Atroci ricordi.
"Si può scoprire di più su una persona in un'ora di gioco, che in un anno di conversazione."
— Platone.
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Cercava invano di immagazzinare più aria possibile, cercando di mantenere la calma.
— Non qui. — si ripeteva —Non è il luogo adatto.—
Iniziò a contare, a ritroso da cento, alternando respiri profondi ai numeri.
Harry, che conoscendo il problema dell'amica, si avvicinò cauto, mentre il resto dei ragazzi li osservava in silenzio e sbigottiti.
«Hermione, — sussurrò il moro, — conta con me.»
La riccia alzò lo sguardo per guardare il volto del suo amico, ma era come se non lo vedesse davvero.
Con uno scatto corse verso la porta della Stanza delle Necessità e uscì fuori.
Sentiva il petto schiacciarsi, bloccandole il respiro in gola, le mura dei corridoi sembravano muoversi fino a restringersi, la luce delle candele non le sembrò cosi luminosa come ricordava e il pavimento sotto i suoi piedi parve iniziare a tremare.
Ben presto si ritrovò al suolo agonizzante, in cerca di aria. Il freddo delle mura e del pavimento le attraversò il corpo e le diede la possibilità di connettersi di nuovo con il mondo reale.
Lei era lì, ad Hogwarts, stava bene, i suoi migliori amici stavano bene e non c'era nessuna guerra in corso.
Prese respiri profondi e ricominciò a contare.
*
Intanto nella Stanza delle Necessità Draco guardava intorno a lui cercando di capire cosa fosse appena successo.
Tutti i serpeverde guardavano i grifoni in cerca di risposte a quella tacita domanda che si leggeva scritta nei loro occhi.
«Ma cosa le è successo?» Astoria, con la sua voce piccola e delicata ruppe il silenzio, dando voce alle domande di tutti.
«Si chiama sindrome da stress post-traumatico.»
«Ron, sta zitto!»
«Harry, ma lei non sta bene...» Daphne era intervenuta, cercando con gli occhi quelli del bambino sopravvissuto.
«Lo so che non sta bene, lo sappiamo tutti... solo non si vuole farsi aiutare.»
«Ron, ho detto: sta zitto! Non sono cose che ci riguardano, non puoi spiattellarle cose davanti a loro.»
«Potter, a volte sei peggio di Weasley, lui almeno il disprezzo ce lo grida in faccia, non con frasi sottintese.»
«Nott non osare neanche lontanamente di...—»
«Da quanto tempo sta cosi?»
«Malfoy non sono cose che ti riguardano, non...—»
«Da quanto quella bastarda di tua zia l'ha torturata a casa tua, dovresti ricordatelo quel momento visto che tu eri lì e non hai mosso un singolo dito della tua regale mano per fare qualcosa, brutta serpe velenos...—»
«Ronald! — Urlò la piccola Ginny che si era accorda che la situazione si stava scaldando troppo. — Sta zitto, per Morgana!»
Draco non si mosse da dove era, immobile e con ancora il libro in mano, mentre ascoltava tutti gli insulti che quel pezzente dai capelli rossi gli riversava contro.
Non aveva da dire niente.
Non poteva dire niente.
Meritava tutti quegli insulti e lui lo sapeva fin troppo bene.
Lasciò che quelle parole gli si imprimessero addosso, lacerando le carni fino ad arrivare ai muscoli. Poi gli diede accesso al suo sangue, nelle sue vene che pompavano fino al cuore, e le fece entrare anche lì.
Lo sentiva, quel muscolo raggrinzito che se ne stava al centro del suo petto, galoppare veloce, furiosamente. Cosi forte che per un attimo sentì solo quel rumore.
Non più le parole degli altri intorno a lui, non più i respiri, il rumore del camino, i passi. Niente se non il rumore del suo maledetto cuore che galoppava veloce.
Involontariamente portò una sua mano proprio lì, al petto, come a volerlo trattenere. Sentiva un male che non pensava di poter mai sentire. E lui di mali ne aveva sentito parecchi.
E la sua mente si aprì di nuovo, mostrandogli ancora un volta, il pavimento in marmo del Malfoy Manor, limpido e chiaro da essere luminosamente bianco.
Se non per una forma indistinta sul pavimento, ciocche di capelli ovunque di colore del cioccolato a latte, che stavano cosi bene con il colore degli occhi ambra che adesso vedeva, sempre lucidi, senza più quella scintilla che aveva sempre odiato e che gli aveva provocato, sempre, lo stesso turbamento e senso di disgusto ogni qual volta li incrociava per i corridoi della scuola o nelle aule di studio.
«Vado a lei...»
«No Daphne, non parla neanche con me cosa pretendi di fare tu?»
«Senti piccola Weasley, capisco che non ti fidi, ma non ho cattive intenzioni. Tu hai vissuto la Guerra come lei, come tutti vuoi, non pensate che forse è per questo che non ve ne parla?
Vi vede turbati e doloranti. Non è una sprovveduta e sappiamo che il suo cervello non smette mai di lavorare, quindi avrà pensato a mille cose. Non mi conosce, posso almeno tentare, e poi non la vogliamo certo lasciare lì, fuori da sola?»
«Va bene, hai ragione. Riportala qui, per favore.» Sussurrò Ginny.
«Aspetta, vengo con te, magari posso esserle utile.»
Un cenno del capo e le sorelle Greengrass sparirono dietro il grande portone.
Quanto male aveva fatto?
Quanto male aveva causato?
Quanto male ancora poteva causare?
La testa di Draco, improvvisamente, divenne un macigno troppo grande da sostenere solo sul suo collo, quindi fece cadere con disinteresse il tomo a terra e si avvicino la mano alla tempia, massaggiandola con due dita.
«Malfoy, stai bene?»
A riportarlo alla realtà ci pensò Theodore, vedendo l'improvviso cambio dell'amico, avvicinandosi a lui e sussurrando per non farsi sentire da nessuno.
«Cosa? Si si... Ma dove sono Astoria e Daphne?» Chiese con lo stesso tono basso, guardandosi intorno.
«Ma non hai sentito niente? Sono andate dalla Granger, la porteranno qui tra poco. Sicuro di star bene?»
«Ti ho già detto di si.»
«Bene,— si schiarì un po la gola Theo chiamando tutti gli occhi dei presenti a se.— Dobbiamo continuare a cercare noi, non possiamo stare con le mani in mano.»
«Concordo con te, se Weasley Senior ha finito di cacciare fumo dal naso, possiamo continuare.»
Ginny rise forte all'affermazione di Blasie, e guardò Harry che subito si accodo alle risate.
La tensione nell'aria si smorzò un po, e tutti si avviarono a prendere un libro a caso da terra.
Ron borbottò qualcosa di incomprensibile e raccolse anche lui un libro, sedendosi sul pavimento vicino al divano.
Draco se ne stava ancora lì, la testa gli si era alleggerita ma non il cuore.
— Allora ce l'ho anch'io - si disse — un cuore.—
*
Daphne camminava al fianco di Astoria in religioso silenzio.
La maggiore delle sorelle Greengrass cercava con gli occhi in ogni angolo di corridoio nella speranza di vedere una chioma riccia sbucare da qualche parte.
E intanto pensava a come dovessero sentirsi tutti quelli che, come la Granger, avevano combattuto vincendo, ma perdendo qualcosa di più prezioso e grande della vittoria.
Lei e sua sorella non erano presenti alla Guerra.
Il padre le aveva scortate, insieme a lui e alla madre, in un posto sicuro appena aveva percepito che la situazione stava precipitando a picco.
Erano una famiglia purosangue certo, ma non gli era mai interessata la supremazia.
Tralasciando alcune leggi che il padre ancora ci teneva a far valere, come usarle come merce di scambio in matrimoni combinati per assicurare una stirpe pura e denaro, erano una famiglia innocua.
Il padre, rinomato avvocato, non si era mai schierato con Voldemort, ma neanche contro e questo gli permise di essere imparziale e potersi nascondere.
«Eccola Daphne, la vedo, lì a terra...» Sussurrò la piccola Astoria e lei girò il viso, guardando dove aveva indicato la sorella.
In un angolo di corridoio buio c'era la figura della Granger appoggiata ad un muro, con le gambe tirate su e le braccia ad abbracciarsi le ginocchia, dove ci aveva poggiato la testa.
Scossa da singhiozzi sommessi che le facevano tremare le spalle coperte da una folta chioma di ricci.
Daphne prese a camminare di gran carriera, fermandosi solo quando l'aveva raggiunta.
«Granger, alza la testa!»
«Vattene...» Ancora in quella posizione non accennava a muoversi.
«Ho detto: alza la testa!» Le ordinò
Hermione si strinse nelle palle e tirò su con il naso.
«Ed io ho detto: vattene!» Tuonò alzando il capo.
«Oh, finalmente — iniziò la bionda, sedendosi di fronte a lei sul pavimento. — E non si dica che una Grifondoro si sia lasciata sopraffare dalla paura e stia piangendo in un corridoio freddo, sei fortunata che al momento mezza scuola dorma, lo sai?»
Daphne addolcì la voce e lo sguardo, mentre la sorella si accomodava di fianco a lei.
«Come stai?» Sussurrò Astoria, passandole un fazzoletto e con un piccolo sorriso.
La grifona le guardò stralunata, mentre prendeva il fazzoletto dalle piccola mani della serpeverde.
«Oh non fare quella faccia, non ci fai pietà tranquilla. Siamo qui per ascoltarti.» Esclamò spazientita la bionda.
«Come scusami?»
«Granger, hai capito benissimo.»
«Cosa vi fa pensare che io sia disposta a parlare?»
«Perché ne hai bisogno...» Disse con voce gentile Astoria.
«Cosa ne sai tu di cosa ho bisogno? E cosa vi fa pensare che io sia disposta a parlare con voi?»
«Non parlare cosi a mia sorella! E poi perché noi non siamo i tuoi amici svitati.»
«Non chiamarli svitat...—»
«Hermione, parla con noi.»
La grifona si girò verso la minore delle due sorelle, che aveva appena parlato. Era la prima volta che la chiamavano per nome, ed era tutto dire.
Lei ricordava bene che, loro due, non avevano mai preso parte alle offese o ai soprusi dei loro compagni di Casa nei suoi confronti, però era lo stesso strano.
«Ron ci ha detto quello che ti è successo e perché, più o meno, ma credo sia giusto che tu ne parlassi, ti assicuro ti farà sentire meglio.»
— Maledetto rosso e la sua boccaccia maledetta che non sta mai chiusa.—
Ma che amico era? Sbandierare i fatti suoi cosi.
Non che lei avesse fatto la sua elegante figura con quell'uscita di scena plateale, però questo non dava il diritto all'amico di parlarne cosi.
«Cosa ha detto quel deficiente?» Si pentì quasi subito di aver usarlo quell'appellativo, ma era cosi arrabbiata.
«Ha iniziato ad inveire contro Draco, e ha più o meno spiegato, ma sua sorella ed Harry lo interrompevano sempre.» Concluse Daphne.
Gli si fermò di nuovo il respiro, incastrato in gola, e si sentì catapultata di nuovo in quella sensazione di angoscia che sentiva prima.
Non voleva far sapere niente a nessuno. Tanto meno a Malfoy.
E il fatto che proprio lui lo sapesse bastò a farle di nuovo gelare il sangue.
«No,no! Hermione ascolta: non piangere. Guardami, guardami. — Astoria gli prese le mani e le strinse piano continuando a sussurrare con voce dolce. — Cosi brava, respira. È tutto okay, non è successo niente. Parla con noi.»
Daphne guardava la sorella senza parole, mentre la Granger si calmava piano e seguiva le istruzioni che le venivano dettate.
Si stupì della bravura di sua sorella. Conosceva bene le sua capacità di persuasione, ma questo non c'entrava proprio nulla.
Sembrava una Medimaga esperta e sicura in quello che faceva.
«Cosa... — singhiozzò ancora la riccia.— Cosa vi fa pensare che io possa parlare con vuoi quando l'argomento riguarda la famiglia del vostro amico?»
«Non pensare che è nostro amico, pensa che noi siamo qui per te, e disposte a sentirti, per tutto il tempo che ti serve.»
Hermione prese un gran bel respiro, e girò il viso, incontrando quello di Daphne, che la guardava con occhi dolci. Uno sguardo che Hermione non si sarebbe mai aspettata di vedere in quelle due rivolto a lei.
E si convinse.
«Eravamo alla ricerca degli Horcrux, nascosi nel fitto di una foresta, quando Grayback ci ha attaccati, aveva riconosciuto il mio odore, e quindi quando ci ha trovato ci ha portato direttamente al Manor dei Malfoy.
Mi sentivo cosi spaventata... — prese un momento per distogliere gli occhi da loro.— Ma non potevo farmi vedere debole, quindi in un momento di lucidità ho afferrato Harry e gli ho scagliato contro una Fattura Pungente in modo tale che la faccia non si riconoscesse molto, ma ero bloccata e... e...—»
«No Hermione, non piangere, continua.»
Hermione tirò su col naso e si ritrovò le mani tremanti.
Era cosi difficile per lei, cosi dura.
Cosa aveva vinto in realtà?
La pace certo.
Ma lei, come singola strega, cosa aveva vinto?
Niente, anzi, aveva perso molto, tra quindi anche la sanità mentale.
Astoria vedendo che la ragazza non dava cenno di proseguire le prese una mano, stringendola forte e fece un cenno con il capo alla sorella, che la imitò prontamente.
Hermione sobbalzò a quel contatto e cercò di ritrarre le mani, non del tutto sicura che quella fosse una bona idea.
Si era fatta convincere, ma non sarebbe servito a nulla, ma le sorelle non glielo permisero, rafforzando la presa sulla mani ed esortandola con un cenno a continuare.
«Okay, dicevo... ero bloccata e quindi la fattura con colpì proprio bene.
Non ricordo bene come, ma un attimo dopo Harry era inginocchiato ai piedi di Malfoy e Bellatrix gli domandava se era lui, se era Harry Potter.
Ed io in quel momento mi sono sentita morire.
Oh Daphne mi sono sentita cosi male...» Chinò il capo sulla sua mano unita ancora a quella della ragazza e cercò di non piangere, mente Daphne le accarezzava i capelli con l'altra mano.
Non era pietà, era più compassione.
Daphne si sentì male, ma cercò di non darlo a vedere mentre guardava negli occhi la sorella, anch'essa scossa.
Sentiva il dolore che la Granger lasciava scivolare via insieme alle parole che diceva, e le faceva tremendamente male.
Come si fa a sopportare tutto quel dolore?
«Io... io so bene quanto lui ci odi, lo so benissimo, quindi ho pensato che quella era la nostra fine. Anche perché la zia non faceva altro che dire che se quel ragazzo fosse stato Harry avrebbero chiamato Voldemort e sapevo che non ne saremo mai usciti da li.
Poi Malfoy ha detto che non ne era sicuro, e in quel momento mi sono sentita come sollevata da un macigno che mi angosciava lo stomaco.
Lo stava coprendo e non me lo sarei mai aspettato. Ero così sollevata. Ancora spaventata certo! Ma ci stava aiutando ed era una cosa incredibile da crederci.
Ci stava regalando tempo per pensare, o almeno, io ho voluto interpretarla così in quel momento, prima che... che... non fa niente.
Poi è stato un attimo. Bellatrix ha visto la spada di Godric Grifondoro ed è impazzita, ha fatto trascinare i ragazzi nelle segrete e mi ha interrogata.
Io non rispondevo...
Ha fatto cosi male... — Si prese un attimo per respirare, le lacrime ormai non facevano altro che scendere silenziose, mentre lei era ancora a capo chino. — Cosi male, mi ha torturato con la maledizione Cruciatus, cosi tante volte che il tempo si era fermato.
Faceva cosi male, io... io mi sentivo tagliare la pelle dall'interno, strappargli gli organi, la testa esplodere.
Un dolore lancinante e costante. Ad intermittenza continua. Mi spezzava il respiro.
Mi spezzava tutta.
Ed in quel momento ho desiderato solo di morire.
E Malfoy era fermo lì, davanti a me, immobile e mi guardava, mi guardava e mi guardava. E più lo faceva e più mi sentivo morire.
Non pretendevo certo che facesse qualcosa, però... non lo so!
Poi ha preso un pugnale e mi ha fatto questo.»
Con un gesto secco tiro su la manica e mostrò la cicatrice.
Astoria trasalì a quella vista. Se ne stava lì la cicatrice, sul braccio della Granger, a ricordarle cosa lei fosse e cosa sarebbe sempre stata.
La piccola delle sorelle Greengrass non riuscì più a sostenere quella vista e girò il viso, cosi Hermione abbassò la manica, cercando di calmare le lacrime.
«Il dolore era cosi tanto, interminabile, ed io urlavo e mi dimenavo, finché non ho retto più, è stato un attimo, ho sentito la vita abbandonarmi, uscire fuori dal mio corpo per andare altrove, lontano da me.
E l'ultima cosa che ricordo erano gli occhi di Malfoy che mi guardava dall'alto mentre morivo e non faceva niente.
Non che mi aspettassi chissà cosa, ovviamente no.
Ma quando può odiarmi? Quanto può odiarmi per il mio sangue per lasciarmi lì a torturami?
Poi è successo tutto in un secondo, e mi sono smaterializzata con gli altri lontano da quella casa.
Ma non c'è notte che passi dove io non mi ritrovi lì dentro.
Gli incubi mi tormentano da quel giorno ma con la fine della guerra se ne sono aggiunti di nuovi. La morte di tutte le persone a me care.
Ma ve lo giuro, non c'è notte che io riesca a chiudere gli occhi, dove non senta le risate di Bellatrix e gli occhi di Malfoy a tormentarmi.»
Ci fu un attimo di silenzio dove tutte e tre si presero un momento per pensare.
Hermione prese un bel respiro, e si rese conto che si sentiva veramente meglio, come se avesse lasciato uscire un po di dolore fuori dal suo corpo, certo era un granello di sabbia in confronto a quello che sentiva, però era già qualcosa.
Astoria a invece pensò a qualcosa da dire per consolare la ragazza di fronte a lei, ma non c'erano parole sufficienti o giuste a compensare a quel dolore.
Daphne, al contrario, si sentiva profondamente arrabbiata con Draco.
Ma non lo disse mai ad alta voce, e mai lo avrebbe detto a nessuno.
Lei conosceva, più o meno, ciò che l'amico aveva dovuto passare, ma questo non toglie il fatto che è stato un gesto a dir poco deplorevole restare li a guardare.
«Io... credo di dovervi ringraziare, sto meglio ora. — Sussurrò Hermione. — È la prima volta che lo racconto a qualcuno... quindi, beh si, grazie.»
«È da quel giorno che hai questi attacchi di panico?»
«Questi cosa?» Chiese Daphne alla sorella.
«Attacchi di panico, cosi si chiamano, si susseguono ad aventi un po... traumatici, ma non sempre si manifestano in modo uguale, varia da persona a persona.»
«E tu come sai tutte queste cose sorella?»
«Studio, a differenza tua!»
Hermione scoppiò a ridere, non riuscendo a trattenersi, e le sorelle le regalarono un'occhiataccia, ma si unirono anche loro a lei.
Era cosi strano, trovarsi a ridere con quelle due serpi. Ma si erano rivelate altre persone rispetto a quello che credeva.
«Comunque si, ma da quando è finita la guerra sono peggiorati, sono andata da uno specialista e mi ha consigliato un trucco, ma non sempre funziona..»
«Quale?»
«Contare al contrario da cento. A volte regge, però quando sono cosi forti non riesco.»
«Prova a fare altro, magari leggi.»
«Astoria, ma io già leggo sempre, come potrebbe funzionare?»
«L'importante è mantenere la mente occupata e con la lettura il tuo cervello si concentra su altro e si allarga, si distrae in un certo senso, cosi non senti più la sensazione di panico. Prova, se non funziona cercherò altri metodi e te li dirò.»
«Io... ti ringrazio, davvero, non so che dire...»
«Sorella, tu ancora non me la conti giusta. Come fai a sapere tutte queste cose?»
«Daphne, voglio diventare una Medimaga, devo pur studiare per farlo no? Però ora alziamoci, mi sto congelando le gambe con questa gonna orribile, tu te la senti di tornare di là oppure vuoi che ti accompagniamo in dormitorio?»
«No grazie, vengo con voi, voglio risolvere questo problema della Foresta Oscura.»
E cosi insieme si alzarono, e come fossero tre vecchie amiche che si conoscono da una vita, si avviarono nella Stanza delle Necessità.
Ebbene sì miei cari, stasera doppio aggiornamento solo per voi!
Il lavoro di ieri ha veramente scossa! Ahahah.
Un capitolo interamente su Hermione!
La nostra amata grifondoro sta attraversando un momento veramente difficile!
Che dire invece di Ron? Ragazzi allora, io lo amo incondizionatamente, ma di fa trasportare troppo dal risentimento e parla a vanvera! A mio parere!
Le due serpeverde invece dimostrano di saper provare compassione, una scoperta interessante direi, ed Hermione riesce finalmente a tirare fuori un po' del dolore che ha dentro di se.
Come mi dispiace per lei.
Una cosa importante che voglio dire è che io NON sono un dottore! Gli attacchi di panico sono un problema serio, di cui anch'io soffro e ho preso esempio e spunto dalla mia esperienza personale! Contare a me aiuta, ma devo essere accompagnata da qualcuno che mi aiuti a rimanere lucida!
Quindi se soffrire di questo attacchi contattate un medico, è veramente importante ragazzi!
Per qualunque cosa, anche una chiacchiera senza tempo mi trovate nei direct.
Detto ciò, ho finito, miei cari.
Vi auguro una buona notte!
Ci vediamo per i corridoi del Castello, miei cari.
Fatto il misfatto.
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