La famiglia Black.

"Far entrare qualcuno nelle proprie paure è più intimo che andarci a letto."
Anonimo.

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«Forza ragazzi! Qualcuno legga, per l'amor di Merlino.»
«Si... Si Astoria, ora leggo.»

Hermione aveva allungato un braccio in direzione del libro che giaceva aperto sul tavolo.
Erano ancora tutti fermi ed in piedi, guardinghi come se potesse uscire qualche entità magica e attaccarli all'improvviso.

Afferrò con mano tremante il libro sentendo tutto il coraggio grifondoro venirle meno, spaventata da non sapeva neanche lei cosa.

Il respiro le si mozzava in gola facendola quasi annaspare, gli occhi non perdevano di vista il pesante tomo come se potesse di nuovo parlare, e la mano sinistra se ne stava chiusa a pugno intorno alla bacchetta, che scendeva al suo fianco, come se da quel piccolo bastoncino di legno ne dipendesse la sua vita.
Le parole di Plamen le riecheggiavano  ancora nella testa provocandole tormento e disagio.

Ancora dolore, le aveva detto.

Avrebbe ancora dovuto soffrire come se tutto il dolore che sentiva al momento o che avesse passato prima non fossero sufficienti.
Fece leva sul braccio e lo avvicino a lei. Ora aveva le pagine sotto il suo naso.

Ancora in piedi vide sotto i suoi occhi una pagina dai colori seppia, consumata e sbiadita come una vecchia pergamena logorata dal tempo. L'inchiostro nero, al contrario, risaltava come se non fosse mai stato studiato. Come se quelle parole non fossero mai stato sfiorate da mani curiose, lette da occhi attenti.

— È sicuramente un incantesimo.— pensò.

Si lasciò cadere sulla sedia, seguita dal biondo al suo fianco che guardava le stesse pagine circospetto, e seguita anche dai ragazzi che comunque non lasciarono le bacchette, poggiandole sul bancone.

Cominciò la sua lettura in modo silenzioso mentre sentiva gli occhi di tutti bruciare sulla sua figura.
Man mano che scorreva le righe scritte a mano iniziava ad assimilare informazioni sempre più sconvolgenti.
Il suo cervello apprendeva e intanto faceva congetture tra la più disparate, plausibili o meno.

Perché il libro si era lasciato aperto a quella pagina?

Plamen aveva detto che era arrivata a lei perché aveva sentito che ne aveva bisogno. Che sapesse quello che stava succedendo?
Probabile, visto che aveva detto di aver sentito la sua anima parlare, e quindi forse aveva anche sentito il turbamento che provava e a cosa fosse dovuto.

Ma era tutto cosi sconnesso da non riuscirci a trovare un senso.

Continuò a leggere veloce, fino a che non sbarrò gli occhi.
Con uno scatto si alzò dalla sedia, cosi velocemente che quella cadde all'indietro.
Fece scattare la testa alla sua destra, e per la prima volta da quando aveva incontrato il biondo serpeverde, fece incastrare volontariamente gli occhi nei suoi.

Si guardarono per un tempo indefinito, lei ad occhi lucidi, come a trattenersi qualcosa dentro, lui ad occhi tremanti, cercando di capire cosa potesse aver letto per farle avere quella reazione.

Aprì la bocca per cercare di dire qualcosa ma non uscì neanche un suono.

Per quanto quel ragazzo avesse potuto farle male, per quanto non riuscisse a reggere la sua presenza, per quanto avesse sbagliato, lei sapeva che se gli avesse detto quello che aveva letto ne sarebbe uscito distrutto, ancor di più di quanto in realtà lui già fosse.

Come poteva dargli lei quella notizia?

Ovviamente poteva non significare nulla, e forse non era neanche un informazione che potesse servigli ma rimaneva una notizia devastante.

Lui non spostava gli occhi da lei, come incatenato da catene magiche. Non ci riusciva.
Lo guardava come nessuno lo aveva mai guardato, in un modo che lui era convito non meritasse e sopratutto che non si aspettasse da lei.
Era dispiaciuta, come se avesse lei una qualche colpa nei suoi confronti, come se gli dovesse delle scuse per qualcosa, quando era forse tutto l'opposto.

«Mi dispiace.»

Fu un sussurro cosi flebile che se non ci fosse stato il totale silenzio di tutti i presenti non si sarebbe mai sentito.
Detto con una voce cosi piccola e delicata che gli arrivò alle orecchie come una dolce carezza. Ma portava con se la forza necessaria per spaccare l'aria a due parti, dimezzando l'ossigeno e facendo mozzare il fiato a tutti i ragazzi.

Il contatto visivo si ruppe soltanto dopo che Draco ebbe afferrato il libro e avesse iniziato a lettere frenetico.
Non capiva a cosa si riferisse quella dannata grifondoro. Sentiva solo l'ansia crescergli nel petto fino a schiacciargli i polmoni, lo stomaco stringersi in una morsa cosi dolorosa da fargli tremare le gambe.

Le mani sudavano, e se non avesse stretto qual dannato libro con tutte le forze che aveva in corpo gli sarebbe scivolato al pavimento.

Gli occhi saettavano veloci tra una parola e un'altra, saltando parti che credeva non potessero interessargli per correre a parole chiave che potessero aiutarlo a capire il perché lei si stesse scusando con lui.

Fin che non posò i suoi occhi su una parola.

E fu cosi che sentì la terra tremare e le gambe cedergli al peso del suo corpo.
Si sarebbe tranquillamente lasciato cadere al suolo se non ci fossero stati tutti quegli occhi ora puntati su di lui.
Lasciò cadere solo il libro che provocò un suono sordo a contatto con il tavolo, a cui si aggrappò come unico appiglio.
Annaspava in cerca di aria, guardando un punto indefinito di fronte a lui, immergendo gli occhi nel fuoco.

Non seppe neanche lui come ma in un secondo era già fuori alla stanza, da dove arrivava il vociare dei suoi amici che lo chiamavano a gran voce, ma che lui lasciò a schiantarsi contro il legno della porta che chiuse alle sue spalle.

«Hermione, che diamine è successo?»

La riccia era ancora in piedi a guardare la sedia vuota di Draco, sentendo il peso che porta dover dare una notizia cosi devastante gravarle sul petto.
Gli occhi ancora lucidi le ballarono sotto le palpebre che aveva chiuso, per non lasciar fuoriuscire il dolore.
Si girò piano verso i suoi amici e scosse piano la testa ed iniziò a parlare.

«Un Maledictus è una strega colpita da una maledizione del sangue.»
«E quindi?» Chiese Harry
«Questa maledizione costringe la strega a trasformarsi in animale, inizialmente a piacimento...—»
«Quindi un animagus?» Intervenne Blaise.
«No. — Hermione prese un respiro profondo mentre tentava di regolare la voce per non farla tremare.— No perché poi, nel corso della sua vita, sarà condannato a mantenere l'aspetto animale per sempre.»
«Hermione, continuo a non capire perché Draco...—»
«Astoria...— e qui Hermione fece volare gli occhi al fuoco.— C'era una specie di elenco alfabetico con dei cognomi o alcuni solo nomi di persone colpite da questa maledizione...»

Ormai non riusciva più a tenere sotto controllo le emozioni, non sapeva neanche stesse reagendo cosi, poteva capire la preoccupazione ma sentirsi cosi affogata dai sentimenti, dal dispiacere non riusciva a spiegarselo.
Forse perché lei sapeva come ci si sentiva a dover perdere una persona cara per colpa di qualche forza oscura.

«Hermione... per favore.»
«C'era scritto Black. C'era scritto il cognome di sua madre.»

Daphne e Astoria si lasciarono cadere sulle sedie dietro di loro. Blaise prese a fissare un punto lontano e Harry abbassò gli occhi al pavimento.

«Hermione, perché piangi?»

Come se fosse stata strattonata la grifona si riprese, portando una mano alla guancia che trovò bagnata.

«Io... Io non lo so! Non me ne ero accorta.» E la voce si finì di incrinare.

Ormai non riusciva più a contenere le lacrime e si lasciò cadere al pavimento dove accorse Ginny abbracciandole le spalle.

«Vado da lui.»
«No Blaise.— Quasi non urlò.— Vado io... è colpa mia! Io gli devo chiedere scusa. Io devo andare, è colpa mia.»
«Granger, che diamine stai blaterando?»

Hermione si divincolò dalle braccia di Ginny e accorse dalla serpe, afferrandola per il gomito e facendolo girare verso di lei.

«Blaise, è colpa mia. Io ho trovato quel maledetto libro. Io l'ho costretto ad aprirlo e sempre io gli ho dato questa notizia. Non capisci? Io...— Fece cadere altre lacrime, spostando il suo sguardo altrove, mentre prima lo guardava negli occhi.— Io gli devo chiedere scusa...»
«Hermione, ma cosa dici? Scusa a lui? Miseriaccia vieni qui!»
«Ron, sta zitto! Ti sembra il momento di dar voce ai tuoi pensieri infantili?» Lo richiamò Ginny.
«Hermione, sei sconvolta, resta qui e cerca di riposare, intanto Blaise lo andrà a prendere...»
«No Pansy, spetta a me.»
«Lasciatela andare.» Intervenne Ginny, guardandola con gli occhi lucidi.

Era proprio la sua migliore amica, e per questo aveva capito il perché di quella reazione. Anche Hermione in un certo senso aveva perso la madre, anche se non era morta, ma nella sua vita non c'era più e se era vero che la stessa sorte sarebbe toccata alla madre di Draco, lei riusciva a capire quel dolore.

«Oh Salazar, va bene. Ma se è andato in dormitorio come pensi di fare?»

Hermione rimase a riflettere sulle parole del giovane serpeverde, che la guardava con un sopracciglio alzato.
Effettivamente non ci aveva pensato, ma sentiva dentro di lei che non lo avrebbe comunque trovato li.

Le diede conferma Harry subito dopo, che intanto aveva estratto la Mappa del Malandrino.

«È diretto al Lago Nero.»

Non se lo fece ripetere due volte, sorpasso Blaise e si fiondò fuori.

Non si era messa neanche il mantello e con se aveva solo la sua borsetta a perline di cui ormai non si separava più.
In ogni evenienza, si diceva. Allora la rimaneva attaccata tra la spalla e il collo. Neanche la toglieva, non si può mai sapere, si diceva.
Correva a perdifiato verso l'uscita del castello, incurante che Gazza la potesse trovare a girovagare di notte.
Non riusciva a spiegarsi il perché si sentisse cosi nei suoi confronti, perché si sentisse mortificata nel avergli dato quella notizia, e dispiaciuta al sol pensiero che potesse essere vera.

Giunta al cancello d'entrata corse fuori, scendendo gli scalini rapidamente, mentre il vento le sferzava forte il viso graffiandole gli occhi e arrossandoglieli ancora di più.

Iniziò a ragionare.

Non poteva essere molto distante da lui, perché se già era arrivato al Lago non sarebbe mai comparso sulla mappa.
Procedette a passo rapido scrutando il paesaggio davanti a lei, che le rendeva difficile la ricerca per colpa del buio che era sceso con la notte.

Sentì distintamente rumore di schiantesimi ed il suono di urla sommesse.

Il cuore le balzò in gola e prese a correre in quella direzione.
Non ebbe tempo di chiedersi perché si sentisse cosi preoccupata in quel momento perché appena lo vide gli tremarono le gambe.

Le dava le spalle e per com'era immerso nelle sue azioni non l'aveva neanche sentita.
Continuava a lanciare schiantesimi che si infrangevano contro il tronco di un albero di fronte a lui, spaccandosi di volta in volta sempre di più ad ogni colpo.

Le spalle tremavano ad ogni singulto trattenuto, e le gambe prendevano a calci il terreno facendo volare le prime foglie che erano cadute.

Hermione fece un passo, non riuscendo a trattenere un singhiozzo.
Ora che era li non sapeva cosa fare o cosa dire per farlo fermare.
Non sapeva se chiamarlo e rischiare di prendersi uno schiantesimo in pieno petto oppure lasciarlo sfogare rischiando di farsi del male.
Non sapeva come avrebbe reagito, se pensasse fosse colpa sua oppure no.
Si rese conto di non conoscere il ragazzo che aveva di fronte.
Si rese conto che forse non lo aveva mai conosciuto davvero, perché l'immagine che le si presentava ora sotto gli occhi di Draco Malfoy era completamente diversa rispetto a quella che aveva visto in tutti quegli anni.

Sapeva soltanto che voleva aiutarlo, ne sentiva il dovere stringerle il cuore.

Infilò una mano nella borsetta alla ricerca di un po di Pozione della Pace: la portava sempre con lei da quando aveva i suoi attacchi di panico, ma la prima cosa che senti sotto i palmi fu la copertina liscia di un libro.

Quasi non lo scaraventò a terra quando lo tirò fuori per cercare meglio l'ampolla.
Trovata la piccola fiala la estraesse velocemente stappandola subito dopo, alzando di nuovo gli occhi sulle spalle del biondo che continuava a scagliare la sua furia contro quel povero albero.

Cosi intenta a cercare non aveva neanche pensato a come potergliela dare e dubitava fortemente di riuscire a dargliela con la forza.

Pensò ad un pietrificus totalus e corse a cercare la bacchetta nel lato sinistro della gonna, dove la teneva sempre, però senza successo ed in quel momento ricordò di averla lasciata dentro il castello.

Si maledì mentalmente per la poca lucidità avuta.
Quando mai Hermione Granger aveva perso lucidità mentale in situazioni particolari? Mai.

Diede la colpa al fatto che ultimamente era troppo scossa dai suoi problemi e cercò di pensare ad un'altra soluzione.

Fece vagare gli occhi intorno a lei, dai cespugli che li circondavano ai rami alti degli alberi che costeggiavano il lago, fino al terreno coperto di pietruzze e foglie.

Lo sguardo si adagiò sul libro che aveva scaraventato al suolo riconoscendone la copertina bianca e lo afferrò.
Lui aveva letto per lei e aveva funzionato. Doveva tenare, non aveva altro al momento e quel libricino era l'unica scappatoia possibile al momento.
Prese un respiro profondo e aprì una pagina a caso.

«Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alla vie vuote.»

Draco sentiva una voce lontana arrivargli alle orecchie in un tiepido sussurro, sovrastata dal rumore degli incantesimi che si schiantavano con il tronco di fronte a lui.
La sua mente vagava veloce tra pensieri sempre più dolorosi.
Si ripeteva che era la punizione che la vita gli aveva riservato per la pessima condotta che aveva avuto.
Si ripeteva che la colpa era sua.
Si ripeteva che anche se non aveva certezza alcuna sapeva oramai con chiarezza che ogni volta che si presentava qualcosa di oscuro che portava con se solo dolore era destinata a lui.

Hermione intanto aveva iniziato ad avanzare con i passi, cercando di avvicinarsi con cautela.

«Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.»

Alla voce, che ora sentiva più vicina, si erano aggiunti il rumore delle foglie che scricchiolavano al peso del passo di una persona.

Draco scagliò ancora un incantesimo e urlò forte, sovrastando quella dolce voce che al momento non riconosceva.

«Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.»

Hermione continuava a camminare, lanciando ogni tanto sguardi rapidi alla figura del mago che ancora le dava le spalle.
E quasi non si distrasse dal suo obbiettivo quando realizzò quanto quella poesia riuscisse ad accostarla cosi bene alla figura del biondo.

«La città abbrividisce,
odorano le pietre —
sei la vita, il risveglio.»

Ancora un incantesimo, l'ultimo, prima che si fermasse lasciando che la voce alla sue spalle l'avvolgesse, stringendolo un un abbraccio caldo.
Era rassicurante, gentile, dolce e si sentiva trapassato da parte a parte da un senso di tranquillità, proprio l'opposto di quello che sentiva prima.

«Stella perduta
nella luce dell'alba
cigolìo della brezza,
tepore, respiro —
è finita la notte.»

Hermione fece l'ultimo passo fermandosi esattamente dietro la schiena e alle spalle larghe della serpe.
Riusciva a sentire chiaramente i suoi respiri pesanti che facevano muovere le spalle ad un ritmo irregolare.

Un forte aroma di eucalipto e il profumo di libri nuovi le arrivarono alle narci, stuzzicandole i sensi.
Ricordava vagamente di aver già sentito questa particolare fraganza da qualche parte, ma la memoria al momento non voleva funzionare come avrebbe dovuto ed era concentrata in altro.

«Sei la luce e il mattino.»*

Solo a quel punto Draco riconobbe la voce e gli tremarono le vene sotto pelle, facendolo fremere.
Si sentiva stordito da quel dolce aroma di arance e quello zuccherino di cacao.
Si lasciò avvolgere da quel profumo, lasciandosi cullare come fosse un bambino nelle braccia della madre.
Rilassò i muscoli della schiena e delle spalle liberando un sospiro, cercò di regolarizzare il respiro mentre in lontananza sentiva il leggero rumore delle acque del Lago Nero, mosso dalle code delle sirene e il suono sibillino che accompagnava il vento ad ogni sferzata.

Sentiva anche un respiro, oltre il suo, più leggero ma più veloce, giungergli da dietro.

Perché era lì, con lui?
Perché era andata a rincorrerlo e aveva cessato la sua furia?
Cosa ci faceva lei, lì?

«Perché sei qui?» Sussurrò.
«Scusa.»
«Di cosa ti scusi?»
«È colpa mia.»
«Cosa stai dicendo?»
«Se non ti avessi costretto con quel libro ora...—»
«Ora non sapremo niente e mia madre potrebbe comunque avere la maledizione.»
«Mi dispiace, so cosa si prova quando perdi...—»
«Cosa ne puoi sapere tu di cosa si prova a perdere una madre? E poi mia madre non è morta!»

Hermione si morse la lingua, volendo evitare di rispondere. Forse era meglio cosi, era li per lui, in un certo senso, e non voleva in alcun modo parlargli dei problemi suoi.

Parlavano tra sussurri e sospiri leggeri, a stento udibili per colpa del vento.

«Prendi questa e torniamo dentro.»
«Cos'è?»
«È una pozione, ti farà calmare un po'.»

Davanti agli occhi di Draco sbucò una mano piccola e dalle dita affusolate, leggermente tremante, che sorreggevano una fiala in vetro.
Rimase pochi minuti ad osservarla, facendo scorrere gli occhi dalla punta delle dita fino al polso e poi più su fino alla manica della camicia bianca.

«Sei senza mantello. Si gela.»
«Lo so. Prendila e andiamo via da qui.»

Allungò la mano per prendere la fiala e i polpastrelli le sfiorarono il palmo freddo.
Al contatto avvertì una piccola scossa, e si ricordò di averne avvertita una uguale la prima sera che si incontrarono nella stanza delle necessità, quando per errore si erano sfiorati passandosi il libro.

Si accorse di stare tremando dal freddo solo quando, al quel contatto con quella mano ancor più fredda, sentì un calore pervaderlo dalla testa ai piedi.

Più caldo di un camino acceso e più confortevole di una coperta di lana morbida.

Era una sensazione nuova per lui, non aveva mai provato quel tipo di calore.
L'unico tepore che conosceva era quello dell'abbraccio rassicurante della madre, ma ormai era un ricordo cosi lontano che gli arrivava sbiadito alla mente.

Prese la fiala e ne bevve il contenuto in un sorso solo, e subito avvertì gli effetti della pozione, mentre Hermione, ancora dietro di lui, ritirava il suo braccio e lasciava che il sospiro di sollievo, appena uscitogli dalle labbra, si mischiasse al vento che ancora sferzava forte.

*

«Bene Potter, cosa hai in mente di fare ora?»
«Nott perché chiedi a me? È Hermione che fa i piani.»
«Una domanda: Ma se la Granger pensa, parla, crea piani e vi salva il culo con una moltitudine di incantesimi che solo lei conosce, esattamente voi altri due di questo Trio dei Miracoli che fate?»

La sala si riempì di risate, mentre Ron si accigliava e si ingozzava di biscotti al cacao e Harry riservava a Blaise un'occhiata torva per quest'ultima battuta.

«Dai Harry, non lo stare a sentire! Piuttosto ascoltatemi.»

Hermione si era accomodata di nuovo al tavolo in legno scuro della sala, rialzando la sedia che aveva lasciato al suolo, dopo che questa era caduta, e ritrovando la sua bacchetta.

Erano ritornati al Castello in silenzio, a distanza di un metro l'uno dall'altra e questo aveva dato tempo a lei per metabolizzare la situazione ma ci aveva capito ben poco e non era riuscita a formulare un pensiero sensato e concreto.
Non riusciva a capire perché provasse tutti quegli strani sentimenti verso il biondo.
Anzi, non avrebbe mai pensato di inserire la parola sentimenti al fianco del nome del ragazzo, se non l'odio e il disprezzo reciproco, non pensava di avere le capacità di poter provare altro nei suoi confronti.

Ma lei era Hermione Graner, per Morgana! Poteva tutto.

Ma a tutto c'era un limite, e lei si sentiva come se qualcosa le stesse sfuggendo di mano.
Ma come poteva sapere se qualcosa le stesse davvero sfuggendo via dalle mani, quando non capiva neanche cosa fosse.
E pensare che quella nottata non era ancora neanche iniziata e lei non aveva ancora finito di essere la portatrice di nefaste notizie.

Gli altri presero posto subito dopo di lei, tranne Draco, che rimase davanti al camino in piedi, dando le spalle a tutti.

«Vi devo parlare di una cosa molto importante.»

Vedendo che nessuno le rispondeva, ma al contrario la fissavano in silenzio, si decise a continuare.

«Sono del opinione che la Branstone non è scomparsa.»
«Che dici Hermione?»
«Si Ron, io credo sia morta.»
«Che cosa?» Quasi non si strozzò Pansy
«Cosa te lo fa credere?»
«Theo, lo credo perché una persona non scopare cosi all'improvviso e anche perché un giorno, per caso, mi trovavo a passare davanti all'ufficio della Preside e ho sentito un pezzo di conversazione dove Madama Chips urlava che le sue cure non erano bastate e qualcos'altro che non ho ben capito. Poi ho sentito solo dire "È morta" e dei rumori e allora sono andata via. All'inizio non capivo cosa significasse, poi il giorno dopo, la McGranitt ha detto quella cosa sulla foresta proibita, i sogni di loro due — ed indico Harry e Draco — ed il resto fino a qui lo sapete già. Quindi ho iniziato a collegare i punti.»
«E perché la McGranitt non ha detto nulla? Dico, ammesso sia come dici tu.»
«Harry, perché è appena finita la Guerra, non penso ci vogliano altre spiegazioni. È troppo presto per dare una notizia del genere agli studenti.»
«Dobbiamo scoprire se è come dici tu.»
«Sono d'accordo con te Ginny, dobbiamo creare un piano.» Disse Astoria guardando la rossa.
«Non vi preoccupate, glielo chiederò io direttamente, non abbiamo tempo per escogitare piani. Dobbiamo capire ancora troppe cose.»
«È come pensi di fare Granger? "Ehi ciao vecchia ciabatta dimmi, la signorina Branstone è morta?" Non penso ti risponderà, sai.» Disse retorico Blaise.
«Zabini non chiamarla cosi, è una grande strega! E poi, ho i miei trucchi, ed un pizzico di fortuna.» Concluse facendo un occhiolino e tirando fuori dalla sua borsetta una fiala dal liquido trasparente.

«Ma quella è la Felix!» Esclamò Harry a bocca aperta.
«Dove l'hai presa?» Chiese Ginny subito dopo.
«Dalle scorte di Lumacorno.»
«Granger, l'hai rubata?» Theo aveva gli occhi sbarrati.

Hermione fece spallucce non curante e si portò una ciocca di capelli dietro le orecchie.

«Sei una scoperta continua tu.»
«Grazie Daphne lo prendo come un complimento.» Concluse ridacchiando.
«Penso che ora dovremo andare al Ministero sapete.» Disse Ron.
«Ma allora le cose intelligenti le sai dire anche tu?» Lo apostrofò beffardo Blaise.

«No, non esiste!» Quasi urlò Hermione.
«Grazie Hermione!»
«Oh Ron, non intendevo in quel senso, dai!»
«Granger ma che dici, dobbiamo muoverci.»
«Nott, no! Ma non ci arrivate: potrebbe essere una trappola!»
«Una trappola? Hermione cosa stai dicendo?»
«Pansy, pensaci! Pensateci tutti. Potrebbe essere una trappola da parte di quei mangiamorte fuggiti e ancora ricercati. Perché gli unici colpiti da questo sogno strano sono solo Malfoy e Harry? Perché uno è colui che ha sconfitto il loro Signore e l'altro...—»
«L'altro ha evitato Azkaban senza dover fuggire.» Finalmente prese parola Draco girandosi verso di loro.
«Si...» Sussurrò Hermione, guardandolo ancora.

Si aggiustò sulla sedia, schiarendosi un po' la voce.

«Bene, quindi non esiste che andiamo adesso, anche perché ci è già successo e alla fine si era rivelata proprio una trappola, vero Harry? — Si girò vero il moro che annuì. — Quindi dobbiamo prima scoprire il resto del sogno, poi ci organizzeremo.»
«Granger ma tu dormi la notte?»
«Perché?»
«Come fai a pensare a tutte queste cose? È impossibile, per forza devi pensare anche di notte.»

Hermione rivolse un sorriso quasi triste a Pansy. Era ovvio che la notte non dormisse, continuamente svegliata dai suoi incubi e che quindi, per tenersi occupata, pensava, cercando di distrarsi.

«Bene, ora altro punto da risolvere: La maledizione del Sangue.»
«Granger non voglio assolutamente...—»
«Malfoy comprendo quello che vuoi dire, ma dobbiamo capire perché il libro si è aperto a quella pagina. Plamen ha detto che è venuta a me perché ha sentito che ne avevo bisogno e in più ha detto che sentiva le nostre anime parlare, quindi penso che forse sapeva pure di questa situazione. L'unico modo per capirci qualcosa è parlarne con tua madre.»
«Sei forse impazzita? — Urlò a squarciagola il biondo. — Io non andrò da mia madre per farle assolutamente nessuna domanda! Non esiste. Toglitelo da quella testa continuamente in movimento Granger.»
«Parleremo con Andromeda. — Intervenne allora Harry, per calmare la situazione. — Andremo da lei e proveremo a chiederle qualcosa. È una Black anche lei, dopo tutto.»

Hermione fece un cenno con il capo in direzione dell'amico.

Perché non c'aveva pensato lei, per Godric!

Blaise buttò giù un altro bicchiere di Whisky tutto in un sorso per più poggiarlo sul tavolo, alzandosi in piedi.

«Bene, quando andremo e chi andrà?»
«Andremo domani, essendo sabato abbiamo solo metà giornata di lezione e chiederemo un permesso speciale alla Preside! Le dirò che essendo il padrino del piccolo Teddy devo andarlo a controllare. Inventerò qualcosa.»
«Bene Potter, chi verrà con te?»
«Blaise non lo so, non possiamo andare tutti, non ci darebbe mai il permesso. Io ed Hermione sicuramente potremo andare, perché per Teddy è come una zia e la McGranitt lo sa bene, il resto non so.»
«Almeno un altro deve andare, non possiamo sapere cosa ci aspetterà fuori o se anche questa è una trappola.»
«Hai ragione Granger, ma nessuno di noi ha una scusa abbastanza forte da poter usare.»
«Vengo io.» Disse Draco, già vicino alla porta per uscire.

Era distrutto, stanco e a pezzi dalla nottata. Voleva solo andare a domire e in cuor suo desiderava non svegliarsi mai più, per poter fuggire per sempre da quell'incubo che era diventata la sua vita.

Hermione si alzò pronta a parlare per dire la sua e per fargli capire che se non se la sentiva non c'erano problemi ma Draco la bloccò con un gesto della mano.

«Andromeda è mia zia, e Teddy in un certo senso mio nipote, quindi ho motivo di andare, essendo che non lo conosco. In più mia cugina è morta per mano mia e devo almeno rimediare a questo nei confronti di mia zia. Buonanotte.» E uscì lasciando tutti con la bocca aperta.

Draco Malfoy che sosteneva di dover scusarsi con sua zia per una cosa di cui non aveva colpa, non diretta almeno.

E ancora Hermione, mentre guardava la porta di legno davanti a lei, si chiese: ma chi è il vero Draco Malfoy?

Prima di poter dire anche solo una parola in merito a questo capitolo, vi devo le mie scuse per il ritardo che ho avuto nel postare.
Mi dispiace veramente tanto, ma ho avuto una settimana di problemi e brutte notizie e quindi non ho avuto la forza e la concentrazione necessaria per poter pubblicare il capitolo.
Ancora scusate.
Come stati, maghi e streghe? Spero bene.
Allora, questo capitolo è davvero intenso, decisamente uno tra i più viscerali che abbia mai scritto.
Per vostra immensa gioia, e a dire il vero sopratutto per la mia, abbiamo tanta Dramione qui.
Questo, come il prossimo capitolo, sono tra i più sentiti che abbia mai scritto, ci tengo particolarmente, e nonostante la trama principale prosegue verso dove deve andare, (chissà dove? Spero sia un bel luogo), qui iniziamo a piantare i primi semi per questi due ragazzi.
Il nostro Draco non fa altro che incassare brutte notizie, il cuore mi si strugge di pena (Oggi mi sento filosofa Shakespeariana) solo a sentirlo stare cosi male.
Fortunatamente per i nostri cuori, e per lui, c'è la nostra Hermione che lo cura.
Abbiamo iniziamo a comparire queste strane figure: i famigliari Black! Allora io non so cosa pensasse la Rowling quando ha creato questa dinastia, ma credo fermamente che la famiglia Black siano gli Adamo ed Eva del mondo magico.
Per creare questa storia e renderla più verosimile possibile all'originale ho scavato affondo per informarmi sugli alberi genealogici e sui vari intrecci, e almeno 8 su 10 famiglie magiche discendono dai Black, ahah.
La nostra Hermione sa bene cosa significa aver paura per i propri genitori e allora cosa fa?
Cosa fa, quando vede in crisi l'unico essere al mondo che la sempre trattata di merda?
Gli corre dietro! Un applauso per la coerenza, signori! Ahahah.
Però devo dire che sono troppo carini, li vedo troppo bene insieme, o no?
La poesia che Hermione legge a Draco non è scelta a caso, nossignore!
Ho passato una settimana a studiare il libro di poesie che ho sempre con me, cercando accuratamente le parole adatte a descrivere il nostro biondo e, per Merlino! Eccola.
«Luce grigia i tuoi occhi.» «Stella perduta.»
«È finita la notte.»
Oh, sono in brodo di giuggiole!
Non staro qui a fare la professoressa di Italiano (anche se io devo un grazie particolare a loro per avermi fatto scoprire il piacere della letteratura e l'amore nello scrivere) ma ricordo fin troppo bene tutte quelle spiegazioni su probabili metafore e aforismi dello scrittore.
Io ho dato una mia personale interpretazione a questa poesia, per accostarla alle anime di questi due ragazzi, e sarei davvero curiosa di sapere voi che interpretazione date. Fatemelo sapere in un commento.—>
La poesia è: «In the morning you always come back.» [19-20 marzo 1950] di Cesare Pavese.
E la potete trovare nella raccolta di poesie "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", a sua volta contenuta nel libro Le Poesie di Cesare Pavese.
Vi dico solo che questo libro mi ha aiutata molto nella stesura di parecchi capitoli.
Non aggiungo altro, ahah.
Spero vi sia piaciuto, e vedrò di aggiornare il prima possibile.
Ci vediamo tra i corridoi del Castello, miei cari.
Fatto il misfatto.

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