9. imboscate e sotterfugi
Il fischio finale portò alla vittoria incontrastata del Beau Soleil anche grazie ad un field goal di Noel al terzo down e ben due touchdown di Wolfe che avevano fatto salire il punteggio di dodici punti.
Wolfe aveva passato il tempo a correre come un proiettile ed a sputare ordini sulle azioni di lancio, d'altra parte era quello che ci si aspettava dal quarterback.
Alister invece giocava nella squadra di difesa nel ruolo di linebacker, nel secondo down aveva atterrato il quarterback avversario fermando la loro avanzata. I due avevano ruzzolato sul prato umido riempiendosi la maglietta di fango e poi si erano rialzati per far continuare il gioco.
La squadra era stata unita e compatta e ci aveva portati alla vittoria, quella sera avremmo festeggiato.
Una mano delicata mi si appoggiò sulle spalle prendendomi alla sprovvista.
"Nathaniel!" Esclamai quando guardai il mio riflesso "ma dove eri finito? Ti ho chiamato mille volte." Dissi a denti stretti mentre il resto della famiglia scendeva dagli spalti e si dirigeva sul campo per congratularsi con la squadra.
Nate emise un sospiro.
"Ho perso il telefono, lo sto cercando da sta mattina ma non lo trovo da nessuna parte."
"Figurati, te lo avranno preso Noel e Wolfe, hanno avuto la bella idea di chiudermi a chiave nella cabina armadio per non farmi venire qui." Gli spiegai brevemente come erano andate le cose, i miei sospetti erano del tutto fondati.
Aspettavo, come il resto degli studenti, che i giocatori uscissero dagli spogliatoi prima di andare a festeggiare, quando per caso buttai un occhio sulla ragazza riccioluta, ferma immobile, davanti alle porte degli spogliatoi.
Dovetti piantare i piedi al suolo per non ricercare un contatto ravvicinato con Amelia Baliol; tutto quello che avrei detto sarebbe stato usato contro di me, solo che eri lì da sola e così invitante...
"Eccoti." Fortunatamente venni intercettata da un paio d'occhi nocciola mentre mi muovevo predatoria verso la nobile d'animo Amelia.
Alister si era cambiato, aveva ancora i capelli bagnati sulle punte, ma indossava dei pantaloni leggeri ed una maglietta color sabbia. Mi diede un bacio sulla guancia ed io gli rivolsi un sorriso.
"Scusa il ritardo, ho avuto un imprevisto..." mormorai, giocherellando con gli anelli che portavo sulle dita "però ti ho visto giocare, sei stato grandioso, quell'azione al quarto down dove l'hai tirata fuori?"
Alister mi sembrò contento della domanda, lo capii da uno sfarfallio delle palpebre: la sorpresa. Mi porse il braccio al quale mi aggrappai mentre ci incamminavamo lentamente verso il parcheggio.
"Abbiamo fatto gioco di squadra, è stato facile" sorrise anche lui mettendo in bella vista i denti bianchi, prima di sciogliermi nello zucchero.
"Sei bellissima oggi."
Dovevo sembrare una bambina però mi scappò un altro sorriso, mi massaggiai la faccia imbarazzata ed arricciai il naso.
"Sei sempre troppo gentile."
"Dico solo la verità." Mi diede un buffetto sulla guancia "allora, pronta per stasera? Pensavo che avremmo potuto fermarci a magiare una cosa prima della festa, ma se non vuoi possiamo andare direttamente lì."
"Mangiare una cosa prima mi farebbe molto piacere" gli confessai, torturandomi il labbro inferiore.
L'ansia mi annodò la gola, come una sciarpa vecchia che non sarei riuscita a lasciare nell'armadio. E non avrei dovuto sentirmi in quel modo: seppellita, con la terra scura nei bronchi e la paura di non essere felice, ma avrei dovuto essere euforica, soddisfatta di aver incontrato qualcuno come Alister che avrebbe potuto tirarmi fuori da quella fossa di sbagli che avevo scavato da sola. Però Alister non era...
Il parcheggio era immerso nel caos, le uscite erano state tutte bloccate dalla fila di macchine rombanti che si riversavano sulla strada.
"Ci toccherà aspettare per un pochino." Ragionò, facendo un cenno verso la sua decappottabile.
Una bmw nera aveva parcheggiato in modo tale da privarlo della possibilità di uscire da quel posteggio angusto.
Alzai gli occhi al cielo, a bloccargli la strada c'era l'auto di Oliver Mckenzie e, ci avrei giurato, non era stata messa lì per caso. Forse lo dissi ad alta voce perché lui mi rispose.
"Posso chiamare Oliver e vedere se ci fa il favore di spostarla."
"No, non servirebbe a nulla, anzi, probabilmente se la prenderebbe ancora più comoda." Realizzai, appoggiandomi alla portiera.
Alister mi si posizionò davanti, spostandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
"Li conosci proprio bene questi ragazzi, eh?"
"Come le mie tasche..." borbottai, guardando per terra, poi riportai gli occhi su di lui. "Siamo cresciuti tutti insieme, abbiamo passato giornate intere a farci i dispetti nel giardino di casa mia."
"Deve essere bello avere degli amici così." Rifletté.
Sorrisi pur avendo una punta d'amarezza in bocca "e chi lo sa! Io di certo ne sono sprovvista."
"Forse lo credi, ma non è assolutamente così. Sono due giorni che Charles Winthrop mi minaccia. Compagni di squadra o meno, se ti faccio soffrire, perdo i denti frontali" confidò giocoso.
Mi unii alla sua risata cristallina.
"Pensi ce ne sarà bisogno?" Gli domandai con l'intento di metterlo in difficoltà per vedere come se la cavasse. D'altronde io ero fatta in quel modo, tutta spine e spigoli, sarebbe stato ingiusto riproporgli una versione differente.
La sua risposta mi piacque parecchio.
"Non ho nessun dubbio al riguardo: no."
Rimanemmo a chiacchierare per un'altra manciata di minuti, ma venimmo interrotti dal suono di un clacson alla nostra destra.
Non potevo crederci. Non volevo crederci.
Una parte di me, però, sperava che quel gesto non fosse solamente legato alla promessa di portarmi via qualsiasi cosa che fosse in grado di liberarmi dall'oppressione al petto, ma che sotto quella patina viscida di risentimento potesse ancora albergare uno spiraglio di complicità. Come delle piccole briciole che non erano state ripulite dal piano della cucina, troppo piccole da essere percepite alla vista. Se ci fossero state, avrei dovuto unirle fino a creare una piccola mollica, con il tempo e gli ingredienti giusti avrei potuto riportala alla sua condizione originaria.
"Salite." Disse Wolfe, seduto al voltante della Range Rover con la piccola Amelia di fianco.
Trattenni un conato di vomito e mi voltai indispettita.
"Scordatelo."
Alister si era irrigidito, ma rimaneva intelligentemente in silenzio a lasciarci sbrigare quella pratica fastidiosa. Sapevamo tutti e tre che stavamo giocando la bilancia del potere, peccato che il suo piatto pesasse di più.
Gli occhi color indaco di Wolfe mi pizzicarono le guance.
"Oliver se n'è andato con Charles, sono la vostra unica opzione per andare via di qui. Salite prima che mi passi la voglia e vi lasci in mezzo alla polvere per tutta la notte." Poi rise tra se e se "cosa preferisci, bambina, un parcheggio o la cabina armadio?"
Strabuzzai gli occhi per lo squallido doppio senso che aveva appena lasciato intendere.
"Con te non ci vengo, Wolfe" sbuffai.
"Blake, sa-li!" Ringhiò Wolfe, mentre sbloccava le portiere delle macchina e di metteva una sigaretta fra le labbra. Amelia provvedete ad accendergliela con sguardo sognante.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Spalancai la porta sul retro del SUV e salii seguita da Alister che, da gran signore qual era, si pose con fare educato.
"Ciao Amelia" disse con voce calma prima di rivolgersi al dispotico essere che stava gia sfrecciando per lo sterrato. "Grazie Wolfe, volevo portare Blake a mangiare un boccone in quel posto nuovo sul molo, a Santa Monica. Se puoi farci il favore di lasciarci lì provvederò a trovare una macchina per stasera."
Lo guardai con ammirazione senza un briciolo di ritegno, Alister era quanto di più diverso potesse esistere rispetto al dittatore violento che sedeva davanti.
Wolfe piegò le labbra in un sorriso dispettoso.
"Possiamo andarci insieme, anche io volevo portare Amelia a mangiare."
"Insieme?" Lo ripresi, sporgendomi in avanti dal sedile di mezzo.
Lui mi guardò con la coda dell'occhio.
"Qualche problema?"
"Più di uno a dire il vero..." chiarii a fior di labbra mentre gli dedicavo un'occhiata assassina.
Hastings serrò la mascella e strinse le mani sul volante. "Risolviteli, allora."
Mi accasciai esasperata sul sedile posteriore e tentai l'ultima ripresa. "Non credo che la dolce Amelia voglia passare la cena in mia compagnia."
"Certo che vuole." Mi rispose Wolfe non lasciando spazio di replica alla riccioluta.
Mi feci ancora una volta in avanti per pormi in mezzo a loro.
"Amelia ha una voce" dissi prima di voltarmi verso di lei, le dedicai uno sguardo più che affilato. "Sei proprio sicura di voler cenare assieme a me, mini Baliol?"
Odiavo la sorella e lei lo sapeva benissimo. Penelope Baliol era una delle persona più insopportabili sulla faccia del pianeta terra, assieme a Miranda Lawrence erano nella top ten della mia affidabile lista nera.
Amelia storpiò il viso in una smorfia e mi rivolse un sorrisetto piccato.
"Non vedo l'ora."
Sapevo che sotto a quella dolcezza livello carie si nascondevano degli artigli affilati, le sorrisi anche io.
Bene, ne avremmo viste delle belle.
§§§
Ci ritrovammo stretti attorno ad un tavolo all'esterno del ristorante che affacciava sul molo. Molo sul quale io e Wolfe avevamo passato un'infinità di pomeriggi a mangiare gelato alla fragola ed a rimpinzarci di patatine.
Mi sembra quasi di commettere un tradimento verso quei due ragazzi che si erano ripromessi che in quel posto magico non sarebbero mai stati seguiti dai problemi. Ogni volta che ci mettevamo piede era come se il tempo si fermasse, pronto a riprendere a scorrere una volta che lo avevamo abbandonato.
Mi parve di capire che Wolfe stesse pensando alla stessa cosa, avevamo lo sguardo perso nel medesimo punto, qualche metro più in la.
Avevo solo tredici anni, lui quattordici, avevo pensato che sarebbe stato utile fargli fare un giro all'aria aperta prima di tornare a casa, così avevo chiesto a Mais di lasciarci al molo per un'oretta.
Quella mattina Wolfe si era innervosito ed aveva finito per litigare con Gabriel, se le erano date di brutto e per quanto Wolfe potete essere molto cresciuto rispetto ai ragazzi della sua eta, mio fratello rimaneva due anni più grande ed infinitamente più esperto nell'arte delle risse. Sebbene non fossero una sua vocazione.
Gli avevo fatto una bella ramanzina e lui aveva fatto finta di ascoltarmi per tutto il tempo.
"Hai finito?" Mi chiese solo dopo aver terminato il mio sproloquio, gli dissi di si e lui mi prese per mano. "Sono io che mi devo preoccupare per te, non il contrario."
Ero più piccola, ma già allora non capivo il senso di quell'affermazione.
"Dobbiamo farlo a vicenda. Mi piace che tu mi guardi le spalle, ma devi farmi fare lo stesso, intesi?"
Lui ci pensò un po' su e poi, forse solo per accontentarmi, perché alla fine era quello che faceva sempre e mi abbracciò con tutto l'affetto presente sul pianeta.
"Se ci tieni proprio." Disse arrendendosi.
"Va tutto bene?" Mi chiese Alister riportandomi alla durissima realtà, il mio guardo saettò involontariamente su quello di Wolfe che era ritornato cupo e grigio.
Mi schiarii la voce.
"Certo, ero un po' soprappensiero."
Amelia fece la stessa domanda alla mia nemesi e gli accarezzò dolcemente un braccio, lui sembrò riprendersi del tutto, come se fosse stato avvolto da una bislacca magica.
Quello era qualcosa che non potevo contrastare, neppur volendo.
"Allora Blake, raccontaci un po' di Parigi." Domandò lei dopo che la cameriera si adoperò per prendere le nostre ordinazioni.
Avrei preferito strangolarla più che risponderle, ma non mi sembrava una via praticabile, troppi testimoni.
"Nulla che non sia stato gia scritto nei giornali. Parliamo di te piuttosto, avrei sicuramente qualche aneddoto divertente con cui intrattenerci." Le sorrisi, consapevole che il suo avrebbe voluto essere uno sgambetto strategicamente piazzato al fine di farmi inciampare.
Era noto che tra me e Wolfe non scorresse buon sangue e che il fattore scatenante fosse stata proprio la mia partenza. Però io ero un Broadhurst ed ero cresciuta in un mondo fatto di sgambetti e pugnalate alle spalle, avevo imparato a intravederne una ad un miglio di distanza.
"Non sono qui per intrattenerti." Rispose con una punta di veleno sulla lingua. Bene, Amelia iniziava a rivelarsi per ciò che era: una finzione.
Mi portai una mano alla bocca, come se avessi detto qualcosa di sbagliato.
"Oh, non intendevo questo, Amelia. Perdonami se mi sono espressa male" mi pianse il cuore a dover mettere in piedi quella scenetta davanti ad Alister, ma si rendeva necessario "non sono a mio agio a parlare di Parigi, pensavo che avresti capito e mi volessi togliere dall'impaccio, ma se non è così..."
Amelia m'interruppe incartandosi in una serie di balbettii nervosi e privi di qualsiasi senso compiuto. "Io, beh, ecco" si fermò, guardando Wolfe con gli occhi sgranati in una silenziosa supplica di aiuto. Aveva dell'incredibile. Mi schiaffeggiai mentalmente e presi l'appunto di imparare assolutamente quello sguardo da principessa in pericolo.
Wolfe mi guardò sottecchi prima di rivolgersi solamente ad Alister.
"La racconto io una cosa, anzi, come tuo quarterback, mi sento di metterti in guardia dalla vipera astuta che hai di fianco." Sorrise, piegando la bocca su un lato, soddisfatto di quanto stava per dire. "La bambina non fa per te, Alister. Ti mangerà in un sol boccone." Finì la frase con un effetto sonoro, sbattendogli le mani davanti la faccia imitando un coccodrillo.
"Apprezzo il consiglio, ma rischierò lo stesso" gli rispose il ragazzo nocciola al mio fianco.
Tra i due intercorreva una conversazione silenziosa, fatta di sguardi truci e denti serrati. La lotta non sfuggì nemmeno alla mini Baliol, ed era tutto dire.
"Wolfe, perché non ti fai i fatti tuoi per una buona volta?" Sbottai bevendo un sorso d'acqua.
Mi rise in faccia. "Te lo stavo per chiedere."
"Peccato che te lo abbia chiesto prima io, allora." Gli risposi piccata appoggiando bruscamente il bicchiere.
"Va bene che sei bambina, ma quanti anni hai, cinque?" Mi domandò dopo aver infilzato il piatto di carne che gli era stato portato poco prima.
Smossi la testa ed alzai il naso.
"No sei, rispetta i più grandi."
"Forse ne vedo uno, ah no, sei tu." Finse di cercare qualcosa poi tornò a torturare la sua povera cena.
"Matura Wolfe!" Sbottai ancora una volta infastidita dal comportamento infantile che mi stava facendo tenere davanti ad Alister. Lo faceva apposta, sapeva benissimo che se mi avesse punzecchiato in quel modo io ci sarei cascata con tutte le scarpe e avrei mostrato un lato segreto e nascosto che non avrei mai dovuto riproporre in pubblico.
Stava rivoltando la situazione a suo vantaggio, era consapevole che non avrei resistito ed avrei partecipato al suo stupido gioco.
Fortunatamente Alister, dopo quello scambio di battute ridicolo, a cui era stato spettatore involontario; invece di scappare a gambe levate, iniziò a rilassarsi.
Anzi sembrava perfino averlo divertito parecchio. "Litigate sempre così?"
Alzai gli occhi al cielo e rispondemmo all'unisono "no."
Quella situazione stava rasentando i limiti dell'indecenza. Fulminai Wolfe e gli diedi un calcio sotto al tavolo, fortunatamente nessuno se ne rese conto.
Alla fine della cena Amelia si assentò per andare in bagno, a tavola rimanemmo solamente in tre.
Mancava poco e poi avremmo potuto liberarci dallo sguardo pesante di Wolfe e tornare ad avere una conversazione civile, magari anche romantica.
"Vado anche io, torno il prima possibile." Alister mi premette una mano sulla spalla e lasciò il suo posto non prima di avermi fornito un bellissimo sguardo di scuse.
Mi voltai imbestialita verso Wolfe che aveva iniziato ad armeggiare con il telefono, dal momento in cui i nostri accompagnatori non erano presenti aveva perso qualsiasi barlume d'interesse nei miei confronti.
"Hai rovinato il mio primo appuntamento." Sentenziai ad alta voce rendendolo partecipe dei miei pensieri.
"Rovinerò tutta la tua vita, facci l'abitudine." Replicò senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
Gli appoggiai una mano sul pungo chiuso in bella mostra sul tavolo.
"Wolfe, dammi una possibilità, una sola. Fallo per questo molo, per tutto quello che abbiamo passato insieme. Dacci una possibilità di mettere apposto le cose fra noi." Entrambi ci concentrammo sulla fine della passerella in legno dove avevamo passato alcuni dei miei ricordi preferiti. "Eri la parte di me di cui andavo più fiera."
Io volevo solamente indietro il mio amico, desideravo che fosse felice anche se avesse trovato quel sentimento in Amelia. Per un attimo mi balenò nella testa che avesse preso in considerazione quello che gli avevo detto.
Si alzò dalla sedia ed arrivò diritto davanti a me, sentivo la sua mano ruvida accarezzarmi la guancia morbida con il pollice. Poi però l'incantesimo si ruppe.
"Spero che qualcuno abbia pietà di te, perché io non ne avrò."
§§§
Arrivai alla festa accompagnata dal diavolo in persona, da una giovane fasulla, da un accompagnatore sincero e da un viscerale senso d'angoscia che non mi permetteva in alcun modo di staccare la testa dalla conversazione di poco prima.
Il prato della della villa imponente che apparteneva ai genitori di Jackson brulicava di ragazzi del Beau Solei intenti a bere e chiacchierare fra di loro, all'interno della struttura i più coraggiosi si erano lasciati andare alle note delle canzone e avevano iniziato a dimenare i fianchi seguendo il ritmo.
Alister mi prese per mano e mi fece strada nella calca di persone.
"Vuoi qualcosa da bere?" Chiese gentilmente.
"Si grazie." Confermai, osservandolo mentre si allontanava per raggiungere il bar allestito di tutto punto.
Cercai Wolfe nella stanza e lo trovai a poca distanza assieme ai suoi fratelli ed ai miei, non c'era traccia di Amelia, ma fui più che soddisfatta di riconoscere Oliver Mckenzie fra di loro. Senza nemmeno pensarci i miei piedi si mossero nella sua direzione. Lo agguantai per un orecchio puntando sull'effetto sorpresa.
Oliver storse il viso in una smorfia di dolore e piegò la testa su un lato assecondando il mio tocco.
"Angelo! Che bello vederti" sorrise prima di ricominciare a parlare "...puoi lasciarmi l'orecchio?"
Lo tirai ancora più forte verso di me e strinsi la presa. "Non mettermi più i bastoni fra le ruote" gli ringhiai vicino al timpano.
"Non prendertela con me, ho solo fatto come mi era stato detto." Provò a giustificarsi mentre con il braccio provava ad allontanarmi.
Non lo lasciai. "Che bravo soldato, al servizio di un dispotico!"
Un braccio robusto mi si strinse attorno alla vita, proprio come si sarebbe comportato un serpente per soffocare la preda. Mi tirò all'indietro con violenza facendomi battere la schiena contro il suo petto duro. Nel momento in cui gli strinsi le mani attorno notai i disegni impressi sulla pelle.
Oliver allargò la bocca in un sorriso ed alzò i pollici verso l'alto.
Wolfe non mi lasciò andare. Dopo avermi allontanata dal suo amico iniziò a farsi largo tra gli studenti che stavano ballando all'interno della casa. Alcuni di loro al suo passaggio emettevano delle piccole esultanze, altri invece ci indicavano in lontananza. Forse dall'esterno poteva sembrare che ci fosse stata una rappacificazione.
L'aria fresca mi sbatté sul viso.
"Dammi tregua, almeno per stasera." Gli chiesi ancora con lo sguardo diritto davanti a me.
Wolfe avvicinò le sue labbra al mio orecchio, sentii il suo respiro volteggiarmi nell'incavo del collo. Il cuore mi fece una capriola.
"Fai anche dello spirito adesso?"
Picchiai le mani sul suo avambraccio ma non ebbi nessun risultato, di converso percepii il suo petto scuotersi sotto il suono di una risata gutturale.
Così decisi di fare quello che non si aspettava, quello che più non avrebbe voluto: lo abbracciai. Incrociai le mani all'altezza della bocca e spinsi le mani indietro per afferrargli le spalle. I suoi piedi si bloccarono all'instante e la presa salda sulla vita svanì con la velocità in cui si era presentata. Prima che potesse aggredirmi, o peggio, andarsene, mi girai verso di lui e gli avvolsi il collo stringendolo con tutta la forza che avevo.
I ciuffi di capelli mossi mi solleticavano il lato della fronte e mi diedero l'incoraggiamento per azzardare ancora. Così mi arrampicai su di lui, rigido ed immobile come un palo piantato al pavimento e gli avvinghiai le gambe attorno alla vita.
Forse come gesto di riflesso, forse perché gli ero mancata dopotutto, mi rinchiuse tra le braccia grandi facendomi ritrovare completamente inghiottita dai disegni colorati.
Presi un respiro lungo, assaporando il suo profumo legnoso di Cliv, che gli avevo regalato anni prima, mentre il cuore stava correndo una maratona e si ribellava per uscirmi dal petto.
Eravamo in silenzio, ma ci dicemmo più di mille parole. Non mi stava perdonando, non glielo stavo più nemmeno chiedendo. Non lo avrei più fatto, non avrei più supplicato come quel pomeriggio. Stavamo condividendo il nostro dolore, i cuori rotti e le speranze spezzate. Li spazzavamo via con il gesto più semplice del mondo.
In quel preciso momento eravamo semplicemente noi, due pezzi di un puzzle che erano stati persi in una scatola eccessivamente grande e che finalmente si erano incastrati fra loro dopo essere stati separati per troppo tempo.
Una delle sue mani mi posizionò sotto il viso e l'altra sotto le gambe.
"Questo non devi farlo mai più."
Scossi la testa.
"Se è quello che vuoi davvero, va bene." Mi si ruppe la voce su tutte le parole, probabilmente a quell'ora avevo già gli occhi lucidi.
"Quello che voglio davvero sarebbe tornare indietro nel tempo e non fare mai la tua conoscenza." Rispose severo, dandomi l'ennesima stilettata al cuore.
"Vorrei potertelo dare, ma non posso." Tirai su con il naso e gli accarezzai la guancia. "Se ci fosse un solo modo farei di tutto per esaudire il tuo desiderio. Ti dimostrerei di non essere egoista e magari, in un'altra vita, le cose potrebbero andare diversamente."
Wolfe strinse la mascella assieme alla stretta attorno alle mie gambe.
"Come puoi non capire che tutto quello che dici non ha più un peso per me?"
"E tu come fai a non renderti conto che tutto quello che tu dici ha un peso per me." Rimarcai con la voce strozzata.
"Perché non è cosi." Decretò, dando voce ai suoi pensieri. "Non lo è mai stato."
Spalancai la bocca, incredula.
"Preferisci riempirti di bugie invece che sentire le mie verità" indietreggiai la testa inorridita da quella consapevolezza, ma non osai lasciarlo. Chissà quando avrei avuto un'altra opportunità del genere. "Non ci credi nemmeno tu, Wolfe."
"Non capisco perché spreco il fiato con te." Ammise con una freddezza disumana. Gli occhi non trapelavano nessuna emozione nemmeno l'espressione del viso tipicamente crucciata.
Mi addolcii e lasciai che le mie mani gli accarezzassero il retro del collo.
"Perché non vuoi lasciarmi andare" dissi, indicando la posizione in cui ci trovavamo "e questo lo dimostra."
"Non fare questo gioco, bambina. Perderesti."
"Quale gioco?" Gli domandai strabuzzando gli occhi.
Wolfe mi strinse più forte, come se fosse stato possibile.
"Basarti di quello che dimostra il corpo. Il tuo è scappato via, vuoi davvero rifare quel discorso?"
Annuii con decisione "altre infinite volte, se accetterai di ascoltarmi anche solo una di queste."
"Io non ascolto i traditori." Sentenziò sospirando.
"Non lo faresti, infatti, ascolteresti me."
"Bambina tu sei una traditrice."
Sorrisi e mi avvicinai al suo naso diritto solleticandolo con le punte dei miei capelli.
"Non è così, ed il tuo cuore lo sa."
Wolfe alzò lo sguardo per risalire al mio. Le luci della casa gli illuminavano una parte del viso di colori aranciati, l'altra invece rimaneva avvolta nell'oscurità notturna.
"Il mio cuore ti odia."
Passai il polpastrello sul punto nella fronte dove si scontravano ombra e luce. "La tua testa, quella mi odia, ma il cuore? No."
"Lì dentro non c'è più spazio per te." Chiarì a voce bassa mentre mi dava l'occasione di studiare tutti i minuscoli spiragli in cui sarei passata per entrargli dentro di nuovo, ce ne erano a migliaia, bastava solo volerli vedere.
Alzai un sopracciglio dubitando delle sue parole.
"Nel tuo cuore c'è un intero armadio con il mio nome scritto sopra."
"Sei troppo sicura di te." sorrise mostrandomi entrambe le fossette. "Capirai che ti sbagli e quello sarà il momento in cui ti farà più male. Io sarò felice."
"La mia vittoria arriverà nel momento in cui sarai tu a farmi male e ti distruggerai per questo." Sentenziai io prima di dargli uno strattone e tornare di corsa alla festa.
Il gioco era iniziato, chi avrebbe vinto?
Passai il resto della serata a nascondermi dai miei fratelli dal resto del branco Hastings, Alister si era messo a discutere con i suoi compagni di squadra sulla partita di quel pomeriggio e Wolfe era sparito assieme alla mia speranza di vivere un primo appuntamento degno di nota.
"Io penso di andare a casa." Gli feci sapere tirandolo per il retro della maglietta.
Lui si voltò puntando le due noccioline sul mio viso. "Certo, andiamo insieme se vuoi. Si è fatto tardi."
Non capivo come avesse intenzione di tornare a casa siccome la sua macchina si trovava ancora ferma nel parcheggio del le Rose, sicuramente Wolfe non era un'opzione praticabile. Alister capì al volo quello a cui stavo pensando e mi fornì una spiegazione ."Ci da uno strappo Charles." Disse scompigliandomi i capelli per girarsi ed informare il suo amico che era ora di levare le tende.
Poco dopo ci trovammo davanti la macchina pronti a mettere fine a quella lunga giornata.
"Sono molto offeso, Broadhurst." Disse scherzosamente il mio vecchio amico mentre metteva in modo ed usciva dal cancello di casa Haynes.
Tamburellai le dita sul sedile. "E perché mai, Winthrop?"
"Non hai ancora passato un pomeriggio con me e sei arrivata da una settimana!" Mi ricordò. Come se ne avessi avuto l'opportunità. Chi lo sentiva Wolfe se Charles avesse fraternizzato con il nemico?
"Attento a fare richieste di cui potresti pentirti." Provai ad avvisarlo nella remota eventualità in cui non ci avesse effettivamente pensato.
Lui si mise a ridacchiare e mi scoccò un'occhiata tramite lo specchietto. "Allora è proprio vero che non vuoi passare il tuo prezioso tempo da diva parigina con me." Disse scherzando "me lo ricorderò."
Alzai gli occhi al cielo, se non lo avessi accontentato avrebbe continuato con quella manfirna fino ad Halloween. "Bene. Allora ci possiamo vedere mercoledì, però Wolfe te lo sorbisci tu." Chiarii mettendo le mani avanti. Non avevo bisogno di un altro motivo per farmi odiare.
Alister mi spiegò che mi avrebbero lasciata a casa poi sarebbero tornati a West Hollywood a recuperare la sua macchina.
Una volta arrivati fuori il cancello di casa digitai il codice e li feci entrare, ero troppo piega per camminare lungo in viale. Quando si fermò la macchina salutai Charles ed Lister scese per aprirmi lo sportello.
"Potrei farci l'abitudine a tutta questa galanteria." Gli confidai. Ero sincera, c'era qualcosa in lui di estremamente nuovo per me. Forse era perché la maggior parte delle persone si comportava in modo educato perché doveva, nel suo caso era trasparente che volesse esserlo.
Mi diede un bacio sulla guancia prima di darmi una risposta. "Una buona abitudine, allora."
Prima che potesse succedere qualsiasi altra cosa fummo investiti da una coppia di fari accecanti. Che tempismo eh.
Tutta l'allegra combriccola della mia famiglia scese dai SUV e si avviò verso di noi. Mi guadagnai qualche occhiata di riservo dai gemelli, un finto conato di vomito da parte di Noel ed una pacca sulla spalla dal mio gemello.
Wolfe arrivò per ultimo e si frappose fra noi.
"Bimba vai a nanna, è tardi." Mi ordinò con annesso cenno della mano.
Se mi avessero detto che aveva la mia posizione sul telefono non mi sarei nemmeno stupita. Wolfe aveva deciso di rovinarmi tutto. Stava iniziando a farlo. Chissà perché aveva scelto proprio quel giorno per aprire le danze.
Lo fulminai con lo sguardo sperando che se ne sarebbe andato.
"Un minuto."
"Tu entri adesso. Non costringermi a caricarti in spalla e portatitici io."
Decisi di assecondarlo prima che potesse mettere in atto la minaccia. Per quel giorno ne avevo avuto abbastanza di contati ravvicinati.
"Grazie di tutto" dissi ad Alister, poi mi allungai sulle punte per dargli una bacio sulla guancia "e buonanotte."
Solo dopo una ventina di minuti sentii la porta della camera di Wolfe richiudersi alle sue spalle ed il rumore della macchina di Charles allontanarsi per il viale. Chissà cosa si erano detti. Mi infilai nel letto ed evitai di aprire il telefono, sapevo che dentro ci avrei trovato solamente le nuove speculazioni del Beverly Hills News.
Mi addormentai sognando di essere caduta in una trappola...
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top