CUATRO
Adesso poteva finalmente scorgere nelle vicinanze l'entrata del Cementerio, anche se la nieve aveva nel frattempo coperto quasi tutto attorno a lui.
Seduta su di una roccia, al bordo delle pietre dure del selciato mezzo innevato, stava una figura incappucciata e dalla lunga tonaca nera, intenta col capo chino a strappare qualcosa.
«Mi scusi, Señor, ha bisogno di aiuto?» chiese Juan con una punta di timore e un briciolo di curiosità del cuore.
«Hola, chiquito! Come ti chiami?»
«Soy Juan», rispose il ragazzo, accorgendosi dal biancore malato delle pupille del suo interlocutore che si trattava di un vecchio cieco. «E Lei, Señor, qual è il suo nome?»
«Mi chiamo Padre Francisco, vengo da un piccolo paesino della Galícia. Mi ospitano per alcuni giorni dei monaci dell'Abazia qui vicino, poco lontano da quel cimitero laggiù» disse l'uomo; ma poi, concentrato nelle difficoltà delle sue faccende, tagliò subito il discorso: «Senti... come mi hai detto di chiamarti? Ah sì! Juan! Visto che la provvidenza ti ha portato fin qui, non è che avresti un paio di forbici o un coltellino da prestarmi? Le mie vecchie cesoie arrugginite sono venute meno al loro taglio e non riesco più a sbrandellare i pezzi di questa bandiera. Ho tentato di strapparla in tutte le maniere, ma mi cominciano a far male le mani. Mi metterei ad azzannarla con i denti, ma alla mia veneranda età me ne sono rimasti ben pochi.»
«Purtroppo, Señor, non ho nulla con me con cui possa tagliare la sua bandiera», gli mentì Juan non rivelandogli di tenere nella tasca dei calzoni un piccolo pugnale d'argento, regalatogli dal nonno e che usava per andare a caccia di lepri. «Però, se vuole, ho un acciaino», gli disse porgendoglielo con tentennante gentilezza.
Il vecchio, valutando quasi con indifferenza l'offerta, lo afferrò lesto con le sue mani rugose e affusolate e si mise ad affilare le cesoie.
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