Una madre.
⭕️ATTENZIONE: In questo capitolo sono presenti scene forti di maltrattamento animale, chiedo scusa a tutti per quanto seguirà, ma serviva ai fini della trama.
Con quanto scritto non voglio che si passi il messaggio che io sia a favore di tutto ciò.
Sono profondamente contraria.
Per chi non se la sentisse di leggere da quel punto in poi, può saltarlo e troverà un breve riassunto nell'angolo autrice in fondo.
Grazie mille per la comprensione.⭕️
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Alla mia migliore amica.
Alla mia psicologa personale.
Alla mia cuoca internazionale.
Alla mia dispensa di consigli infinita.
All'unica che sa il peso del mio cuore e lo protegge sempre con forza.
Alla mia Custode Segreta.
Alla mia mamma.
Buon Compleanno, amore mio.
I nostri cuori batteranno sempre allo stesso ritmo.
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"Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore."
— Pier Paolo Pasolini, Supplica a Mia Madre.
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La vita è fatta di bivi, di incroci e di intarsi. È fatta di tasselli che vanno cercati, scoperti e posizionati al loro posto per poter dare un senso alle cose, alle azioni e agli eventi.
La vita è fatta di scelte.
Ma nessuno ha mai detto che si possa avere la possibilità di compierle.
Le scelte erano sempre stato un privilegio che a Draco non toccava.
Lui che poteva avere tutto, qualunque cosa desiderasse gli veniva servita su vassoi di diamanti che brillavano di cristallo.
Lui che poteva avere qualsiasi cosa, voleva solo la possibilità di scelta.
Il nome che aveva era stato scelto da altri.
Il sangue che gli scorreva nelle vene non era dipeso da lui.
L'educazione che aveva avuto era stata decretata da terzi.
La casata dov'era finito gli era stata assegnata dal cappello parlante.
E uccidere Silente gli era stato imposto, ordinato.
Eppure lui, inconsciamente, una scelta l'aveva fatta: aveva preso il marchio nero, simbolo di morte, con paura certo ma anche con coraggio. Doveva proteggere la sua famiglia. Doveva proteggere sua madre.
E non è forse coraggioso, scegliere l'amore altrui, che il proprio?
Purtroppo per Draco Malfoy, però, quella scelta era stata sbagliata, il mondo non avrebbe mai capito. Gli avrebbero propinato soluzioni, scappatoie e protezioni inesistenti non prendendo in considerazione la spada di Damocle che gli pendeva sulla testa, pesante e pericolosa, a ricordagli sempre chi avrebbe vinto su di lui: l'oscurità.
La neve si specchiava nei suoi occhi mentre, lenta, attecchiva al suolo. I timidi raggi del sole non avevano la forza necessaria per entrare nella sua stanza dai vetri della finestra. Santuario di silenzio e riflessione, custode segreto delle sue più acute urla, del suo più tumultuoso dolore, della sua più sincera vergogna: le lacrime. La sua stanza poteva vantare il privilegio di aver visto i momenti più significativi ed emotivi di Draco Malfoy. Custode silenziosa, insieme alla Luna, aveva accompagnato, nel buio avvolgente della notte, i crolli del serpeverde.
Era lì che si trovava in quel momento, il Natale quel giorno aveva bussato alla sua porta ma lui non aveva aperto, lasciandolo fuori, ad attecchire al suolo insieme alla neve. Ricordava da bambino quanto il Natale fosse freddo ma consolato dal numero inclassificabile di regali che riceveva. Con il passare del tempo, crescendo, i regali erano diminuiti, riducendosi ai pasti consumati con chiacchiere di circostanza e cenni di cortesia, con parole che avevano il sapore delle imposizioni su cosa era giusto e cosa sbagliato. Solo dopo, il ragazzo aveva capito che, in realtà, erano aggettivi invertiti.
Si consolava soltanto con il pensiero che, la sera, sua madre prima di ritirarsi a riposare andava nella sua stanza, sorridendole materna e gli baciava la fronte, come se fosse ancora un bambino e lasciava sulla sua guancia una carezza dal retrogusto dolce, come le fragole. Gli dava i suoi auguri così, nel modo più silenzioso e discreto possibile, ma nel cuore di Draco faceva rumore. Una forza che il suo cuore non sapeva reggere, non sapeva gestire. E aspettava paziente che la madre chiudesse la porta dietro di se, per lasciarsi crollare in lacrime amare di cose non vissute.
Perfino l'anno prima, la madre era passata, quando in casa sua regnava il regime del terrore. Quando l'Oscuro gli passeggiava nel corridoio di fronte, perfino in quel momento la madre era passata da lui per carezze gentili e baci d'amore che in quella casa non erano ammessi.
Ma Draco sapeva che quell'anno, la madre non sarebbe passata.
Per tutti il Natale ha un odore, un sapore, per il giovane Malfoy il Natale sapeva di carezze leggere e lacrime acre.
Decise di rendere quel giorno almeno fruttuoso, visto che sarebbe stato vuoto specchio impeccabile della sua anima.
Uscito dalla stanza si diresse a passo cadenzato verso la biblioteca.
Non sapeva bene cosa cercare e sperava in una qualche illuminazione al tocco di copertine ruvide.
Inserì la bacchetta nella fessura e aspettò paziente gli intarsi unirsi. Quando si aprì fece il suo ingresso silenzioso e osservando la punta delle sue scarpe; troppo immerso nei suoi pensieri per prestare attenzione al resto.
«Draco.»
Il modo in cui la madre pronunciava il suo nome traboccava d'amore come un fiume in pena, inclemente per le piante intorno a custodirne gli argini. Così pieno che con la sua forza abbatteva barriere e portava via con se ogni cosa.
Alzò lo sguardo, già sapendo dove guardare, e piantò gli occhi in quelli di Narcissa. Un blu cobalto che rasentava il topazio più prezioso.
«Madre.»
Modulò la voce, che grattò le pareti della gola per non averla fatta uscire prima. Era stato in silenzio da quando si era alzato, e la sera prima non aveva comunque aperto bocca. Graffiva il fondo, come per raschiare via il silenzio.
«Cosa ti porta qui?»
Narcissa era seduta su una poltrona vicino al camino, un thè fumante sul tavolino poco distante e un libro tra le mani.
Si godeva la pace e la lettura in quell'angolo di paradiso che era sempre stato la biblioteca di Malfoy Manor.
Personalmente arredata da lei con cura e passione, la stessa che aveva trasmesso a Draco nella vita, per i libri e per quel luogo lontano dal tempo.
Draco non ricordava quando era stata l'ultima volta che l'aveva vista fuori dalle sue stanze, forse risaliva a poco dopo la fine della guerra. Appena erano stati chiamati al ministero a sostenere interrogatori e inquisizioni si era rintanata, e con il passare dei giorni non era più uscita.
«Io... — Si sentiva in difficoltà, non sapendo realmente cosa cercare. — Io non lo so. Non sono sicuro di sapere che libro cercare.»
«Allora forse c'è qualche libro che cerca te.» E Narcissa gli sorrise.
La madre lasciò le labbra piegarsi in un sorriso vero, distendersi sul suo viso e, come per incanto, fu ringiovanita di dieci anni.
Era sincero, toccava gli angoli degli occhi in modo delicato, come le ali di una farfalla. Eppure... eppure rimase lì.
Rimase disteso quando lui fece un passo avanti, si avvicinò a lei e il sorriso non cambiò, non mutò, non volò via come una farfalla spaventata da un movimento impercettibile.
«Credo... credo di sì.» Disse, prendendo posto su una poltrona di fronte a lei.
Narcissa lo guardò in volto per la prima volta dopo tanto tempo, e Draco si mosse scomodo sulla stoffa, si sentiva studiato, esaminato. Come sotto inchiesta.
Gli occhi della madre brillavano di consapevolezza e di colpa, e pesarono sulle spalle di lui come un macigno.
«Come stai, Draco?»
E fu tsunami di mare, fuoco di vulcano che strabocca dagli argini, frana di montagna che precipita al suolo. Fu terremoto che spacca la terra, valanga di neve che copre le città, tornado di aria che scoperchia le case e porta via i tetti.
Furono tante cose, che si specchiarono negli occhi chiari del serpeverde, immagini proiettate direttamente nelle sue pupille, ma rimasero lì.
La voce, che prima gli graffiava la gola per uscire, retrocesse codarda, rimanendo impigliata tra le corde vocali.
Lo sguardo che guizzava sulla figura di lei, che lo guardava ancora colpevole, le mani presero a tremare e sentì tra le labbra sapore di acqua di mare, sapore di sale.
Si accorse di quella lacrima silenziosa e traditrice con vergogna e sgomento, ma troppo tardi. Ormai Narcissa l'aveva vista.
«Mi dispiace.»
E in quelle parole ci racchiuse tanti motivi.
Mi dispiace per averti trascurato; mi dispiace per averti lasciato solo, anche io; per averti fatto pesare sulle spalle un peso non tuo; per non essere stata la madre che meritavi; per non averti protetto abbastanza.
Semplicemente, mi dispiace.
E Draco recepì esattamente tutti quei significati dal tono di voce della madre, e il cuore gli tremò nel petto. Odioso organo che non credeva di avere, si beffava di lui, facendolo sentire piccolo, indifeso e vulnerabile.
Rimasero in silenzio per un po' di tempo, scambiandosi sguardi pregni di apprensione.
Poi iniziarono a parlare; parlare davvero.
Narcissa gli chiese della scuola, degli studi. Di come si stava preparando per gli esami e di com'erano i suoi voti.
Gli chiese di Blaise e Theodore, di come stavano, se anche loro studiavano e se erano pronti per gli esami imminenti.
Poi gli chiese delle ragazze: Astoria e Daphne, e di Pansy. Se i Signori Greengrass avessero trovato un altro marito per Astoria e se Pansy gli sembrava felice.
Poi continuò con il resto delle famiglie purosangue che conosceva, chiedendo superficialità e curiosità.
Rimasero a conversare per ore, come forse non avevano mai fatto, scambiandosi occhiate d'affetto e commenti simpatici.
Narcissa aveva riso alle battute di Draco su alcuni primini e le si era appesantito il cuore quando il figlio le aveva raccontato delle voci, dei sussurri di corridoio quando passava, delle occhiate spaventate e di quelle cattive.
Draco, dal canto suo, si sentiva libero. Un peso in meno ad alleggerirgli le spalle. Il biondo non conosceva la condivisione. Non sapeva come funzionasse o a cosa servisse, eppure quel giorno condivise con Narcissa un piccolo angolo di paradiso. Condivise con lei chiacchiere futili che alleggeriscono l'anima, condivisero un momento madre e figlio che non avevano mai avuto l'occasione di poter scoprire. E a Draco piacque.
Piacque in un modo indicibile, talmente tanto che non riusciva a fermare le parole che fluivano fuori da lui come se la madre gliele stesse tirando di fila dalla bocca, ma senza sforzo alcuno. Con il piacere di conoscere. Il piacere di riappropriarsi di momenti perduti.
E proprio perché parlare gli era così facile, in quel giorno, glielo chiese.
Glielo chiese senza preavviso, le parole gli uscirono dalle labbra in modo fluido, facendo perdere alle parole la consistenza, ma non il loro peso.
«Perché te ne sei andata?»
Le parole lievitarono nell'aria, mischiandosi con la polvere dei libri illuminati dai raggi solari.
Rimasero incastrati lì, tra i pulviscoli, a rendere l'atmosfera tesa, spezzando definitivamente quella leggerezza che si era creata nell'ambiente.
Draco aveva il bisogno di capire.
Capire il motivo per cui la madre se ne fosse andata, lasciandolo solo ad affrontare il mondo fuori.
Narcissa sapeva che il figlio non intendeva fisicamente, perché lei era sempre stata lì, ma al contempo, non c'era mai. Non c'era più.
Ammettere i propri fallimenti era sempre stato un tasto dolente per la donna, ma glielo doveva.
«Quando perdi l'amore della tua vita, — iniziò, mentre le labbra le tremarono al ricordo, — ti perdi un po' anche tu.» Fece lievitare il libro, che stava ancora sorreggendo tra le mani, nello scaffale della libreria dietro il biondo, poi riprese a parlare, guardando la finestra al suo fianco. «Lucius aveva tanti difetti; era un uomo freddo, e al contempo un gran fifone. Ma io conoscevo il suo cuore, e lui il mio.
La sua anima si è intrisa di oscurità molto tempo fa, Draco. Ma il suo cuore no, non con me almeno. La consapevolezza di saperlo chiuso ad Azkaban, solo, strugge la mia anima. Mi dilania più di un Cruciatus. Ma è il prezzo da pagare per il male che abbiamo aiutato a creare. Lui chiuso in una cella, solo. Ed io qui, con il pensiero di lui.»
Draco si sentiva solo più confuso. Come si può amare una persona più di se stessi?
Soprattutto se quella persona aveva contribuito al tuo male.
Come faceva la madre ad amare un uomo che l'aveva ridotta così.
E allora gli chiese anche quello, perché lui doveva capire.
«Lucius ha fatto tanti errori, nella sua vita. E anche io. E molto probabilmente ne farai anche tu a tuo tempo. Ma quando incontri una persona che ti accetta, e non ti giudica per i tuoi errori, non puoi far a meno di amarla.
Il mondo, Draco, aspetta solo un passo falso, da chiunque, per poterlo etichettare come meglio ritiene.
Ma con il tempo, ti rendi conto che non è importante quello che la gente dirà di te fuori dalle tue mura, ma cosa crede di te l'unica persona che tu deciderai di fare entrare. E quella persona non ti criticherà, ma ti accetterà, e ti amerà per questo.
Le persone sono persone; umani che sbagliano e commettono errori. Eppure, chissà dove, da qualche parte, c'è un'altra persona che ti guarderà mentre fai ritorno dai tuoi sbagli e tu non ti sentirai giudicato. E ti accoglierà per ricordarti che va tutto bene e non sei solo.»
Il giovane serpeverde era solo più stordito e quasi invidiava l'amore che ancora legava la madre al padre.
Gli tornò in mente il discorso fatto con la Granger in biblioteca. Di cosa è l'amore. E come quella volta, si convinse che lui non lo meritava, un amore così.
Sapeva che al mondo nessuno avrebbe mai provato qualcosa di così forte per lui.
Era un qualcosa di troppo puro per uno come lui; aveva commesso troppi sbagli, per potersi redimere e credere che esistesse una persona così destinata a lui.
Eppure, la voce della grifondoro gli accarezzò le orecchie al ricordo di quando lesse per lui. Così soave e al contempo decisa gli ricordava il canto della più tentatrice delle sirene, capace di ammaliarlo e calmarlo. Draco non lo avrebbe mai ammesso, ma avrebbe tanto voluto che leggesse di nuovo per lui, intonando frasi di poeti a lui sconosciuti per ridargli quel senso di pace che tanto bramava.
Draco guardò la madre, con nuova consapevolezza, desiderando nel più profondo del suo cuore un amore che lo consumasse in quel modo.
Poi, come tornato alla realtà, ricordò di un avvenimento a cui non aveva ancora trovato risposta.
Forse la madre sapeva delucidarlo al meglio, conosceva bene le sue doti da strega e si poteva dire che Narcissa Malfoy era di un livello abbastanza elevato.
«Madre, cosa sapete dirmi sulla Legilimanzia?»
«Draco, pensavo che tu fossi abbastanza stanza informato, dopo tutto quello che...—» Si interruppe bruscamente, non guardandolo più.
Il biondo si pentì amaramente di aver articolato quella frase in modo sbagliato, non voleva turbarla in alcun modo e si apprestò a riformare meglio il concetto.
«Si madre, scusatemi. Intendevo dire, qualcosa in più.» Ritentò, con voce malferma.
«Draco, puoi spiegarmi cosa succede?»
Dalla voce di Narcissa trapelò un principio di preoccupazione malcelata, ma mantenne il suo portamento aristocratico.
Il ragazzo trattenne il respiro nei polmoni per un paio di secondi prima di espirare fortemente e decidere di vuotare, in parte, il sacco.
«Madre, voi credete sia possibile avere una specie di... comunicazione menale con qualcuno?»
Il tono di voce leggermente percettibile fece trapelare tutta l'insicurezza del ragazzo.
Temeva di starsi sbilanciando troppo, di starsi esponendo troppo.
Era difficile per lui uscire fuori dal personaggio che si era costruito negli anni. Da ché era iniziato tutto con il crearsi una maschera, era proseguito nel modellarsi un'armatura a protezione del suo corpo, concludendosi poi, con rinforzala al grafene, per difendere il suo Draco interiore. Quello spaventato, quello riservato, quello codardo ma profondamente sensibile.
Sensibile alle intemperie del tempo, che logora e consuma, smussa e prosciuga.
Ma aveva capito che forse non era abbastanza, perché lui si era inaridito, lasciando la sua anima a essiccare.
Cos'altro aveva da difendere, di se stesso?
L'orologio appeso alla parete stabiliva il passare del tempo in suoni precisi delle lancette che si muovevano secche.
A sancire lo scorrere del silenzio che si era attaccato alla sua pelle.
Narcissa, dal suo canto, era rimasta interdetta; non per la domanda in se, ma perché non se lo aspettava.
Dal incontro avvenuto con i ragazzi di Hogwarts non faceva che chiedersi cosa stesse succedendo. Cosa poteva turbare suo figlio in quel modo?
Non aveva osato proferir domanda alcuna, consapevole che Draco gli avrebbe propinato una scusa scadente. Ma era spaventata.
Non le era mai piaciuto che qualcuno ficcasse il naso in faccende personali, perlopiù se si trattava della sua famiglia, ma il biondo le era sembrato così perso.
Nonostante il comportamento sempre distaccato che manteneva, lei conosceva i suoi segreti. Conosceva il suono delle sue urla e il sapore delle sue lacrime; perché avevano lo stesso gusto di quelle che lei versava a sentirlo soffrire.
Un figlio, per quanto vuole nasconderai, mostrarsi forte, mentire a discapito del mondo, non potrà mai combattere contro l'animo di una madre.
Perché solo colei conosce il peso del cuore, e lo sorregge in mani delicate ma con una presa forte, per evitare di farlo cadere, ma non può competere con il tumulto che sente allo sfiorare dei palmi, quando il cuore di un figlio trema.
E quello di Draco aveva sempre tremato.
«Vedi, Draco, esiste un'arte. Un'arte che ti permette di poter intercedere con una persona, non una qualunque. Ci deve essere un legame. — Trasse un profondo respiro, prima di piantare gli occhi in quelli del biondo. — Non ha termine specifico, questo legame. Ma è forte, potente. Così potente che ti permette di poter avere una connessione con questa persona. Puoi chiamarla intesa, se vuoi, ma non è solo questo. Non è amore, e non è odio. E quella sottile linea divisoria che sta al centro.»
Le palpebre del serpeverde tramarono in modo impercettibile, al sentire quelle parole.
Più la madre parlava e più le domande che aveva in testa di moltiplicavano.
E insieme a loro, accresceva dentro di lui un senso di pace e disgusto. Si sentiva come violato da se stesso.
Lui aveva stabilito un legame con la mezzosangue.
E quella scoperta gli costò il caro prezzo di un groppo amaro alla gola, difficile da digerire.
«È una branchia della Legilimanzia, ma non viene studiata perché è praticamente impossibile spiegarla a parole. È un emozione sotto pelle, si deve viverla, per poterla capire.»
Draco osservò la madre tra lo scettico e il preoccupato. Se avesse detto il vero, — e lui dubitava fosse il contrario, — significava che lui e la Granger potevano comunicare con la mente, con la telepatia.
Era curioso di scoprire di più e al contempo timoroso nel farlo.
Ampliare il discorso avrebbe significato andare a rivelare altarini di cui lui non era sicuro di voler scoperchiare.
Il solo pensiero di essere legato a lei gli provocava un senso di profonda vergogna per se stesso, ma anche di... pace.
Una tranquillità che riscaldava il suo cuore più di quanto avrebbe mai ammesso a se stesso, e quello gli provocò altro disgusto.
Era così confuso e sopraffatto dalle sue emozioni che non riusciva più a capire dove era iniziato quel sogno: un attimo prima era in biblioteca a parlare con la madre e quello dopo si era addormentato dando inizio a quell'incubo, forse?
Non lo sapeva, e gli parve quasi di sentire la terra tremargli sotto i piedi quando le parole lasciarono vuota la sua bocca prima che ne potesse prendere il controllo.
«Come si stabilisce questo... legame?»
«Non si sa. C'è chi dice che è una cosa sempre stata presente, altri che in realtà è una magia applicabile con tutti. Io sostengo che, nella vita di ognuno di noi avvengano cose; e queste cose permettono a fattori di scatenarsi. Può essere una frase, una parola, uno sguardo a farla scatenare, ma si manifesta sempre dopo un momento intimo e privato che, inconsapevolmente o non, si ha condiviso.»
E Draco iniziò a collegare i punti.
Una parola: la prima volta che la chiamò Sanguesporco alla lezione di Volo quando erano bambini.
E un momento intimo: il dolore, le urla e le poesie.
I suoi pensieri si accavallavano veloci con le emozioni, creando un tumulto al suo animo debole e fragile, si sentiva stordito e al contempo euforico.
La sensazione di tranquillità che gli dava quella notizia non ne voleva sapere di lasciarlo in pace, eppure lui cercava di sovrastarla con il disgusto verso se stesso per essersi legato in qualche modo a quella ragazza. Non voleva nessun tipo di legame con lei, non lo aveva mai voluto, anzi. In tutti quegli anni non aveva fatto altro che scontrarsi con lei per affermare il contrario.
Eppure... non è anche l'odio una specie di legame?
Magari, si diceva, era stata solo una casualità, se c'avesse riprovato non sarebbe successo nulla, e cosi avrebbe potuto buttarsi quell'assurda storia alle spalle.
Si convinse quindi a riprovarci, appena l'avrebbe rivista.
Eppure... quella sola idea lo rendeva eccitato ancora di più, e non sapeva spiegarsi i motivi.
Eppure... così tanti eppure.
Era sempre stato bravo, Draco, a trovare problemi alle sue soluzioni.
Era sempre stato bravo a sbucciarsi la mente e l'anima per trovare paranoie adatte al calibro delle sue risposte.
Non poteva permettere a se stesso di riposare, di rilassarsi ad una qualche emozione positiva.
Lasciarsi cullare dalle onde del mare, dalle parole sussurrate, da emozioni di serenità che lo toccavano con la stessa forza delle note di un pianoforte scordato; si sentiva la voglia di voler tornare a suonare, ma quella nota dura lo strappava dalla fantasia.
Perché per il biondo erano solo fantasie, quelle in cui lui poteva essere finalmente felice.
In quel marasma di pensieri tentò di uscirne fuori annaspando, come annegato nell'oceano, in cerca d'aria e spaventato.
Rivolse alla madre uno sguardo vacuo, prima di ricordarsi di una cosa importante da riferire alla madre.
«Madre, ho conosciuto Teddy Lupin, e mia zia Andromeda.»
Se Narcissa non fosse stata certa della serietà della voce del figlio, avrebbe senza dubbio pensato di esserselo immaginata.
Il cuore le si fermò nel petto al ricordo della sorella, che ormai lontana non vedeva da anni.
Immagini di un passato troppo vivido le si sovrapposero agli occhi, travolgendola come un vento di montagna.
Le labbra le tremarono insieme alle mani e il corpo fu percosso da brividi freddi al retrogusto amaro di mancanze e ricordi
«Come sta?»
Draco la guardava, aspettandosi una qualche indifferenza, conoscendo la storia che le legava in passato, ma vedendola iniziare a tremare come una foglia in autunno si morse l'interno guancia, pentendosi amaramente.
«Sta bene, chiede... chiede di voi.»
«Di me?» Il tono stupito della donna non sfuggì al giovane mago, che le regalò un leggero sorriso.
«Si di voi, vorrebbe venirvi a trovare. In più mi ha fatto promettere di andare da lei più spesso. Mi sento... in debito con lei, madre. Con Teddy.»
Lo sguardo saettò al suolo, al ricordo di quel dolce bambino che si era abbandonato nelle sue braccia, non consapevole di farsi cullare da colui che aveva contribuito alla morte dei suoi genitori.
Era così piccolo, indifeso. Non conosceva il male del mondo ed era così felice. Per un secondo lo invidiò, bramando per lui quella serenità spensierata che contraddistingue i bambini. Ma durò poco, spazzato via dal rimorso che quel bambino sarebbe cresciuto senza una madre e un padre, per colpa sua.
Se solo non avesse fatto entrare i mangiamore nella scuola, se solo non avesse aggiustato l'armadio svanitore, se solo...
Se solo non fosse stato un mangiamorte, forse sarebbe potuto essere felice anche lui.
Il cuore di Narcissa si fece pesante come un macigno, mentre la mente si affollava di parole, cercando quelle giuste da poter dire al figlio. Ma non ne aveva.
Cosa poteva dirgli, per fargli capire che non era colpa sua? Nulla.
Poteva solo condividere il dolore con lui, così si sporse in avanti e gli strinse la mano.
Draco alzò il volto di scatto trovandosi dentro un mare agitato con alte onde blu color topazio.
Il tocco delicato e gentile della madre gli bruciò la pelle come se avesse toccato una fiamma ardente di fuoco vivo ma non si ritrasse.
Aveva bramato per così tanto tempo quel contatto che non lo avrebbe sprecato per nulla al mondo.
Girò il palmo, chiudendo la mano intorno a quella della madre, constatandone la morbidezza, ma avvertendo le prime rughe dell'età sotto i polpastrelli.
«Lui è un metamorfomagus, ha preso i miei colori, madre. Biondo e gli occhi come i miei, mi sono sentì così... così...— La guardò, cercando parole adatte, che non trovò. — Non lo so. So solo che mi si è addormentato tra le braccia ed io ho sentito come se fossi in procinto di svenire. Lui si è fidato di me, ed io ho... Io ho...—» La voce gli tremò, non riuscendo a concludere le parole.
Faceva così male.
Così male quel pensiero. Quando dolore poteva ancora sopportare, Draco? Prima di lasciarsi risucchiare da quella voragine nera che si apriva sempre di più dentro di lui.
«Tu non sei un assassino, Draco.»
E fece ancora più male.
Silente gli piombò in testa con violenza, facendogli strizzare gli occhi.
No, non avrebbe resistito molto di più.
«Cosa ha detto mia... Mia sorella?»
Draco le fu grato silenziosamente di aver spostato l'argomento su altro, ma la voce gli usciva a fatica.
Gli raccontò di quello strano e malinconico giorno.
Di come si era presentato dalla zia con l'intenzione di fuggire a gambe levate e di come lei lo avesse ascoltato.
Di come l'avesse abbracciato.
Gli raccontò che aveva chiesto di lei, e di come lui aveva dovuto spiegare l'incresciosa situazione in cui vigeva la madre. Di come il suo umore fosse mutato e di quanto le era sembrata così materna, e uguale a Narcissa.
Lei lo ascoltò in silenzio, portandosi tremante la mano alla bocca per coprirla dallo stupore che gliel'aveva fatta spalancare, e di come anche le labbra avevano preso un leggero tremore a sentire le parole del figlio.
Quando Draco finì di parlare, espirò profondamente, come se avesse trattenuto dentro il fiato per troppo tempo, e guardò la madre, stringendogli la mano che ancora era incastrata alla sua. Si guardarono per un tempo indefinito, prima che Narcissa prendesse parola.
«Devo rivederla.»
Draco annuì convinto, anche se non si aspettava dalla madre quella risposta. Lui si era ripromesso che sarebbe tornato. Lo aveva promesso alla zia e silenziosamente a Teddy. Non poteva deluderlo.
Il leggero picchiettare su un vetro lo distrasse dai suoi pensieri tortuosi, facendolo voltare verso la finestra dove se ne stava un barbagianni ad attendere qualcuno che gli aprisse la vetrata per poter planare all'interno.
Draco si alzò già pronto in quella direzione quando la voce della madre lo fermò.
«Vado io, Draco.»
E ancora, era ritornato quel sorriso materno e dolce, colpevole e risentito insieme.
Si era preso cura di lei in tutti quei mesi, e avrebbe continuato fin quando sarebbe stato necessario, pur di riaverla indietro un giorno.
Ma Narcissa Malfoy non era dello stesso avviso, non più.
Il figlio aveva fatto indubbiamente tanto, più di quanto forse si meritasse, ma ora lei si sentiva pronta a riprendere in mano, seppur piano, le redini della sua vita. Lucius le sarebbe mancato sempre ma aveva un figlio a cui pensare, e non aveva intenzione di tirarsi indietro.
Aprì la grande finestra della biblioteca lasciando che il barbagianni planasse, per poi poggiarsi sul bracciolo della poltrona dove prima era seduta la donna; aveva una piccola lettere legata alla zampetta sinistra e i suoi enormi occhi gialli non perdevano di vista la signora Malfoy neanche per un secondo.
Lei, intanto, si stava chiedendo chi avesse mai potuto scriverla in quei giorni, era Natale certo, ma poco credeva che la sorella le avesse già scritto, soprattutto dopo quello che le aveva riferito Draco. Se la conosceva abbastanza bene, — cosa per altro vera, — sapeva per certo che avrebbe aspettato il momento ideale per farsi viva. Ma Andromeda le mancava terribilmente e il pensiero di poter riallacciare i rapporti con lei le scaldava il cuore come mai successo.
Andromeda l'aveva sempre protetta, sin da bambine, dai dispetti e dalle cattiverie delle altre bambine, comprese quelle di sua sorella Bellatrix.
La corvina era la prima avanti a deriderla e schernirla quando, da piccole, Narcissa non riusciva ad imparare la giusta postura da mantenere facendo cascare tutti i libri, che portava sul capo, al suolo. E allora interveniva Andromeda, che con sguardo tagliente e voce ferma le intimava di smetterla, che poco le importava che lei fosse la maggiore di loro, Narcissa era la più piccola e aveva bisogno di più tempo.
E cosa aveva fatto lei, invece?
Per ripagarla di tutto quell'amore senza prezzo alla prima occasione di aiuto silenzioso le aveva voltato le spalle, lasciandola sola in pasto ad un mondo che non l'avrebbe mai capita, ma che aveva affrontato con un coraggio e con un orgoglio che nella famiglia Black si era visto solo poche volte, con Sirius, ad esempio.
Si avvicinò al gufo e sciolse il nastrino che teneva legata la missiva alla zampetta e prima che riuscisse ad aprire la parte superiore successe una cosa raccapricciante.
Il barbagianni si alzò di getto, prima che Draco riuscisse a dargli un biscotto gufico per premiarlo, e si lanciò in picchiata nel camino che ardeva di fiamme rosse e bollenti.
Le urla di Draco rimbombarono per tutta la casa, mentre Narcissa guardava la scena con orrore e sgomento.
Gli stridii di dolore del povero animale si spensero dopo un'infinità di tempo, lasciando solo un silenzio pesante e carico di paura ad avvolgere la casa.
Draco strappò la missiva dalle mani della madre, prima ancora che lei potesse aprirla, e con un incantesimo non-verbale cercò di capire se poteva nascondere qualche pericolo.
Aveva capito subito dopo poco quel gesto spaventoso dell'animale che quest'ultimo era sotto incantesimo, quindi aveva intuito potesse essere qualcosa di pericoloso.
La posta poteva essere intercettata, nel caso ci fosse un'indagine, se viene richiesta. E per lasciare un animale a morire in quel modo chiunque avesse mandato quella posta, sapeva che poteva essere rintracciato.
Aprì con foga la busta, non guardando la madre neanche per un secondo.
E, quando finì di leggere quell'unica riga, il cuore gli si fermò definitivamente.
La terra tremò, e parve che la neve fuori fosse aumentata alzando una bufera. Il sole era completamente scomparso, o almeno, Draco non lo vedeva più.
Era circondato dall'oscurità, da quella voragine che aveva nel petto di dolore, che definitivamente l'aveva inghiottito.
"Sei una donna morta, Narcissa Malfoy."
Ciao a tutti, maghi e streghe.
Incredibile ma vero, un altro aggiornamento in cosi poco.
Ma purtroppo, è l'ultimo tra i capitoli che avevo già pronti, quindi ora inizia la vera attesa.
Non odiatemi vi prego, io vi adoro troppo.
Questo capitolo ci fa capire un po' più di cose su Narcissa Malfoy.
Personaggio strano, come ho già detto in precedenza. A mio avviso un po' enigmatico ma comprendere, per cui ho cercato di dare un'interpretazione sia pertinente alla storia, sia un po' come me la immagino sia, personalmente.
So che può sembrare strano che un figlio dia "del Voi" a sua madre. Ma ho ritenuto fosse normale che in un ragazzo, educato con delle idee di educazione e portamento risalenti più o meno al '800, avvenisse ciò.
Abbiamo ancora Draco, povero cuore, che tenta di non farsi risucchiare dai suoi demoni e dalle sue colpe. Chi si offre volontaria/o per andare a consolarlo? Nessuno? Davvero? Eh va bene, mi sacrificherò io perla patria! Ahah, okay okay, la smetto. Passiamo avanti; Abbiamo Narcissa che invece sta finalmente tentando di uscire fuori dai sui demoni chiedendo ammenda al meglio che può.
E poi, chi diavolo a mandato quel gufo?
Per chi, giustamente, non se l'è sentita di leggere quella parte, di seguito un breve riassunto per voi:
Un barbagianni entra dalla finestra della biblioteca accolto da Narcissa stessa, che accintasi a leggere la missiva che aveva legato alla zampa il pennuto, insieme al figlio, assistono a questa scena raccapricciante, dove il sopracitato sacrifica la propria vita, poiché sotto incantesimo. Draco lo capisce subito perché sa che la posta può essere intercettata, per cui comprende che il mittente non vuole essere trovato. Ho pensato che, poiché nel mondo magico, per intercettare la posta (Ciò citato da Sirius nel film Harry Potter e il Calice di Fuoco, dove compare ad Harry nel camino della Sala Comune dei Grifondoro, e comunica che non può più scrivergli via posta perché intercettano i gufi.) riescono ad intercettare i gufi, l'unico modo per evitare ogni problematica era far "sparire" il gufo.
Piccola annotazione: CHIEDO SCUSA a tutti per quanto letto in precedenza. NON VOGLIO che con quanto scritto si possa evincere che io sia a favore del maltrattamento animale, anzi SONO PROFONDAMENTE CONTRARIA. Per me è stata una vera agonia scrivere questa parte, ma purtroppo serviva ai fini della trama.
Chiedo ancora profondamente scusa a chi si è sentito turbato o offeso, non era mia intenzione arrecare nessun danno, a nessuno.
Ultime parole e chiudo: questo capitolo, come avete potuto apprendere in dall'inizio, è dedicato a mia madre, che ha compiuto gli anni ieri e non vedo da un anno per colpa di questo Covid-19.
Nonostante io ora abbia uno splendido rapporto con lei, ed è la mia migliore amica, quando ero più piccola non ci parlavamo molto e litigavamo sempre. Ma adesso, con una maturità diversa, so che senza di lei sarei persa. Quindi, tutto questo per dirle, grazie. Perché è merito suo se ancora scrivo, se in questa vita ancora ci provo, e cerco di farlo sempre al meglio di me stessa.
Ma parlatemi di voi? Com'è invece il vostro di rapporto con i vostri genitori, o a chi siete più legati nella vostra famiglia? Vi aspetto nei commenti.
E fatemi sapere anche cosa ne pensate del capitolo, mi raccomando.
Lasciate una stellina cadente al vostro passaggio, cosi so che ci siete e mi volete ancora bene.
Ci vediamo per i corridoi
del Castello, miei cari.
Fatto il Misfatto.
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