25. è sempre l'ora del tè

parte due, era infinito altrimenti.

«Prendi più tè.»
«Non ne ho ancora preso niente, non posso prenderne di più.»
«Vuoi dire non puoi prenderne di meno. È facile prendere più di niente.»

Alice e la Lepre Marzolina.

Erano abissi infestati da squali, racchiusi in un letale azzurro, quelli che si stavano per spianare su di me e lo schianto provocato dalla chiusura della porta della mia camera da letto fu come l'onda che si abbatteva sulla riva.
Ira, quella da cui io dovevo stare lontana e ora, come l'ombra di un segugio infernale, accompagnava ogni mio passo.
Preoccupazione, quella che si leggeva sulla smorfia appuntata sul mio viso ubriaco.

Mi sfilai le ciabattine di Hermes dai piedi e la giacca del lupo, caddero a terra in un fruscio silenzioso.

"Sembra un delirio, neanche avessimo spinto noi Jaxon in piscina." Mi costrinsi a dire, sparendo dietro la porta scorrevole dove si trovava il bagno lussuoso.

Il marmo freddo delle piastrelle del pavimento mi fece saltellare fin quando non arrivai alla doccia per aprire l'acqua calda, anche lì Wolfe non mi diede scampo.

La sua voce vellutata mi colpì direttamente l'orecchio, la guancia contro la mia. "Ci penso io." Disse.

"Ti riferisci al costume che non riesco a slacciare oppure a questa situazione di merda?" Armeggiavo impacciata con i lacci pestiferi che si erano annodati fra loro.

Le sue dita mi sfiorarono la schiena e si presero tutto il tempo necessario per sgrovigliare la matassa e cuocermi a fuoco basso. "Entrambe le cose, bambina." Scoccò un bacio sulla spalla nuda ed il bikini si afflosciò sul mio braccio, che copriva il seno.

"A cosa devo tutta questa premura?" Mormorai, voltando il viso di centottanta gradi, scontrandolo con il suo.

Un mezzo sorriso gli ammorbidì le labbra, ma la luce nei suoi occhi tradiva l'aspetto parzialmente innocuo. "Mi fai quasi pena." Esordì ed io, imbarazzata, innervosita, delusa e ferita, mi voltai di scatto verso la doccia. Le sue mani mi riportarono attaccata al suo petto durante il mio primo passo. "E, sei l'unica persona al mondo per cui ho sempre avuto riguardo."

"Ma ora perché, se non me lo merito." La mia non era una domanda e lui lo sapeva.

Il suo naso mi accarezzò l'incavo nel collo, accendendo ogni scintilla di qualsiasi sentimento nel mio corpo. "Perché il tuo corpo è fatto per stare fra le mie mani ed un Oceano di distanza non lo permette."

Sussultai. "Mi stai dicendo che ti piaccio?"

"No, che mi piace toccarti. Ed io assecondo sempre i miei desideri." Mi prese in giro con la sua risata.

Abbandonai la guancia nelle ciocche di capelli scuri come la notte. "Uhm. Ho notato, ti è sempre piaciuto."

"-Perché- è la tua domanda preferita, non me la fai questa volta?" Domandò, mordicchiandomi il lobo dell'orecchio.

Io scossi la testa. "No."

"Te lo dirò comunque." Continuò, sbilanciandomi in avanti mentre prendeva a camminare per scortarmi fino all'entrata dell'ampia doccia dalle bordature color Tiffany.

"Perché nessuno voleva giocare con la bambina delicata che si faceva sempre male quando correva tra i fili d'erba del parco, perché nessuno osava posare un polpastrello su quella pelle che si arrossava troppo alla luce del sole, perché nessuno rischiava di farti male. Ed io lo vedevo quanto soffrivi quando ti escludevano perché eri fragile come un ramoscello."

Deglutii i ricordi. Avevamo quattro o cinque anni all'epoca, la mamma era preoccupata per la mia costituzione, una bambina fin troppo gracile che non mangiava nulla a parte bibite gassate ed orsetti gommosi. Fin quando un giorno tutto era cambiato.

"Mi hai tirato un ceffone, quel giorno. Ti ho odiato in segreto per un sacco di tempo." Confessai.

Wolfe alzò le mani fino a circondarmi il viso, il collo si voltò di nuovo verso di lui. "E tutti hanno capito che non ti saresti rotta."

Da quel momento la mia mano era sempre stata infilata nella sua qualsiasi cosa facessimo, una prolunga del mio stesso corpo. "Non è buffo come ora, invece, sembra che tutti vogliano rompermi?"

"Solo perché sempre indistruttibile." Sentenziò freddo.
Sussurrai appena. "E se fossi già rotta?"
"Ti riparerei." Ed il suo braccio mi circondò la vita.
Certo, solo perché così avrebbe potuto essere lui a farlo. Forse lo dissi ad alta voce, perché lui mi ripose. "Tu vuoi che sia io."
Scombussolata scossi la testa. Non ci capivo più niente, di nulla. Mi districai dalla sua presa leggera ed entrai nella doccia. "Vattene, adesso."

Con l'acqua calda passò anche la sbronza e quando uscii trovai inaspettatamente ed adagiato sul lavandino il completino rosa di La Perla con lingerie annessa, una vestaglia leggera e le mie pantofole pelose preferite. Spalmai l'olio di cocco sul corpo e feci la skin-care, solo una volta completati i miei rituali ed aver asciugato i capelli, spensi la luce e mi mossi a tentoni verso il bordo del letto.

Ogni volta che la mia testa si posava sul cuscino soffice era come se la paura bussasse alle porte del mio cuore. Si trattava di una sensazione strana e sconosciuta come se fossi nel posto sbagliato, non vi appartenessi più. La verità era che ero spaventata all'idea che quella diventasse la realtà. Io non volevo essere un'estranea nella mia stessa casa.

Mi addormentai per scappare da quel terrore, sperando di non incontrarlo in sogno.

Erano forse le quattro di mattina quando venni strappata dalla culla morbida delle braccia di Morfeo, colpevoli i rumori di passi pesanti e porte che sbattevano, complici schiamazzi non taciuti e cigolii causati dai piedi pestati sulle scale.

Un tonfo sordo rimbalzò sulla mia porta, segnalandomi che qualcuno fosse andato a sbattere contro di essa, subito dopo un altro rumore di passi incerti che si dirigeva in soccorso di colui che aveva subito lo schianto. Avevano bevuto ed era chiaro dai borbotti sommessi sconclusionati, dalle risate dopo la botta e dai passi sbilenchi e incauti.

Passò mezz'ora, probabilmente anche meno ed ero sdraiata supina sul letto, gli occhi fissi sul buio della mia stanza e la mente che stava per abbandonarsi di nuovo ad un piacevole oblio. Fin quando la mia porta non si aprì in uno spiraglio di buio più luminoso e un corpo conosciuto si spiaccicò sul mio, come burro sciolto sul pane.

Wolfe si era sdraiato su di me, i nasi che giocavano a sfiorarsi ed i ciuffi bagnanti dei capelli che mi solleticavano la parte alta della fronte, i gomiti bucavano il materasso all'altezza delle mie spalle.

"Che ci fai qui?" Gli chiesi, amareggiata di non poter guardare il maremoto azzurro muoversi in tempesta.

Wolfe mi soffiò sul viso come un vento caldo ed estivo dal sapore di menta. "Sono incazzato, bambina. Mi hanno detto una cosa."

"Si, ma sei sudato..." borbottai, allungando una mano sul retro dei capelli zuppi d'acqua. Ci avrei scommesso che dopo tutto ciò che era successo non avevano comunque rinunciato ad una nottata tra le braci del Fire.

Percepii il sorriso dispiegarsi sui lineamenti costretti in un'espressione torva che non potevo vedere.
"Mi sono fatto la doccia prima di venire qui, anche se, come ben sai, una come te non se lo merita." Disse con una voce così profonda da graffiarmi il cuore.

"Una come me sarebbe una traditrice." Avanzai l'affermazione senza timore.
Lui mi rispose subito, secco e tagliente. "Sì."

Senza preavviso spostò il viso nell'incavo del mio collo e ci sprofondò dentro, ribellandosi alla pressione che facevano i gomiti nel materasso per non schiacciarmi. Abbandonò totalmente il peso su di me, ma era come se io non lo sentissi. L'unica percezione che avevo era quella del suo naso contro la pelle fresca, delle labbra che mi ustionavano la linea della mandibola, fin quando non presi coraggio e gli abbracciai le spalle con entrambe le mani. I formicolii iniziarono a invadere il mio povero corpo assonnato.

"Vorrei non doverti odiare." Bofonchiò al lobo del mio orecchio, prima di schiacciare una sua mano grande sul mio viso.

Mi addolcii subito accarezzandogli le spalle. "Non devi, vuoi."

"Non so come fidarmi di nuovo di te." Mi confidò ancora nascosto tra il mio viso e la spalla.

"Fallo e basta." Provai a suggerirgli con un accenno di speranza sulla punta della lingua.

Lui m'imprigiono tra le braccia strette e disse: "no."

Sapevo che non avrei potuto ottenere una risposta diversa da quella, ma per qualche breve momento ero stata ottimista, o illusa.

Non capivo cosa gli passasse per la testa, un momento era goloso del mio dolore, quello dopo semplicemente dispettoso per poi trasformarsi in quella versione di lui che non riusciva a trattenere quella piccola scintilla di affetto che gli era rimasta nei miei confronti. Fiamma che stava crescendo a vista d'occhio da quando ero arrivata e che mi aveva contagiata in maniera irrevocabile.

La sua testa si alzò di scatto e puntò il lampeggiare dei suoi occhi nei miei, torvo, letale: lo sapeva.

"Davis è un uomo morto che cammina." Ringhiò fra i denti.

Scattai. "Non osare muovere un dito."

"Bella, bambina. Bugiarda, bambina. Stupida bambina, che non mi sta mai a sentire." Iniziò a dire, la voce più cupa ad ogni parola.

"Wolfe, promettimi che non ti avvicinerai a lui." Proferii, inchiodandogli il viso fra le mani.

Lui sorrise appena. "Col cazzo."

C'era solo un modo, non volevo che Alister subisse le ripercussioni di qualcosa che nemmeno esisteva e nemmeno che Wolfe si cacciasse in altri guai. "Puoi chiedere in cambio tutto quello che vuoi. Un favore per un favore."

Lui si fece silenzioso per qualche momento prima di dire: "sei disposta a così tanto per lui?"

Per te. Pensai, ma non lo dissi. Invece annuii e lui rimase in silenzio.

"Non sai cosa potrei chiederti e non metti condizioni. Hai già perso in partenza. Non ti ho insegnato niente?" Domandò irritato e divertito allo stesso tempo. Me lo aveva ripetuto per anni, mosse e contro mosse, il silenzio era un arma speciale perché qualcuno avrebbe dovuto riempirlo al posto tuo. Vantaggi in ogni dove e solo da scovare.

Sospirai. "Confido nella tua buon'anima."

"Oh bambina, no. Non farlo. Non confidare in nulla di buono in me, soprattutto se ci sei tu di mezzo. Ti dò la possibilità di rimangiartelo." Chiarì serio.

Io continuai per la mia strada. "Non mi rimangio niente. Dimmi cosa vuoi."

"Ci penserò, ma non ti assicuro niente. L'idea di colpirlo di nuovo è una tentazione assai più gradevole di ogni altra."

Una sua gamba s'infilò fra le mie, accaldandomi fin troppo, intossicandomi con la sola consapevolezza di averlo proprio lì. Denti mi morsero l'orecchio, un pollice percorse il contorno della mia mandibola fino ad arrivare al labbro inferiore. Lo pizzicò, separò le mie labbra, le torturò per poi muoversi con movimenti circolari sulla guancia mentre la sua bocca mi aggrediva la pelle, la lingua calda tirava via da me ogni supplica.

Un soffio lamentoso mi sfuggì prima di poterlo inghiottire e la cassa toracica del lupo rimbombò sulla mia in un suono grave e profondo, miele bollente sui miei sensi.

"Co-cosa fai?" Ero totalmente succube del suo incantesimo e, quando lui staccò inaspettatamente il viso dal mio collo, un inverosimile freddo mi attanagliò la gola.

Lo vidi sogghignare nel buio, avrei potuto giurare che su lato destro del viso si fosse appena aperta una fossetta, ma non potevo esserne sicura.

"Sto ricordando a tutti di chi sei." Tradussi mentalmente quella frase, un altro succhiotto avrebbe provocato ancora più scalpore del dovuto.

Fu il mio turno di sorridere per la soddisfazione. Tuffai la mano nei ciuffi ribelli di capelli umidi e glieli tirai appena indietro, alzando di poco le spalle per avvicinarmi al suo viso ed essere io la padrona dei suoi brividi, quella volta, sussurrandogli all'orecchio.

"Non è curioso che io abbia fatto la stessa cosa oggi? Lilien Loyd è stata ben contenta di far sapere a tutti che chi ti si avvicina firma la mia lista nera." Mi staccai abbastanza da guardarlo in faccia, ma sempre in modo da far sfiorare il mio naso con il suo. "Ed io mi curo di tutti i nomi che ci sono, lo sai."

Proprio come avevo avevo fatto con le Bailol e Miranda o anche peggio, molto peggio. Le mani di Wolfe mi strinsero la vita, spingendomi di nuovo con la testa sul cuscino.

Le sua labbra quasi sfiorarono le mie quando parlò di nuovo. "Sei sempre stata la mia compagna di giochi preferita per un motivo."

"Peccato che per te io sia il gioco, adesso." Sussurrai appena.

Sentii le labbra piegarsi in una linea sottile sulle mie. "No, mai. Siamo avversari, questo ricordatelo sempre."

"Non riesco mai a dimenticarmelo." Confidai.

Sembrò addolcire la sua presa, sospirò e l'aria calda mi solleticò le ciglia. "Io lo faccio, come quando sono entrato in questa stanza."

"Poi però ti ricordi." Continuai io per lui.

La sua riposta fu secca e decisa. "Sempre."

Ed io sprofondai nel materasso, sotto il suo peso e quello degli errori, sotto la voglia che avevo di stringerlo così forte da unirmi a lui per l'eternità, come se avessi potuto fonderci se solo fossi stata abbastanza forte da non lasciarlo andare.

E quindi lo feci, perché era lì e io potevo farlo. Gli allacciai le braccia al collo e lo spinsi verso di me, pregando con ogni fibra del mio corpo che facesse cadere per un secondo la maschera da lupo cattivo delle favole, per indossare quella che meglio conoscevo del cavaliere senza macchia, senza paura.

"Mi farai impazzire." Mormorò incerto, immobile e rigido come un palo infilato nella ferita del mio cuore. Non ascoltai nemmeno quello che mi disse, le mia gambe si avvinghiarono attorno al suo bacino e lo imprigionai.

Allora rise, davvero, ad alta voce e su di me. "É la danza del predatore o della preda?"

Sobbalzai sotto le scosse del suo petto. "Penso che lo scopriremo presto."

Rimanemmo in quella posizione, in silenzio, per un po'. Wolfe mi accarezzava la nuca ed io facevo lo stesso con le sue spalle, come se con quel semplice gesto avessi potuto spolverare via ogni particella di rancore. Sapevo che non era possibile farlo davvero, ma anche solo l'illusione di riuscire nell'impresa mi condusse via via sul bordo del precipizio del sonno. Ed un certo punto mi addormentai e fu come essere avvolta da una coperta di diamanti infrangibili, al di sotto della quale nulla e nessuno avrebbe mai potuto scalfirmi, raggiungermi, farmi male.

Stavo così bene che respiravo, che non avevo ansia o preoccupazioni, che avevo trovato la speranza e qualcosa di più, una chicca speciale smarrita da tempo: la gioia.

Salvo perdere tutto quando mi avrebbe lasciata.

§§§

Il preside Shepard non aveva convocato solamente la mia famiglia, al contrario aveva indetto un'assembla d'urgenza nell'aula magna del Beau Soleil. Il rumore dei tacchi alti infranse l'atmosfera di tensione che si era accumulata nella stanza adornata da stendardi con gli stemmi della scuola ed eleganti sedute bordate di blu reale ed oro.

La sala brulicava di studenti del terzo e quarto anno, i volti colpevoli erano segnati da occhiaie e cerchi scuri o da labbra trattenute fra i denti e guance risucchiate, torturate.

La minaccia dell'espulsione volteggiava sulle nostre teste come un avvoltoio o un uccello del malaugurio.

Shepard era costernato, Jaxon stava bene, ma il consiglio della scuola gli faceva pressioni affinché quell'accaduto potesse rappresentare un effetto deterrente per tutti coloro che avrebbero voluto, potuto, riprovarci in futuro.

"Capite bene che la situazione è alquanto grave. L'istituto non ha sporto denuncia per tutelare il colpevole, ma i provvedimenti che prenderà dovranno essere severi e dannosi quanto il comportamento sconsiderato che avete tenuto lo scorso venerdì." Aveva iniziato a dire da dietro il leggio, alle sue spalle l'intero e barbuto consiglio d'amministrazione. Gli occhi puntati sulle due fila occupate dalla mia famiglia.

Carter si sporse sulla sedia ed arrivò fino al mio orecchio, bussandomi sulla spalla. "Si mette male, dove cazzo è Wolfe?"

Buttai un occhio alla seduta vuota alla mia sinistra. La verità è che non avevo idea di dove fosse finito, quella mattina mi ero svegliata e lui era scomparso, lasciandomi a dubitare se quello che era successo la sera prima fosse stato solamente frutto della mia immaginazione.

"Non lo so, era già uscito prima che io e Noel scendessimo a colazione." Lo avvisai.
Dalla mia destra, il ribelle Hastings sogghignò. "Silenzio, ora arriviamo alla parte interessante."
Shepard riprese il suo discorso, puntando lo sguardo su ogni studente che trovava. "Chiunque sappia qualcosa riguardo alla serata precedente, dovrà dircela. Presto avremo i filmati delle telecamere di sorveglianza per capire chi era presente la scorsa notte e gradiremmo la vostra collaborazione per capire chi è stato l'organizzatore."

Un brusio s'impadronì dell'atmosfera tesa, alcuni riversavano le proprie preoccupazioni. Capivo i borsisti, la cui opportunità di studio al Beau Soleil avrebbe potuto aprire le porte di college le quali, senza la scuola, sarebbero rimaste serrate. Gli altri, invece non li comprendevo affatto.

"Merda." Sussurrai a Noel, avrei dovuto prevedere una cosa del genere. Se ci fosse stata una telecamera proprio sopra l'ingresso? C'era sicuramente.

Lui si sdraiò sullo schienale, senza nemmeno voltare la testa verso di me. "Tranquilla, sorellina. Hai parlato con lo zio?"

No, avevo negato il mio coinvolgimento anche con lui. Scossi la testa e mi voltai verso Cheryl, Veronica e Margot, tutte e tre mi rivolsero un cenno d'assenso: labbra serrate.

A quel punto il borbottio crebbe. Non dovetti guardare verso la porta per capire a chi si riferivano quei sussurri.

"Oddio."
"Guadate chi c'è."
"Secondo voi dove si era andato a cacciare?"
"E cosa importa? Ora è qui, almeno possiamo guardarlo."

La sagoma di re Wolfe occupò la maggior parte dell'altezza della porta d'entrata, si appoggiò appena allo stipite della porta con la spalla ed allacciò le caviglie fra di loro.

" 'Giorno, perdonate il ritardo." La fossetta sul lato destro del viso mi fece contorcere lo stomaco. Era ingiusto che fosse così bello, non era possibile nemmeno descriverlo a parole e renderne giustizia. Si trattava di uno splendore letale. Ancor più ingiusto il giro di parole per evitare di profondersi in scuse non sentite.

Il preside serrò la mascella e s'irrigidì sui due piedi, schiacciandosi contro il terreno. "Wolfe Hastings, gentile da parte tue degnarci della tua presenza."

Sul viso del lupo si aprì un sorriso altezzoso e si staccò dalla porta, scivolando a passi lenti per il corridoio creato dalle file di poltroncine. Quando i suoi occhi si allacciarono ai miei ed al posto vuoto al mio fianco, piegò appena la testa e ci sprofondò sopra, circondando il mio schienale con un braccio. Carter esalò un sospiro di sollievo.

"Ma dov'eri?" Domandai, schioccandogli un'occhiata obliqua.

Avvicinò la bocca al mio orecchio, tendendo il collo, ed una mano stretta a pugno sul mio grembo. "Salvavo il tuo bel culetto, ora puoi dirmi quanto sono stupendamente ingegnoso, incredibilmente avveduto, sorprendentemente oculato."

Aprì la mano, sulla mia e sulle mie gambe scivolò una scheda SD, la cassaforte che racchiudeva tutti i filmati di cui parlava Shepard.

Spalancai la bocca, stupefatta. La sua mano me la richiuse con uno scatto. "So che vuoi ringraziarmi, ma qui non è possibile farlo in questo modo. Oppure si?" Sgranò gli occhi e si mise a ridere quando le mie guance si tinsero di rosso.

Aveva davvero alluso a... quello? Sicuramente Carter e Noel lo avevano sentito e mi avrebbero fatta impazzire per quello.

Gli sferrai un pugno sul braccio. "Smettila! Gli auto elogi ti hanno dato alla testa."
Noel s'intromise. "Naaaah, non gli auto elogi. Sono convito che si tratti di altro che..."
Il mio piccolo scatto violentò colpì anche lui. "Chiudi quella boccaccia, non ti ho ancora dato i croccantini, però la minaccia rimane la stessa."

Impegnata a fronteggiare quei due non mi ero nemmeno accorta di tutte le teste voltate nella nostra direzione, compresa quella del consiglio e del preside. La mano di Wolfe sguisciò in direzione della scheda e se la riportò nella tasca, mugolando qualcosa di simile a: "rimanderemo i ringraziamenti a più tardi."

Il preside strinse le labbra in una linea tesa quando l'esponente del consiglio, capelli brizzolati a parte, ci indicò con il mento. Non avrebbe voluto rimproverarci, non dopo tutte le donazioni dello zio, ma non c'era nessuna via di scampo.

"Fuori." Disse, lasciandoci sbigottiti. Passò una manciata di secondi prima che riprendesse a parlare. "Ho detto: fuori, fatevi trovare nel mio ufficio alla fine dell'assemblea. Vi consiglio caldamente di chiamare casa." Concluse.

Scattai sui piedi e guardai i due fratelli Hastings ai miei lati, ancora seduti. Solo quando gli scoccai un'occhiata di avvertimento si alzarono anche loro e ci dirigemmo verso la porta sotto lo sguardo attento e quasi sognante di tutti i presenti.

Shepard c'interruppe ancora con il suono della sua voce. "Tutti, fuori. Hastings e Broadhurst." Non capivo quale bisogno ci fosse di mandarci tutti via, gli altri erano relativamente tranquilli, quella mattina.

Dorian scoppiò in una risata sonora, dondolando con la testa indietro sulla sedia. Il gemello lo raggelò con lo sguardo, ma lui non si lasciò intimidire. Sicuramente non era un codardo, ma neanche un ravveduto.

"Nemmeno si rende conto che ci fa solo un favore, questa riunione oltre che ad essere noiosa è anche inutile." Non gli diede nemmeno tempo di replica, che ci superò sull'uscio ed attraversò il corridoio. 

Un mano fregiata d'inchiostro si aprì sul retro della mia schiena, spingendomi in avanti.

"Vai." Borbottò la voce cupa alle mie spalle quando fummo raggiunti dal resto della famiglia.

Alla fine fummo gli ultimi ad uscire, non prima di voltarci un'ultima volta a guadare il consiglio.

"È diverso dal solito." Sussurrai, dando voce alle mie paure.

Nella sala d'attesa della presidenza ci accolse la signora Hops. Ormai un pezzo d'antiquariato della direzione del Beau Soleil negli ultimi anni.

Non appena ci vide varcare la soglia, come uno squadrone che si avvicinava alla battaglia, si sistemò il foulard a fiocco sul collo ed il profumo di acqua alla rosa mi invase le narici.

"Ancora qui? Ma cosa devo fare con voi?" Domandò accigliata, scuotendo la testa.

Noel le sorrise con fare seducente, provarci con quella che avrebbe potuto essere sua nonna si era sempre rivelata un'arma a suo vantaggio. "Mercedes, farmi cacciare qui è l'unico modo che ho per vederti."

"Sciocco di un Hastings..." borbottai io alle sue spalle mentre lui continuava il suo flirt con la segretaria. Almeno, entro poco, ci avrebbe offerto una tazza di tè direttamente della scorta del preside. Si sarebbe infuriato.

Wolfe alzò un sopracciglio, doveva aver sentito quello che avevo detto. "Hum. Non quanto te, siccome per l'ennesima volta non hai pensato prima di agire."

"Io ho pensato." Sbottai quando avrei dovuto mordermi la lingua.

Mi provocò assieme a quelle maledette fossette. Sapeva meglio di chiunque altro come irritarmi. "Allora sei diventata stupida nottetempo. É persino peggio." Mi afferrò una ciocca di capelli, arrotolandola nelle dita per poi strattonarla verso di se. "Sto aspettando." Disse divertito.

"Vuoi che ti ringrazi per i filmati, eh?" Sogghignai prima di avvicinarmi definitivamente a lui ed appoggiargli il mento sui pettorali, allora alzai lo sguardo.

Wolfe annuì con sospetto e fece scorrere le dita libere alla base della schiena. "Suppongo che tu me lo deva."

Lo presi alla sprovvista, alzandomi sulle punte per arrivare alla sua guancia, alla quale scoccai un rapidissimo bacio affettuoso. Sbattei perfino le ciglia, palesemente come gesto ironico e arruffianai un "grazie" sentito, ma non troppo.

"Non volevo essere ringraziato così." Il graffio della voce gli fece palpitare il petto sul mio, regalandomi vibrazioni sotto la pelle.

Anche a quel punto, finsi innocenza e sgranai gli occhi. "Cosa può fare una ragazza?"

Un ghignò malizioso gli attraversò il viso, gli occhi liquidi luccicavano in pozze di miele denso e scaldato al sole. "Un paio di idee le ho." E così, il pollice mi trapassò la linea della bocca prima di raccogliersi, assieme al resto delle dita, alla base della nuca.

Stesi il prepotente con un verità assoluta, mordicchiandomi il labbro inferiore.
"A dire il vero, anche io." Da ultimo roteai gli occhi e gli diedi le spalle, lasciandolo indietro a cuocere nella confusione, così come lui aveva fatto con me fino ad allora

Uscii dalla sala d'attesa e feci cenno a tutti gli altri di seguirmi mentre la signorina Hops si addentrava nell'ufficio per razziare le scorte di pasticcini di frolla e cioccolato e di tè al limone della presidenza. Noel uscì con un'alzata di spalle.

"Sappiamo come funziona." Decretai, fermandomi nel corridoio illuminato della scuola.

Wolfe si appoggiò alla parete, le caviglie incrociate e lo sguardo perso sul telefono. "Se nessuno parla, nessuno finisce nei guai."

"Si, ma chi ha aperto la scuola?" Domandò Nate, preoccupato.

Il resto di noi lo ignorò e il re indiscusso del Beau Soleil riprese la parola. "Siamo tutti d'accordo?"

Passarono pochi attimi di silenzio prima che quasi tutti annuissero con convinzione. Cole borbottò sottovoce, per paura che qualcuno lo sentisse. Wolfe non si prese il disturbo di alzare il naso dallo schermo. "Ma non stiamo esagerando? Non è colpa nostra, questa volta, non potranno dirci niente."

"Può darsi, ma sapete che funziona. Tutte le volte." Decretai senza dargli peso.

"Non espellerà nessuno. Il cda ci prova, ma appena riceve una nuova donazione tutto torna alla normalità." Ci tenne a chiarire Noel.

"Basta così. Nate, Carter, fate sapere a tutti gli studenti che nessuno dovrà fare parola dell'accaduto. Venerdì sera non è esistito." Ordinò turpemente il secondogenito Hastings.

"Wolfe a cosa cazzo serve? Sanno tutti che noi eravamo lì, non crederanno mai che eravamo da soli." Chiese Daniel.

Il lupo strinse la mascella e mi scoccò un'occhiata obliqua. "No, ma se inizieranno a fare domande credi davvero che non daranno la colpa a noi?"

"I ragazzi non punterebbero mai il dito su di noi, lo sai." Chiarì Daniel, allo stesso tempo, però tralasciava un dettaglio importate e Wolfe non perse tempo a farglielo notare.

"Non su di noi, ma dubito che a qualcuno non verrà l'idea di fare il nome di tua sorella."

Daniel sbiancò all'istante, cadendo nella consapevolezza più assoluta. Nessuno si sarebbe mai nemmeno sognato di rivoltarsi contro di loro, ma se si consideravano gli avvenimenti dell'ultimo periodo -in cui avevo reso la vita difficile a chi aveva fatto lo stesso con me- quella rappresentava un'opportunità troppo ghiotta per farsela sfuggire.

Il bello? Per quella volta non avrebbero avuto nemmeno torto.

Una risata amara provenne da Nate. "Stai toccando il fondo. Ammetti che la scuola l'hai aperta tu, ti copriremo tutti. Non mettere in mezzo Blake quando sappiamo benissimo che non te ne frega un accidente."

Mi voltai di scatto verso il mio gemello, tra tutti i momenti in cui avrebbe potuto difendermi quello non era il più appropriato. "Nate, lascia stare."

"Non lascio stare. Sta facendo l'ipocrita e tu ci vai di mezzo." Sbottò lui.

Wolfe si rabbuiò, ma mantenne l'inquietante calma. "Con la tua, d' ipocrisia, mi ci pulisco il culo. Da quanto è arrivata non hai fatto un emerito cazzo per aiutarla, non vedo perché farlo adesso che nemmeno è necessario."

"Ti ho detto miliardi di volte di lasciarla in pace." Ringhiò mio fratello, facendo un passo avanti.

Il lupo si erse sulla schiena, diritto e statutario, pronto a ripetere il suo mantra preferito. "Azioni, Nathaniel. Non parole. E tu, di azioni, non ne hai fatta nemmeno mezza."

Mi spostai in modo tale da frappormi fra tutti e due, Nate si avvicinava lentamente anche se Wolfe rimaneva immobile, con le mani piantate nelle tasche.

Appoggiai i palmi sulle spalle del mio gemello. "Nate, non c'è nessun problema. Questa volta non c'è nulla sotto, in qualche strano modo sta cercando di aiutarmi."

"Sei troppo soggiogata da lui per capire la verità. Lascia risolvere a me questa faccenda." Mi parlò come se fossi una bambina non in grado di capire cosa stesse succedono.

Un braccio mi si avvitò attorno al bacino e mi portò indietro. Wolfe mi superò subito dopo essersi assicurato che fossi alla sue spalle, riportando le mani nelle tasche.

Testa a testa, il mio gemello e quello che era stato il mio migliore amico, il secondo poco più alto, sicuramente più largo di spalle e di corporatura più robusta.

Parlò a voce bassa, ricolma dell'autorità di colui che avevamo scelto come capo branco. "Quando ti dico che non sono stato io, intendo esattamente questo. Sei come un fratello, dovresti sapere che non mi nascondo dietro nessuno. Tantomeno userei la bambina per coprirmi e, qualsiasi rapporto intercorra fra me e lei, non sono assolutamente cazzi tuoi."

Dorian si strinse nelle spalle, il suo sguardo saettava dall'uno all'altro in attesa di capire quale sarebbe stata la prossima mossa. Erano tutti tesi ed in allerta, pronti a scattare al minimo segnale di cedimento da parte di uno dei due. Non litigavamo mai per cose sciocche e quella lo era. Bisticciavamo, certo, ma il comportamento di Nate poteva solo delineare una serie ben più lunga di pensieri taciuti e rinchiusi, che rischiavano di scivolargli via tutti insieme se non si fosse controllato. Avrei dovuto parlare con il mio gemello, attività che in quel periodo facevo fin troppo poco.

Noel mi avvicinò di soppiatto. "Dovresti dirglielo."
"Ma ieri mi hai detto di non farlo!" Bisbigliai.
Lui aprì le mani sui lati. "Ieri era ieri, oggi è... oggi. Diglielo."

"Ormai è troppo tardi, si arrabbieranno ancora di più per la bugia e non sono nella posizione di ricordargli perché ce l'avevano con me quando sono tornata." Chiarii.

Noel ridacchiò a bassa voce. "Diremo che Wolfe ti ha detto di non dirlo, non se la prenderanno con lui."

"Figurati. Wolfe non mi reggerebbe il gioco."

Quello che disse dopo non mi lasciò andare per tutto il resto della giornata. "Non è quello che sta facendo ora?"

Ci voltammo in sincrono per assistere alla scena. Nate stava alzando la voce contro Wolfe, che al contrario rimaneva silenzioso. Quasi come se infastidirlo fosse impossibile.

"...potrai anche prenderti gioco di Blake, ma non riuscirai a fregare me." Fu quello che riuscii a sentire dopo aver riportato l'attenzione su di loro.

M'innervosii seduta stante. "Stai per caso insinuando, cosa? Che io non sia abbastanza sveglia da accorgermi che qualcuno vuole ingannarmi?"

"Non ho detto questo!" Si difese. "Il problema lo hai solo con lui." Spiegò.

Strabuzzai gli occhi e mi feci avanti, colpita nell'orgoglio. "Prego?"

"Stanne fuori, questa cosa va risolta una volta per tutte. La deve smettere di metterti i piedi in testa." Le sue parole furono come uno schiaffo in faccia. Mi chiesi da quanto ci stava rimuginando e perché non me ne avesse parlato in separata sede.

Wolfe era un mio punto debole, ma non ero né una sciocca né una sprovveduta.

"Quello che dovrebbe farsi i fatti suoi qui, sei tu. Non ho problemi che necessitano del tuo aiuto affinché io li risolva e, se non vuoi litigare con me, faresti meglio a fare marcia indietro." Minacciai velatamente. "Qualsiasi sia la tua perplessità potrai affrontarla direttamente con me."

"Non capisci..." iniziò a dire, ma io lo bloccai all'istante appena sentii il tono insipido con cui mi parlava.

"Perché mi stai trattando come una rimbambita?" Insinuai la domanda.

Le parole di Nate s'risuonarono con veleno. "Perché tu ti comporti come una di loro?"

Fui investita da un fiume in piena di sbigottimento, mio fratello non si era mai comportato in quel modo. Mi aveva spalleggiata in ogni occasione, perfino quando dentro casa era il mio unico alleato. Wolfe aveva torto quando parlava di azioni, perché se era vero che quelle erano necessarie, altrettanto facevano le parole.

La temperatura nella stanza si alzò ancora quando il lupo del Beau Soleil si stagliò affianco a me. "L'ultima cosa di cui Blake ha bisogno è aggiungere i tuoi giudizi a quegli degli altri. Dacci un taglio."

"Ovviamente tu sai quello di cui lei ha bisogno, perché te lo ha detto." Sbottò Nate.

Wolfe sogghignò appena. "Non è necessario. Conosco la bambina abbastanza da sapere che il tuo giudizio la ferisce e che in questo momento è incazzata con me perché mi sto intromettendo."

Mio fratello balzò in avanti. "E a te cosa te ne importa?"

"La verità non è diversa, che m'importi o meno." Aggiunse fin troppo tranquillo. Mi stupiva vederlo così padrone di se, a suo agio nel litigio, nuotando in una torbida collera e mantendo il controllo di ogni bracciata.

Cole s'infilò nel discorso. "Siamo tutti nervosi, discutere fra noi non ci porta da nessuna parte e voi due siete gli ultimi che dovrebbero farlo." Si affiancò al mio gemello e lo guardò in faccia. "Se Wolfe dice che non è stato lui: non è stato lui. Tu lo sai."

"Concordo." Aggiunse Dorian. "Ci sta sfuggendo di mano la situazione."
"Facciamo un recap." Propose Daniel.

A quel punto Dorian fece la fatidica domanda. "Dobbiamo coprire uno di noi? Se è così lo dica adesso, oppure taccia per sempre."

Noel mi pizzicò un fianco, ma i miei occhi impauriti s'incastrarono in quelli di Wolfe. Avevo paura di quella che sarebbe potuta essere la loro reazione, se si fossero arrabbiati perché gli avevo mentito sulla festa non avrei saputo come rimediare.

Quando lui guardò verso l'alto, scosse la testa.
Ed io rimasi in silenzio.

Secondi o minuti di stallo, come se ci fossimo impantananti nel fango e nessuno volesse proseguire con la prossima mossa senza immaginare cosa avrebbe fatto l'altro. Era una danza complicata, ferirci a vicenda non era contemplato, ma caratteri come i nostri non avrebbero ceduto un centimetro guadagnato.

Il silenzio fu il mezzo per non combinare l'ennesimo disastro e ci accompagnò fino al momento in cui la Hops c'invitò a sederci per il tè.

Wolfe e Noel si sedettero con me sul piccolo divano, si scambiavano occhiatacce gelide, trapassandomi la testa.

"Che avete voi due?" Sbottai sottovoce.

Noel addentò la pasta frolla. "Non capisco perché ti abbia detto di non dire nulla e tu l'abbia ascoltato."

"Non ho detto niente. Questo, comunque, non è il posto giusto per dire certe cose." Il lupo alzò di nuovo la testa verso l'alto. Capii: le telecamere, probabilmente facevano parte di un sistema di sorveglianza adeguato a proteggere da eventuali incursioni l'archivio studenti, situato in presidenza.

Noel sghignazzò. "Fottuta mente criminale."

Le risate però arrivarono nel momento meno opportuno, perché anche se spolverarono via la tensione per qualche minuto, furono motivo stesso di altri rimproveri.

Zio Killian oltrepassò l'entrata come se fosse il padrone del mondo e forse lo era davvero. Il blu notte dell'abito Armani lo fasciava di eleganza e cupo potere. Alle sue spalle un intero entourage cucibocche-tappaorecchie, Jonathan: il suo assistente personale e l'avvocato Snorweed. 

"Non è bello che i miei nipoti non si perdano mai d'animo?" Ironizzò a non si sa chi.

Fu il PR manager, George, a rispondere. "Stupefacente."

Lo zio non ci lasciò replica. "Alzatevi ragazzi, andiamo a casa."

"Shepard vuole vederci qui assieme al cda, tu come hai fatto a saperlo? Nessuno di noi ti ha chiamato." O almeno così pensavo.

Killian sorrise. "Con il consiglio se la vedranno George, Jonathan e Snorweed, noi invece a andiamo a casa. Non subirete un processo." I gemelli furono i primi ad alzarsi, fin tropo contenti di non essere i destinatari l'ennesima ramanzina la prima volta che erano innocenti.

Eravamo sulle scale dell'uscita quando un pensiero di balenò nella testa.

"Lo hai avvertito tu, non è così? Prima, quando stavi al telefono." Domandai a Wolfe.

Lui nemmeno mi guardò in faccia quando mi donò uno sfacciatissimo: "sì" per poi superarmi e trascinare Nate nella Range Rover.

Sparirono prima che io potessi chiedermi cosa diavolo si sarebbero detti. Noel mi lesse nel pensiero.

"É arrabbiato. Non invidio tuo fratello, passerà un'ora terribile."
Ed io, mi permisi di sorridere almeno per un secondo.

Angolo autrice:

⭐️Grazie per tutto il supporto! Aspetto di sapere cosa ne pensate di questo capitolo. ❤️‍🔥🐺

I nostri due avversari questa volta sono quasi dalla stessa parte della barricata. Potrebbe esserci qualcosa sotto... o forse no, chi lo sa. Per saperlo dovremo aspettare le prossime svolte.

⚠️Vi dico che nei prossimi capitoli ci saranno turbolenze. 🥊🛩🏎🥩🐝🤐

Ricordatevi che ancora tutti i segreti sono seppelliti, tra cui quello di Noel e Blake oppure i segreti di Wolfe (ricordate la discussione con Killian?) e altro 🤐prima o poi qualcosa dovrà venire fuori.

Gli HB sono un po' nei guai...
qualcuno che conoscete...

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