezza e piroettando su se stesso, si è lanciato addosso a noi.
Intanto il professore si era rimesso in piedi, protendendo verso il Conte la busta che conteneva l'ostia consacrata. Ed ecco d'un tratto il Conte arrestarsi, come aveva fatto la povera Lucy davanti al sepolcreto, e anzi arretrare, arretrare sempre più, mentre noi, brandendo i nostri crocifissi, avanzavamo. La luce della luna all'improvviso è venuta meno, come se una grande nube nera avesse attraversato il cielo; e quando il fiammifero sfregato da Quincey ha acceso la lampada a gas, null'altro abbiamo visto se non un impalpabile vapore, che davanti ai nostri occhi è scivolato sotto l'uscio che si era richiuso di rimbalzo dopo il nostro ingresso.
Van Helsing, Art e io siamo accorsi dalla signora Harker, che aveva ripreso fiato e insieme aveva emesso un urlo così selvaggio, così lacerante, così disperato, che mi risuonerà alle orecchie fino all'ultima mia ora. Per qualche istante, è rimasta a giacere, immota e sconvolta. Il suo volto era spaventoso a vedersi, il pallore accentuato dal sangue che le insozzava labbra, guance e mento; dalla gola le gocciava un filo di sangue; gli occhi erano folli di terrore.
Poi Mina s'è portata al volto le povere mani martoriate, sul cui candore restava il segno rosso della terribile stretta del Conte, e da dietro quel riparo è uscito un basso gemito desolato, a dispetto del quale l'urlo terribile di prima è parso null'altro che l'espressione transitoria di un dolore senza fine. Van Helsing le si è accostato e, con gesto lento, l'ha coperta con le lenzuola, mentre Art, dopo uno sguardo disperato a quel volto, si precipitava fuori dalla stanza. Van Helsing mi ha sussurrato:
"Jonathan è in torpore che noi conosciamo che Vampiro può produrre. Noi nulla possiamo fare per povera Madame Mina per pochi momenti, finché essa non riprende se stessa. Io devo svegliare lui!". Ha bagnato un tovagliolo con acqua fredda che poi ha preso a spruzzargli in faccia, mentre la moglie continuava a nascondersi il volto tra le mani e a singhiozzare in maniera straziante.
Ho sollevato la cortina e ho guardato fuori dalla finestra. La luce della luna era chiarissima, e ho potuto scorgere Quincey Morris attraversare di corsa il prato e nascondersi dietro un grande tasso. Non riuscivo a capire che cosa stesse facendo; ma proprio in quella ho udito l'esclamazione che Harker si era lasciato sfuggire riprendendo almeno in parte coscienza, e mi sono girato.
Sul suo volto, come del resto era ovvio, si era dipinta un espressione di profonda sorpresa. Per qualche secondo è parso intontito, poi di colpo si è ripreso del tutto e si è levato a sedere. Il brusco movimento ha riscosso la moglie, che si è volta a lui tendendo le braccia come per stringerlo a sé, ma subito dopo le ha abbassate e, unendo i gomiti, si è riportata le mani al volto tremando tanto da far vibrare il letto.
"In nome di Dio, che succede?" ha gridato Harker. "Dottor Seward, dottor Van Helsing, che significa tutto questo? Che cos'è accaduto? Qualcosa non va? Mina cara, che hai? E quel sangue, che vuol dire? Mio Dio, mio Dio, a questo siamo arrivati!"
E, mettendosi in ginocchio, ha congiunto le mani invocando: "Buon Dio, aiutaci! Aiutala, oh, Ti prego, aiutala!"
Poi, con uno scatto, è balzato dal letto e ha cominciato a vestirsi, l'uomo che era in lui del tutto ripresosi di fronte alla necessità dell'azione immediata. "Che cos'è accaduto, dunque? Ditemelo!" gridava intanto. "Dottor Van Helsing, voi volete bene a Mina, lo so. Oh, fate qualcosa per salvarla. Può darsi che non sia ancora troppo tardi. Proteggetela mentre io vado a cercare LUI!"
Sua moglie, nonostante il terrore, l'orrore e la disperazione, si è resa conto del pericolo che Jonathan correva e, di colpo dimentica del proprio dolore, lo ha afferrato gridando:
"No, no, Jonathan, non lasciarmi. Ho già sofferto abbastanza, questa notte, senza che a questo s'aggiunga la paura che LUI ti faccia del male. Devi stare con me, restare con questi amici che ti proteggeranno!"
Parlava con tono via via più esagitato, e Jonathan ha ceduto, e lei allora se l'è tirato accanto sul letto, abbracciandolo freneticamente.
Van Helsing e io abbiamo cercato di calmarli entrambi. Il professore ha levato il suo piccolo crocifisso d'oro e ha detto con invidiabile calma:
"Non temete, mia cara, noi siamo qui, e finché questo è vicino a voi, nessuna cosa malvagia può voi avvicinare. Per questa notte, voi siete salva, e noi dobbiamo essere calmi e fare consiglio assieme". La signora Harker ha avuto un altro brivido ed è rimasta in silenzio, appoggiando il capo al petto del marito. Quando lo ha alzato, la bianca camicia da notte di lui è apparsa macchiata di sangue nel punto in cui era stata toccata dalle labbra di lei e in quello in cui dalla piccola ferita ancora aperta sul collo era uscita qualche altra goccia. Non appena Mina se n'è avveduta, si è ritratta esalando un gemito e ha balbettato, mezzo soffocata dai singhiozzi:
"Contaminata, contaminata! Non potrò più né toccarlo né baciarlo. Oh, perché proprio io dovevo divenire la sua peggiore nemica, colei che più ha motivo di temere?". Harker ha replicato con tono deciso:
"Sciocchezze, Mina, non voglio sentirti dire cose simili, è una vergogna il solo pensarle! Dio mi giudichi per le mie mancanze e mi punisca con sofferenze ancora peggiori persino di quelle che mi toccano in quest'ora, se un mio atto o una mia intenzione dovesse allontanarci l'uno dall'altra". Così dicendo, l'ha presa tra le braccia e se l'è stretta al petto, e così Mina è rimasta per qualche istante, sempre singhiozzando. Jonathan ci guardava da sopra il capo di lei, gli occhi imperlati di lacrime, le narici frementi; ma la bocca aveva una piega energica. Finalmente, i singhiozzi di lei si sono acquetati, e allora Jonathan mi ha detto, obbligandosi a una calma che, lo capivo, gli costava un enorme fatica:
"E adesso, dottor Seward, ditemi tutto. L'essenziale lo so fin troppo bene; dovete però dirmi come si sono svolti i fatti". Gli ho riferito com'erano andate le cose, ed egli stava ad ascoltarmi in apparenza impassibile, ma le narici gli fremevano, gli occhi mandavano lampi, mentre gli raccontavo di come le mani implacabili del Conte avessero trattenuto sua moglie in quell'orrida posizione, con la bocca attaccata alla ferita aperta sul suo petto. Persino in quel momento, mentre il suo volto pallido di ira contenuta era agitato da fremiti convulsi, le mani di Harker continuavano a carezzare teneramente i capelli arruffati della moglie. Stavo finendo il mio racconto, quando Quincey e Godalming hanno bussato all'uscio e sono entrati al nostro invito. Van Helsing mi guardava con aria interrogativa, e ho capito quel che intendeva: conveniva approfittare della loro venuta per distrarre, se possibile, l'infelice coppia dallo stato di sconforto di cui era preda; gli ho fatto un cenno di assenso e ho chiesto ai due che cosa avessero notato o fatto. A rispondere è stato Lord Godalming:
"Non l'ho veduto né nel corridoio né in nessuna delle stanze. Sono andato a guardare nello studio, dove certo era stato ma da cui era fuggito. Però, aveva...". Si è interrotto, guardando la patetica figura affranta sul letto. E Van Helsing: "Avanti, amico Arthur. Non dobbiamo più nascondere lei nulla. La nostra speranza adesso consiste di sapere tutto quanto. Voi parlate libero!".
E Art allora ha ripreso:
"Era stato nello studio, come ho detto, e anche se vi si è soffermato solo pochi secondi, gli sono bastati per combinare un disastro. I dattiloscritti sono stati interamente bruciati, non ne restavano che ceneri con qualche fiammella azzurra; anche i cilindri del vostro fonografo sono stati scagliati nel fuoco, e la cera ha alimentato le fiamme".
L'ho interrotto per dire: "Grazie a Dio, l'altra copia è chiusa nella cassaforte!". Il volto gli si è illuminato per un istante, ma si è nuovamente incupito mentre proseguiva il suo racconto: "Allora sono corso dabbasso, ma di lui nessuna traccia. Ho dato un'occhiata nella stanza di Renfield e anche qui niente, a parte...". Altra pausa. "Proseguite!" ha detto Harker con voce roca. E Art, chinando il capo e passandosi la lingua sulle labbra, ha soggiunto: "A parte il fatto che quel povero diavolo è morto". La signora Harker ha alzato la testa, volgendo lo sguardo dall'uno all'altro di noi, e ha detto con tono solenne:
"Sia fatta la volontà di Dio!". Io però avevo la netta impressione che Art ci nascondesse qualcosa; ma, persuaso che avesse un buon motivo per farlo, non ho detto nulla. Rivolto a Morris, Van Helsing ha chiesto: "E voi, amico Quincey, avete a noi da dire qualche cosa?".
"Non molto" è stata la risposta. "In seguito può anche darsi che significhi molto, ma per il momento impossibile dirlo. Mi son detto che sarebbe stato bene scoprire dove il Conte si sarebbe rifugiato uscendo da questa casa. Lui non l'ho visto, ma ho scorto un pipistrello spiccare il volo dalla finestra di Renfield,dirigendosi verso ovest. M'aspettavo di vederlo tornare a Carfax, in una forma o nell'altra, ma evidentemente ha preferito un'altra tana. Per questa notte non tornerà, perché a est già il cielo si imporpora, l'aurora è vicina. Ma durante la giornata avremo molto da fare!"
Aveva pronunciato queste ultime parole in una sorta di ringhio. Per un paio di minuti, è regnato il silenzio, e ho avuto l'impressione di sentire il battito dei nostri cuori; alla fine Van Helsing, posando tenerissimamente la mano sul capo della signora Harker, ha detto:
"E adesso, Madame Mina, povera, cara, cara Madame Mina, dite noi esattamente quello che è successo. Dio sa che io non voglio che voi siete sofferente; ma è bisogno che noi conosciamo tutto, perché ora più che mai nostra opera deve essere fatta rapida e decisa, con massimo impegno. Il giorno è a noi vicino che tutto questo deve essere messo fine, se così è possibile, e ora è probabilità che noi viviamo e impariamo".
La povera, cara signora è stata percorsa da un brivido, e la tensione di cui era preda risultava evidente dal modo con cui si è aggrappata vieppiù al marito, come a nascondere la testa sul suo petto. Poi però l'ha rialzata con gesto fiero e ha teso la mano a Van Helsing che l'ha presa, si è chinato a baciarla con reverenza e poi l'ha trattenuta tra le sue. L'altra mano di lei era tenuta dal marito, che con l'altro braccio le cingeva la vita in gesto di protezione. Dopo una pausa, che evidentemente le è servita a riordinare i propri pensieri, la signora ha riferito quanto segue:
"Avevo preso il sonnifero che tanto gentilmente mi avete somministrato, ma a lungo non ha avuto effetto. Avevo anzi l'impressione di essere sempre più sveglia, la mente affollata da miriadi di orride fantasticherie, tutte collegate con la morte, con vampiri, sangue, dolore, tormenti". Il marito si è lasciato sfuggire un gemito, e la moglie, volta a lui, lo ha amorevolmente esortato:
"Non agitarti, caro. Devi essere forte e coraggioso per aiutarmi in questa terribile ora. Se sapessi quale sforzo mi costa raccontare questa spaventosa vicenda, capiresti quanto bisogno ho del tuo aiuto. Dunque, mi sono detta che dovevo fare del mio meglio per rendere più efficace il sonnifero con la mia volontà, e quindi mi sono imposta di dormire. È certo che il sonno di lì a poco è arrivato, perché altro non ricordo. Jonathan rientrando non mi ha svegliata, perché quando mi sono destata l'ho visto al mio fianco. Nella stanza c'era la stessa nebbia biancastra che avevo notato in precedenza. Già, ma dimentico che voi questo non lo sapete; comunque, lo troverete scritto nel mio diario. Provavo lo stesso vago terrore che avevo già sperimentato prima, la stessa sensazione di una presenza estranea. Mi sono girata per svegliare Jonathan, ma ho costatato che dormiva così profondamente da far credere che fosse stato lui a bere il sonnifero, non io. L'ho scosso, ma non se n'è dato per inteso. Questo mi ha messo in uno stato di angoscia, e mi sono guardata attorno atterrita. E allora, mi sono sentita mancare il cuore: accanto al letto, come se fosse uscito dalla nebbia - o meglio, come se la nebbia si fosse trasformata nella sua figura, perché quanto a essa era completamente scomparsa - si drizzava un uomo alto, magro, tutto vestito di nero. L'ho riconosciuto immediatamente dalle descrizioni fornitemi da voialtri. Il volto cereo; il naso aquilino sul quale la luce batteva come su una lama; le labbra rosse socchiuse a mettere in mostra gli acuminati denti candidi; e gli occhi rossi che avevo avuto l'impressione di scorgere al tramonto sulle vetrate della chiesa di Saint Mary a Whitby. Ho riconosciuto anche la cicatrice rossa sulla fronte, nel punto in cui Jonathan l'aveva colpito. Per un attimo il cuore mi si è fermato e avrei voluto urlare, ma ero come paralizzata. E allora lui ha parlato dicendo, in una sorta di sussurro minaccioso, tagliente, intanto indicando Jonathan:
"Silenzio! Se emettete un suono, lo prendo e gli fracasso il cranio sotto i vostri occhi".
Ero troppo sgomenta e sbalordita per dire o fare alcunché. Con un sorriso beffardo, lui allora mi ha messo una mano sulla spalla e, tenendomi forte, con l'altra mi sa scoperto la gola, dicendo mentre così faceva: "Tanto per cominciare, un po' di ristoro per riprendermi dalle fatiche. Vi conviene star zitta; non è né la prima né la seconda volta che le vostre vene hanno calmato la mia sete!". Ero sbigottita e, strano a dirsi, non desideravo frapporgli ostacoli. Penso che anche questo faccia parte del diabolico incantesimo da cui sono colte le sue vittime quando lui le tocca. Ah, mio Dio! Abbi pietà di me!, ha applicato le sue labbra fetide sulla mia gola!"
Il marito si è lasciato sfuggire un altro gemito, e Mina, stringendogli ancora più saldamente la mano e guardandolo impietosita, quasi che da avere subìto tutto questo fosse stato lui, ha proseguito:
"Ho sentito le mie forze sciogliersi, ero quasi svenuta. Non so dire quanto sia durata questa orribile situazione, ma dev'essere passato parecchio tempo prima che scostasse da me la sua lurida, immonda bocca ghignante. E ho visto che sangue fresco ne ruscellava!". Il ricordo è parso sopraffarla per un istante, e si sarebbe abbattuta sul letto, non fosse stato per il braccio del marito pronto a sorreggerla. A fatica si è ripresa e ha continuato:
"Poi mi ha parlato con tono beffardo: "E così voi, al pari degli altri, vorreste mettere la vostra intelligenza a confronto con la mia! Voi vorreste aiutare quegli uomini a darmi la caccia e a frustrare i miei disegni! Ora voi sapete, ed essi almeno in parte già sanno, e tra poco sapranno ancor meglio, che cosa significhi frappormi ostacoli. Le loro energie avrebbero dovuto riservarle ad altri scopi. Mentre giocavano d'astuzia con me - contro di me che ho comandato a nazioni, che ho intessuto intrighi a loro pro e che per esse ho combattuto, centinaia d'anni prima che costoro fossero nati -, io ne minavo l'opera. E voi, la loro beniamina, siete ormai mia, carne della mia carne, sangue del mio sangue, stirpe della mia stirpe, per ora mia rigogliosa vendemmia, e in seguito mia compagna e mia complice(*). Sarete vendicata a vostra volta, perché tutti loro si piegheranno ai vostri voleri. Ma per il momento dovete essere punita per ciò che avete fatto. Li avete aiutati a ostacolarmi, e ora obbedirete a ogni mia chiamata. Quando la mia mente vi ordinerà: vieni!, voi attraverserete terre e mari per obbedirmi e a tale scopo, ecco!".
E così dicendo si è aperta la camicia e con le sue lunghe taglienti, si è aperta una vena in petto. Come il sangue ha preso a spicciarne, mi ha afferrato le mani con una delle sue, immobilizzandole, e con l'altra, presami per il collo, ha premuto la mia bocca sulla ferita, per cui non m'è restato che soffocare e inghiottire un po' di quel... Oh, mio Dio, mio Dio, che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto per meritarmi sorte simile, io che ho cercato di procedere sempre lungo il sentiero della bontà e della giustizia? Dio, abbi pietà di me! Abbassa lo sguardo a questa povera anima che corre un pericolo ben più che mortale, e nella Tua clemenza abbi pietà per coloro cui essa è cara!"
Poi ha preso a strofinarsi le labbra come a nettarle da ciò che le aveva insozzate. Mentre riferiva la sua terribile esperienza, a oriente il cielo si andava schiarendo, e gli oggetti diventavano via via più visibili. Harker era adesso silenzioso, Immobile; ma, mentre ascoltava la spaventosa narrazione, il volto gli si era andato offuscando, assumendo un colore sempre più cupo, tanto che, quando il primo, ramato riflesso dell'aurora si è diffuso nell'aria, è parso che la sua pelle fosse addirittura bruna. Abbiamo deciso che uno di noi stia continuamente a portata di voce della infelice coppia, in attesa che ci si possa riunire e decidere sul da farsi. Di una cosa son certo: oggi il sole non illuminerà, durante tutto il suo immenso giro, nessuna casa più miseranda di questa.
Curiosidracula#1: Nel discorso che Dracula fa a Mina, quando la definisce carne della sua carne e sangue del suo sangue, Stoker fa un richiamo biblico, precisamente al secondo capitolo della Genesi:
"Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall'uomo è stata tolta».
Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne."
Associare l'immaginario biblico a questa parte del romanzo, in cui invece avviene un'azione malvagia è servita all'autore per imprimere più forza alla scena!
Nota: Mai una gioia in questo libro, eh!
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