Situazioni inaspettate.
"Attenzione alle paure del giorno. Amano rubare i sogni della notte."
— Fabrizio Caramagna.
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La pioggia scendeva impetuosa dal cielo scozzese, picchiando ferocemente sulle mura della scuola.
Come schegge di uno specchio che va in frantumi provocava un rumore sordo sulle finestre della Stanza delle Necessità.
Harry Potter se ne stava lì davanti, a contemplare il nulla di fronte a se.
Rimuginava sugli ultimi avvenimenti e su come la situazione stava prendendo una piega tutt'altro che normale.
Era ancora tutto poco chiaro ma già solo il fatto che lì fuori ci fosse nascosto un qualsiasi tipo di pericolo bastava a turbare il suo stato d'animo.
Pur vero che era stato riluttante nel suo ritorno ad Hogwatrs in cuor suo sperava di poter trascorrere un anno in modo pacifico, da normale mago in una scuola che gli aveva dato tanto, senza più doversi preoccupare di strane pietre, camere nascoste, Dissennatori a piede libero, tornei con Coppe truccate, Ordini segreti, libri pericolosi e un pazzo svitato razzista con sete di potere.
Ed invece le lezioni non erano iniziate neanche da una settimana e la situazione stava calando a picco.
Fu il rumore della porta aprirsi con al seguito delle risate a distrarlo dai suoi pensieri.
«Hermione, sei tornata! Come st...—»
«Ron...» Lo richiamò scuotendo il capo in segno di negazione.
Non era il caso, ne il momento, per porre domande, sopratutto visto che erano circondati da persone e Hermione già si sentiva sotto tono di suo.
«Ragazzi, come procede? Trovato qualcosa?» Chiese la riccia prendendo posto sul divano.
«Io non ho trovato niente di niente.» Asserì Theodore.
«Neanche io ho trovato niente.» Si fece aventi Pansy con aria affranta.
«Mh... Daphne per favore, mi passeresti quel libro?»
«Quale Granger?»
«Quello lì! No, non quello. L'altro.»
Daphne raccolse da terra un libro dalla copertina blu, dal peso paragonabile ad una Giratempo, e di piccole dimensioni.
«Grazie.»
«Granger, mi spieghi cosa cerchi in quel libro? L'ho già letto prima e non ho trovato niente di utile.»
«Zabini, non preoccuparti! È uno dei libri che ho già letto e mi ricordo, per l'appunto, di averci letto qualcosa, ma sento che mi sfugge...»
«Che spiegazione esaustiva, Granger!»
La riccia rise leggermente e si accinse a spiegare.
«Poco dopo la fine della Guerra, mi sono trattenuta qui per delle ricerche in Biblioteca.»
«A cosa ti servivano ricerche su dei libri che trattano serpenti? Sei diventata rettilofona?»
Ginny prese posto al suo fianco accompagnando il tutto con una risata.
Hermione le fu subito dietro, ridendo anche lei.
«No Ginny, devi sapere che cercavo informazioni su un serpente specifico che non avevo mai visto. — Sembrava un disco rotto, non avendo preso neanche un momento per respirare. — Durante le mie letture ho scoperto che ne esistono di diversi esemplari, ma nessuno era quello che avevo visto io durante la Guerra Magica e...—»
«Che serpente? C'era solo Nagini.» Ron era piegato sulle ginocchia a scaldarsi le mani vicino al camino, e girò il viso in direzione delle grifondoro ancora comode sul divano.
«Si Ron, ma era un Patro...—»
«Okay va bene cosi, non ce ne frega niente a noi di questa storia, andiamo avanti con le ricerche che l'orologio scorre veloce.»
Draco si sovrappose alla voce di Hermione facendo un passo avanti e alzandosi dal divano con un balzo.
Le guance della riccia si imporporarono di colore.
— Stupida. — Si disse. — Maledetta me e la mia boccaccia.—
Si rese conto che stava decisamente parlando troppo, e per poco non rivelava tutto ai presenti. Ma fortunatamente Malfoy era intervenuto in tempo.
Ma questo le diede da pensare.
A capo chino diede una sbirciatina di sottecchi al biondo serpeverde che le stava di fronte, a debita distanza.
La maschera di menefreghismo e indifferenza ancora sul suo viso, sembrava particolarmente calmo e distaccato.
La Grifona si incupì leggermente, era sicura ormai che il Patronus fosse il suo, ma il fatto che non volesse farlo sapere la rimase perplessa e con una strana sensazione alla bocca dello stomaco: delusione.
La sentiva come una piccola spina di un fiore, incastrata sotto pelle che preme e pizzica.
E cosi come si fa con le spine lei fece con quella sensazione. La estrasse via e si apprestò ad aprire il libro.
Sfogliava frenetica, alla ricerca di qualche parola che le saltasse all'occhio esperto fin quando non trovò quello che cercava.
«Ragazzi, ecco sentite: L'Atheris Hispida è una specie di vipera endemica dell'Africa centrale, nota per le sue scaglie dorsali particolarmente irte, che le conferiscono un aspetto ispido. Nessuna sottospecie è stata correntemente riconosciuta. E' un esemplare raro nel mondo Babbano e altrettanto raro nel Mondo Magico. L'Atheris His...—»
«Hermione, mia cara amica, parla per noi comuni maghi mortali... che vuol dire "endemica"?» Sopraggiunse Ron con espressione confusa.
«L'endemismo è il fenomeno per cui alcune specie vegetali o animali sono esclusive di un dato territorio.»
«Malfoy... sono stupito!»
«Zabini non tutti sono ignoranti come te!» Concluse il biondo sprezzante.
«Comunque...— Proruppe Harry. — Non capisco cosa c'entri.»
«Se qualcuno dei presenti avesse la decenza di tacere e farmi finire.» Disse lasciva Hermione
«Granger prego, a lei la parola.» Fece un cenno regale Astoria, come a concederle l'onore di poter parlare.
«Grazie...» Le rivolse uno sguardo confuso e divertito la riccia.
«Bene dicevo, l'Atheris Hispida è un esemplare di razza Regale. Discendente da una stirpe di serpenti con caratteristiche pressappoco simili e viene riconosciuto grazie alle sue scaglie presenti sul dorso, dal colore dei suoi occhi e dalla tipologia del suo sangue.»
«Cos'ha il sangue di diverso rispetto a quello di un'altro serpente?»
«Pansy, essendo una razza di stirpe Regale ha una differenza. Per farti un esempio, nel mondo Babbano, le persone di stirpe regale si definiscono Sangueblu.»
«Un pò come i Purosangue e i Sanguesporco.»
«Si...» Ed Hermione distolse lo sguardo dalla mora, riportandolo sul libro.
«Senti Granger, non volevo dire...—» Esclamò con tono quasi risentito e imbarazzato, e si stupì a possederne uno, Pansy.
«Tranquilla Pansy, è okay.»
«Comunque...— Intervenne Theodore per stemperare la situazione. — Continuo a non capire.»
«Qui dice che nel Mondo Magico questa specie è estinta, poiché si è provveduto a sterminarla.»
«Granger... ci stai soltanto confondendo la testa!»
«Zabini, abbi fede. Per Morgana!» Asserì stizzita.
«Prosegui.» Sbuffò Blaise.
«Dicevo: è stata sterminata poiché pericolosa per l'ambiente. Al suo passaggio dalle sue scaglie laterali e da quelle presenti sotto lo stomaco lasciava un veleno intenso capace di bruciare il terreno sottostante, e notare bene cosa dice in questo paragrafo, quasi come fosse acido.»
La Grifona concluse alzando gli occhi per puntarli sul bambino sopravvissuto che la guardava eloquente.
«È lui! È il nostro serpente!»
«Grazie Lenticchia, veramente utile, non lo avevamo notato.»
«Malfoy...—» Ringhiò il rosso.
«Ragazzi, per favore! — Daphne fece un passo avanti. — Granger ma dice che è scomparso dopo lo sterminio della specie.»
«Si Daph, ma non mi meraviglierei se ne fosse sfuggito qualcuno.» Convenne la sorella.
Ginny si mosse, cercando di sistemarsi meglio sul divano.
«Perché questo nome non mi è nuovo?...»
«In che senso Ginny?» Le domandò Harry.
«Nel senso, io il nome di questa razza l'ho già sentito... Mi sta sfuggendo qualcosa.» Asserì, assumendo un'espressione pensosa.
«Hai ragione piccola Weasley, anch'io ho come l'impressione di averlo già sentito.»
«Zabini non chiamarmi piccola!»
«Ma lo so che ti piace.» E le rivolse un ghigno lascivo e malizioso.
«Sognatelo!» Rispose lei stizzita.
Intanto Draco iniziava a sentirsi agitato.
Quell'informazione lo aveva scosso più di quanto potesse immaginare e si rese conto che non era un bene. Per niente.
Cercando di mantenere un'atteggiamento calmo e diplomatico fece leva sulle mani per alzarsi dal divano e dirigersi al camino.
Il calore gli riscaldava le guance e la luce che emanava gli ballava sul volto, le fiamme si specchiarono nei suoi occhi chiari, muovendosi come foglie scosse da un vento impetuoso e furioso.
Hermione, che era seduta al fianco del bracciolo vicino al camino spostò lo sguardo sulla sua figura alta e slanciata.
Si concesse di guardarlo in viso poiché era distratto e, ancora una volta, la sua espressione non lasciava spazio a regole: impassibile e distaccata.
Scandagliò il viso spigoloso, salendo piano con gli occhi, passando per il pomo d'Adamo che lentamente guizzava con movimento calcolato, prosegui alle labbra dove un accenno di lingua le stava inumidendo, illuminate dalla luce del fuoco, facendole sembrare lucide sponde di un fiume dove riflettono i raggi solari.
Si spostò agli zigomi disegnati, dalla pelle bianca come lenzuoli di seta pregiata e concluse la sua osservazione approdando agli occhi.
Le fiamme del camino gli danzavano dentro, riflettendosi alla perfezione in quello specchio d'argento, facendolo sembrare più dannato di quanto non fosse.
Ed il pensiero che fosse bello come un quadro realizzato da un pittore disperato le solleticò la mente prima ancora che lei riuscisse a razionalizzarne il pensiero.
«È il Patronus di Malfoy.»
In un secondo quegli specchi argentati piombarono nei suoi.
Fu un attimo e lei si sentì come se le fiamme del inferno la stessero avvolgendo per portarla giù.
Il camino ancora si rifletteva, facendo continuare quella danza tormentata e spaventosa, che in quel momento stava trascinando via anche lei.
Si rese conto di aver trattenuto il respiro solo quando i suoi polmoni quasi le rimbalzarono nel petto, protestando in cerca di ossigeno.
«Che cosa?» Ron per poco non si strozzava con la sua stessa saliva, al punto che l'urlo gli uscì stridulo verso la fine, iniziando a tossire.
E fu proprio quel gesto a farle interrompere il contatto visivo e a ricordarle che lei era ancora sul divano seduta, alla presenza dei suoi amici grifondoro e dei serpeverde, e che non c'era nessun fuoco infernale che la stava risucchiando e trascinando verso un abisso argenteo, e cosa ancora più sconvolgente, le fece rendere conto che lei avvolta da quel fuoco non si sentiva come avrebbe pensato, anzi, tutt'altro.
«Hermione, cosa hai detto?»
«Io... Mh, io...—»
«È il mio Patronus.»
Draco si girò completamente, guardando in viso i suoi compagni serpeverde.
Indugiò qualche minuto in più sullo sguardo di Blaise, che come lui aveva sviluppato una tecnica nel rimanere impassibile e impenetrabile a qualsiasi notizia.
Ma Draco lo conosceva abbastanza da capire cosa stesse pensando, da sapere esattamente le domande che gli vorticavano in testa e conoscere la nota preoccupata che avrebbe preso il tono della sua voce se solo avesse aperto bocca.
«Stupeficum.»
«Protego.»
«Ron ma sei impazzito?» Ginny saltò in piedi, scagliandosi contro il fratello.
«Cosa stai pianificando Malferett? Dillo! Cos'hai in mente?»
Ron urlava cosi forte che la gola aveva preso il colore dei suoi capelli.
In posizione d'attacco e con la bacchetta sguainata cercava di muovere dei passi in direzione del biondo, mentre la sorella e Harry lo trattenevano dalle spalle.
I componenti della casa serpeverde si erano alzati tutti, mettendosi al fianco del loro Re come un perfetto esercito in schieramento, mentre Draco restava fermo al suo posto, anch'egli con la bacchetta dritta di fronte a lui.
«Ronald abbassa subito quella bacchetta!»
«Ma Hermione...—»
«Ho detto subito!»
La Regina di Grifondoro si trovava in piedi al centro della disputa, un'espressione mai vista le campeggiava sul volto mentre con la bacchetta sguainata urlava al suo migliore amico.
La schiena dritta, le spalle alte e il mento in sù non erano niente al confronto con il suo sguardo: oro fuso, racchiuso in quei pozzi che erano i suoi occhi, che si muoveva impetuoso, come una montagna che con il tremare della terra inizia una pericolosa corsa al suolo.
Ron continuava ad urlare ma Hermione non lo sentiva neanche mentre manteneva la sua postura fiera e orgogliosa.
«Ronald, ho detto abbassa la bacchetta.»
Scandì parola per parola, in una lenta e terrificante nenia, il tono della voce era basso ma deciso e talmente tanto nuovo per la grifondoro che i suoi amici la guardarono sconvolti.
Ron rabbrividì leggermente, e tese il braccio in giù.
«Bene, ed ora mettila via.» Continuò non facendo una minima inclinazione nella voce.
«Hermione... calmati.»
«Ginny, sono calma, anzi calmissima. — Continuò la riccia, rimanendo a guardare il suo amico. — Ron, mettila via, non lo ripeterò di nuovo.»
Ron fece scomparire la bacchetta all'interno della tasca del suo pantalone.
«Molto bene. — Disse. — E fino alla fine di questa storia non voglio più vedere cose del genere, abbiamo problemi più seri da affrontare.»
Solo allora abbassò il braccio, posando la bacchetta nel elastico della gonna della divisa scolastica, tra il fianco e il tessuto.
E sempre con una postura particolarmente austera si girò verso il divano, tornando a sedersi.
Daphne guardava la scena con tanto d'occhi, mentre sua sorella Astoria aveva la bocca leggermente schiusa per lo stupore.
Draco Malfoy, ancora fermo al camino aveva posato la bacchetta nel momento in cui lei aveva messo le spalle rivolte ai suoi occhi.
Chi era lei? E cosa ne era stato della Hermione Granger che aveva conosciuto all'età di undici anni?
Dalla sua posizione poteva vedergli i capelli scenderle boccolosi che gli accarezzavano tutta la figura della schiena, creando forme e spirali disparate, del colore del cioccolato.
Le spalle erano alte accompagnate dalla rigidità che aveva assunto con quella postura e le davano un aria impenetrabile.
Poi, nel esatto instante in cui il tono della voce di lei gli era giunto alle orecchie quasi non rabbrividiva lui stesso.
Freddo e calcolatore.
Lui conosceva bene quel suono, ci aveva sguazzato dentro fin dalla tenera età, e mai avrebbe pensato di sentirlo dalla sua bocca.
Freddo, calcolatore e letale.
E si meravigliò di se stesso quando si ritrovò a chiederle, in una muta domanda che aveva sviluppato nella sua mente, di voltarsi per poterle osservare gli occhi.
Ovviamente non proferì fiato.
Ma poteva giurarci che gli occhi erano diventati della stessa tonalità dell'oro quando è nella sua forma liquida.
Densi e profondi.
Blaise si schiarì la voce, cercando di riportare la situazione ad un clima meno terso e dispotico.
«Ragazzi, mi duole annunciarvi che si è fatta l'una e mezza di notte, non possiamo più andare nella Foresta ormai. Ci conviene rimandare tutto a domani.»
«Hai ragione Blaise, domani che saremo più riposati andremo, cosi magari abbiamo il tempo anche di fare altre ricerche, per approfondire.» Convenne Theo.
Tutti gli altri fecero un cenno di assenso ed i primi ad uscire e ad augurare una buona notte furono Theodore e Pansy, che andarono via insieme.
Al seguito Blaise che augurò una buona notte a tutti, e indugiò sulla figura di Ginny, che accennò ad un timido sorriso, per poi lasciare un bacio sulla fronte di Hermione e salirmene in dormitorio.
Poi Ron e Harry uscirono insieme, il primo ancora infervorato e scosso, accompagnati da Daphne e Astoria che disse ad Hermione di aspettarla nella stanza perché aveva una cosa da darle.
Rimasti soli, Hermione, già seduta sul divano lasciò andare le spalle, appoggiandosi completamente al morbido del tessuto.
Con un movimento di bacchetta fece comparire una tazza di thè bollente e ci si fiondò sopra.
Cosa diamine le era preso, per Morgana?
Lei non era cosi, non lo era mai stata.
Ma Ron l'aveva fatta infervorare in modo considerevole, e aveva assunto un atteggiamene poco consono alla situazione.
Poteva capire i dubbi che assalivano il suo amico, e certamente lei non aveva prove per dissuaderlo e fargli capire il contrario ma quello non era ne il tempo ne il modo di affrontare la questione.
Che poi, si disse, per quale motivo lei avrebbe dovuto rassicurare il suo amico sulla buona fede di Malfoy?
Malfoy!
Assorta com'era non si era accorta di essere rimasta sola con lui, e spostando gli occhi da sopra la sua tazza di thè, li fece vagare per la sala fino a giungere alla porta che si stava appena chiudendo.
Era andato via.
*
Draco Malfoy era rimasto davanti al camino, in piedi, ad osservare sfilare i suoi amici verso l'uscita, e quando anche l'ultimo dei Grifoni aveva preso la via per i dormitori e lasciato dietro di se solo il rumore della porta che si chiede, rilassò in modo impercettibile le spalle.
Aveva bisogno di stare solo, di pensare agli ultimi avvenimenti e cercare un nesso pressapoco logico per poter iniziare a fare un piccolo schema mentale.
Era si un serpeverde, e teneva cara la sua pelle, ma non era uno stupido e il suo cervello era in continuo movimento per poter capire al meglio ogni situazione, per poterla analizzare e trovarne il pericolo e la soluzione al problema.
Non c'era nessuna prova che dichiarasse un suo collegamento con il serpente, non diretto almeno.
Il fatto che era una razza estinta e che fosse uguale al suo Patronus non voleva significare nulla, anzi loro non avevano nessuna certezza che fosse quello il serpente che si celava nell'oscurità della Foresta Proibita.
Tutto ciò che aveva tra le mani era un sogno fin troppo reale e le vinificazioni della Granger.
Un movimento impercettibile e un leggero fruscio lo ripresero dai suoi discorsi.
La Granger se ne stava sul divano, e aveva appena abbandonato la sua postura irta, lasciando andare le spalle e poggiandole al tessuto del divano, tutto accompagnato da un sospiro.
I ricci ribelli le cadevano sul viso, accarezzandone come fossero piume leggere i lineamenti femminili e delicati fino alle guance, che avevano preso un colore leggermente roseo, come il viso delle pesce mature, il naso se ne stava li dritto, leggermente all'insù, le labbra erano schiuse e avevano preso una forma lievemente arrotondata, rimasta cosi dopo aver lasciato uscire il respiro precedente. Erano rosse. Rosse come i petali delle rose di cui la madre si curava al Manor. Rosse come il sangue che le scorreva nelle vene, quel sangue sporco, che per anni era stato oggetto di discorsi accesi alle cene a casa sua con suo padre, quel sangue che ora pompava forte e sembrava affluire solo li, su quelle labbra piccole e leggermente sporgenti, carnose quando basta da farle sembrare morbide e umide e succose come il frutto del peccato: la mela.
Draco lasciò scorrere i suoi occhi, in una muta carezza invisibile, su tutto il profilo della giovane Grifona.
Rimase a bearsi di quella vista, permettendo ai suoi occhi di accogliere ogni forma che ora gli si presentava sotto una luce diversa: perché lui non l'aveva mai guardata in quel modo. Non l'aveva mai guardata nel modo in cui si dovrebbe guardare una donna: con riverenza e desiderio.
Si fermò solo quando giunse ai suoi occhi, che vagavano nel nulla che aveva di fronte nella stanza, senza degnarlo di uno sguardo.
E Draco di accorse che lei non lo aveva neanche notato, non si era accorta che erano rimasti soli, altrimenti — il Re delle Serpi era sicuro — non avrebbe mai reagito a quel modo: calma e rilassata.
Gli occhi argentei continuavano a rimanere lì, puntati su quelli d'oro della Regina dei Grifoni, che anche se non poteva vederli pienamente, riusciva a scorgerci quasi dei diamanti di luce all'interno.
Stava pensando e ragionando, dedusse.
Ma non come quando pensava ad un possibile pericolo e cerca di capirne la causa e la soluzione.
Stava pensando a qualcosa di diverso, qualcosa capace di renderle gli occhi luminosi di luce, qualcosa che Draco non aveva mai visto, e sapeva che nessuno gli avrebbe mai riservato uno sguardo cosi intenso.
Bastò un secondo, e gli occhi della Granger mutarono ancora, tornando a sembrare una montagna che cade in picchiata per addormentarsi al suolo, e Draco si riprese dai suoi pensieri.
Si rese conto che la mente si era spinta troppo oltre, e non poteva andare che male.
A grandi falcate raggiunse la porta e la richiuse alle sue spalle con un gesto secco.
«Buonanotte Granger.»
Ma lui era già scomparso nei corridoio e lei non lo sentì mai.
*
L'orologio attaccato alla parete aveva appena scoccato le tre di notte, la pioggia aveva smesso di battere furiosa ed ora solo il rumore del vento accompagnato dallo scoppiettare del camino regnava sovrano nelle orecchie di Hermione.
Se ne stava seduta sul divano, le scarpe abbandonate al pavimento e i piedi rannicchiati di lato sotto di lei.
Leggeva il libro che Astoria le aveva portato prima — per i suoi attacchi di panico — spiegandole che è una raccolta di letture Babbana, trovata per caso in Biblioteca e che sicuramente a lei sarebbe piaciuta, poiché la giovane serpeverde l'aveva apprezzata molto.
Alla domanda muta che Hermione aveva espresso con un espressione meravigliata sul volto, la giovane aveva riso di gusto e le aveva spiegato che lei apprezzava il mondo Babbano e la sua storia, ma doveva rimanere un segreto poiché la sua famiglia era una delle componenti delle Sacre Ventotto, e certi valori per loro non potevano essere infangati cosi.
Allora Hermione le aveva regalato un sorriso leggero e l'aveva rassicurata che con lei il suo segreto sarebbe stato sempre al sicuro e cosi si era congedata, augurandole una buona luna.
Ed ora lei se ne stava lì, a crogiolarsi nel morbido del divano e a godersi il calore del camino.
Erano passate già due ore da quando Astoria era andata via, lasciandola nel silenzio più totale.
Ma lei non se ne curava, immersa com'era nella sua lettura, fin quando un forte soffio di vento non fece schiantare un ramo al vetro della finestra, ridestandola.
Sobbalzò spaventata e la mano prese tra le dita la bacchetta che in un attimo fu sguainata e pronta per fare incantesimi.
In piedi, si aggirava circospetta in attesa di un possibile attacco nemico.
Esaminò la stanza immersa nel silenzio, cercando di fare ancor meno rumore possibile e posando il libro, ancora aperto, sul divano.
Di nuovo lo stesso rumore e si voltò ancora, senza riuscire ad individuarlo.
Come un lampo che squarcia il cielo improvvisamente, lei si sentì in pericolo.
Un brivido freddo le attraversò la schiena facendola tremare.
Paura. Dolore. Agitazione. Senso di impotenza.
Le piombarono addosso come un macigno facendole sentire, ancora e di nuovo, il peso della Guerra.
Il volto di Fred, freddo a terra e con gli occhi aperti le si parò davanti con la stessa forza di uno schiaffo assestato in volto, facendole avere un capogiro.
Si lasciò scivolare al suolo tremante e annaspando in cerca d'aria.
Il volto di Tonks , di Lupin, di Silente e Piton, il volto di Dobby si susseguirono davanti ai suoi occhi come se fosse reale.
La vista era offuscata e non riusciva a mettere a fuoco niente davanti a lei.
L'unica cosa che vedeva era sempre Fred.
Lui che, insieme a George, era stato un fratello più che un amico.
L'aveva fatta ridere e le aveva tirato su il morale quando era a terra.
L'aveva aiutata come un fratello maggiore farebbe con la sorellina, e — sempre con sarcasmo e l'allegria che lo contraddistingueva — le aveva elargito consigli nei momenti utili.
L'aveva presa in giro con il sorriso, ridendo con lei e non di lei, del suo essere cosi saccente e so-tutto-io.
Allungò una mano, in direzione del volto dell'amico, che ora vedeva stesso sotto i suoi occhi.
Gli toccò la guancia con la punta delle dita ed era cosi fredda che quella sensazione si diramò per tutto il suo corpo, facendole uscire un urlo incontrollato di dolore.
«Granger! Granger fermati, che stai facendo?»
«È morto! Fred è morto! Lui... Lui... no.»
«Granger, la Guerra è finita! Fermati.»
«No, lui è qui! È qui davanti a me. È cosi freddo, io devo aiutarlo.»
«Granger non c'è nessuno qui. Posa quella bacchetta.»
«No!»
Draco appena entrato nella Stanza delle Necessità tutto si sarebbe aspettato tranne quello.
La Granger in ginocchio a terra con un braccio teso a toccare il pavimento completamente stravolta dalle lacrime.
Lei che era sempre stata una tipa dura come la roccia, era accartocciata su se stessa urlante e ansante.
Ma si sa, le cose dure si rompono e lei, la Regina dei Grifondoro era a pezzi.
Era a pezzi davanti ai suoi occhi e non sapeva cosa fare.
Se ne stava in piedi a poco più di un metro di distanza mentre lei si contorceva immersa nel suo dolore.
A pensare che lui era andato lì nella speranza di distrarsi dagli incubi che, soventi come ogni volta, lo avevano raggiunto anche quella sera
«Io devo... Io devo fare qualcosa non capisci? Ron... Oh, io... Come farà Ron? E Ginny? George come... Io...» E urlò di nuovo.
Draco si rese conto, ben presto, che lei in realtà non aveva riconosciuto la sua voce, altrimenti non si sarebbe mai aperta cosi.
Era completamente fuori controllo.
Si portò le mani alla testa, lasciando che le dita passassero tra i suoi crini biondi e imprecò a mezza voce.
Fece volare lo sguardo per la sala e gli occhi si adagiarono su un libro dalla copertina bianca, lasciato aperto a testa in giù sul letto.
In un gesto quasi automatico lo raccolse e iniziò a leggere ad alta voce.
«Stringiti a me, abbandonati a me,
sicura.
Io non ti mancherò e tu non mi
mancherai.»
Le rivolse uno sguardo e lei era ancora cosi come l'aveva lasciata: tremante e sola.
E quest'ultima consapevolezza lo spinse a leggere con più intenzione.
«Troveremo, troveremo la verità
segreta
su cui il nostro amore potrà
riposare per sempre,
immutabile.»
Ancora una pausa, e i suoi occhi corsero alla figura della ragazza. Aveva smesso di piangere e il braccio non era più teso verso il pavimento, ma tremava ancora, come una foglia in autunno.
«Non ti chiudere a me, non soffrire
sola,
non nascondermi il tuo tormento!
Parlami, quando il cuore ti si gonfia
di pena.»
Hermione si sentì sollevare dal pavimento e si lasciò adagiare sul divano.
Un profumo di libri nuovi l'abbraccio e la menta dell'eucalipto le invase le narici, e questo bastò per farla smettere di tremare.
«Lasciami sperare che io potrei
consolarti.
Nulla sia taciuto fra noi e nulla sia
celato.
Oso ricordarti un patto che tu
medesima hai posto.»
La Grifona chiuse gli occhi, respirando piano.
Ora la voce le arrivava chiara e precisa, e la mente non le riportava a galla le immagini del corpo morto di Fred.
Si lasciò cullare da quella voce, sicura e virile, fino ad adagiare il capo su un qualcosa di più duro del divano.
Ad occhi sempre chiusi trasse un respiro profondo e lasciò che l'odore di menta le entrasse fin sotto pelle, prendendo posizione nei suoi polmoni.
«Parlami e ti risponderò sempre
senza mentire.
Lascia che io ti aiuti, poiché da te
mi viene tanto bene!»*
Draco la guardava da sopra la sua spalla.
Il capo chino di lei appoggiato a lui e gli occhi chiusi, le spalle leggermente in movimento gli fecero intuire che avesse ripreso a respirare in modo regolare.
Sposto lo sguardo sulle sue mani, e trattenne un respiro di sollevo nel constatare che non tremavano più.
«Grazie.»
Un sussurro e fu cosi che Draco Malfoy lasciò il capo cadere all'indietro, sbattendolo sul divano dietro di lui e liberando finalmente quel sospiro dai suoi polmoni.
Stava bene.
Ed il fatto che ora stesse bene gli provocò una sensazione sentita poche volte nella sua vita.
Si rese conto di aver avuto brividi di freddo solo quando li sentì abbandonare il suo corpo per lasciare spazio ad un calore poco familiare per lui.
Era sollevato.
E chiuse gli occhi.
Anche oggi, due aggiornamenti!
L'attesa fino a domenica sarà lunga per questo ho deciso di postarne due oggi.
Allora, miei maghetti, iniziamo a vedere qualcosa.
Si scopre una specie di collegamento con il patronus di Draco Malfoy.
So che non si è mai saputo quale fosse il patronus del nostro biondo, ma in questa storia ci serve!
Qualcuno di voi ha notato certi sguardi e certi pensieri ambigui? Oh beh, io si!
La nostra Hermione lo ha definito "Bello come un quadro fatto da uno scrittore disperato."
Mi soffermerei molto sull'ultima parola, non so voi.
Poi abbiamo il nostro impulsivo e goffo Ron!
Io lo amo tanto, ma agisce senza pensare!
Pero* salta fuori un'altra sfaccettatura della "nuova"Hermione!
Signori e Signore, ebbene si! Lo ha difeso! Per la prima volta!
Per poco non svengo.
Ho notato anche che i nostri amati beniamini hanno e fanno azioni incontrollate!
Come Draco che abbassa la bacchetta appena lei gli si para dinanzi!
Significherà qualcosa? Chissà!
Vi voglio svelare un segreto: per scrivere la scena del crollo di Hermione, al suo ricordo del nostro amato Fred, ho pianto! E c'ho messo due giorni!
È stata molto dura, per me. Come credo anche per la nostra Hermione ricordare tutto quel dolore.
Ma poi, finalmente, i primi veri accenni di Dramione!
Le legge una poesia, miei cari!Una poesia per calmarla!
Io non so che dire.
Lascio le considerazioni
a voi.—>
Lasciare una stellina cadente come segno del vostro passaggio qui, sapete già, mi farebbe piacere.
Credo di aver detto tutto, alla prossima.
Ci vediamo tra i corridoi del Castello, miei cari.
Fatto il misfatto.
*La poesia sopracitata si intitola: Stringiti a me, di Gabriele D'Annunzio. E non so voi, ma io ritengo sia molto molto adatta al momento.
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