18.3
ᴅɪᴀʀɪᴏ ᴅᴇʟ ᴅᴏᴛᴛᴏʀ ꜱᴇᴡᴀʀᴅ
Primo ottobre, ore quattro del mattino - Proprio mentre stavamo per uscire di casa, sono stato avvertito che Renfield desiderava vedermi subito: aveva da comunicarmi cose della massima importanza. Ho detto all'infermiere latore del messaggio di riferirgli che sarei andato da lui l'indomani mattina: in quel momento ero troppo occupato. Ma l'infermiere ha replicato:
"Ha insistito molto, signore, non l'ho mai visto così ansioso. Non so di che si tratti, ma se non andrete subito da lui avrà una delle sue crisi". Ben sapendo che l'infermiere non avrebbe fatto simili affermazioni se non a ragion veduta, gli ho risposto: "Va bene, andrò da lui adesso" e ho chiesto agli altri di aspettarmi pochi minuti, perché dovevo fare una scappata dal mio "paziente".
"Prendete me con voi, amico John", ha detto il professore. "Il suo caso in vostro diario interessa me molto, e esso anche ha avuto e ha attinenza con "nostro" caso. Io molto gradirei di vedere lui, e speciale quando sua mente è turbata."
"Posso venire anch'io?" ha chiesto Lord Godalming.
"E io?" ha interloquito Quincey Morris.
"E io no?" ha fatto Harker. Ho annuito, e insieme abbiamo imboccato il corridoio.
Abbiamo trovato Renfield in stato di notevole eccitazione, ma assai più ragionevole, quanto a discorsi e modi, di quanto mai l'avessi visto. Faceva mostra di una lucidità del tutto insolita in un lunatico; e sembrava affatto convinto che le sue ragioni avrebbero prevalso su quelle di altri, completamente savi.
Siamo entrati tutti e quattro insieme nella stanza, ma non siamo stati noi a parlare, bensì Renfield, avanzando la richiesta di essere dimesso seduta stante e rimandato a casa. E a sostegno accampava argomentazioni circa la sua completa guarigione, il suo attuale perfetto equilibrio mentale. "Faccio appello ai vostri amici" ha detto, "ai quali forse non dispiacerà giudicare il mio caso. A proposito, non mi avete presentato."
Ero talmente sbalordito che la stranezza di fare la presentazione di un matto chiuso in manicomio, di primo acchito non mi ha colpito; e poi, nei modi dell'uomo era una certa dignità, l'atteggiamento di chi ha l'abitudine di trattare da pari a pari, che automaticamente ho obbedito: "Lord Godalming, il professor Van Helsing, il signor Quincey Morris del Texas. E questo è il signor Renfield".
Il paziente ha stretto la mano a tutti, volta a volta dicendo: "Lord Godalming, ho avuto l'onore di essere accanto a vostro padre al Windham; dal fatto che ne portate il titolo, arguisco, e mi addolora, che non è più. Era un uomo amato e onorato da quanti lo conoscevano; e in gioventù, ho udito dire, è stato l'inventore di un punch al rhum bruciato, di grande successo la sera del Derby. Signor Morris, potete essere fiero del vostro grande stato. Il suo ingresso nell'Unione costituisce un precedente che potrà avere effetti di vasta portata, quando il polo e i tropici forse si alleeranno a loro volta con la bandiera stellata. Chissà che la forza del Trattato non si riveli un gran motore di espansione, una volta che la dottrina di Monroe sia stata confinata, come si merita, tra le favole politiche. E che dire del piacere di incontrare Van Helsing? Signore, non mi scuso per aver trascurato, rivolgendomi a voi, i convenzionali titoli. Quando una persona ha rivoluzionato la terapia con le sue scoperte sulla continua evoluzione della sostanza cerebrale, le convenzioni sono inadeguate, poiché si darebbe l'impressione di voler confinare la persona stessa in una categoria. Voi signori che per nazionalità, retaggio o possesso di doti naturali, siete legittimati a occupare i vostri rispettivi posti in questo mondo in perenne movimento, voi prendo a testimoni del fatto che sono altrettanto sano quanto la maggior parte degli uomini che godono appieno delle loro libertà. E sono certo che voi, dottor Seward, umanitario e giurista oltre che medico e scienziato, considererete un dovere morale riservare a me un trattamento degno di chi si trovi in circostanze eccezionali".
Quest'ultimo appello era stato da lui indirizzato con un tono meditato, di profonda convinzione e non privo di suggestione. Penso che tutti i presenti fossero stupiti. Per quanto mi riguarda, ero convinto, sebbene conoscessi il carattere e i precedenti anamnestici del paziente, che questi avesse recuperato il ben dell'intelletto; e ho provato la tentazione quasi irresistibile di dirgli che, persuaso della sua saviezza, avrei provveduto alle necessarie formalità per il rilascio il mattino dopo. Ma ho pensato che fosse meglio soprassedere, prima di pronunciare un'affermazione di tale gravità, avendo io una vecchia esperienza degli improvvisi salti di umore che potevano verificarsi in lui, ragion per cui ho preferito tenermi sulle generali riconoscendo che, a quanto sembrava, stava rapidamente migliorando e che il mattino successivo avrei avuto con lui una lunga chiacchierata, per vedere che cosa potessi fare per venire incontro ai suoi desideri. Non è parso per niente soddisfatto, e si è affrettato ad aggiungere:
"Temo però, dottor Seward, che voi non abbiate afferrato appieno il mio desiderio, il desiderio di andarmene immediatamente, qui, subito, adesso, in questo stesso istante, se possibile. Il tempo vola e, nel nostro tacito accordo con la vecchia falciatrice (Nota di Rick: la Morte), questo fatto costituisce l'essenza di un contratto che non ammette dilazioni. Sono certo che basti esporre, a un eccellente terapeuta come è il dottor Seward, un desiderio così semplice, eppure di così grande momento, perché venga esaudito".
E mi ha guardato fisso e, lettomi il diniego in faccia, si è rivolto agli altri, del pari scrutandoli. Costatato che la risonanza non era quale s'era aspettato, ha proseguito:
"Possibile che mi sia sbagliato nelle mie supposizioni?".
"Vi siete sbagliato" ho risposto con franchezza, ma anche, mi è sembrato, con rudezza. C'è stato un lungo silenzio, e quindi Renfield ha detto, parlando lentamente:
"Quand'è così, credo che non mi resti che formulare altrimenti la mia domanda. Mi sia dunque concesso di chiedere un permesso, un privilegio, un favore o come preferite chiamarlo. E non esito a implorarvene, e non già per motivi personali, bensì per amore di altri. Non sono in condizioni di esporvi tutte le mie ragioni da cima a fondo; ma, vi assicuro, potete credermi se vi dico che sono assai valide, solide e altruistiche, e promosse dal più elevato senso del dovere. Se voi, signore, poteste leggermi in cuore, approvereste l'empito di sentimenti onde sono animato. Che dico, ben di più: mi annoverereste tra ivostri migliori e più fedeli vostri amici".
Ancora una volta ci ha guardati tutti intensamente. Ero sempre più convinto che in questo mutamento di un intero modo di pensare non fosse da vedere che un'altra forma o fase della sua follia, e ho quindi deciso di lasciarlo continuare per un altro po', sapendo, per esperienza diretta, che, come sempre accade con i matti, avrebbe finito per tradirsi. Van Helsing lo studiava con la massima attenzione, con un'intensità tale che le sue cespugliose sopracciglia quasi si univano alla radice del naso. E gli ha detto, con un tono che al momento non mi ha colpito particolarmente, sì però quando ci ho ripensato, perché era quello di chi si rivolge a un suo pari:
"Non potete dire voi esplicitamente motivo vero che induce voi a desiderare di essere libero questa notte? Io garantisco voi che, se voi riuscite a me soddisfare, uno straniero senza pregiudizi e che ha fatto sua abitudine di tenere mente aperta, il dottor Seward voi concederà, a suo proprio rischio e responsabilità, il privilegio che voi cercate".
Renfield ha scosso il capo con aria triste, in volto un'espressione di profondo rimpianto. Il professore ha proseguito: "Andiamo, signore, riflettete su voi stesso. Voi pretendete i privilegi di ragione in suo massimo grado, e infatti cercate di impressionare noi con vostra assoluta ragionevolezza. Questo fate voi, cui sanità mentale abbiamo ragione di dubitare, in quanto non siete ancora affrancato di trattamento medico cui siete sottoposto appunto per questa carenza. Se voi non volete aiutare noi in nostro sforzo di scegliere la via più saggia, come possiamo noi compiere il dovere che voi stesso imponete a noi? Se voi siete saggio, voi aiutate noi; e se noi possiamo, a nostra volta noi aiutiamo voi a realizzare vostro desiderio".
L'altro ha scosso ancora il capo replicando:
"Dottor Van Helsing, non ho niente da dire. I vostri argomenti sono ineccepibili, e se fossi libero di parlare non esiterei un istante; ma in questa faccenda non sono padrone di me stesso. Posso solo chiedervi di avere fiducia in me. In caso di rifiuto, la responsabilità non ricadrà su di me".
A questo punto, ho pensato che fosse opportuno interrompere l'intermezzo, che stava diventando una farsa di comica seriosità, e mi sono avviato all'uscio limitandomi a un:
"Andiamo, amici, abbiamo del lavoro da compiere. Buonanotte".
Ma, come sono stato alla porta, nel paziente si è verificato un nuovo cambiamento. È scattato alla mia volta con tale rapidità, che per un istante ho temuto che fosse per compiere un'altra delle sue aggressioni con intenti omicidi: paure, le mie, infondate, perché Renfield ha levato le mani in gesto di implorazione, ripetendo la sua richiesta in tono patetico. Avvedutosi che l'eccesso stesso di emotività militava contro di lui, in quanto non faceva che restituire tra noi gli antichi rapporti, è divenuto ancor più suadente. Un'occhiata a Van Helsing mi ha rivelato che questi condivideva la mia opinione, ragion per cui ho persistito nel mio atteggiamento e, forse con durezza maggiore, ho fatto capire a Renfield che i suoi tentativi erano inutili.
In precedenza, avevo già notato in lui gli stessi sintomi di crescente eccitazione ogniqualvolta doveva presentare una richiesta sulla quale avesse rimuginato a lungo, come a esempio quella volta che voleva un gatto; e m'aspettavo di assistere, anche adesso, al trapasso a uno stato di cupa abulia. Ma le mie previsioni si sono rivelate fallaci: resosi conto che i suoi appelli erano vani, Renfield ha dato in ismanie. Si è gettato in ginocchio, levando le mani e torcendosele, gemendo e riversando un vero e proprio torrente di suppliche, con le lacrime che gli colavano per le guance, il viso sconvolto dai segni di un profondissimo turbamento:
"Lasciate che io vi preghi, dottor Seward, oh, permettetemi di implorarvi di farmi uscire subito da questa casa! Mandatemi via dove e come volete; fatemi scortare da infermieri armati di fruste e catene e che mi costringano in una camicia di forza, ammanettato e con i ferri ai piedi, magari in un carcere, ma lasciate che esca di qui! Voi non sapete quel che fate, trattenendomi qui dentro. Parlo dal profondo del cuore, anzi della mia anima. Voi non sapete a chi state facendo del male né come, né io posso dirvelo. Ahimé, ahimé, proprio non posso dirvelo. Per tutto ciò che ritenete sacro, per tutto ciò che avete caro, per il vostro amore che è andato perduto, per la vostra speranza che continua a vivere, in nome dell'Altissimo, portatemi via di qui e salvate la mia anima! Ma non capite? Non afferrate il senso delle mie parole? Non riuscirete mai a comprendere? Non vi rendete conto che ormai sono savio e sincero, che non sono affatto un lunatico in preda alla follia, ma un uomo con la testa sulle spalle che lotta per la propria anima? Oh, datemi ascolto! Datemi ascolto! Lasciatemi andare, lasciatemi andare, lasciatemi andare!".
Ho pensato che, più questo continuava, più Renfield si sarebbe esaltato, fino a perdere il controllo; e allora l'ho preso per mano e l'ho fatto rialzare. "
Su da bravo" ho detto con tono severo. "Ora basta. Ne abbiamo avuto a sufficienza. Andate a letto e cercate di controllarvi meglio."
All'improvviso l'ha smessa e per lunghi istanti mi ha fissato intensamente. Poi, senza una parola, si è rialzato e, andatosene al suo letto, si è seduto sulla sponda. Era il collasso, come in altre occasioni, ed esattamente come m'ero aspettato. Mentre uscivo dalla stanza, ultimo del gruppo, mi ha detto con voce tranquilla, beneducata:
"Spero, dottor Seward, che in seguito mi darete atto che questa sera ho fatto quanto ho potuto per convincervi".
Commento: Questo capitolo mi ha sempre messo una profonda inquietudine. Voi che ne pensate?
Leggende di Vlad il Simpaticone, Episodio #5: ritornano le leggende sul nostro amato buontempone: Vlad l'Impalatore, il Dracula storico che ha ispirato la figura del celebre Conte passato alla storia per la spiccata crudeltà e l'utilizzo dell'impalamento come strumento di tortura preferito.
Oggi parliamo delle teorie intorno sua morte.
Non si sa infatti quando sia avvenuta e in quali circostanze, ma si suppone possa essere collocata alla fine del 1476.
Le teorie più accreditate ci dicono che potrebbe essere stato ucciso per sbaglio, scambiato per un nemico, assassinato in un agguato, oppure ancora morto secondo il suo stile di vita: in una battaglia con i turchi. Secondo un'altra leggenda, egli sarebbe morto per il morso di "un grosso pipistrello", che curioso!
Secondo altri in quella battaglia con i turchi non sarebbe morto, ma catturato e portato come prigioniero a Costantinopoli, dove fu riscattato dalla figlia che viveva in Italia, che raggiunse e vi rimase fino alla morte.
Alcuni studiosi dell'Università di Tallin in Estonia avrebbero trovato indizi su una principessa di nome Maria Balsa, fuggita a Napoli alla corte di Ferdinando di Aragona nel 1479 in seguito alle persecuzioni turche. Secondo questi studiosi, la donna potrebbe essere la figlia di Vlad "Dracula" dato che nel suo blasone vi era un drago, simbolo della stirpe di Vlad Tepes, figlio di Vlad II Dracul "il Drago" e membro dell'Ordine del Drago.
Dopo la sua morte, comunque, resta da capire che fine ne abbia fatto il corpo, dato che non fu mai ritrovato. Anche qui ci sono parecchie teorie, che vi aspetteranno nel prossimo episodio di Vlad il Simpaticone!
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