Capitolo 9: Magari c'è qualcosa di più...
Tutti gli alunni entrarono a scuola. Fenrir se ne stava un po' nei corridoi per la noia di entrare in classe, finché la professore d'italiano non lo beccò. Lui corse subito in classe.
Appena Fenrir entrò vide un gruppetto di alunni ridere guardando il pavimento. Incuriosito si avvicinò. Chiese ai ragazzi:
-"Perchè ridete così tanto?"-
I ragazzi lo fissarono con un'aria seria e se ne andarono. Appena Fenrir si girò vide Noah seduto a terra, piangendo, con gli occhiali rotti e del sangue che gli usciva dal naso. Fenrir appena lo vide si preoccupò per lui. Si inginocchiò accanto a lui.
-"NOAH...STAI BENE?!"-
Urlò Fenrir con gli occhi lucidi. Noah lo guardò, sorrise e gli disse:
-"Sì, sto bene...non preoccuparti. Ora mi alzo."-
Noah provò ad alzarsi, ma aveva la gamba dolorante.
Fenrir gli disse di aspettarlo lì. Corse e raggiunse i ragazzi che avevano fatto del male a Noah. Chiuse gli occhi, quando li aprì erano rossi...rossi come il sangue.
Fenrir prese per il collo della maglietta colui che sembrava essere il "capo" tra i tre e gli ringhiò contro, mostrandogli i suoi affilati canini.
-"Tocca un'altra volta l'umano e non farai una bella fine."-
Gli sussurrò nell'orecchio.
Fenrir lo lasciò, facendolo cadere a terra. Ma il bulletto non apprezzò la sua pietà.
-"Ha ha ha! È solo un cazzo di umano, come quelli che hanno ucciso tua madre..."-
Disse il ragazzo con un'aria arrogante.
Fenrir fu accecato dalla rabbia. La prima cosa che gli venne in mente di fare fu affilare i suoi artigli, girarsi di scatto e fissarlo per qualche secondo con la collera che gli fumava dagli occhi. Improvvisamente saltò su di lui e gli graffiò l'occhio destro, accecandoglielo.
Fenrir corse subito da Noah. Nella classe lo stavano soccorendo Ashley e John.
-"Noah...come stai?"-
Gli chiese Fenrir. Lui rispose di stare bene, ma qualcosa lo scioccò:
-"Perchè hai del sangue sugli artigli?..."-
Gli chiese Noah tremando dalla paura. Anche Ashley e John lo notarono. Fenrir fece finta di nulla, ignorandolo.
Prese un paio di fazzoletti e si ripulì dal sangue.
Fenrir chiese a Noah:
-"Perchè ti hanno messo in quelle condizioni?"-
Noah rispose balbettando, con gli occhi lucidi:
-"Perchè...perchè sono un umano..."-
Fenrir rimase scioccato da questa risposta, ma stette in silenzio.
Tutti gli altri alunni di quella classe entrarono. Dopo circa cinque minuti entrò anche il professore, quel prof. che Fenrir adorava tanto.
Il Signor Smith chiese, in modo giocoso, a Noah:
-"Noah, gli occhiali dove stanno? Li hai dimenticati a casa perchè avevi sonno? Ha ha ha!"-
Noah rise, senza dire una parola.
Le lezioni andarono avanti tranquillamente.
Quando uscirono da scuola, Noah aveva l'intenzione di fare qualche domanda a Fenrir, così lo fermò. Lo invitò a sedersi con lui su una panchina.
-"Che c'è Noah? Che domande importanti devi farmi?"-
Noah sapeva già cosa chiedergli:
-"Prima di tutto, perchè avevi gli artigli sporchi di sangue? Non avrai mica fatto del male a quei ragazzi?"-
Fenrir fece un sospiro e confessò di averlo fatto. Noah senza dire nulla, passò alla seconda domanda:
-"Bene. Ho anche un'altra domanda, perchè quando siamo andati in pizzeria mi hai...baciato?"-
Fenrir gli rispose:
-"Boh, così...non so che mi è passato per la testa. In ogni caso ti chiedo scusa."-
Noah fu un po' deluso dalla risposta, ma non aggiunse altro.
Entrambi ritornarono a casa propria.
Fenrir si chiuse in camera sua, gettò lo zaino ai piedi del letto e si tuffò sul letto. Ora che ci stava riflettendo, si domandò come faceva quel ragazzo a sapere che sua madre fu stata uccisa da degli umani.
Ma in verità l'unico pensiero che aveva per la testa era uno, aveva mentito a Noah.
Non l'aveva fatto per caso, anche perchè lui non credeva al caso. In realtà l'aveva fatto perchè sentiva che era la cosa giusta da fare, secondo il suo cuore. Se solo ripensava a quel momento sorrideva da solo, fissando il soffitto.
Ma improvvisamente una voce interruppe i suoi pensieri:
-"FENRIR! A MANGIARE!"-
Urlò il padre. Mentre sua sorella, Ashley, già aveva quasi finito il suo piatto.
Noah, invece, quando tornò a casa la mamma gli chiese dove fossero i suoi occhiali. Lui rispose che era caduto e si erano rotti, così Joey gli diede le sue lenti a contatto.
-"Mi danno fastidio, mamma!"-
Disse Noah, ma la mamma lo rispose:
,"È questione di abitudine. A lungo andare non te ne accorgerai nemmeno di averle!"-
Dopodiché andarono a tavola prima che i piatti si raffreddassero.
Noah passò il pomeriggio facendo i compiti, giocando ai videogiochi e scrivendo delle piccole poesie, aspettando che arrivasse la madre dal lavoro.
Si fece sera tardi, più o meno verso le undici e mezzo. Noah, abitualmente, scrisse un'altra pagina del suo diario:
-"Caro Diario,
a volte sento come se nessuno mi riuscisse a capire. Con mia madre non posso confidarmi, perchè non mi capirebbe; con i miei amici non so...certamente mi fido di loro, ma non credo che possano essere come te. Tu sì che mi capisci, perchè mi sai ascoltare e anche perchè solo con te riesco a parlare.
Stanotte le stelle m'incantano più del solito. Ora ho sonno, ma domani, come ogni sera, da anni, ritornerò, continuando a scrivere tutto ciò che mi salta per la testa.
A domani, mio caro amico."-
Ed ecco che Noah concluse un'altra pagina ancora del suo amato diario segreto.
S'addormentò, perdendosi nelle sue stelle.
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