29. una falena sulla fiamma
Angolo autrice.
Mi dispiace molto, penso che una piccolissima spiegazione sia d'obbligo, ma comunque:
Non ho scuse per lo stop.
Mi affido alla vostra clemenza e benevolenza.
Inizialmente avevo avuto una battuta di arresto, come vi avevo detto, dopo quella ho dovuto recuperare delle cose personali che avevo lasciato indietro.
Poi ho avuto una specie di blocco dello scrittore, da una parte avevo paura di scrivere.
Paura di scrivere dovetail e di deludervi, di non dire la cosa giusta, di non descrivere il giusto sentimento, di non scegliere la giusta direzione.
Poi ho trovato una quadra, ho scritto il capitolo e mi si è rotto il computer.
Nel frattempo ho iniziato la magistrale e sono pessima ad organizzarmi quindi praticamente ho speso tutto ottobre per cercare di capire come fare a fare tutto e a fare bene tutto.
Poi ho capito che se nemmeno ci provo, non faccio niente e faccio male.
Dall'altra parte ho paura di finire dovetail, non che la fine sia vicinissima perché la sottotrama è ancora da dispiegare e Wolfe e Blake combinano solo disastri (🫠), però ho paura di chiudere questa storia che mi ha accompagnata nei miei sogni per anni.
Quindi, forse, inconsciamente, ho pensato che se non l'avessi scritta non avrei potuto "rovinarla".
Ho sbagliato.
E lo riconosco.
Passando al capitolo vero e proprio, è lungo, molto più lungo di così. Infatti c'è la seconda parte dello stesso, ma ho deciso di spezzarla così da poterla pubblicare subito e da non fare un capitolo di cento pagine.
La seconda parte del capitolo, che pubblicherò il prima possibile, è divisa in due ma le pubblicherò insieme.
Poi vedrete perché. 😶🌫️
Vi dico già che dal capitolo 31 salterà fuori qualche segretone è tutto inizierà ad essere più 🚨 🚔
però sono solo indizi... leggere per sapere.
Vi avverto comunque che questo capitolo è un po' contorto, ma fidatevi del processo (se potete.)
Con molto timore del vostro giudizio, vi lascio alle vicende della famiglia HB.
Vi voglio bene. ❤️
Se avete qualche domanda, potete farlo qui.❤️
«Quando vide il Coniglio fare il gesto di estrarre un orologio dal taschino del panciotto, guardarlo e riprendere di gran lena il passo, Alice balzò in piedi, perché le era balenato nella mente che non aveva mai visto prima un coniglio con un panciotto né tanto meno con un orologio dentro al taschino, e, bruciata dalla febbre della curiosità, lo inseguì di corsa attraverso il campo dove fece appena in tempo a vederlo sparire dentro una grossa tana sotto la siepe.»
Alice nel paese delle Meraviglie.
§§§
"Spotted: la reginetta del Jet Set mentre cerca una spalla su cui piagnucolare dopo l'ennesimo scossone con il lupo del Beau Soleil, ma da una a tre il passo è breve. L'ex stella del Marvor, il ragazzo nuovo da Chicago ed il nostro ribelle Hastings preferito, scortano la fuggiasca fuori dallo Stato per l'evento più torbido dell'anno. L'art deco district aspetta i rampolli più sfacciati di tutto il globo, riusciranno i nostri HB preferiti a non sfigurare di fronte agli eccessi del resto del mondo?
Si vocifera che per Noel Hastings sia diventata una sfida personale..."
Miami era polvere di fata, brillantina e scintille di luce, abiti che plasmavano la moda accompagnati da notti selvagge e feste esclusive.
Miami era sesso e, soprattutto,
Scandalo con la S maiuscola.
Si trattava di una danza, un passo a due tra demonio e perdizione, il ritmo di una canzone lenta sostituito da graffianti bassi prepotenti e dal quel crescendo di adrenalina corrosiva, giù dai piedi e poi dritto fin sopra la testa. Impossibile riuscire ad individuare i contorni delle cose con quell'aura sfavillante a circondarli.
Ed io mi ero calata nel personaggio alla perfezione. Indossavo la notte firmata David Koma, prestandomi ad un gioco di trasparenze ed oscurità, piccole applicazioni luccicanti e gioielli a cascata a ricoprire la pelle più nuda ed abbronzata.
Ronnie e Cheryl avevano, come sempre, disertato le occasioni più controverse, quelle capaci di macchiarti il curriculum con un solo scatto preso dall'angolazione sbagliata.
Noel, invece, mi ci aveva buttata a capofitto.
Dire di no non era il nostro forte.
"Non ci credo che lo stiamo facendo sul serio." Pronunciai a fior di labbra, nella speranza che Logan ed Alister non mi avessero sentita.
Noel si fece scivolare sul naso un paio di Moscot Lemtosh neri con lenti custom made blu cielo, solo dopo avermi scoccato un'occhiataccia.
"Sei diventata una cagasotto, sorellina."
"Forse." Borbottai, rimuginando. "Abbiamo fatto di peggio, non dovrei essere così preoccupata. Insomma, strapagare gli addetti alla pista per lasciarci decollare verso Miami senza avvisare zio Killian è l'ultima sulla lista delle nostre trovate."
Il ribelle Hastings scoccò la lingua sul palato. "Esattamente, quindi smetti di blaterare ed intrattieni i nostri ospiti."
"I tuoi ospiti." Gli ricordai con un'occhiataccia.
"Se ti rincuora che siano i miei ospiti, va bene." Tagliò corto ed alzò le spalle svogliatamente, passando in rassegna il cellulare e gli ultimi aggiornamenti dei tabloid.
"Si, si, mi rincuora." Borbottai poco convinta dal suo piano, qualsiasi quello fosse stato.
Lui mi rimproverò. "E fai anche un sorriso, non vorrei mai che il Miami Journal descrivesse le cinquanta sfumature del cipiglio di Queen Bee." Poi sorrise furbescamente. "Da regina del Jet Set a pioniera del raccapriccio..."
"Dacci un taglio, altrimenti raccapricciante sarà la scena del tuo omicidio. Già mi hai infilato nei pasticci." Minacciai, inforcando il gomito nel suo costato.
Noel si finse addolorato e prese a massaggiarsi le costole in modo teatrale, quando mi rifilò l'ennesimo sorriso a mezza bocca, ruotai gli occhi al cielo.
"Non vedo l'ora, sorellina."
I flash furono un'onda anomala, ci investirono in pieno viso, catturando ogni più piccolo dettaglio della nostra anima celata. Alister e Logan sfilavano dietro di noi senza esitazione, mostrando charme e completi blu notte all'ultimo grido. Riuscii ad irrigidirmi appena, a non far trapelare il mio cruccio personale a chiunque fosse a portata di un click.
"Cordelià!" Sentii chiamare dall'altro lato della luce, dove finiva la pavimentata striscia di velluto rosso e si stagliava la figura minuta e stravagante di Babette Aydelotte. "Vieni a darmi un bacio, ma petite princesse."
"Dio, Babette. Avrei dovuto immaginare che ci saremmo viste qui." Ammisi, schioccandole un bacio sulla guancia.
"Noi, ed il resto dei paperoni scialacquatori." Sminuì con un cenno della mano, poi mi squadrò da testa a piedi e corrucciò le labbra. "Indossi la concorrenza, Cordelià?"
"Non sapevo che Koma fosse la concorrenza per te." Mi giustificai.
Lei non diede molto peso a quello che le avevo detto. "Avrei potuto fartene uno su misura, ma ti perdono solo perché ti sta divinamente."
Noel ci raggiunse dopo pochi secondi, seguito da uno stuolo di ammiratrici e dai suoi due ospiti. Ridusse gli occhi a delle fessure non appena si accorse della chioma rosa pastello davanti a lui.
"Ecco un'altra persona nella tua vita che reputo estremamente seccante." Disse scocciato, rivolgendomi un'occhiata obliqua.
Alzai un sopracciglio. "Oltre te?"
"Oltre al giovane principe che mi sta appiccicato al culo da quando gli hai detto che potevamo andare d'accordo." Puntualizzò.
"Atlante è qui?" Realizzai ad alta voce.
Noel allargò gli occhi come se avessi detto la cosa più ovvia del mondo. "Siamo all'art deco, sorellina. Chi non è qui?"
"I nostri fratelli, per esempio." Gli feci notare.
Lui rise sotto i baffi, poi alzò gli occhi al cielo. "Naaah, dagli un paio d'ore. I gemelli hanno copiato il nostro piano appena hanno saputo cosa abbiamo fatto, Gabe s'infurierà e verrà qui appena un tabloid posterà una tua foto, Brooks verrà trascinato da Wolfe quando si renderà conto di cosa sta succedendo e Nate, farà Nate, seguirà tutti gli altri."
"Questo era il tuo piano per stasera, il motivo per cui mi hai prelevata da casa di Cheryl e pregata di accompagnarti ad una festa? Farci lavare i panni sporchi davanti a tutto il mondo?" La lingua schioccò velenosa sul palato.
Noel sorrise ancora in modo malizioso, piegando la bocca appena su un lato. "Stavi dando di matto, sorellina. Ti paragonavi ad Alice. Io ti ho salvata, se la nostra famiglia ha l'attitudine a mettersi nei guai non è colpa mia."
"Sarà un disastro." Realizzai.
Lui mi diede ragione. "Non ho mai detto il contrario."
"I disastri possono essere molto divertenti." Gli diede man forte Babette.
La guardai schiava. "Non mettertici anche tu."
Una voce si schiarì alle mie spalle, voltai la testa per incontrare quelle che erano state due noccioline gentili, ora ridotte a ritagli di carta affilata. "Penso che sia arrivato il momento di chiederti: perché sono qui?"
"Siamo..." lo corresse LC.
Sgranai gli occhi momentaneamente interdetta e mi feci la stessa domanda, perché diavolo io ero lì?
Noel si preoccupò di fornire a tutti una risposta quando avvolse le spalle di entrambi, accompagnato da un sorriso spavaldo e da un luccichio furbesco nello sguardo da combinaguai. "Vi si sono ammosciate le palle o cosa? Siete tutti qui perché io vi ho chiesto di esserci e siccome sono divinamente splendido non avete potuto dirmi di no."
Feci per controbattere, ma lui mi azzittì con un gesto fulmineo. "No, no. Non farmi pentire di averti salvato dal tuo stato indecente di auto-commiserazione folle e, per una volta, fai silenzio."
"Non hai dato nessuna risposta sensata all mia domanda, Hastings." Rimbeccò Alister, irrigidendo le spalle.
Il mio «fratellone» rigirò gli occhi fin sopra al cielo ed abbozzò un sorrisetto furtivo. "Senti, cazzone. Invece di sbavare appresso al culo di mia sorella a distanza, io ti ho dato la possibilità di farlo da vicino. Non so se ti è chiaro il concetto, ma mi sei debitore. Quindi puoi smetterla di farmelo ammosciare e inizia a fare ciò per cui sei qui: divertiti."
Babette sgranò gli occhi e li puntò prima su di lui, poi su di me. "Non ho mai conosciuto nessuno di così sboccato, Cordelià."
"Ti piace quello che senti?" Formulò l'avances con tale semplicità da non risultare né viscido né disperato.
La giovane stilista non accusò il colpo e sogghignò trionfante. "Non sei il mio tipo, Hastìngs." Dopodiché mi guardò sottecchi. "Anche se sciò che vedo non è poi così male."
"Allora dobbiamo festeggiare." Terminò lui.
Io scossi la testa. "Non conosco occasione per cui tu non voglia festeggiare."
Noel fece spallucce. "Nemmeno io." Poi ammiccò e scivolò accanto a Babette, prendendola per mano e trascinandola attraverso le porte a specchio che ci avrebbero buttati nella mischia degli ospiti. Non appena ci trovammo nel luogo in cui prendeva vita l'intero evento si voltò verso di me, bisbigliando: "guarda ed impara."
Caddi, come Alice, nella tana del Binconiglio e mi ritrovai nel paese delle Meraviglie. Ero circondata da opere d'arte a grandezza d'uomo, statue in marmo così lavorate da far invidia allo stesso Canova e suggestivi Andy Warhol che prima di allora avevo visto solo sui cataloghi delle gallerie di Rodeo Drive, Campell's soup, il dittico di Marilyn e la Brillo box erano posizionate al centro della sala agghindata elegantemente da lampadari in cristallo e pavimenti in marmo bianco venato oro.
Non c'erano fronzoli superflui, l'arte spendeva in ogni colore e forma, colorando la tela bianca della stanza in un variopinto arcobaleno di colori ed emozioni.
"Stupefacente." Ammise lo spezzacuori alle mie spalle.
Non riuscii a fare altro che annuire e girovagare per la stanza, facendo viaggiare avidamente gli occhi da un cimelio all'altro.
"Chissà se c'è." Brontolai, dado voce ai miei pensieri ad alta voce.
Logan corrucciò le sopracciglia. "Che cosa?"
"No.5 - 1948, Olio su fiberboard firmato Jackson Pollock. Fa parte di una raccolta privata, al momento, dicono che sia il quadro più costoso in circolazione. Tranne che non sono ancora riuscita a vederlo dal vivo. Il proprietario non lo ha mai esposto." Spiegai ammirando il Klimt davanti a noi.
Logan sorrise appena. "Ti piace perché è costoso?"
"Quando hai sentito dire che mi piace?" Ingoiai il fastidio che aveva causato la sua insinuazione.
"Oh, beh. Pensavo ti piacesse, siccome lo stavi cercando." Disse, tamburellando indeciso le dita sull'avambraccio.
Corrucciai la bocca. "Non l'ho mai visto, non può piacermi una cosa che non ho mai visto."
"Scusami, allora volevi solo dargli un'occhiata?" La sua voce si schiarì sul finale.
Annuii appena. "Certo, ma quello stronzo è deciso a tenerlo solo per se."
"Non sapevo che ti piacesse l'arte." Aggiunse.
"Non me lo hai mai chiesto."
Qualcosa sembrò adombrargli il viso, come se una nuvoletta piena d'acqua avesse preso a brontolare sopra i ricci scuri. "E quando avrei dovuto farlo, tra l'imboscata di Oliver e Charles al Marmont e Wolfe che ti porta via?"
La gambe si fermarono per un istante prima di riprendere a camminare. "Capisco che tu possa essere infastidito, ma non ho mai nascosto di avere un rapporto complicato con Wolfe."
"Blake, io non sono Alister e non ho più diciotto anni." Iniziò a parlare, si fermò appena si rese conto della mia espressione accigliata.
"E con questo cosa vorresti dire? Non ti ho chiesto io di uscire quindi non venirmi a dire anche tu che sto giocando con i tuoi sentimenti. Oggi non posso sopportarlo." Tagliai corto ed accelerai il passo.
LC mi acciuffò il braccio destro. "Per cominciare non me ne frega niente del tuo rapporto con Alister o di quello con Wolfe, per essere chiari. Sono abbastanza grande da riconoscere qualcuno che gioca con i miei sentimenti da qualcuno che gioca con i suoi, di sentimenti."
"Non c'è bisogno di fare lo stronzo." Sentenziai sprezzante.
Lui scosse la testa e la nuvoletta d'un tratto sparì. "Calmati, tigre. Sto solo dicendo che non ti faccio colpe di alcun tipo."
"E vorrei ben vedere." Aggiunsi impettita.
Ero consapevole di essere un disastro nelle relazioni sentimentali, ma non avevo mai mentito al riguardo e se quella poteva essere l'unica mia giustificazione, allora l'avrei usata fino allo stremo. Non avevo usato nessuno, mai. Magari mi ero illusa che uscire con altre persone, persone che non mi rubavano il respiro, potesse essere la scelta giusta per me.
Era evidente che mi sbagliassi.
"Ora sono io a dirti che non c'è bisogno di fare la stronza." Puntualizzò.
"Io sono stronza," gli sorrisi, "giusto ogni tanto."
Continuammo a camminare in silenzio per qualche minuto, poi mi schiarii la voce. "I fiori che mi hai mandato erano stupendi. Mi dispiace non averti scritto prima, ma è stata una giornata strana e storta."
"Non c'è problema. Ho visto le foto sullo Screaming Truths, deve essere stato bello rivedere Gabe."
"E Brooks." Aggiunsi.
"Non è strano avere una famiglia così?" Domandò schietto ed io per la prima volta realizzai che nessuno mi aveva davvero fatto quella domanda, ma tutti avevano formato la propria opinione al riguardo.
Ci ragionai un po' su, ma la risposta in fin dei conti era più che ovvia. "No, sarebbe più strano il contrario. Viviamo così fin da prima dell'incidente."
"Se non vuoi parlarne va bene. Lo capisco." Provò a tastare il terreno, ma mi ritrovai piacevolmente sorpresa da quella conversazione.
"No, no. Va bene." Lo rassicurai mentre oltrepassavamo un'istallazione di luci al neon. "La mia. No. Quando..." faticai a trovare le parole. "Scusa, non sono abituata a parlarne."
Presi un bel respiro prima di ricominciare. "Noi ci amiamo, magari in alunni momenti crederlo è difficile siccome litighiamo fino a scannarci, ma per noi la famiglia è sacra. Rappresenta l'unica cosa valida per cui combattere. Il codice, è legge. Quando sono scapata io l'ho infranto, per questo il rientro è stato brusco..."
"per questo hai un rapporto complicato con Wolfe." Terminò lui per me.
Poteva essere, ma qualcosa mi spinse a dire la verità. "Non lo so. In realtà penso che si sia solo evoluto, il mio rapporto con Wolfe è sempre, sempre, stato complicato, un po'morboso, eccessivo per alcuni, scandaloso per altri. Però era speciale, incontaminato, potente come nulla altro al mondo."
La domanda successiva mi prese alla sprovvista. "Lui ti piace?"
"Vorrei dire di no." Ammisi, abbassando appena la testa.
Logan mi rivolse uno sguardo gentile, dolce, al sapore di torta alle mele con una spolverata di cannella e di zucchero velato. "Ma non puoi dirlo." Professò con tono così rassicurante da indurmi a dire: "No, non posso."
Feci un altro passo avanti, entrando nel labirinto di opere d'arte, ma ignorandole, perdendomi nel groviglio dei miei sentimenti intrecciati. "Ogni tanto vorrei davvero colpirlo, ma anche capire che cosa gli passi per la testa."
"Non riesci a leggerglielo negli occhi?" Domandò curioso e rattristato allo stesso tempo.
Quasi sbuffai. "Potrei, se non avesse perennemente quello sguardo che dice: odio te e chiunque altro presente in questa fottuta stanza."
"Fidati, quando ti dico che non è così che guarda te."
"E Come?" Chiesi con troppa enfasi, fermandomi nel bel mezzo del corridoio stretto, fregandomene delle persone che avevamo alle spalle o di quelle che avrebbero volentieri ascoltato strascichi della nostra conversazione.
Logan si dimostrò restio a proseguire, ma alla fine cedette. "Come chiunque sogni di essere guardato."
Sbuffai e basta. "Non credevo che le persone sognassero si essere incenerite o affettate con una sola occhiata..."
"Basta, sai cosa intendo e che sto faticando a dirtelo. Mi piaci Blake, ma se per avere una chances dovrò aspettare che tu risolva la tua situazione in sospeso, lo farò e proverò a darti i mezzi per farlo." Confidò a cuore aperto, rabbrividii al pensiero.
Scossi la testa e gli appoggiai una mano sulla spalla, pronunciando le parole più vere mai uscite dal mia bocca. "Non aspettarmi, Logan, io e Wolfe siamo storia vecchia, ma anche nuova, esisteremmo l'uno nell'altra anche quando cammineremo su strade diverse e tu meriti di meglio che un solo spicchio della mela."
Mi sorprese ancora una volta, non si preoccupò di replicare. Disse solo: "grazie per esserti aperta."
Io feci lo stesso. "Dovrei ringraziarti io per avermi ascoltata, senza giudicarmi."
"Se manda giù anche questo senza vomitare sono pronto a calarmi i pantaloni davanti a tutti." Disse una voce sconosciuta alle mie spalle.
Un'altro sussurro mi arrivò all'orecchio. "Ti lascio sola un paio d'ore e tiri su uno spettacolo senza di me? Sono deluso, sorellina."
"Così impari a scaricarmi per una sveltita." Lasciandomi da sola a fare confessioni a cuore aperto a LC, auto-sabotando il primo scenario ipotetico di semi-felicità che mi si era avvicinato da anni, ma quello non lo dissi. Invece ammiccai alticcia e mandai giù l'ennesimo bicchierino di Classe Azul, mentre la stanza iniziava a luccicare ancora un po' di più.
Noel s'imbronciò, ma poi mi rifilò un sorriso sornione. "Una sveltita non dura centoventi minuti."
"Nemmeno tu, se è per questo." Lo allontani con gesto della mano e mi voltai verso il centro della sala.
Il ribelle Hastings si portò una mano al cuore, con fare offeso. "T'inviterei a fare un giro di prova, ma non vorrei beccarmi ulteriori critiche per affari incestuosi."
"Non sarebbero incestuosi, siccome non siamo fratelli." Chiarii, poi aggiunsi un insulto. "Cretino."
"Ahi, ahi. Qualcuno è ferito nell'orgoglio, ci tieni tanto a puntualizzare, perché altrimenti la scenetta con mio fratello sul flight della barca..."
Gli tappai la bocca con la bottiglia di Gin. "Ringrazia che non ci abbia infilato il pugno."
Lui mandò giù e mi guardò sottecchi. "Sei di cattivo umore, non ti piace la festa?"
"Sono di cattivo umore perché fai il rompi palle. La festa è passabile." Simulai disinteresse e passai in rassegna ciò che avevo intorno.
L'esposizione era terminata qualche ora prima e tre bottiglie di champagne dopo, sei scatti rubati e otto saluti non richiesti, il party esclusivo aveva dato il suo inizio nel Roof Top più lussuoso di Miami.
La vista era pazzesca. Le uniche luci nella stanza erano quelle dei palazzi circostanti, entravano prepotentemente nella sala affilando l'ombra, tingendo il buio di una sfumatura più alla moda, lasciandone comunque tutti i privilegi a noi folli festaioli febbricitanti.
Il sottofondo consisteva in chiacchiericci scandalosi, speziati al gossip e ad una base di musica house firmata the Weeknd. Moth to a Flame risuonava a millemila piedi da terra e per tutta l'aria e le teste vuote che avevamo attorno.
Noel strabuzzò gli occhi. "Passabile? Siamo all'evento dell'anno, è tutt'altro che passabile."
"La festa dell'anno dici, eppure non c'è metà del Jet Set." Constatai.
Lui rise, di me. "Tonta, ci sono tutti."
"Non proprio tutti..." brontolai, il riferimento a suo fratello era puramente causale, ma non potei fare a meno di farglielo notare.
"Merda, sei un disco rotto. Hai davvero rotto le palle." Poi mi guardò pensieroso ed allungò gli artigli sulla mia borsa. Ravanò l'interno alla disperata ricerca di qualcosa, quando tirò fuori il mio cellulare lo guardai di traverso.
"Che cosa pensi di fare con il mio telefono?" Indagai preoccupata, cercando perfino di riprendermelo con uno scatto felino.
Lui indietreggiò. "Risolvo i tuoi fottuti problemi, così la smetti di lagnarti."
"E come pensi di fare?"
Mi sorrise colpevole. "Semplice: ti scarico Instagram."
Stavo giusto per obiettare quando la voce di Babette si frappose fra noi. "Uh-la-la, cerco di convincere Cordelià a civilizzarsi da secoli, ma non mi ascolta."
Provai a farli ragionare, invano. "Non esiste. Secondo quale logica risolverebbe i miei problemi? Me ne creerebbe solo di nuovi. Vengo perseguitata a sufficienza dai tabloid, non ho intenzione di rischiare d'ingigantire tutto perché ho scritto o postato la cosa sbagliata."
Alister e Logan si avvicinarono al nostro trio delle meraviglie, il primo con le noccioline più rilassate, l'altro con il volto incuriosito.
Proprio lui fu il primo a parlare. "Perché questa faccia?"
Non ebbi l'opportunità di rispondere, Noel gli passò il mio telefono. "Quale foto pensi che sia migliore? In quella dove sorride sembra più simpatica, ma nell'altra è più figa e si vedono quasi le tette."
"Noel!" Sbottai. "Smettila." Continuai, fulminandolo.
"Le tue minacce hanno perso credibilità, non ti crede più nessuno." Rigirò gli occhi con saccenteria.
Mi portai le dita all'attaccatura del naso e presi un respiro lungo per calmarmi, l'alcol non stava nemmeno aiutando a pensare con lucidità. Nel frattempo, Logan consigliava la foto più provocante a Noel, che insieme a Babette stava armeggiando con le impostazioni del mio profilo. "Per renderlo più accattivante." Almeno così aveva detto.
Alister mi passò un flute di champagne, il liquido oro brillava sotto il buio illuminato.
"Più fai vedere di te stessa e meno cercheranno di scoprire da soli, vedilo come un esperimento." Spiegò.
Logan gli diede manforte. "Non ci hai mai pensato? Puoi precederli. Si appostano fuori casa tua per vedere cosa indosserai ad una festa? Tu metterai un post su Instagram con al foto dell'abito prima di uscire. Ti vedi con un amico? Metti una storia e così via."
"Quanto più ti nascondi, quanto più verrano a cercarti." Noel spicciolò la sua pillola di saggezza.
Alister lo guardò storto. "Non è quello che ho detto io?"
Il ribelle Hatings annuì. "Solo che io l'ho detto meglio."
"Sei davvero incredibile." Sbuffarono le noccioline gentili.
Lui sorrise. "Lo so, me lo dicono tutti." Poi dedicò a me le sue più tetre attenzioni. "Ora, abbiamo seguito una cinquantina di persone, le altre le aggiungerai più in là. Per ovviare a quell'altro problemino... ho bisogno che vi mettiate in posa ragazzi."
"Ma petite non può mettere la sua prima storia senza la partecipazione del sottoscritto." Mi voltai bruscamente solo per scorgere la figura adonica di Atlante dirigersi verso di noi.
Lo abbracciai appena fu abbastanza vicino. "Ti ho cercato tutta la sera! Ti ho anche scritto mille messaggi. Dove diavolo eri?"
"Non vuoi saperlo davvero, credimi." Concluse lui.
M'imbronciai, incrociando le braccia al petto. "Ti ho mandando un SOS."
"E infatti sono venuto appena mi sono liberato." Strizzò l'occhiolino e subito dopo si allungò verso Noel, prelevandogli il telefono dalle mani. "Allora ragazzi, solo belle facce, non fatemi sfigurare."
Scattò la foto con estrema facilità, ma fummo tutti soddisfatti del risultato solo al terzo tentativo. Sebbene mi sfuggisse il profondo significato di quell'operazione diabolica o non avessi effettivamente capito a cosa mi servisse per quel problema di cui avevo parlato con Noel, non potevo di certo mettere una foto in cui avevo gli occhi chiusi.
Atlante guardò il suo piccolo capolavoro, poi sogghignò in direzione di Noel. "Sbaglio o il lupacchiotto manca all'appello?"
"Non sbagli."
I due si scambiarono una celere occhiata d'intesa ed entrambi sembrarono aver letto nello sguardo dell'altro il medesimo piano contorto e sbagliato.
"Bene." Proferì Atlante. "Allora tagghiamolo."
E così, al rintocco della mezzanotte, cinque volti imbronciati o sorridenti e avvolti dalla sera inoltrata e dal bagliore lunare di un flash, vennero catturati in posa per attirare la falena sulla fiamma.
Il testo recitava semplicemente:
@WolfeHastings, e tu?
Mi avevano sequestrato il telefono per evitare che cancellassi la storia, così i miei tacchi mangiavano a suon di passi la preoccupazione, mentre l'aria notturna batteva, assieme alla brezza marittima, sulla schiena. Ci trovavamo all'aperto, in quel momento, e tutti in eccitazione, come se fossimo stati in attesa dei cavalieri dell'Apocalisse.
Alister e Logan si erano dispersi in chiacchiere mentre io Noel, Babette e Atlante eravamo passati dal tracannare shottini all'interno, a sorseggiare champagne all'esterno.
"Usare i tuoi ospiti per infastidire Wolfe è stato di cattivo gusto, non hai fatto altro che avvalorare ciò che dice Alister su di me." Accusai Noel.
Lui alzò le mani. "Il tag non è stato una mia idea."
"Sarà, ma ti eri già premurato di seguirlo. L'avrebbe vista comunque." Puntualizzai.
Sbuffò scocciato. "Ti avevo detto che avrei risolto e fidati che l'ho fatto."
"Come? Invitandolo a venire qui e a prenderci tutti a calci nelle grazie? Facendomi passare per incoerente dopo quello che gli ho detto oggi? Ti ricordo che mi ha trattato di merda e così facendo lo abbiamo solo esortato a continuare." Mi prolungai in uno sproloquio infinito sulle mille ragioni per cui avevamo sbagliato, tutti, ad agire in quel modo.
Atlante deglutì ambrosia firmata Cristal e mi guardò sottecchi. "Che gli hai detto?"
"L'ho praticamente lasciato, anche se non stavamo insieme, dopo che mi ha baciata e poi rifiutata." Spiegai in breve.
Il principe alzò un sopracciglio. "E quindi pensi che invitandolo a venire qui ti abbiamo fatto fare la figura della cretina?"
"Beh..." si.
I miei tre amici risero in coro, come se avessero sentito la cosa più stupida o buffa del mondo. Erano risate crudeli e di scherno, si prendevano gioco di me e del mio maltrattato cuore spezzato.
Babette si spiegò. "Sciocchina, lui verrà qui e tu non farai altro che evitarlo per tutta la sera."
Sbattei le palpebre allibita. "E perché dovrei farlo, se l'ho invitato io?"
"Perché così impazzirà almeno quanto te." Disse, come se fosse stato scontato.
Scioccata, mi stropicciai i capelli. "Certo, perché gestire un Wolfe impazzito è una cosa estremamente possibile e che io sono in grado di fare."
"Nessuno ha detto che sarebbe stato facile." Rimbeccò Noel.
Io mi arrabbiai. "Si, ma nemmeno impossibile. O stupido."
"S-T-U-P-I-D-O? Questo piano è geniale, ma petite."
"No, è un gioco a perdere." Perché il lupo cattivo aveva già vinto.
Mi voltai affranta, forse in quel mucchio polverizzato di anime alla deriva ero l'unica abbastanza consapevole da riconoscere la debolezza di quel piano: io stessa.
Perché sapevo con tutta me, che l'unica cosa che non avrei mai potuto fare, sarebbe stato evitarlo ancora.
No, l'avrei affrontato.
L'orologio segnava le due e quaranta del mattino, la notte ci avvolgeva come un guanto di velluto e seta, cullandoci con una quiete irreale, illudendoci di averla avuta vinta. Pochi di noi avevano la fortuna di non essere così sciocchi da credere in quella mera illusione di pace e festa.
Lo sentii sulla pelle che lui era arrivato.
Prima un lieve formicolio alla base delle nuca e poi le dita dei piedi che si accartocciavano nella punta del tacco di vernice, quelle dalla suola rossa o ancora la consapevolezza liquida di una doccia fredda, gelata, che mi cascò sulla testa nell'istante in cui i miei occhi incontrarono i suoi dall'altro lato della stanza.
Wolfe Hastings era di una bellezza letale, proprio come il buio t'illudeva. Le fattezze quasi angeliche nascoste dalla penombra e dalle luci dei led color vino e rimpianto. La gola divenne desertica quando provai a deglutire.
Mi chiesi se fossi sempre stata così debole o se lo fossi diventata, se qualcuno di presente nella stanza mi avesse trasformata in un pasticcio di disastri e dubbi speziati all'incoerenza.
Non c'era rabbia nelle pozze azzurro siberia, non una traccia di furia nei passi lenti e predatori. Io leggevo astio e sigarette, sdegno con limone, divertimento e arsenico.
Il profumo di Clive invase le narici ed io caddi ancora un po' di più nel mio oblio di incertezze, rantolai tra le paure e mi nascosi dietro di loro.
"Sei venuto?" Le parole scapparono veloci senza che potessi controllarle, sembrava più un'affermazione che una domanda.
Lui alzò le spalle, parlò con una calma quasi indecente, che sapeva di peccato ed onniscienza. "Hai chiamato."
"Togliti questa maschera d'imperturbabilità quando parli con me." Lo ammonii, stava giocando ancora il suo gioco preferito: non rivelare troppo, lascia che gli altri presumano, lascia che gli altri si meraviglino.
Wolfe sorrise e gli angoli della bocca si sollevarono in un ghigno sagace. "É sempre colpa mia, non è così?"
"Non sto affibbiando colpe, ma non voglio parlare con ciò che rappresenti per tutti." Spiegai. "Voglio parlare con te."
"Pensavo che fossi arrabbiata, con me." Sorrise ancora, soddisfatto abbastanza di vedere quale effetto la sua sola vicinanza o la lontananza, potessero avere su di me.
Strinsi il pugno al lato della gamba. "Lo sono."
"No, non lo sei." Decretò con un'occhiata storta, studiando la mia espressione persa, il modo in cui probabilmente avevo appena corrucciato le labbra, l'espressione guardinga degli occhi allungati.
Le persone si fermarono per qualche istante a guardare nella nostra direzione, ritraendo l'immagine di un caotico duo. Entrambi scavati da dolori ed angosce, diversi, ma uguali, come se ci fossimo guardati allo specchio. L'uno il coltello, l'altro la ferita, scambiabili ed intercambiabili mentre giocavamo ad un gioco pericoloso di amore e fiducia,
persa, dispersa.
C'eravamo dentro insieme in quel calderone di rabbia, incapaci di uscirne o di cambiare la miscela.
Dio, io ci avrei provato fino alla fine, anche se avrei sempre e solo ammesso il contrario.
"Potrei odiarti." Esordii per dire altro, ma lui di nuovo m'interruppe, alzando gli occhi dal mio corpo per tuffarsi nei miei.
"Patetico." Concluse.
Quasi mi strozzai con la risata amara che s'impadronì della mia gola. "Vero, è così patetico che io non ci riesca, è patetico da parte mia sperare che alla fine saremo di nuovo io e te." Agganciai i miei occhi ad i suoi e ridussi la distanza fra di noi con un passo, dovetti alzare la testa per mantenere il contatto visivo. "Ma sai cosa ho realizzato mentre pensavo a quanto tutto questo fosse patetico?"
"Che muori dalla voglia che io ti tocchi ancora o che stai davvero affogando nel tuo desiderio per me? Boccheggi come un pesce rosso, bambina." Sussurrò con voce roca, infida.
Appoggiai il palmo al suo torace e lo spinsi. "Stai proiettando, Hastings." Sorrisi ancora. "Ed è quasi poetico che proprio proiettando abbia capito che se io non riesco ad odiarti allora vale lo stesso per te, che se io posso perdonarti allora puoi farlo anche tu."
Ecco la mia verità, detta cuore contro cuore, una sfida all'ultimo coccio rimasto a battere.
"Beh, se proprio vuoi la mia opinione al riguardo..."
Lo fermai sul nascere, spingendolo ancora un po' tra la folla e le ombre. "Non la voglio. Ho già la risposta."
"Tu pensi che questo" esordì indicandoci, "sia tutto un gioco, un sotterfugio dalle mille trame, e potresti anche avere ragione, ma se pensi di poterlo giocare meglio di me, allora faresti bene a pensarci un'altra volta." Mi avvertì. "Pensavi che attirarmi qui con quella foto squallida avrebbe davvero risolto qualcosa?"
"Io ho smesso di giocare." Ripetei a tutti e due.
La mano di Wolfe mi artigliò il mento, una presa salda, ferocemente possessiva, senza essere dolorosa. "Facile perculare te stessa e poi presentarti qui con Davis e Coventry a braccetto." Il sorriso seguente fu un ritratto di perfidia, "non pensavo nemmeno che ti piacesse farlo a tre, ma ora che lo so, sono sicuro che mio fratello si unirà volentieri al nostro..."
Lo schiocco si avvertì prima che mi rendessi conto di essere stata io a provocarlo, proprio mentre la sua guancia destra cominciava ad arrossarsi.
Wolfe allargò le labbra in un sorriso letale. "Ti piace farlo mentre ci guardano, piccola Bee?"
Feci un passo indietro e mi voltai, volando fra gli ospiti ammassati intorno a noi per godersi lo spettacolo. Mi maledissi ad ogni passo, seguita dai suoi più pesanti, sciocca, sciocca e piccola saccente. Mi ero lasciata travolgere ancora una volta dalle sue provocazioni.
Svoltai l'angolo e pigiai il tasto dell'ascensore, l'ombra di Wolfe sbattè sulle porte prima che si aprissero in un suono metallico. Poi vidi il suo volto riflesso nello specchio dell'abitacolo, svettava su di me come a sottolineare la mia incapacità a superarlo in astuzia. Una tragica differenza di altezza e di vedute, ma condividevamo uno stesso passato avvelenato.
Senza riflettere su quello che stavo facendo, entrai e premetti lo zero.
Non appena le porte si chiusero, il lupo mi fu addosso. Il suo corpo schiacciato sul mio, la schiena che batteva sulla parete accanto allo specchio, le mani che scavavano il giro vita ed il viso ad un soffio dal mio.
Eravamo ad un battito di ciglia da uno tsunami.
"Che cosa vuoi?" Sussurrai, guardando oltre le barriere dei suoi occhi mentre nuotava nel suo personale tormento, nell'indecisione folle del prendermi o lasciarmi andare.
Indurì impercettibilmente la mascella. "Cose che non ci sono più."
"Io ci sono ancora." Sottolineai con convinzione.
Le sue labbra sfiorarono le mie, le respirarono. "La tua bocca sa ancora di te, ma non sei più tu."
"Perché non riesci a vedermi?" E forse tutto sembrava perdere il senso, ma io iniziavo a vederlo.
Wolfe appoggiò, stremato di lottare con se, la fronte sulla mia. "Io ti vedo, troppo."
"Che cosa vuoi?" Ripetei.
Lui cambiò riposta. "Per la prima volta, qualcosa che non posso avere."
Decisi che in quell'occasione, avrei preso ciò che volevo io, senza distruggerlo.
Fu la mia bocca a cercare la sua, la mia lingua ad avvelenargli le papille gustative, le mie mani a tuffarsi nei ciuffi scompigliati dei capelli color notte e il suo corpo mi accolse con impeto, irruenza. Ricambiò affamato la mia disperazione e mangiò anche le ultime briciole di senno che mi erano rimaste, gliele avevo offerte con frenetica smania e stoltezza.
Wolfe si risvegliò su di me, riprese il timone del suo corpo e quello del mio, ondeggiavamo perduti l'uno sull'altra, i vestiti appiccati gli uni agli altri. Le sue dita mi alzarono il vestito, accarezzarono ogni mio piccolo piacere, mentre le mie giocavano a sbottonargli la camicia con meno pena possibile.
C'erano gemiti soffocati nella mia, poi nella sua bocca e piccoli morsi lasciati sulla mia, poi sulla sua mandibola, e baci sul collo e le clavicole e dita curiose e palmi possessivi, che passeggiavano sul fondo della mia schiena, che mi tenevano stretta, più vicina.
Si staccò di scatto, lasciandomi sola a infreddolire sulle gambe mollicce e dopo mi diede le spalle, voltandosi dall'altra parte, scuotendo quella testa manomessa per allontanare l'idea di noi.
Raccolsi me stessa a due mani e mi aggrappai al bordo ormai stropicciato della camicia, la tirai verso di me quando le porte dell'ascensore si aprirono per impedirgli di uscire.
"Resta."
Si voltò solo a metà, mostrando unicamente il profilo, gli occhi che fissavano un punto indefinito alla base delle mie scarpe.
"Se rimango qui, ti bacio ancora" disse con la voce impastata e roca "e non potrò fare assolutamente un cazzo per fermarmi."
Parlai prima di pensare. "E allora non fermati."
Sorrise appena, girandosi completamente, sovrastandomi ancora. "Lo vorresti, ma non saresti comunque capace di accettarne le conseguenze. Io da te non voglio niente, voglio solo te."
Era tutto così contorto, eppure chiaro come il sole.
"Non hai mai saputo dire bugie." Gli feci notare. "E non sai farlo nemmeno adesso."
"E tu non hai mai saputo accettare la sconfitta, ma ora dovrai imparare a farlo." Disse risoluto e a denti stretti.
Inconsapevolmente mi avvicinai a lui, proprio come Alice e forse perché io ero Alice e come lei avrei sempre seguito la tentazione rappresenta dal Bianconiglio e avrei affrontato in eterno, se necessario, il calvario dell'illogismo per scovare le meraviglie, farne tesoro, riempirmene
gli occhi,
la bocca e
il cuore.
"Come fai a non capire che se perdo io, perdi anche tu?" Alzai il tono della voce, logorata, estenuata, sfiancata.
Wolfe riprese a camminare nella direzione opposta alla mia, nell'ingresso ormai buio dell'art deco. Sfilando nel labirinto dove erano state appese le opere d'arte.
Non si degnò di volgermi il viso, quando mi concesse una risposta. "Perché io non perdo mai."
A passi svelti, provai a non smarrire i suoi. "Stai perdendo me."
"Ti ho già persa tempo fa e poi non ti ho più avuta." Ancora e di nuovo inalterabile, ancora e sempre nei panni dell'insensibile, vesti e maschere che riusciva a dismettere solo per pochi secondi e unicamente quando i nostri respiri erano affannati uno per l'uno.
Mi fermai e il rumore del tacco alto e acuto con me. Non lui però, che procedeva svelto alla ricerca dell'uscita e quando la trovò il mio respirò morì in gola, se ne sarebbe andato senza di me ed io sarei rimasta senza niente da stringere fra le mani, senza nemmeno la parvenza di una confessione a cuore aperto, senza niente, a parte la mia incoerenza, su cui rimuginare.
Rischiai il tutto per tutto. "Se te ne vai adesso, lo farò anche io."
Finalmente anche le sue scarpe s'inchiodarono al pavimento, si girò appena. "Fa pure."
"Non me ne andrò solo da qui Wolfe, me ne tornerò a Parigi." Perché se la parte di me che scalpitava ed urlava avesse avuto veramente ragione, allora quella era l'unica minaccia, l'uno gioco, che avesse ragione di essere posto in essere.
In amore vince chi fugge ed in guerra ed in amore tutto è lecito, ma mi domandai: anche ferire l'altro?
Si voltò, gli occhi iniettai di un sentimento che non avrei saputo definire o riconoscere, era solo intenso, così intenso che accartocciò lo stomaco su se stesso.
"Si? Saresti capace di voltare le spalle a tutta la tua famiglia, per la seconda volta, solo per me? Solo per l'ebbrezza di vincere?" Sbranò i metri fra di noi, li calpestò predace e famelico fino ad arrivare a me, a pizzicarmi la guance con le dita. "Mi basterà stare seduto comodamente per assistere alla pietosa scena di te stessa mentre ti distruggi la vita."
"Mi avevi promesso un'esistenza solitaria." Lo sfidai con il fuoco negli occhi, rammentando le parole che mi aveva rivolto la sera del falò sulla spiaggia.
Lui alzò le spalle. "Che vuoi farci, a quanto pare te la regalerai da sola." Poi avvicinò il naso al mio ed abbasso il tono. "Sempre che tu sia disposta a pagarne il prezzo."
A bluff svelato mi accorsi di quanti fallimenti avessi raccolto in quell'unica a misera giornata e non capii perché o come, io che ero sempre stata così brava a complottare sottobanco, quella volta avessi miseramente naufragato.
Allora capii che non avevo affatto perso.
Alzai il mento e sorrisi. "Ho centrato il segno, non è così? Povero Wolfe, che ora come a cinque anni non riesce a fare altro che nascondere i propri sentimenti." Gli baciai scaltramente la punta del naso, appropriandomi della verità. "Devo ammettere che sei migliorato, perfino io stavo per cascarci ma «io non perdo mai» è una frase che mi appartiene. L'unico modo di sconfiggermi è farmi credere di averlo fatto. E tu lo sai bene, quanto io so che non ammetteresti mai di non volermi vedere andare via, significherebbe troppo per te."
Rimase fermo, immobile nella sua austerità, rafforzò la presa sul fianco.
"Tranquillo, non dovrai dirlo ad alta voce, ma la prossima volta apprezzerei un modo meno turbolento di rivolgermi le tue scuse. Perché è per questo che sei venuto stasera, per questo non c'è stata nessuna scenata di gelosia in pieno stile Hastings."
Ecco cosa cercava sempre di dirmi Noel, voleva che ricordassi di conoscerlo nel profondo, che rammentassi la forma dei suoi spigoli e come li avessi aggirati prima di allora.
Sperava che io comprendessi ancora una volta come leggerlo, perché se fino a quel momento avevo creduto che Wolfe possedesse la mappa dei miei punti deboli, non avevo considerato di averne una copia dei suoi o di aver creato dei varchi per aggirarli, delle scorciatoie fra la bufera gelida della sua diffidenza, che potevano scortarmi direttamente alla sua coscienza, al cuore.
Continuai, sempre più sicura di aver messo insieme tutti i pezzi del quadro. "Sei dispiaciuto, ma va bene: puoi dirmelo anche così, a modo tuo."
Wolfe non dava importanza alle parole, ma alle azioni e le ultime delle giornata erano state tutte e mio favore. Mi aveva baciata, aveva detto che non sarebbe più successo, ma poi mi aveva baciata ancora e quando io lo avevo lasciato andare, aveva riposto al mio appello e poi ero stata io a baciarlo e lui si era fermato sul più bello, solo per non far diventare tutto più brutto.
Perché Wolfe Hastings era tante cose, tra cui un pessimo bugiardo, un grande attore ed un incapace a gestire qualsiasi sentimento o emozione, però era un lupo in tutto e per tutto. Leale fino al midollo.
E se la luna avesse davvero dovuto essere la sua unica compagna, allora le avrei strappato il costume e l'avrei sostituita, brillando ancora più forte e con la forza di milioni di stelle.
Perché se c'era una cosa che mi era chiara era che io volevo Wolfe Hastings.
E anche se mi spaventava quanto il sottomondo,
lo avrei avuto.
Dovevo solo aspettare.
Sentii il suo corpo irrigidirsi, vidi la testa piegarsi appena sulla sinistra, gli occhi svuotarsi e riempirsi di nulla.
Scoperchiando il suo, bluff, avevo aperto un cassetto di incubi e terrori, sarebbero usciti attraverso la rabbia, avrebbe difeso quello scompartimento nascosto con le unghie e con i denti. A nessuno piaceva farsi colpire nei punti deboli, ma lui poteva diventare perfino letale per ciascuno di essi.
Lo ammonii, addolcendo il tono della voce, per paura forse di essere aggredita verbalmente ancora una volta. "Scegli cautamente le tue prossime parole."
Lui mischiò i nostri respiri spezzati, parlando in una risata amara che riecheggiò nella stanza vuota. "Credi davvero di meritartene qualcuna. Che tristezza, quanta pena."
"Già, Wolfe. Facciamo pena tutti e due." Credetti ogni parola.
Quando mi lasciò il viso, fece un passo indietro. Io rimasi appoggiata alla parete del corridoio, libera, ma comunque intrappolata dal suo sguardo costringente.
La nostra conversazione o litigio o, forse, devastazione, vene interrotta bruscamente da un borbottio familiare e proveniente dall'altro lato della parete.
"Fate pena a tutti e due." Disse quello che riconobbi come Cole.
Dorian si accodò a lui. "Stanno anche palesemente flirtando."
"E sicuramente lo sanno anche loro." Bonfocchiò il primo, poi ci fu un colpo di tosse. "Quando avete finito i vostri preliminari drammatici dovresti portare il culo all'esterno." Il tono più adulto tagliò l'atmosfera.
Aggrottai le sopracciglia, pur non distogliendo l'attenzione dal lupo del Beau Soleil che rimaneva impassibile nella sua posizione statuaria. "Brooks?"
"Si, peste... Brooks. Ho il compito specifico di riportare a casa entrambe le vostre teste di cazzo." Si espresse finemente, schiarendosi la voce. "Possiamo fare il giro oppure vi troveremo in una posizione compromettente?"
"Potete fare il giro, ovviamente." Ci tenni a sottolineare l'ovviamente.
Non ci misero molto a trovare l'entrata del nostro corridoio, a scovarci nell'estate posizione in cui eravamo rimasti, come se spostarci da li avrebbe significato cedere o perdere con noi stessi.
Dorian brontolò. "Siete fottutamente cocciuti."
"Se continuate così dovremo andare a processo, spero che siate entrambi consci di quello che state facendo." Chiarì il maggiore degli Hastings, per la prima volta lessi della preoccupazione sul suo volto tipicamente crucciato, ma indifferente.
Allora intervenne un'altra voce, scostante e scherzosa, così alta da sovrastare il rumore dei passi storti e pesanti. "Lo sanno Brooks e fatti i cazzi tuoi."
"Tu dovresti essere il primo a tapparti la bocca, almeno per non dire stronzate come quella sulla figlia del primo ministro." Lo rimproverò Carter, tenendolo per le spalle.
"Shhh." Noel lo zittì con un cenno della mano. "Non è bello?"
"Cosa?" Domandò il fratello maggiore a perditempo e senza speranza.
Noel ci dedicò uno sguardo perso ed amaro, carico allo stesso tempo della leggerezza che lo aveva sempre contraddistinto. "Avere una famiglia così incasinata."
Daniel gli diede una botta sul retro della nuca e lo spinse in avanti. "Sta zitto e cammina, senza cadere e spaccarti la faccia, se non è chiedere troppo."
Si mossero tutti, un branco spezzato, contorto, ma pur sempre un branco.
Il branco.
Wolfe si spostò in uno stoico silenzio, capeggiando il gruppo di nuovo fino all'ascensore, per l'intero tragitto l'oblio ricadde fra di noi, su, di noi e quando l'aria fresca ci avvolse una volta arrivati sull'elisuperfice mi resi conto di chi era rimasto accanto all'elicottero in nostra attesa.
"Ce ne avete messo di tempo." Disse Nate, passandosi velocemente le mani fra i capelli, se ne stava appoggiato alla portiera, le gambe incrociate fra di loro.
Gabe, al suo fianco, squadrò tutti dalla testa ai piedi. "Questa situazione non mi piace per niente, ma ora non c'è tempo per discuterne. L'elicottero dovrà fare tre giri per portarci tutti in aeroporto, decolleremo entro un'ora verso casa e dovrete darmi tutti una spiegazione convincente per quello che avete combinato stasera." Guardò direttamente sia me che Wolfe. "E dovrà anche essere molto convincente."
I primi a partire furono i quattro gemelli, a seguire Noel, Brooks e Nate, avrei dovuto riempire il posto vacante, ma nel momento in cui Gabe mi prese la mano per aiutarmi a salire, Wolfe infranse il silenzio che aveva egoisticamente mantenuto.
"No. La bambina resta, tu vai." Sentenziò con il fuoco negli occhi e le mani nelle tasche, stravaccato scompostamente sulla panchina vicino alla porta, il piede poggiato su un bracciolo, la testa sorretta dall'altro, la mano a fare da cuscino e lo sguardo fisso verso la luna.
Ed io divenni perfino gelosa di un dannatissimo satellite naturale.
Gabe nemmeno provò a contraddirlo, si premurò solamente di stringermi fra le braccia e dedicarmi un'occhiata di scuse.
Solo quando rimanemmo da soli, ci voltammo all'unisono l'uno verso l'altra.
Fui la prima a riempire l'aria fra di noi con altre parole, sebbene fossi elettrizzata all'idea che, forse, avrebbe potuto avere qualcosa da dirmi, altro mi suggeriva che comunque non avremmo risolto nulla.
Semplicemente aveva ancora da giocare la sua ultima mano, perché non si sarebbe mai alzato dal tavolo da perdente.
E così, mentre la notte ci abbracciava come una madre premurosa e la gente festeggiava ridendo al piano sottostante, noi ci apprestavamo a fare del nostro meglio per non perdere noi stessi e riappropriarci di quella parte mancante del cuore.
Se, alla fine, l'avremmo fatto conquistando o annientando l'altro, era ancora da scoprirsi.
Speravo solamente di salvarci entrambi, forse, soprattutto, da noi stessi.
"Allora, Hastings. Vuoi proprio darmi il colpo di grazia?" Pronunciai quasi divertita da tutta quella situazione.
Lui non fece altro che sorridere.
§§§
Se avete qualche parere... ❤️
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