33. parlagli di loro

Angolo autrice:

Due capitoli per farmi perdonare dell'assenza.

Il primo è la seconda parte del precedente, diciamo un po' più di passaggio, per adesso, ma sarà assolutamente necessario nel capitolo 35 e 36.

Il secondo capitolo... dovete leggere e poi farmi sapere, gli eventi saranno un punto di svolta che trascineranno un sacco di eventi del passato nei capitoli seguenti. Ci sono campanelli ovunque.

Cercherò di aggiornare la settimana prossima, comunque vi avviserò sicuramente nella bio.

Lo sapete che con questi due capitoli siamo già a 322 pagine del computer? Non mi sembra vero.

Inoltre vorrei ringraziarvi tutti, dal profondo del cuore, per il modo in cui state supportando la storia. Non mi sembra vero che Dovetail abbia quarantaquattro mila letture, per Wattpad saranno anche poche, ma per me significa tutto. Sapere che continuate a leggere mi spinge ad andare avanti anche quando tutto mi sembra brutto, o fatto male.

Grazie. ❤️

Aspetto di sapere la vostra nei commenti e vi ricordo, se vi piace il capitolo, di supportarlo con una stellina.

Buona lettura.


«Un cane ringhia quando è arrabbiato
e scodinzola quando è felice.
Io ringhio quando sono felice
e agito la coda quando sono arrabbiato.
Quindi sono matto.»

«Io lo chiamo fare le fusa,
non ringhiare. »
Rispose Alice.

Alice nel paese delle meraviglie.

§§§

Dopo il cambio di vestito e la nuova acconciatura intrecciata che avevo improvvisato sui capelli bagnati, mi ritrovai a sorvegliare la spiaggia. Era ancora gremita di persone con le vestiti pitturate di bianco, che sposavano alla perfezione le luci chiare dei flash delle telecamere, mentre quello che era stato l'arancio del cielo, ormai si era tramutato in una macchia di papaveri rossi ed ogni contrasto era stato messo in evidenza dall'abbattersi del sangue sull'innocenza.

Proprio come quel giorno.

Occhi e telecamere erano stati puntati sull'ammantata sagoma orgogliosa di Wolfe Hastings, che impeccabile dopo le nostre carezze se ne stava impietrito sul rialzo al centro del gazebo, solitario e silenzioso concedeva il suo sguardo al solo ondeggiare della schiuma sul bagna asciuga, vietando l'accesso alle curiose uptown girl.

Brooks mi posò una mano sulla spalla e la strinse appena, richiamando la mia attenzione su di lui. "Dici che ha preparato qualcosa oppure se lo inventerà sul momento?"

La verità era che non ne avevo più idea, così mi costrinsi a sbuffare. "Cambierebbe qualcosa? Si berranno comunque qualsiasi storia uscirà dalla sua bocca."

"Parli per esperienza personale, sorellina?" Brontolò Noel, incrociando le braccia all'altezza del petto.

Le mie guance emularono il colore del cielo, impreziosendo la pelle liscia e salata che mi aveva lasciato la bravata di Wolfe.

"Finiscila." Lo esortai.

"Naaah, sono ancora arrabbiato con te per non avermi reso partecipe dell'aver fatto sesso con mio fratello." Bisbigliò.

Lo guardai attonita. "Pensavo avessimo decretato che parlare di sesso, dal momento in cui mi chiami sorellina, fosse fuori discussione."

"Magari ci ho ripensato." Disse, avvicinando il viso da scapestrato al mio.

Ammiccai, abbozzando un sorriso altezzoso."Ricordati le crocchette, fratellone."

"Ti senti così in difetto da decidere di minacciarmi? Ho colto il segno, allora." Gongolò, ciondolando sulle punte delle dita dei piedi infossate nella sabbia.

Ruotai gli occhi al cielo, fregandomene di alzare la voce. "Non faccio sesso con tuo fratello!"

"Bugiarda." Sibilò con un affronto il ribelle Hastings, concedendomi subito dopo la vista dei capelli mossi che si avventuravano tra le folate di vento.

Brooks intervenne con l'espressione sconsolata e la mano che accarezzava il filo di barba sulle guance. "Volete crescere? Siete l'accoppiata di mocciosi più fastidiosa al mondo, eppure vi ostinate ad essere inseparabili."

Dopo aver inarcato un sopracciglio, Noel si voltò verso di me con l'espressione divertita. "Ci ha appena insultati?"

Annuii. "Credo proprio di si." Subito dopo feci spallucce. "Non sa chi si è messo contro."

"Dalla sua faccia credo che lo sappia." Aggiunse, indicando con l'indice gli occhi sgranati di suo fratello maggiore.

Gli girai attorno, come uno squalo pronto ad affondare i denti nella carne della sua preda. "Non avere paura Brooks, siamo solo una coppia fastidiosa di mocciosi."

Noel fece lo stesso, nel senso opposto, nascondendo un sorriso bambinesco. "Mocciosi, letali."

"Sul serio..." echeggiò la voce di Nate alle nostre spalle, "state usando Brooks come gioco?"

"Per chi ci hai presi?" Sbattei le palpebre un paio di volte.

Il mio gemello scosse la testa. "Esattamente per chi siete."

Mi finsi offesa. "Vuoi per caso sostituire Brooks?"

"No, no. Non ci tengo a far parte dei vostri complotti."

Il maggiore degli Hastings sorrise bonariamente. "Che vuoi che mi facciano? Sono innocui."

Nate gli sorrise di rimando, ma con una consapevolezza ben diversa. "Si vede che non vivi più con loro." Gli sbattè la mano sul petto. "Preparati."

"Preparami?"

Il nostro sipario venne interrotto dalla voce piena di Wolfe, la quale catturò dapprima l'attenzione delle orecchie e poi fu l'aspetto sconvolgente a mantenerla, anche nel silenzio ronzante che si era venuto a creare sulla desolata spiaggia dove venivano rammentati fantasmi e anime volate.

I miei occhi vagarono fino a cercare i suoi e li trovarono, indugiando ancora alla ricerca di quel bagliore di scherno e alterigia solitamente nascosto con maestria tra le pupille.

Alla fine, non lo trovarono.

Al suo posto, però, c'erano nubi scure e dense che combattevano e s'addensavano in una danza di rimpianti accoppiati a malavoglia; la mascella serrata e le unghie perfide azzannavano il palmo nascosto sul retro della schiena, ma io lo vedevo.
Le sue emozioni come in un'esclusiva vetrina, esposte solo per me.

Anche i suoi occhi cercarono i miei, qualche secondo appena, che diventò una paralisi delle lancette e tutto sembrò rallentare; durò il tempo d'un respiro e forse, solo forse, illusi me stessa di aver visto il lampo argenteo di quel fulmine nella tempesta, perché nemmeno il tempo di battere le palpebre che il suo sguardo non saettava più nel mio, ma incendiava come il cielo e le fiaccole attorno a lui.

Ed anche io mi sentii bruciare.

"Io non faccio discorsi." Sentenziò asciutto, sfoggiando senza vergogna la fierezza dei suoi lineamenti. "E non mi piace parlare dei fatti miei con estranei."

"Ma che sta facendo?" Borbottò Carter a voce bassa, passando la mano sul ponte del naso.

Dorian fece un passo avanti, accodandosi il giovane Hastings. "Non ne ho la minima idea."

"Io una ce l'ho." Noel avanzò la proposta con uno strampalato sorriso beffardo. "Un casino."

La voce m'uscì più dura di quanto avessi pianificato, tagliente come carta sottile, delicata, ma al tempo stesso abbastanza definitiva da generare l'effetto desiderato con una semplice ammonizione. "Silenzio."

"Quindi quando è stato chiesto a me di dire qualche frase, ho rifiutato. Gentilmente." L'ultima parola non fece altro che scatenare una serie frastagliata di risate. "Comunque, mio zio ha la testa dura quasi quanto la mia ed alla fine, solo per gentilezza, ho accettato." I sorrisi si ampliarono sui volti distesi degli ospiti. "Sappiamo tutti cosa è successo oggi, tre anni fa e non è blasfemo dirlo: sono morti." S'azzittì per qualche secondo, sostenne ogni singolo sguardo, lo sdegno avviluppato sulla lingua e fra le pieghe oblique della bocca che si muoveva lenta e avvelenata. "Non mi dilungherò nel raccontarvi quali grandi genitori fossero, perché lo erano, e nemmeno a parlarvi della grazia che mia madre portava nel cuore, perché lo faceva o della caparbietà di mio padre e della tenacia di zio Hudson, della franchezza di Emmaline, che ha passato alla sua unica figlia o in generale dell'onestà con cui ci hanno cresciuti e del senso di famiglia estremo e viscerale che ci hanno trasmesso e tessuto nelle ossa e fra la pelle."

La mano di Gabe trovò la mia spalla e vi si appoggiò, per farmi forza, per farsi, forza.

"Non vi dirò nulla del genere, perché non sono un romantico che guarda al passato e nemmeno un grande oratore. Per parole più gentili avremmo dovuto rivolgerci a Nathaniel." Nate sbuffò e scosse la testa, ridendo sotto i baffi pur di non dare a Wolfe la soddisfazione di aver centrato il bersaglio, sussurrò appena. "Bastardo."

"Quello che io vi dirò è che..." si bloccò, come se avesse calcolato una pausa solo per allietarsi dell'eccitazione crescente che montava nelle aspettative dei suoi destinatari. "Vedete, sono morti, ma non ci hanno lasciato davvero, perché io vedo ciascun lato di loro tutti i giorni. In Cole e Carter scorgo la gentilezza, il sorriso di mamma, in Brooks le mani grandi di papà, lo stesso modo brusco e schivo di rimproverarmi, in Noel riconosco i suoi occhi, tali e quali, lo spirito leggero di mamma. Gabriel ha l'atteggiamento di Hudson, la voce praticante uguale, più di una volta ho sospettato di parlare con lui al telefono invece che con il figlio, Nate ha imparato l'arte dell'accortezza di Emmaline, i suoi capelli chiari ed i gemelli sono un miscuglio letale d'astuzia e irruenza, madre e padre incrociati in provetta."

Un'altra pausa, una lunga e silenziosa dove il fiato rimaneva sospeso e le palpebre sbarrate. Tutti un po' colpiti e diffidenti, attendevano qualcosa che li trafiggesse, avrebbero voluto sentire il suono della disgrazia dalla bocca di un disgraziato ed invece si trovavano a sentire parole d'amore da chi diceva di non saperne provare o parlare.

"E poi c'è la nostra quota rosa che porta il nome di suo nonno e sa suonartele di Santa ragione." Si portò una mano sul cuore. "E questa è la parola sincera di chi le ha prese più di una volta."

"Allora dovrei essere io a giurare!" Fischiò Noel al sopra agli schiamazzi degli invitati.

A causa di quel commento, si beccò una gomitata nello stomaco. "Ho detto: silenzio."

"Come ho appena fatto notare, mi ha rubato la battuta." Replicò saccente agli invitati, abbattendo la sua mano sul retro della mia testa con un colpo secco.

Mi voltai furente. "Mi hai davvero tirato uno schiaffo?"

"Vuoi saltarmi addosso, adesso?" Il sorrisetto furbo gli si arrivò ai lati della bocca.

Cercai di mantenere un contegno. "No, non adesso." Sorrisi affabile. "Dopo."

"Minaccia?"

Sbuffai. "Promessa."

L'occhiataccia di Wolfe ci fece ammutolire. "Per Blake non deve nemmeno essere stata un'impresa facile suscitare rispetto in un gruppo irruente come il nostro, ma lei c'è riuscita. Con i graffi, quando le servivano e con pazienza e affetto, quando ci servivano."

Prese un respiro e lo inghiottì, nel frattempo ci guardammo per mescolarci in un ricordo più sbiadito e lontano, composto da dieci ragazzi innocenti con la fortuna nelle tasche ed i sorrisi sulla bocca, la gioia incastrata fra le ciglia. Anche se poi era tutto stato spazzato via, era stata bella, la leggerezza.

Le immagini volteggiarono veloci, una dopo l'altra come un album sfogliato di fretta alla ricerca del giusto scatto o di quello migliore. Furono le sue parole a interrompere il mio viaggio all'indietro sul viale dei ricordi.

"Una bambina che ci tiene insieme da sempre, che raccatta pezzi dispersi di noi quando scappano fuori dal cancello di casa. Per questo motivo quando è partita per Parigi, non sapevamo più chi essere, cosa essere, come ritrovarci." Si avvicinò al microfono e cambiò destinatario del suo sguardo di fuoco. "Questo per dire che mamma e papà mi mancano, ci mancano, tutti i giorni, ma noi ci siamo l'uno per gli altri, gli altri per l'una e l'una per gli altri. Io vivo la loro testimonianza in questo mondo tutti giorni da quando mi sveglio a quando chiudo gli occhi per riposare e sapere di avere la famiglia che ho, mi tranquillizza. Ed io non sono famoso per essere un serafico."

Wolfe rivolse a tutti un sorriso, non uno di quelli magici e puri, ma una cupa linea liscia che nascondeva le fossette e la tenerezza. "E finalmente posso arrivare al fatidico punto per cui, alla fine, la mia gentilezza ha trionfato sull'iniziale rifiuto e che mi perdonino solo i presenti per la franchezza, perché in cuor mio so che i cari che stiamo ricordando mi avrebbero anticipato di anni."

"L'ho detto io, che avrebbe fatto un casino." Il trionfo scivolò fuori dalla bocca di Noel.

"Come ho annunciato, fare discorsi non mi rappresenta. Io non sprono le persone a comportarsi meglio, gli dico che lo devono fare e basta. Per questo, sono qui a far presente che l'atteggiamento tenuto da giornali ed emittenti televisive, nei confronti dei figli di quelli che vengono ancora oggi descritti come grandissimi innovatori e filantropi, è stato, ed è aberrante, discriminatorio. Quindi, come portavoce della famiglia Broadhurst-Hastings, colgo l'opportunità di questo spazio per avvertire le malelingue che qualsiasi altro affronto non sarà tollerato."

"Merda." Brontolò Nate dietro di me.

Brooks arricciò le labbra e alzò la voce per farsi sentire da tutti noi. "Per me ha fatto bene."

"Sarà dovunque entro stasera, potrebbe essere un disastro oppure un grande successo. Dipende dall'opinione pubblica." Aggiunse Daniel.

Noel si appoggiò alla mia dalla con fare spavaldo. "Che si fotta l'opinione pubblica, questo messaggio è per noi. Ci sta dicendo che anche se ha fatto lo stronzo, ci guarda le spalle."

"Ragazzi." Li ammonii. "Penso che non abbia finito."

Ferro e sangue scorrevano sulle parole come una cascata d'intimidazioni e schiettezza, trasportate dalla corrente furiosa del tono di voce altero e sicuro. La virtù dei suoi valori, racchiusa nello stretto palmo della mano, assicurata dalla prigione sbiancata delle nocche e l'odio frenato e inghiottito nella gola serrata a doppia mandata dalla presa della mandibola. E così, con rettitudine considerata ingiusta, la spina dorsale riportava fierezza alla testa alzata e appesantita da un corona di vetro e contro ogni capo chino che invece gli si apprestava difronte.

Dapprima avvenne l'attesa del silenzio, per tramutarsi poi in un ronzio ribassato e ancora qualche voce più riconoscibile e poi intere frasi e ancora dopo un intero borbottio crescente di voci sommesse e prese in contro piede.

Mi sconvolse ritornare al silenzio, quando Wolfe si avvicinò di nuovo al microfono.

La lingua frustò ancora i denti e la bocca e gli occhi non indugiarono nello scoccare frecce avvelenate in quella tempesta di brontolii. "Ci tengo ad essere chiaro e diretto, con tolleranza mi piace intendere che chiunque dovesse schierarsi contro la mia famiglia, verrà automaticamente considerato come un nemico e di conseguenza: schiacciato."

Guardai Noel di sbieco ed appena con un occhio, tanto era confusa la mia testa che una parte di me si rifiutava di lasciare andare la sagoma candida, ma scura, di Wolfe.

"Hai detto che sarebbe stato un casino." Pronunciai a fior di labbra.

Luì alzò un sopracciglio, incerto. "Si, l'ho detto e a quanto pare avevi ragione."

"No." Ammisi di getto. "Questa è una catastrofe geniale."

Non feci nemmeno in tempo a dirlo, che due mani mi si aggrapparono alle spalle con forza, spingendomi in avanti in direzione del gazebo. Piedi veloci s'intrecciavano nei miei e allo stesso modo quelli dei miei fratelli ci seguivano dubbiosi.

"Ma che stai facendo?" Domandai a tappabocchecuciorecchie.

"Zitta!" George mi azzittì con una manata. "Tu lo sapevi vero? Volete per caso mandarmi al manicomio? Perché se continuate così è proprio questo che farete. Siete ingiustificabili e fuori controllo, ma come vi è venuto in mente? Spiegamelo!"

"Vedi di darti una calmata." Spinsi i piedi nella sabbia e ruotai il bacino nella sua direzione "Nessuno di noi era al corrente di ciò che avrebbe detto."

Lui divenne paonazzo dalla rabbia, gli occhi stretti e ora ridotti a due piccole fessure ricoperte dagli occhiali sottili e modaioli. "Basta! Basta! Ora vediamo di limitare i danni e per carità, salite su quel gazebo."

Noel rise a voce alta. "Io non ci salgo."

"Dovessi trascinartici per un orecchio, tu ci andrai, Noel Hastings." Ribatté il PR.

Il suo viso si trasformò e d'un tratto vidi quel lato aggressivo e imponente che si permetteva di sfoggiare solo sporadicamente, divenne su fratello o forse peggio, poiché racchiudeva anni di cattiveria malcelata sotto sarcasmo approssimativo. "Toccami George, fallo con un solo dito ed io ti assicuro che proverò un estremo piacere a ricambiati il favore in modi a cui tu non puoi nemmeno immaginare."

Mi frapposi fra i due, le mani appoggiate alle braccia di Noel. "Fermati e rifletti prima di fare qualcosa di cui potremmo pentirci."

"Un cazzo." Sputò senza nemmeno guardarmi. "Mi sono ufficialmente rotto le palle di sentirmi dire cosa fare, mio fratello ha appena fatto una cosa giusta ed io mi rifiuto di fare ancora da pedina alla fabbrica del pettegolezzo."

"Non devi spiegarlo a me, io lo so." Cercai invano il suo sguardo nella speranza di appigliarmi al suo lato razionale, ma i suoi avambracci spengevano contro mie palmi ed il suo peso non faticava ad abbattersi sul mio.

"Noel, non ci guadagni niente a colpirlo, non è sua la colpa."

Faticò a guardarmi. "La colpa è di quelli come lui, che pensano che una finzione possa risolvere la realtà dei fatti. Possono riprendersela questa fottuta celebrità, ma non sono disposto a cambiare chi sono per piacere ad un pubblico di pavoni giudicanti."

"George va via." Dissi, rivolgendogli uno sguardo supplichevole da sopra le spalle.

Tappabocchecuciorecchie scosse la testa. "Io lavoro per il Signor Hastings e non andrò da nessuna parte finché non salirete su quel dannato gazebo."

Spinsi Noel, per quanto fosse possibile, mentre lo sentivo avanzare. "George, lasciaci da soli. Fatti un favore."

Negò ancora con un cenno del capo e subito dopo con una mossa celere della bocca. "No."

In quel momento non c'era poi molto da fare, Noel sapeva essere imprevedibile e sebbene preferisse l'arte dello sfinimento emotivo ad uso delle sue battutine saccenti, nascondeva un particolare talento nel collezionare suggestivi ritratti di violenza che faticavano a sparire dalla sua memoria.

"Spostati Blake." Dissi con i denti stretti.

Feci un passo in avanti. "Mi sposterei, se tu accendessi il cervello e iniziassi a ragionare."

"Stai sprecando fiato, non riuscirai a distrarmi in questo modo." Spinse ancora. "Adesso, spostati."

Non mi rimaneva altra scelta.

"Ricordati che lo hai voluto tu." Esordii tirando il piede all'indietro per piazzarlo al centro esatto del suo stinco con tutta la forza che possedevo.

Il secondo successivo la mia schiena batte sulla sabbia polverosa, entrandomi di nuovo fra le ciocche dei capelli e sotto ai vestiti. Ero stata bruscamente atterrata da un giocatore di football che doppiava con successo il mio peso e le mie attitudini da picchiatrice.

Le sue mani si aggrapparono attorno alle clavicole e mi alzarono dalla sabbia solo per sbattermi di nuovo su di essa. Il dolore mi fece perdere uno o due respiri, ma mi aiutò a trovare la forza interiore per difendermi.

Allacciai le gambe alla vita e strinsi, allungando le mani verso le orecchie per tirarle verso il basso.

"Odio. Quando. Fai. Così." Berciò roco e atterrito.

Sbuffai. "Ed io odio quando smetti di pensare, cretino."

Qualcuno me lo tirò via dal petto e fui libera, rimasta stordita sul pavimento di granelli. Mio fratello maggiore aveva agguantato il ribelle Hastings per il colletto della camicia bianca e lo teneva fermo difronte a me, con il viso costretto nell'espressione di chi sapeva che avrebbe dovuto risolvere quel casino una volta per tutte, ma non ne aveva voglia o capacità.

Sul mio viso, invece, torreggiò la vista placida di un mare calmo. Wolfe si accovacciò sulle ginocchia e raggiunse la mia altezza, incarcerano fra le dita lunghe una ciocca di capelli.

"Ti piace stare sdraiata, bambina?"

Mi morsi il labbro inferiore e trattenni il sorriso provocato dalla voglia irrefrenabile di punzecchiarlo. "Sono stata atterrata da tuo fratello."

Lo osservai sbattere le palpebre per poi fissare gli occhi su di me. "Non dirlo mai più."

"Dov'eri? Mi sarebbe servita una mano in più, Noel ha dato di matto con George." Spiegai, puntando i palmi per terra, cercando di mettermi in piedi.

"Ho notato." Il lupo del Beau Soleil si sforzò al posto mio, alzandomi dalla vita con uno scatto secco verso l'alto. "Ce ne stiamo andando. Ora."

I miei piedi toccarono di nuova la sabbia e la parte bassa delle mia schiena venne scaldata dal suo palmo che mi esortava a camminare. "Dove?"

"Non è tempo di fare domande." Rispose apatico, l'espressione azzerata.

Wolfe fece un cenno a Dorian, che scattò in avanti, precedendoci verso il sentiero che portava alla strada.

"O mi dici dove stiamo andando, oppure rimango qui." Inchiodai le gambe a terra.

Lui girò solo il viso, rallentando il passo senza fermasi. "Tu vieni con me. Vedi di non farmi perdere tempo, tornare indietro e portartici di peso."

"Te lo hanno mai detto che sei un bruto?" Alzai la voce data la distanza.

Scosse la testa e scrollò le spalle larghe. "Di tanto in tanto, succede." Poi mi concesse l'accesso al suo viso, alzando un sopracciglio. "Cammina, Blake."

"Stronzo." Tossii tra un passo e l'altro, i miei piedi innocenti torturati dal brecciolato del sentiero.

Quando lo affiancai, parlò senza guardarmi. "Ti ho sentito."

"Non è un segreto che tu sia uno stronzo." Rimbeccai, maledicendolo per non avermi nemmeno dato il tempo di prendere le scarpe.

Wolfe mi scoccò un'occhiata storta. "Ti ha fatto male mio fratello?"

Aggrottai le sopracciglia. "No, penso di averne fatto più io a lui. Perché?"

"Cammini tutta storta." Proferì sicuro. "Quindi o sei ubriaca o provi dolore."

Quasi ridacchiai e guardai in basso. "Non ho le scarpe."

Quando mi voltai verso di lui lessi le incognite sul suo viso, così mi spiegai. "Ci sono i sassi e mi si conficcano nei piedi, per questo cammino storta."

Il lupo selvaggio si mosse veloce, il braccio destro aperto abbastanza da afferrami la vita e tirarmi verso di se, dove il sinistro si chiuse sul fianco con l'intento di sollevarmi fino a raggiungere la sua altezza.

Sentii il respiro rovente scivolarmi dietro l'orecchio, accarezzarmi impudente la pelle sensibile della nuca. "Sei davvero una bambina."

"Dove andiamo?" Richiesi, ancora, cercando di non soffermarmi sui brividi che mi percorrevano la schiena come le unghie di un gatto nero sulla lavagna.

Wolfe mi solleticò il lobo con il naso, non mi serviva girarmi per immaginare l'espressione torva sul suo viso. "Appunto."

I palmi si alzarono appena, vagando sulla pancia e quello destro, più smaliziato accarezzò il liscio vestito di seta candida in cui mi ero cambiata dopo aver disgraziatamente o meno rovinato il primo. Le dita lunghe si adagiarono appena sulla scollatura.

"Ricordarmi di fare un giro nella tua cabina armadio, più tardi." Brontolò, la voce un basso ringhio che mi rimbombava nella pancia.

Sbattei le ciglia, sospettosa. "Perché dovresti farci un giro?"

"Per bruciarla." Sentenziò quasi in un ringhio.

La risata che mi uscì fuori dalla bocca fu serena, cristallina e sincera abbastanza da farlo agitare. Si sentì obbligato e voltarmi di scatto e dacché le mie gambe ciondolavano nel vuoto, si ritrovarono aggrappate ai suoi fianchi mentre solo un braccio mi cingeva per la vita con estrema forza e l'altro si era alzato, sfidando il mio mento ad alzarsi verso i suoi occhi.

"Non ti farò bruciare i miei vestiti solo perché non ti piace come mi vesto." Chiarii, tra una risata ed un'altra.

Il viso di Wolfe si scurì. "Mi piace come ti vesti." Poi mi abbassò appena qualche secondo sul cavallo dei suoi pantaloni e dal rigonfiamento che sentii fra le gambe dedussi che si, gli piaceva.

Eccome.

Mi morsi le labbra, indecisa su cosa fare. "Wolfe..."

"Ci siamo capiti, piccola Bee?"

Mi indebolii all'istante, se non mi avesse tenuta probabilmente le gambe mi avrebbero tradita, cedendo sotto il peso del mio stesso desiderio.

Non potei fare a meno di raddrizzare la schiena, cercando di nascondere quanto mi allietasse solo l'innocenza di essere a conoscenza dell'effetto che gli facevo, facilmente leggibile proprio sulle punte indurite del mio seno.

Annuii. "Penso di si."

Le mie dita stupide si allungarono fino a raggiungere la linea della sua mandibola, accarezzandone il contorno con curiosità e delicatezza. "È stato un bel discorso, se omettiamo l'ultima parte."

"Non volevo che lo fosse." Decretò secco.

Addentai di nuovo le labbra, alla disperata ricerca di non pensare alle sue mani su di me. "Però lo è stato comunque."

Lui fece spallucce, le labbra si arricciarono in un sorriso obliquo. "Mi serviva solo che fosse utile." Si guardò attorno, sottolineando l'assenza di giornalisti. "Lo è stato."

"Non mi dirai cosa stai complottando, giusto?" Avanzai, pur conoscendo già la risposta.

"No."

"E nemmeno dove andiamo." Continuai imperterrita.

Mi accorsi di come chiuse la mascella, stretta per mangiare delle parole che non voleva dire. "Mi assicuro che arrivi a casa senza deviazioni e poi io me ne vado."

Il modo in cui le sue mani accartocciarono il mio corpo non lasciarono adito ad altre conclusioni: non mi avrebbe detto dove sarebbe andato o con chi. La gelosia mi impastò la lingua di sale e limone.

Me la morsi, ma le parole uscirono comunque. "Tu, vai via. Da solo?" Indagai.

"Nessuno degli altri verrà con me." Mi concesse, avvicinandosi ad ampie falcate alla sua macchina.

Aprì la portiera con la mano prima impegnata a stringermi il mento, il mio fondoschiena sbattè contro il sedile di pelle e la mia schiena contro il cambio quando lui si spinse in avanti, avvicinando il naso al mio. Il profumo di Clive m'invase le narici e percepii il che sangue ribolliva avvelenato in quel calderone della megera invidia.

Le mie dita afferrarono il colletto della camicia di lino, tirandolo ancora più vicino e lo resi padrone immenso di quello spazio per uno ed ora trasformato per due. Non avevo niente altro da vedere se non le pozze artiche negli occhi, la fossetta appena pronunciata sul lato destro della guancia e la linea all'orizzonte delle sue spalle.

Dischiuse le labbra in un sorriso vittorioso. "Fa la tua domanda, piccola Bee."

Strinsi gli occhi, la linea del ritegno disegnata sulla spiaggia e poi sbiadita dall'onda di curiosità annidata fra gl'ingranaggi dei miei pensieri.

"Ti ho già chiesto se esci da solo."

Wolfe infilò le dita fra i miei capelli aggrovigliati, li strattonò verso il basso ed io inarcai il collo, la sua bocca predatrice s'avvento a bisbigliare sull'aorta, risalendo sulla mandibola, parlando in modo e chiaro e secco una volta arrivato all'orecchio.

"No." Disse e in un battito di ciglia, mi ritrovai su quel sedile ora troppo largo per riempirlo io da sola, infreddolita e maltrattata dal lupo ingiusto, che mi aveva lasciata a dubitare e a maledirlo sottovoce.

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