La quarta sorella.
"Con i bambini capirsi è semplice. Quando ti prendono per mano, hanno già scelto di fidarsi di te."
— valvirdis, Twitter.
꧁ ꧂
Le lezioni erano terminate già da un po' e molto probabilmente la Sala Grande a quell'ora era già gremita di studenti che consumavano il loro pranzo per poi recarsi alle loro attività in quel pomeriggio libero.
Draco Malfoy sedeva in camera sua, al bordo del letto a baldacchino coperto da lenzuola di seta verdi riccamente ricamate da fili d'argento, al centro tra le tende di velluto anch'esse verdi che correvano torno al bordo superiore della struttura.
I gomiti poggiavano sulle ginocchia mentre le mani si stringevano tra loro in una morsa ferrea, il capo diritto e lo sguardo rivolto di fronte a se a scrutare la figura che si palesava nel suo specchio.
Era sempre stato un tipo vanitoso, con i suoi capelli chiarissimi e gli occhi dal colore cosi insolito, quello sguardo freddo capace di inchiodare al muro il peggiore dei narcisisti e il sorrisetto sghembo come marchio di fabbrica.
Aveva sempre saputo di essere un bel bambino ad undici anni, un ragazzo avvenente a quindici e nel suo immaginario si vedeva un uomo affascinante alla soglia dei trenta.
Prima della Guerra, ovviamente.
Prima che quel presente dove era bloccato lo schiacciasse e lo tramutasse nell'immagine che ora vedeva riflessa nello specchio.
Chi era quel ragazzo che lo fissava?
Chi era quel ragazzo che lo guardava con sguardo severo e quasi disgustato da se stesso?
Chi era lui, adesso?
Vedeva solo lisci e corti fili d'oro, non più sporchi di gelatina, scendere ad incorniciargli il viso ormai stanco, e qualche ciocca a coprigli gli occhi che a loro volta erano contornati da profondo cerchi viola, regalo delle sue notti insonni.
La pelle ancor più bianca del solito quasi faceva concorrenza al chiarore della Luna che lo teneva compagnia ormai da tempo quando il buio prendeva posto alla luce del giorno e lui non riusciva a chiudere occhio.
Aveva fatto cosi tante conversazioni mute con la Luna che aveva perso in conto di tutte le volte che si era dato dello stupido da solo quando si era ritrovato ad attendere una risposta che non sarebbe mai arrivata.
Cos'era diventato?
Un guscio vuoto che prima conteneva qualcosa, che quel qualcosa fosse marcio ormai lo aveva capito, ma adesso?
Adesso che non aveva neanche più quel qualcosa dentro quasi rimpiangeva tutto quel marciume per il vuoto che sentiva di avere al centro del petto.
Un guscio vuoto di un anima in pena.
Ma se si sentiva vuoto all'interno come era possible che sentisse la sua anima tremare cosi: di dolore e sofferenza e di rimpianti?
Se realmente fosse stato vuoto non avrebbe dovuto sentire le urla laceranti della sua anima in tumulto.
Com'era possibile sentirsi vuoti ma in preda ai rimorsi?
Cosi tante domande, nell'ultimo periodo, a cui non aveva risposte. Tutto perché aveva acconsentito a sua madre e tornare in quella maledetta scuola.
Sua madre.
La consapevolezza che forse l'avrebbe persa si palesò a lui di nuovo, forte come un bolide che sfreccia sul campo da Quidditch.
Aveva solo lei, come avrebbe fatto senza?
Come poteva evitare quella sofferenza?
Perché lui era una serpe, ed ogni serpe che si rispetti non trova soluzioni ma scappatoie. E lui era il Re delle scappatoie, il Re dei fuggitivi, il Re dei codardi, il Re dei disperati. Era il Re delle Serpi e aveva disperatamente bisogno di un modo per correre lontano da quella realtà che, ancora come quelle precedenti, lo stava soffocando.
Quanto era stato sciocco a pensare che fosse tutto finito? Quando era stato bugiardo con se stesso a credere che il male era stato sconfitto e tutto avrebbe preso una piega diversa?
Il male ci sarebbe stato sempre, in agguato, pronto a colpirti appena scorge in te quella lucente scheggia di fragilità.
Quando quella mattina si era presentato nell'ufficio della Preside al fianco di due terzi del Trio dei Miracoli, alla vecchia strega quasi non gli era venuto un colpo.
Ma ancor più forte era stato lo shock per lei quando il ragazzo aveva palesato le sue intenzioni di andare a trovare la zia con i due perché in cerca di una qualche redenzione. Erano susseguiti attimi di silenzio, che a lui parvero infiniti, dopo si sentivano solo respiri.
Poi a spezzare quel mutismo di massa era stato l'intervento del quadro di Silente.
Il vecchio barbuto aveva esortato la McGranitt ad acconsentire, non senza una sua qualche frase filosofica che parve aver compreso solo Potter.
Alla fine la Preside aveva capitolato, firmando il permesso.
Draco in tutto ciò mantenne il silenzio e lo sguardo alto, senza guardare alle facce di nessuno di loro, fino a che da un quadro che pareva vacante non comparve il professor Piton che non proferì parola alcuna. Una rapida occhiata ai due grifoni e poi si soffermò su di lui.
Gli regalò uno sguardo che mai nessuno aveva avuto per lui: fiero.
Severus Piton era fiero di quello che voleva fare Draco Malfoy.
E questo bastò a Draco per farlo vacillare un attimo, facendogli perdere la percezione con il mondo circostante. Ma era durato poco, cosi poco che ad un certo punto si convinse di esserselo immaginato.
Ma si convinse anche che quello che stava facendo era giusto.
Non sapeva cosi si sarebbe trovato davanti uno volta giunto alla casa della zia, ma era intenzionato a farlo lo stesso.
Lo doveva ad Andromeda.
Lo doveva a Teddy.
Lo doveva a Tonks.
Lo doveva a sua madre.
E sopratutto, lo doveva a se stesso.
Una rapida occhiata al suo riflesso, ancora davanti a lui, e si alzò prendendo la giacca elegante che aveva lasciato sulla poltrona, indossandola, per poi dirigersi alla porta della sua stanza e poi su, fuori dai sotterranei.
*
Camminavano al centro di Hogsmeade in silenzio, sentendo su di loro gli sguardi dei passanti curiosi e allibiti.
Non era una cosa da tutti i giorni vedere Harry Potter con Hermione Granger, gli eroi dei Mondo Magico, passeggiare al fianco di Draco Malfoy, ex mangiamorte.
"Ex" inteso per lui, e per quelli che lo conoscevano, si intende. Agli occhi del popolo lui rimaneva un Mangiamorte scampato da Azkaban per buona pace del salvatore Potter.
«Perché avere le scope con voi?» Domandò Hermione dopo che si furono fermati in un vicolo più appartato.
Tutti quegli sguardi la mettevano a disagio. Cosa aveva quella gente da guardare, per la barba di Merlino?
Non avevano di meglio da fare?
«Come pensavi di arrivare a Grimmauld Place, Hermione?» Quasi le rise in faccia Harry.
«Non so, ci smaterializziamo li?» Incrociò le braccia al petto, stizzita.
«Malfoy non sa dove si trova, si perderebbe chissà dove.» Convenne Harry.
«Faremo la congiunta!» Obbiettò lei ovvia.
Non aveva nessuna intenzione di salire su quell'aggeggio infernale creato appositamente per morire schiantata al suolo.
E palesò il suo disappunto e la sua idea nel momento stesso in cui il suo migliore amico le rivolse un sorrisino divertito.
«Harry James Potter! Non ridere di me, insolente! Non salirò su quei manici di scopa maledetti rischiando di morire cosi!»
Era furente, e se non fosse stata per la risatina sommessa che gli arrivò dalle spalle, non avrebbe ricordato che con loro c'era anche il biondo.
Cosi presa dal suo dissenso se ne era completamente dimenticata.
«Non mi starete dicendo che l'Eroina del Mondo Magico ha paura di volare su una scopa, vero?» Ridacchiò ancora.
«Malfoy, ad ognuno il suo!» Sbottò stizzita, girandosi a guardarlo.
«Non capisco cosa te ne importi di morire visto che in questi anni pare che tu non abbia rincorso altro.» La punzecchiò ancora la serpe.
Hermione si trattenne dall'affatturarlo seduta stante e dal rispondergli qualcosa di poco gentile. Al contrario si perse ad osservarlo con troppa attenzione.
Le mani nascoste nelle tasche del pantalone nero, la camicia bianca sbottonata ai primi tre bottoni che gli fasciava il busto magro, la giacca elegante nera tenuta aperta gli conferiva un'aria più disinvolta.
I capelli che gli ricadevano sulla fronte, con una pettinatura più normale e non tenuta incollata da quel gel orribile.
Si perse ancora un attimo quando sollevò un braccio, portando la mani tra i crini biondi per tirarli indietro.
Arrossì di botto quando si rese conto di essersi imbambolata come una ragazzina e si rigirò di colpo verso Harry, che ancora la guardava ridendo.
«Ho detto: faremo la congiunta. Fine della storia.»
Mascherò il rossore dell'imbarazzo con la stizza e sperò con tutta se stessa che i due non avessero notato quel piccolo siparietto che lei stessa gli aveva offerto.
E parve funzionare perché Harry sbuffò, ma poi acconsentì prendendole la mano.
Draco si mise al suo fianco e le prese la mano di colpo, in un gesto che parve fin troppo nature per uno come lui.
Il contatto con la sua mano calda le provocò un brivido lungo tutta la schiena, e prima di rendersi conto che il suo stomaco la stesse tirando lo sentì dire vicino al suo orecchio, in un sussurro:
«La prossima volta che ti blocchi a guardarmi, chiudi la bocca.»
*
«Ma che posto è questo?»
«Era la casa della famiglia di Sirius, ora lui l'ha rimasta a me.» Rispose Harry.
«È stato il quartier Generale dell'Ordine per tutti questi anni.
Entriamo, voglio vedere Teddy, mi manca.»
Hermione corse verso la porta con un sorriso a trentadue denti.
L'ultima volta che aveva visto il piccolo Teddy era stato due mesi prima.
Prima di partire per l'Australia alla ricerca dei suoi genitori, dimostratasi poi infruttuosa, e quando era tornata si sentiva cosi abbattuta che si era rinchiusa nella sua camera alla Tana e non aveva parlato con nessuno per una settimana.
Poi la lettera per Hogwarts, i preparativi, le litigate per convincere i suoi migliori amici ad andare con lei, e alla fine non era più passata a salutare il piccolo.
Draco la osservava, alle sue spalle, correre e saltellare come una bambina davanti ad un negozio di caramelle.
I capelli ricci le ondeggiavano da una parte all'altra come mossi dal vento e non si accorse di star sorridendo davanti a tanta spensieratezza.
Ma Harry lo notò eccome e — cercando di non porsi più domande di quante già lo attanagliavano, per mantenersi lucido difronte alle difficoltà — lo risvegliò da quel torpore, esortandolo ad avviarsi con lui.
Solo al rumore del chiavistello si rese realmente conto di ciò che sarebbe successo da li a poco e la voglia di scappare a gambe levate e di fuggire lontano lo attraversò dalla testa ai piedi.
«Oh Merlino! Hermione, Harry cosa ci fate qui?»
Una donna alta, incredibilmente identica alla madre se non per i capelli ricci e neri cosi uguali a Bellatrix gli si palesò davanti.
Un sorriso caldo accompagnava la voce dolce e quasi materna con cui aveva accolto i suoi compagni di viaggio, e per un attimo pensò che l'occasione per correre via gli fosse stata servita su un piatto d'argento, visto che non si era ancora accorta della sua presenza.
«Venite, entrate pure! Teddy sarà felicissimo di vedervi.»
«Quanto ha ora?»
«Hermione, sempre un anno e qualche mese in più all'ultima volta che lo hai visto.» Rispose la strega gioviale.
Draco osservava la scena ancora in silenzio, non volendo spezzare quell'incantesimo che a quanto pareva lo aveva reso invisibile agli occhi della zia.
Non si sentiva per niente pronto, ma oramai era li davanti, e sapeva bene che prima o poi lo avrebbe notato.
Come richiamata da quei pensieri la donna si girò accorgendosi del biondo, e il sorriso le si spense, trasformando l'espressione allegra di prima in una più contrita e senza dubbio curiosa.
«Cosa ci fa lui qui?»
La domanda era rivolta agli altri, ma i suoi occhi non si spostavano dalla figura del serpeverde, che si sentiva come bloccato sul posto.
Avrebbe voluto parlare ma le sue corde vocali non erano d'accordo con lui, non volendo emettere alcun suono.
«È qui perché vorrebbe parlare con te, Dromeda.»
La voce dolce di Hermione le fece spostare lo sguardo dalla sua figura per poggiarsi su quella della riccia, che la guardava con un sorriso dolce.
«Non ho niente da dirgli.»
«Non dovrete dirmi nulla, vi chiedo solo di ascoltarmi, per favore.»
Finalmente la voce di Draco ritornò a funzionare, lasciando tutti in un momento di sconcerto, zia compresa.
Era stato educato come sempre, ma la gentilezza con cui lo aveva chiesto era stata una novità per tutti, se stesso per primo.
La strega lo studiò con sguardo distaccato, prima di parlare di nuovo.
«Ragazzi, andate dentro. Teddy è in soggiorno a sonnecchiare, vi raggiungo subito.»
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e quasi non scapparono via, lasciandolo solo sull'uscio della porta, come spaventati da una possibile guerra imminente.
— Coraggio Gridondoro un corno!—pensò contrito Draco.
«Ebbene! Parla.»
Portò le mani chiuse tra loro sul davanti, le braccia stese a coprire le gambe fasciate da una lunga gonna.
L'educazione da purosangue era cosi evidente in quella strega che Draco di chiese davvero fosse stata sposata con un Babbano e se per questo aveva realmente rinnegato la sua famiglia.
Draco la osservò ancora a lungo prima di riuscire a parlare: i capelli neri e gli occhi scuri come quelli di Bellatrix lo immobilizzarono più di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere, era come trovarsi di fronte all'anima dannata di quella strega pazza ancora una volta.
Ma ciò che leggeva negli occhi di Andromeda non era la stessa pazza disperazione che soggiornava in quelli di Bellatrix.
Bellatrix aveva gli occhi di chi è disperatamente pazzo di potere e maniacalmente privo di principi umani.
Andromeda al contrario, aveva gli occhi disperati e pazzi di chi ha perso la famiglia troppo presto, e un dolore che non si potrà mai rimarginare.
Solo i lineamenti cosi uguali a quelli di sua madre Narcissa lo smossero a sufficienza per fargli aprire bocca.
«Sono qui, per chiedere il vostro perdono.»
L'espressione che albeggiava sul volto della zia ora era sorpreso e quasi incredulo. E Draco non le potette dare torto visto che il primo incredulo era proprio lui.
«Comprendo di non meritarlo, e comprendo anche che le mie scuse non porteranno indietro l'anima di vostra figlia ma...—»
«Ma il mio perdono potrebbe portare indietro la tua.»
Draco la osservò con occhi sgranati e sentì la bocca asciutta di saliva e parole.
Andromeda alzò una mano e leggera gli carezzò il viso, regalandogli un piccolo sorriso, quasi materno, a cui Draco non seppe rispondere e non seppe interpretare.
Era rimasto bloccato, e si chiese se non stesse sognando mentre quella donna ora lo osservava con occhi quasi dolci, e lui non sapeva come comportarsi.
«Figliolo, ti ringrazio di essere venuto qui, ma devi darmi tempo.» Disse mentre allontanava la mano dal suo viso, per riportandola dove era prima.
Draco annuì soltanto, ancora scosso per tutta la situazione, senza riuscire a dire altro.
«Vieni, entra dentro, prendiamoci un thè.» Sorrise ancora, facendo spazio sull'uscio per farlo passare.
Prese un po' di forza e fece un passo incerto avanti per entrare in quella casa per lui sconosciuta.
Quando gli passo di fianco sentì lo stesso profumo che aveva addosso sua madre e quasi non avvertì il cuore stringersi malinconico al pensiero di lei sola al Manor.
La voce della zia lo fermò di nuovo facendolo voltare verso di lei.
«Mi aspetto da te impegno se realmente vuoi il mio perdono, dovrai venirmi a trovare più spesso, e se vorrà anche tua madre, nipote.» Sorrise gentile e incoraggiante.
E di fronte a tutto quel sentimento che la donna gli stava donando senza pretese non riuscì ad essere bugiardo e le parole uscirono da sole.
«Se voi gradite, verrò senz'altro. Ma mia madre non può muoversi dal Manor. O meglio, potrebbe, se solo trovasse la forza di rinsavire.»
«Cosa succede a mia sorella?»
Il tono era cambiato, da amorevole e preoccupato nel giro di poco tempo e negli occhi ballava di nuovo la disperazione che vi aveva letto poco prima.
«Io... non lo so! Credo sia un effetto della Guerra. Non saprei. Non parla più molto e non è molto lucida da un po'.»
Seguì un momento di silenzio mentre la mano di Andromeda stingeva a pugno il tessuto della gonna lunga.
«Credi che potrei passare da casa tua a trovarla? Dici che sarebbe opportuno? Noi non ci vediamo da anni...»
«Non lo so, ma credo che potrebbe aiutarla, magari con il tempo.» Sussurrò appena.
«Bene, ci organizzeremo allora. Questa Guerra mi ha già portato via troppo. — il tono di voce era sicuro e deciso.— Ora vieni caro, accomodiamoci in salotto.» Concluse di nuovo gentile.
E Draco finalmente si sentì tranquillo. Avvertì nel cuore inserirsi un piccolo pezzo, come una scheggia di legno, ma al contrario di quest'ultima che dovrebbe pungere, si rese conto che era una sensazione buona.
Si sentiva finalmente, dopo tanto tempo, di aver fatto la scelta giusta. Una cosa giusta, piccola, in quel mare di cose errate che aveva fatto.
Giunti nel salotto, la scena che si trovò di fronte lo spiazzò leggermente, costringendolo a fermarsi davanti all'entrata.
Hermione che sorrideva come mai l'aveva vista fare, mentre in braccio sorreggeva un fagotto di coperte che emetteva versetti striduli.
Osservò quel bambino come se fosse qualcosa di lontano e sconosciuto, finché non vide sua zia prenderlo in braccio e spostarsi davanti a lui.
«Nipote, lui è Teddy, tuo nipote.» Sorrise materna.
Draco lo guardava a bocca schiusa, mentre quel bambino lo osservava curioso e un po' imbronciato, forse per averlo tolto dalle braccia della riccia dove giocava felice.
«Lo puoi toccare, se vuoi, non morde mica eh!» Ridacchiò gioviale la zia, osservando come lo guardava stralunato.
Draco alzò piano una mano e con l'indice tremante accarezzò la guancia paffuta, trovandola incredibilmente morbida.
Il bambino emise un verso stridulo che gli fece arretrare la mano di corsa, spaventato di averlo fatto male, ma la manina del piccolo fu più veloce, che prese il suo dito e se lo portò alla bocca, mordendolo piano e senza farlo male visto che ancora non aveva i dentini.
E lì il bimbo rise felice, e Draco quasi non pianse.
La risata del bambino riecheggiò in tutta la stanza facendo commuovere tutti, che prontamente cercarono di ricacciare indietro le lacrime.
Quel suono cosi puro si infilò nelle orecchie del biondo, arrivando fino al cuore e facendolo battere ancora più veloce, come in un tumulto incontrollato. Un calore nuovo lo avvolse e iniziò a credere che forse c'era speranza per uno come lui.
«Tieni, prendilo in braccio.»
«No... Non vorrei fargli male.»
«Sciocchezze nipote. Te lo sistemo io. — disse mentre glielo porgeva.— eccoci qui.» Concluse guidandogli le braccia per fargli capire come reggerlo.
Occhi negli occhi, Draco osservò quel bambino come se fosse la cosa più bella e delicata del mondo, mentre lui allungava una manina piccola e paffuta alla sua guancia.
Mentre lo osservava, Draco si accorse che il piccolo stava cambiando colore di capelli, che da scuri passarono ad un biondo lucente e quasi non si strozzò con la sua saliva quando guardando gli occhi, si accorse che anch'essi stavano mutando, in un grigio cosi simile al suo ma cosi pieno di vita a luce.
«Signora Tonks... ma cosa?»
«Nipote, lui è un metamorfomagus.»
«Già sta mostrando i poteri, Dromeda?» Intervenne Hermione sorpresa.
«No cara, è la prima volta.» Rispose sorpresa la strega.
Tutti osservavano la scena in silenzio, come a godersi uno spettacolo unico accompagnato solo dalle risate del piccolo, che ancora giocava con la guancia del biondo e manteneva i suoi tratti visivi.
A spezzare quella magia fu Harry, rinsavito da quel momento, e ricordandosi il perché erano li.
«Andromeda, noi siamo qui perché dobbiamo parlati.»
«Cosa è successo Harry?»
Presero tutti posto sul divano, mentre Draco con ancora il bambino in braccio lo passò alla zia, ma quest'ultimo iniziò a piangere non appena lo braccia del biondo lo lasciarono.
«Nipote, gli piaci. Mi sa che dovrai tenertelo tu per un po'.» Rise allora lei, felice.
Draco non sapeva cosa dire quindi lo riprese tra le braccia e subito il bimbo si calmò, tornando a ridacchiare giocoso.
«Sai qualcosa riguardo i Maledicuts?» Prese parola Hermione.
E in un secondo l'atmosfera cambiò e persino il bimbo smise di ridere.
Andromeda li guardava arrabbiata e spaventata.
«Non c'è niente da sapere su quella robaccia. E voi fareste meglio a non ficcare il naso ragazzi!»
«Andromeda, ti prego, abbiamo trovato un libro, dove c'era il tuo cognome e dobbiamo capire...»
«Harry, come avete fatto a leggere quel libro?»
«Tu sai di che libro parliamo?»
«Ovvio che si, non esiste altro libro al mondo che parla di quella maledizione, ma rispondi.»
«L'ha trovato Hermione.»
«Hermione, come hai fatto ad aprirlo?»
«Abbiamo scoperto che ero la Custode del Sangue o una cosa del genere e...—»
«Non avresti potuto aprirlo da sola, chi ti ha aiutato?» Domandò sempre più nervosa.
Non ricevendo risposta alcuna si aggiusto stizzita sul divano e riprese parola con un tono più alterato.
«Hermione dimmi subito chi...— si bloccò di colpo, girandosi alla sua destra.— Tu l'hai aperto vero, insieme a lei?»
«Si...» Sussurrò piano Draco.
«Voi due... siete i Custodi del Sangue ed immagino anche il Re e la Regina a questo punto.»
«Si, Andromeda, ma come fai tu a sapere queste cose?» Domandò Harry, che ci stava capendo ancora meno.
«Harry, ci sono cose che è meglio non sapere, fidatevi di me.»
«Andromeda la prego, io devo sapere se mia madre...—»
«Nipote ripeto, ci sono cose che non bisogna mai sapere per rimanere al sicuro nella vita, e tutti voi ne avete già affrontate troppe di cose pericolose quindi no! Non avrete niente da me!»
«La prego io...—»
«No, Nipote. E tua madre non subirà alcun male, non temere.» Concluse con uno sguardo più materno.
«Se non sarà la Signora Malfoy ad essere colpita, allora tu...—»
«No Hermione, neanche a me succederà nulla. Non temete.»
Harry si alzò in piedi, quasi spazientito da tutta quella situazione. Erano li per delle risposte chiare ed invece si stavano solo incasinando ancora di più.
«Andromeda, ti prego, ci devi aiutare, non possiamo dirti perché, ma fidati di noi! Fidati di me.» Disse Harry esasperato.
La donna li osservò restia, ma poi si arrese e con un sospiro si alzò dal divano.
«Seguitemi.»
Si avviarono dietro di lei, solo dopo essersi lanciai uno sguardo carico di domande, e in fila iniziarono a camminare su per le scale.
Draco per ultimo, con ancora il bambino in braccio, camminava attento a non farlo cadere. Era la prima volta che teneva un bambino in quel modo e non sapeva bene come funzionasse.
«Se vuoi lo tengo io, se sei stanco.» Sussurrò lieve Hermione, in modo che potesse sentirlo solo lui.
«No, non sono stanco, ho solo paura di farlo cadere.» Sussurrò lui di rimando
Ammettere di avere una paura cosi, quasi stupida, gli fu facile solo grazie al fatto che lei camminava davanti a lui, dandogli le spalle, e quindi non poteva vederlo.
Hermione era pronta a rispondere quando Harry fermò i suoi passi e Andromeda iniziò a parlare.
«Come tutti sapete io ho, anzi avevo, due sorelle: Narcissa la più piccola di noi tre e Bellatrix, la maggiore.»
Hermione sentì un brivido passarle la spina dorsale solo a pronunciare quel nome, e Andromeda le riservò un sorriso triste, poi riprese parola.
Aprì la porta che era alle sue spalle e con la mano li invitò ad entrare.
Draco fu l'ultimo, e quando mise piede nella stanza si trovò di fronte ad un ambiente scuro e poco illuminato se non per una tenue luce grigia che filtrava dalla finestra, da dove si avvertiva il rumore di una pioggerella fitta suonare la sua musica sul vetro.
La luce tenue di tante candele lo avvolse in breve tempo, e la stanza si mostrò spoglia di mobili, se non per un divano messo in un angolo.
Si vedeva chiaramente che non era una stanza molto utilizzata della casa, anzi molto probabilmente la zia non c'entrava mai.
Era tutto asettico, se non per un enorme arazzo che campeggiava lungo tutti i muri verticali della stanza, seguendone il contorno.
«Dovete sapere che noi in realtà eravamo in quattro.»
«Come scusa?» Il tono sconvolto di Hermione echeggiò in tutta la stanza, infrangendosi contro i muri e tornando indietro.
«Si, cara Hermione. Eravamo quattro sorelle. La maggiore di noi tre non era Bellatrix. La sorella maggiore di noi tre si chiamava Alya.»
Si avvicinò all'arazzo, poggiando una mano sul volto bruciato dove sotto campeggiava il suo nome.
«Voi tutti ben sapere che un'arazzo incantato non può essere cambiato con nessun tipo di incantesimo. Solo bruciando il volto della persona da eliminare si può fermare il suo crescendo. Come è stato fatto con il mio nome.
Bene, ora osservate qui, di fianco a quello di Bellatrix.»
E la mano si spostò verso sinistra, accarezzando il muro fino a giungere ad un altro volto bruciato.
«Come ho fatto a non vederlo quando Sirius me lo ha mostrato?»
«Harry caro, eri cosi piccolo e addosso avevi un gran fardello, Sirius lo sapeva bene, non era il caso di mostrartelo. In più noi Black non ne parliamo mai di questa storia.»
«Signora Tonks, continuo a non capire.» Sussurrò Draco, che si era avvicinato per osservare meglio.
«Caro nipote, quando Alya ha mostrato i primi segni della maledizione io avevo undici anni, era il mio primo anno ad Hogwarts, e tua madre ne aveva appena nove. Eravamo cosi piccole e i nostri genitori ci impartivano solo cose come la giusta educazione che una strega purosangue doveva avere tenendoci all'oscuro del resto.
Poi con il passare del tempo e degli anni la situazione sembrò sfuggirgli di mano.
Era il 1967 e lei aveva solo diciassette anni, quando è scomparsa.
All'inizio credetti fermamente che fosse stata rapita. Non provavo più stima o affetto per lei che, un'anno prima, si era ormai lasciata andare, in un certo senso, facendo morire la sorella che conoscevo. Non era più lei. Era diventata qualcosa di nero e oscuro, più crudele di Bellatrix se possibile.
Poi, l'anno dopo, nel 1968, per caso mi trovai a passare di fronte alla porta dello studio di mio padre Cygnus e ascoltai una conversazione che stava avendo con mia madre Druella, all'iniziò non capi molto, ma poi... Poi mi arrivò chiaro come una magifoto: Alya era morta.»
Si fermò un attimo sia per riprendere fiato, mentre ormai lo sguardo era rivolto alla finestra, dove la pioggia non smetteva di battere furiosa e sia per far assimilare bene tutte quelle informazioni ai tre davanti a lei.
Quando spostò gli occhi sui tre, quasi non si commosse nel vedere come Draco stringeva il suo piccolo Teddy, e come lo cullava, forse inconsciamente, mentre il piccolo sonnecchiava tranquillo.
«Quindi mi stai dicendo che questa vostra sorella maggiore aveva la maledizione del sangue giusto? Ma questo non vuol dire che non l'abbia anche tu o la Signora Malfoy...» Concluse Hermione, abbassando la voce alla fine della frase.
«Si cara, se mai ne fossimo state affette anche noi i segni avrebbero dovuto manifestarsi molto tempo fa e a quest'ora essere sotto chissà che forma animale.
Voi sapete vero che solo le streghe donne possono avere quest'infima maledizione, e che viene passata dalla madre?»
«Si certo, era scritto nel libro.» Disse Hermione.
«Bene, noi all'inizio, alle prima trasformazioni di Alya credevamo fosse un animagus, dovevate vederla. Alle volte si trasformava, prima che il male prendesse il sopravvento, solo per noi. Era un esemplare bellissimo.»
«Posso chiederti che animale era?» Hermione non riuscì a frenare la sua curiosità
«Non so se tu lo conosci cara, è molto raro. Era un serpente, un Atheris Hispida. Che caso la vita, ora che ci penso, Alya è il nome della stella che ferma la punta della coda della costellazione del serpente e lei si era trasformata proprio in una specie di questi. Era veramente un serpente meraviglioso.»
Sorrise mesta, mentre le immagini dei suoi ricordi le passavano davanti agli occhi. segnati dall'età e dalla vita, ignara che il sangue dei ragazzi si fosse ghiacciato nelle vene a una rivelazione del genere.
Harry fece uno sguardo ad Hermione, per invitarla ad andare via, consapevole che l'avrebbe capito anche con quel muto sguardo, ma la trovò che osservava Malfoy con un'espressione cosi desolata che si costrinse a girarsi anche lui.
Portò quindi gli occhi sulla figura del biondo al suo altro fianco e a primo impatto non capì per quale motivo Hermione lo guardasse cosi.
Intanto Draco se ne stava con la testa bassa, a ripetersi nella testa che tutto quello che stava succedendo non poteva essere reale.
Per quanto tempo ancora la vita avrebbe dovuto schiacciarlo?
Si era sentito cosi egoisticamente sollevato quando la zia gli aveva rivelato che la madre non era in pericolo alcuno, e forse quella rivelazione ultima era stata la punizione per aver provato quell'egoistica felicità.
Gli occhi puntavano al bambino che se ne stava tranquillo tra le sue braccia a sonnecchiare, con la boccuccia schiusa, e lui si premurò di stringergli la coperta intorno in modo da non prendere freddo.
Un leggero tremolio alle spalle lo tradì, ma si costrinse a rimanere immobile, consapevole che se si fosse lasciato andare il bambino sarebbe rovinosamente cascato al suolo. Al contrario, lo strinse più forte. Come se quel corpicino cosi minuto e indifeso potesse dargli la forza necessaria per assimilare quella notizia.
«Grazie di tutto Andromeda, noi ora dobbiamo tornare ad Hogwatrs, ma torneremo presto.»
A riportarli tutti alla realtà ci pensò Harry, capendo che entrambi i suoi compagni di viaggio erano sotto shock, e non volevo turbare ancora la donna che li aveva accolti decise di intervenire.
Tornati in salone, Harry fu il primo a salutarla con un caloroso abbraccio, seguito a ruota da Hermione, che non smetteva di tenere sott'occhio Draco, per poi recarsi insieme fuori, per lasciare ai due ritrovati la giusta privacy.
Quello sguardo preoccupato della grifona nei confronti del giovane serpeverde non sfuggì però alla Signora Black, che appena fu sola con il nipote lo guardò sorridendogli appena.
Prese Teddy in braccio e lo adagiò nella culla in soggiorno, mentre Draco non si perdeva neanche un movimento, non riuscendo a staccare gli occhi da lui.
Sentì subito la mancanza di quel calore che lo aveva avvolto e dovette combattere con l'impulso assurdo di correre li e riprenderlo in braccio.
«So che la tua educazione te lo vieta, ma daresti un abbraccio a questa tua vecchia zia?» Gli sorrise gentile.
Draco la guardò interdetto, mentre ancora non si muoveva. Non perché in realtà non volesse, ma perché era rimasto cosi spiazzato da quella richiesta che non riusciva a metabolizzarla bene.
Andromeda, capendo la situazione, allargò appena il sorriso, mentre lo chiudeva tra le sue esili braccia.
Il biondo si irrigidì appena, per poi lasciarsi andare come mai aveva fatto, abbracciandola a sua volta.
«Mi raccomando, vienimi a trovare, ti aspetto.»
«Non mancherò.»
«Grazie, per essere venuto qui.»
«Grazie a voi per avermi ascoltato.»
Quello scambio di sussurri avvenne ancora stretti tra le braccia l'uno dell'altra.
Andromeda si staccò appena, rimanendo con le mani poggiate sulle sue spalle. Lo guardò intensamente negli occhi, e Draco si sentì profondamente a disagio.
«Mi raccomando Draco, ti guarda come se potessi stravolgere il mondo, non deluderla.»
Draco la osservava confuso. A chi si riferiva? Cosa voleva significare?
I suoi pensieri furono interrotti ancora dalla voce della zia, sempre materna.
«Ti è stata data una seconda possibilità, non sprecarla. E ricorda, non devi dimostrare al mondo di meritarla, lo devi dimostrare a te stesso.»
Gli lasciò una carezza sulla guancia, mentre il biondo continuava a guardarla confuso e spaesato.
«Ora va, ti stanno aspettando fuori. Ci vediamo presto.»
Cosi si congedarono e Draco raggiunse gli altri due fuori alla porta.
Aspettarono che Andromeda chiudesse la porta dietro le loro schiene e si presero di nuovo per mano, per smaterializzarsi ad Hogsmeade, per poi proseguire in silenzio verso il castello.
Ognuno immerso nei propri pensieri.
Ognuno turbato da qualcosa capace di smuovergli l'anima e fargli tremare i polmoni.
In silenzio presero la carrozza trainati dai Thestral, e sempre in silenzio si lasciarono condurre al Castello.
Ebbene, sono viva.
Incredibile, non trovate? Io lo trovo strabiliante.
Il mio manager mi ha messo turni assurdi e tornavo a casa solo per riuscire a dormire un paio di ore.
Spero possiate perdonarmi, sopratutto perché questo capitolo è bello lungo e pieno di contenuti e informazioni.
Si, se ve lo stesse chiedendo, sto cercando di corrompervi con le carinerie.
Abbiate pietà.
Abbiamo ancora uno specchio sull'anima tormentata di Draco.
I rimorsi sono la casa più brutta che si possa provare nella vita, a mio parere, sopratutto se associati alle colpe che ci addossiamo quotidianamente. Voi come credete?
Poi abbiamo un po' di Dramione anche qui: lo so, mi odiate molto, questa è una delle poche Dramione dove c'è poco amore e sesso e tanta avventura, chiedo perdono. Ma sappiate che ho in servo per voi tante sorprese, dico solo questo, ahah.
Si arriva dalla zia Andromeda, e possiamo vedere un primo approccio davvero scontroso. Ma come si fa darle torto? Tutti noi sappiamo cosa ha passato la nostra Andromeda nel corse della sua storia perdonale, ma... alt! Abbiamo una svolta emotiva: Non bisogna mai sottovalutare il cuore di una madre. Sopratutto di una madre che ha perso un figlio.
Io ritengo che Andromeda sappia bene cosa sia il dolore, e che possa vederlo bene negli occhi di Draco. E ritengo pure che essendo lei un ottima osservatrice abbia visto anche molto altro che ai nostri protagonisti sfugge, non trovare? ahah.
Allora, da premettere che io non sono un amante dei bambini. Lo so, lo so, sono una persona orribile. Ma dopo aver fato l'animatrice per tanti anni a bambini urlanti e viziati mi si è leggermente inacidito il cuore, chiedo perdono.
Però questo non significa che io li odi... credo, ahah. Nel mio ideale i bambini, spesso e volentieri, ci danno modo di ricordare o meglio ancora capire cose che a noi, ormai adulti, sfugge. Hanno un cuore che, crescendo, noi abbiamo perso.
E ritengo che la figura di Teddy nella vita di Draco sia capitata esattamente al momento giusto.
Lo confonde ancora di più e gli fa sentire il peso delle sua colpe ancora più pesante, eppure... eppure gli dona quella serenità che inconsciamente, il nostro biondo, brama ardentemente. Non credete?
Arriviamo alla parte importante per il flusso della trama: Alya.
Chi e ora questa tizia? Da dove spunta? Cosa c'entra in tutto ciò? Non ne ho proprio idea... ahah, oggi mi sento spiritosa, scusate, la smetto!
Ho passato giorni con l'albero genealogico del Black di fronte e calcolatrice alla mano, appunti, fogli, penne e matite colorate. Tutto per dare un senso reale alla trama.
Come ben sapete nella storia originale non esiste una quarta sorella, però ho contato, calcolato e schematizzato tutto e ho fatto in modo che le date combaciassero in tutto, e che non creassero confusione.
Spero di essere stata chiara nella spiegazione che ha dato Andromeda ai ragazzi, ma per qualunque domanda non esitate a lasciare un commento qui, vi rispondere il prima possibile.
Mi prendo un momento per adulare il mio cervello, che in matematica fa veramente schifo, e congratularmi con me stessa per aver fatto i calcoli in modo cosi accurato ed essermi trovata, torno subito.
"Come sei brava, Fede." — "Hai contato tutto giusto." — "Sei troppo forte."
Eccomi, sono tornata, scusate, ahah.
Okay, ora smetto di fare la scema, ve lo giuro.
Spero che in tutto ciò state tutti bene e che il capitolo vi sia piaciuto e la mia storia vi stia appassionando, se è cosi lasciate una stellina cadente al vostro passaggio, mi farebbe molto piacere, e commentate con qualunque cosa vi passi per la testa, non temete, sono abituata alla mie bizzarrie, ahah.
Credo di aver detto tutto, cercherò di aggiornare quanto prima, ancora scusatemi per questo.
Ci vediamo per i corridoi del Castello, miei cari.
Fatto il misfatto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top