12.5

ᴅɪᴀʀɪᴏ ᴅᴇʟ ᴅᴏᴛᴛᴏʀ ꜱᴇᴡᴀʀᴅ

20 settembre - Soltanto la volontà e l'abitudine mi fanno registrare questa sera queste righe. Sono tanto triste, tanto infelice, tanto disgustato del mondo e di ogni cosa in esso, compresa la vita stessa, che non mi scuoterei minimamente se, in questo stesso istante, sentissi il battito delle ali dell'angelo della morte. Il quale di recente le ha mosse, quelle sue tetre ali, e non invano: la madre di Lucy, il padre di Arthur e adesso... Ma procediamo con ordine. 

Ho dato debitamente il cambio a Van Helsing nella veglia accanto a Lucy. Volevamo che anche Arthur andasse a riposare, ma dapprima si è rifiutato, ed è stato solo quando gli abbiamo detto che avremmo avuto bisogno di lui durante il giorno, e che non dobbiamo tutti crollare per mancanza di riposo, altrimenti a soffrirne sarebbe stata Lucy, che ha accondisceso ad andarsene. 

Van Helsing è stato molto gentile con lui. "Venite, ragazzo mio" gli ha detto "venite con me. Voi stanco e debole, e avete avuto molto dolore e molto tormento di testa, senza contare quella perdita di vostre energie che ben sappiamo. Non dovete restare solo, perché essere solo significa essere pieno di paure e allarmi. Venite in salotto, dove è grande fuoco e dove sono due divani. Voi riposerete su uno, io su altro, e nostra simpatia sarà di conforto l'uno per l'altro, anche se non parliamo e anche se dormiamo." 

Arthur se n'è andato con lui, lanciando da sopra la spalla uno sguardo amoroso al volto di Lucy, quasi più bianco del cuscino su cui giaceva. Se ne stava assolutamente immobile, e io volgevo gli occhi per la stanza per costatare se tutto era in ordine. Era evidente che il professore aveva imposto, in questa come nell'altra, il suo metodo dell'aglio: gli infissi ne puzzavano, e attorno al collo di Lucy, sopra il fazzoletto di seta che Van Helsing le aveva messo, faceva bella mostra di sé un rozzo rosario degli stessi aromatici fiori. 

Il respiro di Lucy era alquanto stertoroso, e il volto non era bello a vedersi, perché la bocca aperta esibiva le gengive pallide. Nella semioscurità, i denti sembravano più lunghi e aguzzi di quanto non fossero stati al mattino, e per uno strano gioco di luci, erano in particolare i canini a spiccare sugli altri. 

Mi sono seduto al suo capezzale, e ben presto Lucy si è mossa come a disagio. In quello stesso istante, alla finestra s'è udito una sorta di sordo battito d'ali o tonfo. Mi sono avvicinato in punta di piedi, guardando fuori da dietro il margine della tendina. Era plenilunio, e mi sono avveduto che a produrre il rumore era un grosso pipistrello, che roteava là in giro - senza dubbio attratto dalla luce, per quanto fioca -, e di tanto in tanto sbatteva contro la finestra. Tornato al capezzale, ho notato che Lucy si era leggermente mossa, strappandosi dal collo i fiori d'aglio. Glieli ho rimessi alla bell'e meglio e ho ripreso a vegliarla. 

Finalmente s'è svegliata, e le ho somministrato del cibo, secondo le prescrizioni di Van Helsing. Ne ha inghiottito pochissimo e di malavoglia. Sembrava che non ci fosse più in lei quell'inconscia, energica volontà di vivere che finora ne aveva caratterizzato la malattia. Mi è parso strano che, nel preciso istante in cui ha ripreso conoscenza, si sia premuta addosso i fiori d'aglio, né meno strano era che, ogniqualvolta ricadeva nel sonno letargico, contrassegnato dall'ansito, allontanasse da sé i fiori. Non c'era possibilità di equivoci in merito: nelle lunghe ore che hanno fatto seguito, è passata attraverso molte fasi di sonno e di risveglio, ripetendo più e più volte i due gesti. 

Verso le sei, Van Helsing è venuto a darmi il cambio. Arthur si era assopito, e pietosamente l'abbiamo lasciato dormire. Quando il professore ha visto Lucy, ha emesso quel suo solito sibilo inspirante, e quindi m'ha detto, in un imperioso sussurro: "Tirate la tenda; ho bisogno di luce!". Quindi si è chinato e, sfiorando quasi con il suo il volto di Lucy, l'ha esaminata attentamente. Le ha tolto i fiori e ha sollevato il fazzoletto di seta che le copriva la gola, e subito ha dato un balzo indietro, con un'esclamazione soffocata: "Mein Gott!". Anch'io mi sono chinato a guardare, e ho avvertito uno strano brivido corrermi per la schiena.
Le ferite alla gola erano totalmente scomparse. 

Per cinque minuti buoni, Van Helsing è rimasto a fissare Lucy, il volto come impietrito. Poi mi ha detto con tono pacato:
"Sta morendo. Non ne ha più per molto. E sarà grande differenza, notate me, se muore cosciente o in suo sonno. Svegliate quel povero ragazzo e fate lui venire e assistere ultimi momenti; ha completa fiducia in noi, e noi abbiamo lui promesso". 

Sono andato in sala da pranzo e ho svegliato Arthur. Per un istante è rimasto intontito, ma come ha visto la luce del sole filtrare da sotto le persiane, convinto di aver fatto tardi ha espresso i propri timori. L'ho assicurato che Lucy stava ancora dormendo ma, con la maggior gentilezza possibile, l'ho informato che sia Van Helsing che io temevamo che la fine fosse prossima. 

Arthur si è coperto il volto con le mani e si è lasciato cadere in ginocchio accanto al divano, restandovi per qualche istante, il volto nascosto, intento a pregare, le spalle scosse da singhiozzi. L'ho preso per la mano e l'ho sollevato. "Vieni" gli ho detto "povero amico mio. Fa' appello a tutte le tue forze: sarà meglio e più facile anche per lei."

Tornati nella stanza della moribonda, ho costatato che Van Helsing, come al solito previdente, aveva dato una riassettatina, cercando di conferire alla camera un aspetto un po' accogliente. Aveva persino pettinato Lucy, i cui capelli si spandevano sul cuscino nel loro abituale splendore.

Come siamo entrati, Lucy ha aperto gli occhi e, alla vista di Arthur, ha sussurrato piano: "Oh, amore mio, sono così felice che tu sia venuto!". Arthur si è chinato per baciarla, ma Van Helsing lo ha fermato con un cenno. "No" ha mormorato "non ancora! Tenete sua mano, sarà per lei più di conforto." 

E allora Arthur le ha preso la mano e le si è inginocchiato accanto, e Lucy mai era parsa così bella, le linee morbide del volto pari all'angelica dolcezza degli occhi. Poi, lentamente, le palpebre le si sono chiuse, ed è sprofondata nel sonno. Per qualche istante, il seno le si è sollevato piano, e il respiro era quello di un bimbo stanco. 

Poi, quasi insensibilmente, ecco intervenire quella strana metamorfosi che avevo notato durante la notte. Il respiro le si è fatto affannoso, la bocca le si è aperta, e le pallide gengive raggrinzite hanno fatto risaltare i denti più lunghi e aguzzi che mai. 

In una sorta di dormiveglia vago, incosciente, Lucy ha riaperto gli occhi, che erano opachi e duri insieme, e ha detto con una voce dolce, voluttuosa, che mai le avevo udito uscire dalle labbra: "Arthur, oh, amore mio! Sono così contenta che tu sia venuto! Baciami!". 

Arthur si è chinato avidamente a baciarla, ma proprio in quella Van Helsing, il quale al par di me era rimasto sorpreso all'udire quel tono di voce, gli è piombato addosso e, afferrandolo per la collottola con una violenza e una forza che mai avrei supposto in lui, l'ha letteralmente gettato dall'altra parte della stanza. 

"No per vostra vita!" ha esclamato. "No, per vostra anima e per quella di lei!" E si è piazzato tra lei e lui come un leone inferocito. 

Arthur era rimasto talmente interdetto, da non sapere che dire o che fare; ma, prima che un impulso di violenza lo travolgesse, si è reso conto della situazione e del momento, ed è rimasto muto, in attesa. 

Io continuavo a tenere gli occhi fissi su Lucy, e lo stesso faceva Van Helsing, ed entrambi abbiamo visto un'espressione d'ira passarle come un'ombra sul volto; i denti acuminati hanno cozzato assieme. Poi gli occhi le si sono chiusi, e il respiro le si è fatto pesante. 

Un momento dopo, eccola riaprirli, e adesso avevano ripreso tutta la loro dolcezza; e, tendendo la povera mano pallida e scarna, ha afferrato la grande mano scura di Van Helsing, l'ha accostata alle labbra e l'ha baciata. "Mio vero amico" ha detto, con voce a stento udibile ma con indicibile pathos "mio vero amico e vero amico di Arthur! Oh, vi prego, vigilate su di lui e confortatelo!" 

"Lo giuro!" ha replicato Van Helsing con tono solenne, inginocchiandolesi accanto e levando la mano in segno di solenne promessa. Quindi, volto ad Arthur: "Venite, figliolo, prendete sua mano e baciatela su fronte, e una volta sola."

A unirsi sono stati i loro sguardi, anziché le loro labbra; e questo è stato il loro addio. Gli occhi di Lucy si sono chiusi, e Van Helsing, che non l'aveva persa di vista un istante, ha preso Arthur per le braccia e l'ha condotto via. 

E poi il respiro di Lucy è tornato a farsi stentoreo (nota: particolarmente sonoro), e d'un tratto è cessato. 

"È finita" ha detto Van Helsing. "È morta." 

Ho preso Arthur per il braccio e l'ho accompagnato in salotto, dove si è accasciato, il volto tra le mani, singhiozzando da spezzare il cuore. 

Sono tornato di sopra, dove Van Helsing continuava a fissare la povera Lucy, il volto più duro che mai. Nella salma erano intervenuti dei cambiamenti. Il decesso le aveva restituito una parte della sua bellezza, tant'è che fronte e guance avevano ripreso in parte almeno la floridezza; persino le labbra non erano più così esangui, quasi che la linfa vitale, non più indispensabile per il funzionamento del cuore, fosse intervenuta a rendere meno brutale la crudeltà della morte.

"ᴩᴇɴꜱᴀᴠᴀᴍᴏ ᴄʜᴇ ᴍᴏʀɪꜱꜱᴇ ᴍᴇɴᴛʀᴇ ᴅᴏʀᴍɪᴠᴀ, 
ᴇ ᴄʜᴇ ᴅᴏʀᴍɪꜱꜱᴇ ᴍᴇɴᴛʀᴇ ᴍᴏʀɪᴠᴀ."

Mi sono messo al fianco di Van Helsing e gli ho detto: "Ah, povera ragazza, finalmente avrà pace. È proprio finita". 

Van Helsing si è girato a guardarmi, e ha replicato con tono quanto mai grave:
"Nient'affatto, ahimé. Questo è solo inizio". 

Gli ho chiesto che cosa avesse voluto dire, ma il professore si è limitato a scuotere il capo e a rispondere: "Per il momento, noi nulla possiamo fare. Attendere e vedere". 

Nota: Con questo finisce il Capitolo 12 e possiamo considerarla come una svolta importantissima per la storia. Fatemi sapere nei commenti cosa vi ha lasciato la lettura :)  

Curiosidracula#1: "Pensavamo che morisse mentre dormiva, e che dormisse mentre moriva" è una frase della ballata del poeta inglese Thomas Hood chiamata "The Death-bed" (Letto di morte), una dolce poesia che canta gli ultimi istanti di una donna che sommessamente si spegne in un ideale di bellezza eterea.

"We thought her dying when she slept,
And sleeping when she died."

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