Il libro nero.

"Le antipatie violente sono sempre sospette, e tradiscono una segreta affinità."
William Hazlitt, Discorsi a tavola, 1821/22

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Erano passati altri due giorni dal loro primo incontro notturno.

I ragazzi si erano recati nella foresta proibita la notte seguente a quel incontro trovando, come aveva supposto Pansy la prima sera, il terreno bruciato. Ma purtroppo — o per fortuna, — non avevano trovato nient'altro.

Cosi erano ritornati al castello, accordandosi di continuare le ricerche anche individualmente, per cercare di capirci qualcosa in più.

E per gravare la situazione si vociferava nei corridoi di tutta Hogwarts di una ragazza di Tassorosso scomparsa nel nulla.
Ne aveva parlato la sua compagnia di stanza, resasi conto che la sua amica non tornava da due notti, e che non riuscisse più a vederla ne a lezioni ne durante i pasti.

Mancavano due giorni alla fine della settimana, essendo quel giorno venerdì, e loro non erano arrivati ancora a nessuna conclusione.

Per non parlare dei sogni-visione che continuava a tormentare le menti di Harry Potter e Draco Malfoy, che entrambi sudati e ansanti, si svegliavano in piena notte urlanti e non ricordando mai molto di più rispetto alla prima volta che successe.

Il primo, tutte le notti cercava di andare a dormire presto, e al momento dell'agonizzante risveglio cercava di concentrarsi per ricordare, alla fine non riuscendoci e riaddormentarsi nella speranza di poter rivivere quelle immagini.
Cercava di non abbandonarsi alla paura e al terrore che sentiva sotto la pelle, consapevole del fatto che prima lo avrebbe affrontato e prima sarebbe finito.
Quindi lui, guidato anche dal suo spirito grifondoro, afferrava il terrore a due mani e guardava negli occhi il turbamento e il dolore che sentiva ogni volta che la cicatrice iniziava a pizzicare, o quando al suo risveglio si sentiva come se fosse stato calpestato da troll di montagna per tutta la notte.

Per quanto riguarda il secondo, lui dopo le prima tre notti a soffrire come un cane aveva constatato che non avrebbe retto molto di più e quindi aveva smesso di dormire.
Lui non era coraggioso, o impavido e sopratutto non aveva quel innato senso di chiarezza nel voler scoprire le cose. Sapeva che c'era qualcosa di molto pericolo che lo tormentava, ma lui aveva vissuto nel pericolo.

Aveva vissuto, da quando ne aveva memoria, in ambienti costantemente intrisi di pericolo e oscurità al punto che il suo sangue puro, che gli scorreva nelle vene, si era mischiato con questa macchia nera infima e crudele.
E poi i suoi pensieri volevano anche da tutt'altra parte.

Com'era possibile che fino a pochi giorni prima non poteva neanche sfiorarla e invece quella sera si era fatta prendere in braccio e si era lasciata andare sulla sua spalla?
Si ripeteva in continuazione che fosse successo soltanto perché era traumatizzata, e che c'avesse riprovato lei avrebbe iniziato ad urlare a squarciagola diventando degna rivale della Signora Grassa quando è intenta a cantare convinta di essere un usignolo.

E poi non faceva altro che chiedersi quanta forza potesse avere una ragazza cosi minuta in un corpo solo.
Perché lui ben sapeva che, per essere ormai diventata l'ombra di se stessa, lei avrebbe dovuto possedere una forza d'animo senza eguali.
E sapeva anche che lei quella forza la possedeva davvero, però non poteva far a meno di chiedersi se a ridurla cosi fosse stata la sua stessa forza d'animo che, arrivata allo stremo, l'aveva sommersa, schiacciata, calpestata riducendola a quel che era ora; oppure era colpa della Guerra, era colpa della vita, era colpa della morte o era colpa della magia? O ancora, era colpa sua?

E allora si torturava il cervello, quasi disgustato da se stesso, per aver pensato ad addossarsi la colpa del dolore di quella sanguesporco.
Si era preso carico il dolore dell'intero Mondo Magico, dell'intera Hogwarts, consapevole che la colpa fosse sua, ma purtroppo le vecchie abitudini erano dure a morire, e per quanto lui si sentisse diverso, lei non riusciva a vederla se non per quello che era.

La Sanguesporco.

Pur vero che non l'avrebbe chiamata più cosi, e che non volesse più sentire quella parola da nessuna parte, e che ormai per lui il sangue era solo sangue, era cresciuto in un ambiente magro di comprensione e arido di affetto, bacchettato a suon di schiaffi se provava a pensarla diversamente da come era consono dover pensare per lui.

Ma con lei, proprio non riusciva diversamente.

Erano cresciuti insieme, per sette lunghi anni, e lui l'aveva conosciuta esattamente per come lei si era dimostrata, una mezzosangue che cerca di eccellere in tutto solo perché consapevole del fatto che non sarebbe mai stata realmente accettata nella comunità magica come strega completa.

Ma allora perché, visto che aveva salvato il Mondo Magico, non ne traeva i benefici della gloria?

Weasley non faceva altro che pavoneggiarsi per i corridoi, rimanendo sempre goffo e impacciato, e perfino San Potter ogni tanto faceva ingressi fin troppo trionfali in Sala Grande.

Ma lei no.

Quello sguardo sempre fiero e alto non faceva altro che puntare al pavimento ormai da quando era iniziata la scuola. Si stringeva nelle spalle quando camminava veloce nei corridoi per cambiare aula, abbracciando i libri e nascondendosi dietro i capelli.

Lui avrebbe goduto della gloria.

Oh, eccome se ne avrebbe goduto. Ne avrebbe tratto tutti i benefici e avrebbe sguazzato dentro ogni confort, districandosi tra interviste e magifoto sul giornale.

Ma invece quella piccola sanguesporco so-tutto-io non ne apprezzava neanche una goccia, e questo non poteva far altro che accrescere i suoi pensieri e le sue idea sconnesse non volevano trovare il loro giusto posto nel suo cervello.

Era questo a cui pensava quando non riusciva a dormire, facendo volare i suoi pensieri veloci come un boccino d'oro e facendogli aumentare il dolore alla testa che era lasciato come regalo alla fine dei suoi incubi.

«Secondo voi che fine a fatto la Branstone? Cioè dico, non si può sparire cosi no?»
«Pansy, non ne ho idea...»
«Grazie tante, Blaise.»

Erano tutti riuniti in Sala Comune dei serpeverde, comodamente seduti sui divani introno al camino, intenti a intavolare chiacchiere del post-cena, nell'attesa che si facesse l'ora giusta per potersi recare al settimo piano e incontrarsi con i Grifoni.

E furono queste stesse chiacchiere che destarono Draco dai suoi pensieri confusi.

«Draco, sai bene? Sei cosi silenzioso...»
«Si Astoria, sto bene, siete pronti? Cosi ci avviamo.»

La giovane Serpe gli regalò un sorriso tenue che lui ricambiò con un cenno del capo per farla stare tranquilla.

Voleva bene ai suoi amici, e forse quello, insieme al bene verso sua madre, erano gli unici sentimenti buoni che ormai aveva.

Non avevano un chissà che tipo di rapporto. Non erano fatti per gli abbracci o le confidenze zuccherose, però si spalleggiavano quando era necessario.
Si sostenevano e si capivano in muti sguardi e parole non dette.

Erano la famiglia che Draco non aveva mai avuto.

E non avrebbe mai permesso che gli venisse fatto qualcosa di male, non più e non di nuovo.

Cosi, accompagnati dalle chiacchiere frivole di Pansy che cercava di mantenere un tono allegro per smorzare l'aria, si avviarono alle scale.

Pansy sapeva che in realtà nessuno la stava ascoltando in quel momento, ma erano i suoi amici e lei, da buona osservatrice, aveva notato ormai un cambiamento drastico in ognuno di loro.
Allora aveva preso la decisione di cercare di alleggerire le loro menti, per quando poteva, cercando di distrarli con discorsi più leggeri.

Aveva notato un cambiamento in Draco, dopo la prima riunione che avevano avuto nella stanza delle necessità, e sentiva un peso al petto al sol pensiero di tutto quello che aveva dovuto sopportare il suo amico in quel ultimo anno e a come si dovesse sentisse ora, quando sembrerebbe che una nuova minaccia tormenti proprio la sua mente.

Aveva notato, quella sera stessa, come ad un certo punto Blaise era scomparso, per poi ritrovarlo seduta a terra.

Blaise. Seduto sul pavimento!

Una scena che credeva di non riuscire mai a vedere in vita sua.
A chiacchierare in modo fitto fitto con la Piattola rossa. E notava ancora adesso come aveva le mani in tasca e camminava con passo sicuro, ma il suo sguardo vagava chissà dove.

Aveva notato come Daphne, ritornata un pomeriggio in cui doveva studiare con Potter, fosse particolarmente muta. Sempre composta ed elegante, ad occhi poco attenti. Ma lei la conosceva cosi bene che aveva notato i capelli leggermente poco arruffati, i primi due bottoni della camicia aperti, cosa che da lei non era possibile accadesse, e le labbra.

Le labbra erano arrossate e gonfie.

Era sicura che le stesse nascondendo qualcosa e si ritrovò a pensare che era appena tornata da un incontro troppo acceso per essere solo uno svolgimento di pozioni, ma dopo essere rimasta disgustata e inorridita dai suoi pensieri, si diede della stupida e si disse che era impossibile. Con San Potter poi! E sicuramente la sua amica glielo avrebbe raccontato. Ma era passato un'intera giornata e niente. Neanche una parola.

Si ripromise che lo avrebbe scoperto da sola, a qualunque costo.
E notava ancora come ora camminava al lato del corridoi, mentre giocava con la catenina al collo e gli occhi saettavano veloci senza guardare davvero qualcosa.

Astoria invece era sempre china sui libri. E tra lo studio, le ricerche per quella situazione e il fatto che ogni tanto sparisse per andare da quella Granger so-tutto-io a curarle il cervello non si vedevano più.

Però aveva Theo.

Aveva Theo e sapeva che gli sarebbe bastato sempre, anche se non lo aveva nel modo in cui lei desiderasse.

Lui era sempre dolce con lei, disponibile, comprensivo e ottimo ascoltatore.
Non le aveva mancato di rispetto mai, neanche una volta.
Non aveva mai avanzato proposte o pretese sconce, ciò che ogni ragazzo in quella scuola in realtà faceva o si aspettava da lei.

Ma lei sapeva che la colpa era solo sua se tutta la popolazione maschile la trattava non come una donna ma come un oggetto con cui sollazzarsi, per poi lasciarla sola e nuda nel suo letto.

Sapeva di essere promessa in matrimonio a qualcuno, ma non sapeva chi, e per questo aveva deciso che si sarebbe divertita, finché gli fosse stato concesso, e non avrebbe pensato a niente e a nessuno. Prima che arrivasse Theo.

Theo che ora stava lì, al suo fianco e ridacchiava a bassa voce essendo l'unico che la stava ascoltando, che la guardava con rispetto e con amicizia. Theo che la trattava come un gentiluomo dovrebbe trattare una gentildonna e che non pretendeva mai niente da lei se non la sua compagnia.

Theo, a cui lei dovrà dire addio e lasciarlo in dietro nel suo tragitto nel momento stesso in cui dirà "Si, lo voglio!" ad un completo sconosciuto.

«Pansy, che succede ti sei ammutolita di colpo e mi guardi triste, Ho detto qualcosa di sbagliato?»

E fu proprio Theo a prenderla e a tirarla fuori da quei pensieri, che la guardava preoccupato e quasi mortificato per chissà cosa avesse detto, come se lei lo avesse ascoltato.

«Oh no Theo, tu non c'entri nulla. Pensavo...» Aggiunse lei in un sussurro, guardando ora davanti a se.
«A cosa, se posso sapere?«
«Non voglio annoiarti come la triste sorte di una ragazza purosangue.» Cercò di ridacchiare per smorzare la situazione, ma ne venne fuori quasi un lamento strozzato.

«Pansy non capisco. Di cosa stai par... oh.»

Theo, che fino a quel momento aveva lo guardo posato sulla sua figura, spostò gli occhi guardando davanti a se.
Aveva capito di cosa stesse parlando la sua amica, e si sentì mancare la terra sotto i piedi.
E la consapevolezza che non avrebbe mai avuto ciò che realmente volesse dalla vita gli arrivò prepotente addosso, come uno schiaffo, facendolo vacillare.

«Già...» Disse Pansy.
«Pansy, ascolta... So che non è giusto, anch'io sono promesso a qualcuna e neanche so chi è. E se solo penso che dovrò passare la vita non con chi realmente voglio io...—»
«Sei promesso anche tu? E che significa non con chi realmente vuoi? Tu... oh! Sei innamorato di qualcuna...» Doveva essere una domanda quella della mora ma ne uscì un esclamazione triste.

In un colpo solo aveva scoperto che l'amore della sua vita era innamorato di chissà chi e che era promesso anche lui.

«Posso sapere chi è?»

Pansy aveva proprio voglia di farsi male, era sempre stata una ragazza attenta a proteggersi in ogni modo possibile, ma la vicinanza con Theo le suscitava masochismo e le farfalle nello stomaco allo stesso momento, oltre a pensieri poco casti, si intende.

«Pansy, io... Non posso dirtelo, scusami.»
«Oh, tranquillo! Non... non fa niente, devo impararmi a fare i fatti miei.» E concluse con una leggera risata, tornando a guardarlo negli occhi.

Theo le si avvicinò piano e le posò un leggero bacio sulla fronte, cosi leggero che Pansy percepì solo l'umido delle labbra bagnate, mentre sentiva la mano di lui lasciarle una carezza sulla guancia, e fermarsi lì.

Le guance le si tinsero di rosso, mentre sgranò gli occhi che ormai vedevano solo il petto scolpito del suo amico.
Si sentì improvvisamente accaldata e senza abbastanza ossigeno per respirare.

Theo si staccò da lei, senza allontanare la mano dalla sua guancia e la guardò regalandole uno sguardo dolce e comprensivo.

«Pansy, andrà tutto bene vedrai...—»
«Ehi, voi due, lì infondo! Vi muovete oppure tornate in dormitorio e vi prendete la stanza?»

Era arrabbiata con lui per aver interrotto quel momento, la prima volta che Theo cercava un contatto "fisico" con lei e cosi intimo.
Ma gli era anche grata per averla tirata fuori fa quella situazione dove non sapeva come uscirsene.

Pansy si girò lo stesso infuriata, surclassando la gratitudine, per aver fatto quel commento e averla messa in imbarazzato, e a passo spedito raggiunse Blaise e gli altri che sostavano davanti alla porta della stanza delle necessità. Non si era neanche accorta che erano arrivati.

«Tu! Brutto scostumato gran pezzo di...—»
«Calma calma, nanerottola!»
«Blaise non chiamarmi cosi, e non osare più fare battutine assurde. Siamo solo amici, per Salazar!»

Blaise rise piano e le scompigliò i capelli lievemente, mentre Theo arrivava alle spalle della mora, e colse solo l'ultima parte della frase.

Loro erano solo amici.

Volse lo sguardo verso Blaise, l'unico a sapere tutto, che gli restituì lo stesso sguardo carico di apprensione.

Intanto le ragazze guardavano Pansy, che si erano accorte del tono un po strano con cui aveva parlato, facendo una muta domanda.

E la giovane strega rispose al loro sguardo allo stesso modo. Non poteva dirgli nulla, non se la sentiva al momento, ma sapeva di essersi fregata da sola, e ben conosceva la caparbietà delle sue amiche e sapeva che prima o poi il momento delle domande sarebbe giunto.

«Bene, iniziamo ad entrare, saranno già dentro.»

Prese parola Draco, che con un gesto della mano aprì il portone.

In un attimo il suo naso fu invaso da un aroma fresco di arance e forte di cacao.

La stanza si presentava completamente diversa da quelle precedenti, se non per il camino già acceso di fronte a loro
Al centro della stanza vi era un tavolo rotondo abbastanza grande per far accomodare tutti loro, in legno scuro, accompagnato a delle sedie dello stesso colore.
Un tappetto morbido, sui toni del verde scuro, si allargava da sotto il tavolo fino a raggiungere con i bordi due divani, posti una a destra e uno a sinistra del tavolo, in pelle dal colore nero.
L'atmosfera era resa tenue e accogliente dai colori del rosso che sprigionavano le fiamme del camino e le luci delle candele.
E ai lati della porta, comparivano scaffali su scaffali pieni di libri, molto simili a quelli presenti in Biblioteca.

«Cos'è quest'odore di biscotti?» Proruppe Pansy, che golosa come era non si era fatta sfuggire quel dolce profumo e aveva sorpassato Draco ancora fermo a studiare l'ambiente.

«Ci sono i biscotti al cacao, sono i miei preferiti, vieni, ho fatto in modo che anche se dovessero finire la stanza ce ne procura di altri.» Rispose gentile Hermione.

«La stanza è completamente diversa.»
«Si Blaise, l'ho pensata io stavolta, in modo che possiamo stare più comodi possibile perché abbiamo delle novità e non so a che ora finiremo. In più li infondo c'è un mobiletto con del Whisky Incendiario, ho pensato che essendo sarà una lunga notte vi avrebbe fatto piacere...»
«Fantastico Granger, ottima pensata, chi vuole bere?» Avanzò un passo il serpeverde, dirigendosi allo scomparto che prima gli aveva indicato la grifona.

«Io!»
«Anche per me.»
«Fai doppio!» Concluso Draco.
«Potter, tu bevi?» Chiese divertito Zabini, mentre preparava i bicchieri per Draco e Theodore.

«Ovvio che bevo, che domanda è?»
«Non ti scaldare, era per chiedere. — Si girò ridacchiando. — Signore, voi bevete?»
«Si, grazie.»
«Ginny...»
«Ron, non osare dire neanche una parola!»

Blaise ridacchiò sotto i baffi, cercando di non farsi vedere e porse un bicchiere alla rossa che lo ringraziò con un sorrido timido.

Intanto i ragazzi stavano prendendo posto al tavolo, e cosa che stupì molto Hermione, si accomodarono mischiandosi tra di loro.
La giovane strega era più che convinta del fatto che avrebbero mantenuto tutti una certa distanza gli uni con gli altri. Sopratutto Ron che non faceva altro che dire di non fidarsi, ma che sembrava essere stato il primo ad essersi accomodato di fianco ad Astoria regalandole un piccolo sorriso.

Hermione cercò di non pensarci, e prese posto in una sedia a caso, continuando a sgranocchiare i suoi biscotti preferiti.

«Piccole dolci Serpi, volete da bere?»
«No Blaise, lo sai. Non possiamo bere.» Concluse stizzita Daphne.
«Lo so però qui... —»
«Che significa che non potete bere?» Chiese Ginny, girandosi verso Daphne che aveva parlato.
«Significa che per la nostra educazione, in presenza di altre persone con cui non abbiamo un rapporto stretto diciamo cosi, non possiamo bere alcolici se non champagne ai ricevimenti.»
«Questa è una stronzata!» Ginny era sbigottita.
«Lo so, infatti beviamo solo in presenza di loro tre.» Ed indico i tre amici
«E alle feste che organizzate in dormitorio?»
«Sei impazzita? Se qualcuno ci vedesse e lo riferisse ai nostri genitori sarebbe la fine.»

Intanto tutti avevano preso posto, e Ginny guardava Daphne che era seduta di fronte a lei con gli occhi leggermente da fuori.
Si alzò dalla sedia e si avvicinò al mobiletto dove prima era Blaise, ora seduto al suo fianco e ne tirò fuori quattro bicchieri uguali al suo riempiendoli fino alla metà.

«Bevi.» Disse, portandolo davanti alla bionda che la guardava accigliata.

«Ma allora non hai capito nient...—»
«Ho capito benissimo, ma ti assicuro che qui nessuno di noi dirà qualcosa a nessuno dei vostri genitori. Non siamo amici è vero. Ma ci stiamo aiutando ed è già qualcosa. Quindi bevi e rilassati. Anche perché ti servirà, fidati.»

Daphne la guardò dubbiosa, non poteva certamente dire di fidarsi, però quella rossa le sembrava particolarmente sincera.
Ancora indecisa su cosa farsi, sentì un rumore di sedia che strusciava sul pavimento e si girò alla sua destra, vedendo come Harry si stesse accomodando al suo fianco e facendole un piccolo cenno con la testa.

Avvampò e in un attimo afferrò il bicchiere, sorridendo leggermente alla piccola Weasley.

«Hai ragione, mi serve.» E buttò giù un primo sorso.
«Molto bene, ora che tutti sono serviti possiamo inizia...—»
«Granger, tu non bevi?»
«Zabini.» Ringhiò Draco, ben poco interessato alle motivazioni per cui la grifona non bevesse, avevano ben altri problemi.

«No Blaise, io non bevo staser...—»
«Oh no mia cara Hermione, tu bevi eccome! Ecco a te.» E Ginny le lasciò il bicchiere davanti.

«Ma Ginn...—»
«Niente ma, bevi.»
«Ginev...—»
«Granger, per Salazar! Bevi e non rompere, abbiamo altri problemi.»
«Incredibile, ma ha ragione Malfoy.» Convenne la rossa sedendosi di nuovo al fianco di Blaise, che intanto rideva, nascondendosi con un braccio mentre si accarezzava la testa.

«Molto bene! — Disse Hermione.— Ho scoperto qualcosa di interessante.»

Ed intanto aveva iniziato a buttare libri e pergamene scarabocchiate sul tavolo.

«Herm... Per favore, parla!» Disse Ron già esausto.
«Non chiamarmi Herm, lo sai che lo odio. Mi fa pensare ad un...—»
«Formaggio.»
«Esatto, Malfoy...»

La giovane strega quasi sobbalzò quando nel girarsi, per vedere da dove provenisse la voce, se lo trovò al suo fianco.
Per un secondo si guardarono negli occhi, e Draco avvertì una strana sensazione al centro dello stomaco, ma prima ancora che riuscisse a capire cosa fosse lei si era già girata e guardava altrove.

«Malfoy come fai tu a sapere che le fa pensare ad un formaggio?» Chiese Ron, in tono adirato.
«Non lo so infatti. Ma fa pensare pure a me ad un formaggio, quindi...» Rispose con noncuranza.

Ron emise uno sbuffo scocciato e prestò di nuovo attenzione all'amica, che aveva iniziato di nuovo a parlare.

«Bene, ma prima di iniziare ad esporvi la mia teoria. — Disse, mentre dalla borsa tirava fuori il libro dalla copertina nera.— Malfoy mi serve il tuo sangue.»
«Ancora con quel libro maledetto? Ho detto...—»
«Draco, smettila, qui dobbiamo capire cosa succede, con me non ha funzionato ed era ovvio. Ci vuole il tuo. Fallo e basta, cosi ci togliamo da davanti quel libro orribile.» Protestò Theodore, prendendo un sorso dal suo bicchiere.

«Okay, ma se prendiamo di nuovo fuoco io me ne vado e non ne voglio più sapere niente.»
«Ma smettila e dammi la mano.»

Hermione aveva già aperto il libro e l'aveva riposto al centro tra loro due, e porgeva una mano in direzione del biondo, in un tacito invito a porgergli la mano.

«Faccio da me, Granger.»

Draco prese la bacchetta e con un incantesimo non-verbale si punse il dito, facendo cadere due gocce scarlatte al centro della pagina.

Presto Hermione fece la stessa cosa, lasciando cadere due gocce del medesimo colore a pochi centimetri di distanza.

Nella sala tutti avevano il fiato sospeso, in attesa di qualcosa.

Ma per interi minuti non successe niente, rimase tutto immobile cosi com'era.

«Io l'avevo detto.»
«Aspetta...» Sussurrò la riccia al suo fianco.

All'improvviso le gocce si avvicinarono e si mischiarono, iniziando a cambiare colore.
Dal rosso passarono al nero, e Draco si meravigliò di se stesso quando si accorse di essere schifato non dal fatto che il suo sangue si stesse contaminando con quello sporco della grifona, ma quando pensò che proprio quello della sua vicina di posto fosse divento nero perché contaminato dal suo.

Allo stesso modo, com'era diventato nero, continuò a cambiare diventando di un intenso color bianco, talmente chiaro che brillava.

Cosi come successe con Theo, due linee dritte si diramarono da quel centro, in direzioni opposte, una in alto e una in basso.
E i ragazzi si alzarono tutti, bacchette alla mano pronti ad un possibile incendio.

Ma il libro non prese fuoco, anzi iniziò ad alzarsi dal piano di legno per rimanere sospeso a mezz'aria.

Una luce dorata avvolse tutte le pagine, e come una grande onda d'urto quella luce si allargò fino a colpire i ragazzi, che prontamente si coprirono le mani con gli occhi.

«Ponete la vostra domanda.»

Una voce femminile riecheggiò nelle testa di tutti, soave e delicata, provocando un senso di tranquillità e inquietudine allo stesso tempo nello stomaco di tutti i ragazzi.

«Una domanda? Che domanda?» Sussurrò Ginny verso tutti.
«Non lo so Ginny, io non ho preparato nessuna domanda...» Rispose allo stesso modo Hermione.
«Granger risolvi questa situazione oppure io...—» Commentò ad alta voce il biondo serpeverde che osservava il libro con cipiglio preoccupato.

Ma fu interrotto dalla stessa voce.

«Tu! Tu che hai parlato! Sei colui che mi ha svegliato?»

«Per Salazar, Granger...» Questa volta sussurrò.
«Sono io che ti ho chiamato!» Affermò allora ad alta voce la grifona.

«Questa voce... io ti conosco.»

«Io non credo...»

«Solo la Regina e il Re del Sangue potevano svegliarmi. Se tu mi hai svegliato significa che tu sei la Regina, ma dov'è il Re?»

Hermione boccheggiava in cerca d'aria ed in cerca di qualcosa da dire.
Diede un colpetto con il gomito sul fianco del serpeverde in un invito a farsi avanti, che Draco però non colse.

«Malfoy apri quella dannata bocca e di qualcosa!» Urlò il rosso.
«Ron!» Rispose allo stesso modo la riccia.

«Chi osa mancare di rispetto e innervosire la mia Regina?»

La voce soave che prima riempiva le loro teste si era trasformata in un ringhio terrificante che li fece piegare dal dolore.

«Io! Ti ho svegliato io! Sono il tuo Re, smettila di torturare le nostre teste!» Disse deciso Draco.

«Mio Re, perdonatemi. Ma un vile ha osato essere irriverente nei confronti della vostra Regina! È mio dovere punire chiunque osi arrecarle torto o disturbo.»

Risuonò la voce dolce e femminile.

«Per Godric, Hermione sei la Regina di quella serpe.» Esclamò sottovoce Ginny.
«Non una parola Ginny. Non una parola!» Sussurrò turbata Hermione.
«Come ti chiami?» Chiese Draco con voce ferma.

«Il mio nome è Plamen, Mio Signore. Che domanda avete per me?»

«Plamen, non abbiamo domanda, perché non sapevamo della tua esistenza.
Abbiamo bisogno di informazioni.»

«Io contengo dentro di me tutto ciò che c'è da sapere sul Sangue Magico.
Il sangue è ciò che ci definisce e ciò che ci maledice.
Ci lega in modi indissolubili, e in modi che non si possono spiegare.
Ma ci divide e ci etichetta.
Io sono tenuta a rispondere ad una sola domanda, ai Miei Sovrani.
Per poter leggermi e svelarmi completamente devo capire se ne siete anche i custodi.»

«Plamen, i custodi di cosa?» Chiese allora Hermione.

«Mia Regina, i custodi del Sangue, ovviamente.»

«E cosa dobbiamo fare per scoprirlo?»

«Rispondere ad un indovinello.»

Draco guardò Blaise, in cerca di un qualche consiglio su cosa fare, ma lui se ne stava dritto e in posizione d'attacco, con un braccio davanti alla Weasley. Aggrottò le sopracciglia a quella vista ma fu distratto dalla voce della Granger.

«Ponici l'indovinello Plamen.»

«Come volete, mia Regina.»

«Granger, sei impazzita?»
«Zitto Malfoy!»

«Si dà e si perde. Ma non si regala.
Si conquista e si guadagna, ma non si compra.
E dura arrivare a lei, ma può scomparire con niente.
È pericolosa quando viene data, e fa male quando viene distrutta.
Dopo rotta, non sarà mai più uguale per quanto la si vuole aggiustare.
Non tutti posseggono la forza necessaria per averla, ma sopratutto donarla. Ma viene spesso sottovalutata.
E tutti noi almeno una volta abbiamo provato il dolore di vederla scomparire.»

La stanza piombò in un silenzio asfissiante. A stento si riuscivano a sentire i loro respiri.

Il cervello di Hermione lavorava senza sosta alla ricerca della soluzione, quando avverti una fitta alla tempia e vi ci portò le mani.

«Granger, hai la soluzione?»
«Malfoy sei nella mia testa? Esci immediatamente!»
«Non voglio parlare ad alta voce per rischiare di dire una cosa sbagliata, quindi questa mi sembrava la soluzione migliore.»
«Ma come è possibile che stiamo parlando?»
«Te lo spiegherò dopo, ora dimmi, hai la soluzione.»

Hermione lo guardava di traverso, arrabbiata e imbarazzata.
Non voleva assolutamente che lui andasse a zonzo nei suoi pensieri. Era una cosa intollerabile.
Ma Draco se ne stava li fermo, a guardare di fronte a lui in direzione del libro, senza prestarle la minima attenzione.

«Granger...»

La richiamò sempre nella sua mente, e lei avvertì nuovamente lo stesso dolore.

«Se hai finito di farmi venire mal di testa, magari potrei pensare!»
«Il mal di testa passerà dopo un po, intanto pensa veloce!»
«Dopo un po quando?»
«Granger, non è il momento...—»
«Malfoy!»

«Miei Sovrani, avete la risposta?» Chiese Plamen.

«Granger, per Salazar, fidati di me per una volta! Dopo ne parliamo.»
«Fidarmi? Tu dici a me di fidarmi di te? Ma tu sei ser... Oh Merlino Malfoy, sei una genio!»

Hermione si aprì in un sorriso spontaneo in direzione del libro e Draco aggrottò le sopracciglia mentre si girava nella sua direzione.

«È la fiducia!» Disse allora la riccia allargando ancora di più il sorriso.

«Mio Re, lei è d'accordo?»

Draco la guardò, nonostante lei non accennasse a girarsi, e la vide ancora intenta a sorridere, gli occhi leggermente luminosi, il profilo del naso diritto e le guance arrossate dalla luce del camino.
La mano di lei che portava una ciocca ribelle di capelli dietro l'orecchio e poi scendeva giù, lasciando cadere il braccio al suo fianco.

E prima ancora di riuscire a capire perché si trovava a guardarla cosi intensamente si accorse di pensare che la trovava bella.
Bella come le rose che la madre Narcissa coltivava nei giardini del Manor.

«Si, sono d'accordo.»

Non c'aveva neanche pensato, non aveva neanche ragionato se quella risposta potesse essere giusta veramente o no. Ma era cosi preso ad osservarla che si era perfino dimenticato di essere alla presenza di tutti gli altri maghi.

«Bene, miei Sovrani.»

Fu la voce a riportarlo alla realtà, tornando a guardare verso il libro.

«Dopo che vi avrò detto se è giusto o meno la risposta, devo avvertirvi, io andrò via e potrò essere svegliata solo dai prossimi sovrani. Ma se davvero siete voi i Custodi, potrete leggermi, e alla fine dovete riportarmi al mio posto.»

«Plamen, sei tu che sei venuta da me, io non so in che scaffale sei collocata.»

«Mia Regina, avete detto bene, io sono venuta a voi, perché io compaio nel momento del bisogno dei miei Sovrani, e ho sentito che adesso avevate bisogno di me. Non temete, capirete da voi qual'è il mio posto.»

I ragazzi rimasero in silenzio non sapendo bene cosa dire e aspettarono che la voce continuasse.

«Ebbene, miei Sovrani si! La risposta è esatta! Siete voi i Custodi del Sangue.»

Il sorriso di Hermione si aprì ancora di più per quanto possibile, mentre Draco sentì come un peso scendergli dal petto.

«Adesso è mio compito salutavi; è stato per me un privilegio servirvi.
Mia Regina, lasciate che vi dica una cosa: io sento il vostro cuore e la vostra anima parlarmi. Non permettere mai di farli macchiare. Siate forte, perché state andando in contro ad uno dei dolori più grandi che qualcuno debba affrontare.»

Il sorriso della grifona si spense, e le mani iniziarono a tremare.

«Mio Re, devo dire qualcosa anche a voi: sento anche il vostro cuore e la vostra anima, e loro mi parlano di voi, c'è un unico modo per ripulirli da quella patina che avete lasciato cadere su di voi, ma dovete scoprirlo da solo.
Siate coraggioso, perché state andando incontro ad una delle battaglie più grandi che qualcuno debba affrontare. Quella contro voi stesso.»

E cosi, come l'onda d'urto che li aveva avvolti prima, si ritirò.
Il libro si chiuse su se stesso rimanendo ancora a mezz'aria per poi aprirsi di colpo, come se le pagine fossero state sfogliate da un vento impetuoso, si muovevano veloci.

Fino a quando non si fermò e ricadde sul legno scuro del tavolo, aperto.
Hermione si avvicinò per prima, seguita da Draco, che poterono vedere il titolo presente sulla parte alta del foglio.

"Maledictus."

Buonasera, maghi e streghe di Hogwarts, come state?
Spero bene.
Ho deciso di pubblicare un capitolo oggi perché la settimana prossima mi hanno sobbarcata di lavoro e non so quando mi sarà possibile pubblicare nuovamente.
Chiedo scusa da adesso.
Questo capitolo è un po' lunghetto, si apre mostrandoci i due modi differenti con cui i nostri amici maghi affrontano il loro incubo. Uno di loro, chissà chi ahah, affronta il tutto con tenacia, sperando di prolungare quello strazio dolorante più possibile.
L'altro, invece, fugge spaventato dal quel dolore. Povero Draco!
Poi abbiamo le riflessioni del nostro Malfoy su Hermione Granger.
C'è da ammettere però che le domande che si pone sono abbastanza lecite, insomma.
Sta vivendo una settimana di profondi cambiamenti, il nostro Draco.
Arriviamo ad un punto in cui si vede un piccolo specchio su Pansy Parkinson.
Lo so, lo so, lei voleva consegnare il nostro Potty a zio Voldemort, ma ehi! Ognuno reagisce alla paura come può! Io l'ho sempre trovata un personaggio interessante.
Femminile e furba, come una volpe. Ma non dimentichiamo, ha un cuore. E, a quanto pare, quel cuore batte per il bel Nott. Ma, cosa vedo li? Lui è innamorato!
Chissà di chi?
Pansy nota tutto: i comportamenti strani degli amici la mettono in allerta e la preoccupano. Esattamente come nota tutto Hermione. Che non ha potuto fare a meno di constatare quanto sia controsenso il nostro RonRon.
Compare Plamen con le sue frasi alla Silente e i suoi indovinelli: questo passaggio è molto importante per lo svolgersi della trama, miei cari.
Passo importante per la Dramione: stabiliscono una connessione grazie alla Legilimanzia.
Prima che possiate dire "Boccino" vi voglio dire che, si sono consapevole che non si può fare conversazione con questa arte magica, ma sarà spiegato tutto a suo tempo, non temete.
Qualcuno di noi sa dirmi per quel motivo il libro si è aperto sui Maledictus? Avete teorie? Sono tutta orecchi, fatemi sapere con un commento qui. —>
Bene, ho detto tutto.
Lasciate una stellina cadente al vostro passaggio, mi farebbe piacere.
Non so quando pubblicherò di nuovo, spero presto. Molto probabilmente sarà nel prossimo fine settimana.
Un ultima cosa, se vi va, ho pubblicato una piccola one-shot Scorose. Sarei felice se passaste e mi lasciaste un parere. Ci saranno accenni Dramione anche li, ovviamente, ahah.
Si chiama: "Dove tu sarai, lì sarò anch'io."
Ci vediamo per i corridoi del Castello, miei cari.
Fatto il misfatto.

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