24. chiavi della discordia
Parte uno, la parte due sarà il prossimo capitolo.
Il cappellaio matto disse:
«In un mondo di pazzi, dare un senso non ha senso.»
Spunti e dedica per il capitolo, gossip girl. XoXo
"Parlano le voci urlanti di verità: chiavi e serrature, porte e mondi proibiti.
Ma cosa succede quando si spalanca quella che da sulla giunta selvaggia? Lo sa la famiglia HB, perché anche se dalle colline di Beverly Hills il mondo è esattamente come appare, dall'attico di un ufficio di Pubbliche Relazioni a Hollywood la vista è totalmente diversa.
Ebbene si, questa volta siamo noi a dirlo: beccati e... colpevoli!
Alcuni li chiamano guilty pleasures, noi errori madornali."
Conseguenze era la parola del giorno. Per capirle, però andava fatto un passo indietro e tornare a venerdì sera, quando reduce dalla mia autocommiserazione dovuta al fatto che Wolfe non mi parlasse dalla serata al Marmont, avevo deciso di commettere il piccolo misfatto.
"Non si può! Commettiamo un'effrazione." Aveva detto Ronnie, cetrioli sugli occhi, maschera all'argilla cosparsa sul viso. Eravamo immerse in un percorso relax nella zona wellness di casa mia.
Cheryl, invece, avvolta dalla vestaglia di seta e con le mani impegnate in un trattamento alla paraffina, aveva ammiccato. "Non è effrazione se abbiamo le chiavi."
Così era cominciato il nostro viaggio tra i gironi danteschi e se la via per l'inferno era lastricata di buone intenzioni, qual era la nostra? Semplice: divertirsi.
Finnegan Madigan si era tuffato in piscina per primo, nell'esatto istante in cui avevo aperto la porta della palestra del Beau Soleil Institute. Era all'incirca mezzanotte, il custode non c'era più, ma c'eravamo noi. Armati di casse di champagne, musica e risate.
Ora, molti si chiederanno perché tra tutte le mansion, gli alberghi, le spa, in cui avremmo potuto organizzare una festa, avevamo scelto l'unico posto in cui era vietato farlo.
La parola adrenalina, vi dice qualcosa?
A me si, quindi quando il termine «proibito» era apparso come una luce al led nella mia testa, avevo deciso di ignorarlo, altroché, era stato proprio una tentazione somigliante alla perfetta glassa di un'Iris Cake. Impossibile non darle almeno un morso.
La stanza buia s'illuminò di caos, gli studenti facevano a gara per accaparrarsi i drink prima degli altri. Avevamo sistemato le postazioni del alcol alla rinfusa, attorno al bordo della piscina su bassi tavoli laccati di vernice lucida. Sulla sedia del bagnino, che da vedetta staccava di tre metri buoni da terra, era stato incastrato l'impianto stereo che la faceva da padrone, sottomettendo le chiacchiere e le lamentele delle ragazze che invidiavano il bikini altrui.
"Avrei preferito vederti indossare un due pezzi, invece che con costume intero. Dove lo hai preso, nel borsone di nuoto?" Ridacchiò Noel, incrociando le braccia al petto, mentre il bicchiere vuoto andava in frantumi sul pavimento.
"Perché parli con me invece di provarci con qualche povera sfortunata?" Rimbeccai piccata.
Il terzogenito Hastings arricciò le labbra e sogghignò appena. "Quello che ho davanti è molto più interessante."
Alzai un sopracciglio, a metà tra la confusione e la preoccupazione. "Devi essere davvero ubriaco per fare delle avances a me."
"O davvero stupido..." aggiunse una voce fuori campo.
Quando mi voltai mi accorsi che proveniva dal mio gemello, i capelli biondi appena bagnati ed il torace muscoloso e ricoperto da imperlature d'acqua.
Gli occhi chiari di Nate luccicarono nella stanza quando appoggiò il gomito alla mia spalla.
"Marvor, Le Rose, Beau Soleil, un miracolo vederli insieme senza farsi la guerra e tu lo hai compiuto."
Quello che doveva essere un piccolo ritrovo per i ragazzi del terzo anno, era diventato la festa della settimana ed in poche ore qualsiasi giovane rampollo di Beverly Hills si era presentato alla porta. "I segreti ci uniscono, fratello."
A quel punto il frastuono dall'altro lato della piscina interruppe la nostra conversazione.
Noel borbottò qualcosa di simile ad un "ruberanno tutti i galleggianti."
Tutti e quattro i gemelli entrano nella sala, scrutando minuziosamente la folla davanti a loro, alla ricerca di qualcosa, qualcuno, ma s'interruppero quando i loro occhi si posarono su di noi e Dorian fece un cenno nella nostra direzione. Qualsiasi essere di sesso femminile smise di fare qualsiasi cosa stesse facendo per ammirare i diavoli a coppia nella loro danza dell'ira mentre ci raggiungevano.
"Chiunque abbia organizzato questa festa finirà nei guai." Affermò Daniel.
Noel mi guardò attraverso le ciglia scure e celò un occhiolino, voltando la testa dall'altra parte. Era meglio che nessuno sapesse chi aveva organizzato il party, nemmeno i gemelli o Nathaniel, qualche drink di troppo e nel bel mezzo di un menage-à-trois si sarebbero lasciati sfuggire la notizia.
"Guai... ora non esagererei." Svagai a disagio, allungandomi verso il tavolino dietro di noi per accaparrarmi un altro drink.
Dorian incrociò le braccia muscolose sul petto. "Non esagero per niente. Tu ne sai qualcosa?"
"Cosa, no! Perché dovrei saperlo." Borbottai, dimostrando una calma che in realtà non possedevo. Avevo preso una decisone troppo impulsiva, non avevo pensato alle ripercussioni che avrebbe avuto quel gesto avventato sul nome, già macchiato dallo scandalo, della nostra famiglia. Sebbene, alla fine, la colpa fosse solo mia.
Cheryl mi salvò dall'impaccio, intravidi prima la chioma e poi il costume rosso Valentino. La pelle diafana rifletteva nella caotica penombra, mettendo in mostra il contrasto con la mia ambrata quando mi girò le dita attorno al polso per trascinarmi dietro di lei.
"Non ti stai divertendo e si vede." Annunciò contrita, prima di continuare. "Lo champagne non è di suo gradimento, principessa?" Disse, indicando il bicchiere ancora pieno che tenevo fra le mani.
Con sfida lo bevvi tutto di un sorso, mandando giù l'ultima delle mie preoccupazioni. il danno ormai era fatto, stava a me godermelo tutto.
Poco dopo ci tuffammo in acqua, chiacchieravamo degli ultimi gossip assieme a Ronnie, Margot ed altre studentesse quando Lilien Loyd, la sorella dell'ex fidanzata di Henry Coventry che usciva con Cheryl, si aggiunse al nostro quadretto.
"Cosa stanno confabulando le mie stronze aristocratiche preferite?" Il gloss alla ciliegia ancora perfettamente intatto sulle labbra a forma di cuore.
Sorrisi tra me e me per quell'affermazione. "Ma sentitela, tua sorella non ti ha ancora fatta scappare?"
"Non tutte possiamo vivere con dieci dei greci, qualcuna deve pur soffrire accanto ad Ursula." Rispose imbronciata. Ursula era il nome che usavamo per Savannah, la vecchia fidanzata di Henry era veramente un mostro con i tentacoli.
"La mia porta sarà sempre aperta per te." Scherzai, ma lei scosse la testa in un gesto brusco.
"Mi piacerebbe, ma i miei genitori potrebbero diseredarmi se venissero a sapere che ho messo piede nel covo di voi diavoli."
Scoppiamo tutte in una risata generale, fine quando proprio Lilein non diede il via al prossimo giro di pettegolezzi.
"Non vedo il lupo cattivo, Bee. Dove lo hai lasciato?"
Ronnie rispose al posto mio. "Non si vede da due giorni."
"Il suo umore è pessimo, anche se non lo da a vedere. Tipico di Wolfe. I genitori di Alister hanno insistito affinché il preside lo sospendesse dal campionato di football per almeno un mese." Chiarì Margot.
Lilien strabuzzò gli occhi. "E perché mai?"
"Perché ha rifatto i connotati al figlio al ballo dell'homecoming, ti si è rotto il telefono per caso?" Fu, ovviamente, Cheryl a riguardarla.
"Il capitano dei Rams è fuori dai giochi per un mese?" Trillò Lilien sconvolta e divertita allo stesso tempo. "Zio Hastings sarà su tutte le furie..."
Feci spallucce. "Lo è, ma non lo ha denunciato. Per essere chiari poi, è giusto. Wolfe deve imparare che non può decidere delle vite degli altri."
"Se vuole può decidere della mia." Ammiccò la piccola Loyd.
Qualcosa alla bocca dello stomaco risalì più in fretta di quanto volessi e le parole si incastrarono sulla lingua prima che potessi fermarle. "Non è una questione di cosa vuole, ma di cosa voglio io e, se te lo stessi chiedendo, quello che voglio è che tu gli stia assolutamente fuori dai piedi. Altrimenti Ursula sarà l'ultima delle tue preoccupazioni."
Non lo avevo detto,
non lo avevo detto,
non-lo-avevo-detto.
"Mi sa che qualcuno qui ha ritirato fuori gli artigli. Ciao Blake, bentornata." Mi prese in giro Ronnie. "Mi chiedevo dove fossi finita da quel «se lo rende felice allora non farò niente» che ci aveva propinato l'altra te un mese fa."
Lo avevo detto e non potevo nemmeno rimangiarmelo senza fare la figura della smidollata. Intrapresa quella via avrei dovuto percorrerla fino alla fine, qualsiasi sarebbe stata la destinazione.
"Quindi? Mi sembra corretto. Anzi, Lilien, è meglio che tu faccia sapere in giro che Wolfe Hastings è off-limits. Se io devo sopportare le sue continue incursioni nella mia vita amorosa, è bene che lui non abbia nemmeno la parvenza di avere una."
Forse era la rabbia per come mi aveva ignorata in quei giorni o forse la frustrazione causata dal fatto che non riuscissi ad ottenere il perdono, probabilmente le parole di Noel ancora mi rimbombavano nella testa. Se volevo riportare le cose al loro stato originario dovevo essere la prima a comportarmi come avrei fatto un tempo, senza nascondermi dietro la paura e il rimorso o la colpa.
L'insulsa Loyd annuì improvvisamente pallida. "Farò come hai detto. Altro da aggiungere?"
"Puoi anche dire, che sono tornata per riprendermi ciò che è mio e che non ho intenzione di andarmene." Fu l'ultima cosa che le riferii prima di immergermi completamente sott'acqua e di riaffiorare solamente quando il suo viso fosse scomparso dalla mia vista.
Il mio gruppo di amiche sghignazzò soddisfatto, finalmente avevano ottenuto quello che volevano, la vetta era di nuovo raggiunta. Margot alla fine lo aveva predetto, il trono di serpi sarebbe stato mio quando lo avessi voluto. E lo volevo, mi era stato chiaro fin dalla sera del ballo quando avevo spedito le trix a Ben Nevis, a quel punto era noto anche a tutti gli altri. Forse le mie motivazioni erano egoistiche, probabilmente il fattore Hastings c'entrava più di quanto volessi ammettere, di sicuro non avevo intenzione di essere il bersaglio del tiro a segno con il cibo della mensa o di essere rinchiusa nel ripostiglio dell'inserviente.
Gocciolante feci leva sulle braccia per sporgermi oltre il bordo della piscina e raggiungere il ripiano basso del tavolo, una bottiglia da condividere con il mio passato per brindare a quello che sarebbe stato il mio futuro.
Prima che potessi rientrare completamente in acqua due mani ruvide mi si arrotolarono attorno alle braccia.
"Perché mi stai evitando?" Mi chiese Alister. I lividi attorno all'occhio erano praticamente spariti, rimaneva solamente un leggero alone giallastro sullo zigomo destro, ma le noccioline gentili erano al sicuro.
Mi mossi a disagio nell'acqua, professando un'altra bugia. "Ti evito?"
M'interruppe prima che potessi propinargli la menzogna. "Da quando siamo tornati da Palm Springs non rispondi alle mie chiamate o ai messaggi, perché non ti fai vedere?"
"Davvero? Non mi ricordo." Mentivo e faceva parte di me. Condannatemi anche, ma lui si meritava di meglio che entrare nei cocci sparsi della mia vita.
"Allora ti ricordi dove eravamo rimasti la sera del Homecoming Prom?" Avanzò la domanda con voce rauca, mentre il suo naso si avvicinava al mio come preludio di un disastro di portata epica.
Deglutii la tensione annidata nel mio corpo. "Poterei, si."
"Blake." Sussurrò lui a pochi centimetri dalla mia bocca.
Gli misi le mani sul petto, per mettere un po' di distanza fra di noi. "Cosa stai facendo?"
"Questo." E abbattè le labbra sulle mie. Erano calde, appiccicose, al gusto di Vodka e... erba?
Serrai la bocca e mi spostai appena prima che la sua lingua potesse cercare la mia. "No, fermo." Ordinai.
"Non ti piaccio, giusto? Mi hai preso in giro tutto questo tempo per far ingelosire lui." Proferì a denti stretti, azzerando la breve distanza che avevo imposto fra di noi.
Scossi la testa, l'acqua che spruzzava sui nostri corpi in ogni momento. "Non è così che stanno le cose. Tu mi piaci ed al ballo ho quasi pensato che le cose tra di noi potessero funzionare, ma poi è diventato chiaro che non è così."
"L'unica cosa chiara qui è che tu sei totalmente sottomessa a lui!" Sbottò irritato, ci guadagnammo qualche sguardo da parte dei ragazzi che avevamo attorno.
Lasciai stare il nervosismo ed accolsi la razionalità, che mi seguiva ovunque quando ero in sue compagnia. "Sei arrabbiato e lo capisco, ma non dire nulla di cui potresti pentirti. Ti considero un amico, Alister. Non voglio che tu ti faccia del male. Mi dispiace se tra di noi non ha funzionato e non dipende da Wolfe, ma da me e da te."
"Credi davvero a quello che dici? Non è mai esistito un noi, Blake. Lui si è sempre messo in mezzo, fin dal primo giorno sulla spiaggia non c'è mai stata un'occasione in cui io e te potessimo starcene un po' da soli." La rabbia era evidente, me lo raccontavano gli occhi ridotti a due fessure, il petto impegnato in movimenti veloci, i pugni serrati che intravedevo sotto la superficie dell'acqua.
"Lui è la mia famiglia." Poteva sembrare una spiegazione da niente, ma in realtà era tutto. Wolfe era la mia casa, da sempre.
Una risata tagliò l'intimità fra di noi, la ruppe senza chiedere il permesso, trasformandola in un conflitto tra attacco e difesa. "Famiglia è chi ti protegge, chi ti vuole bene come te ne voglio io. Non qualcuno che ti detesta e gioca con te perché si annoia."
"Non essere presuntuoso, Alister. Rimandiamo questo discorso a domani mattina." Sarebbe stato meglio chiarire quella situazione in un secondo momento, senza i miei fratelli a fare le vedette ai quattro lati della piscina.
Uscii dall'acqua e mi avvolsi attorno un telo leggero, tamponando i cappelli zuppi. Infilate le ciabattine di Hermes afferrai la bottiglia che avevo lasciato a terra per il collo e me la portai alla bocca.
"Qualcuno è nervoso." Notò Carter da sopra alla mia spalla.
Nemmeno risposi alla sua affermazione e lasciai che lo champagne calmasse i miei nervi.
"Dov'è tuo fratello?"
Lui ammiccò. "Quale dei tanti?"
Alzai un sopracciglio ed attesi che mi desse una risposta, i suoi occhi puntarono il lato opposto della piscina, dove con le spalle al muro ed un immancabile cipiglio sul viso si trovava Wolfe, in compagnia di Nate e Noel.
Non ci mise molto a capire che lo stavo fissando, il secondo successivo era già sul piede di guerra nella mia direzione.
"Scappa finché se in tempo." Sussurrai a Carter, che mi diede una carezza sulla spalla prima di mischiarsi tra la folla.
Quando Wolfe entrò nel mio spazio personale decisi di fare la prima mossa.
"Allora, hai finito di ignorarmi?" Trascurai la voglia di toccarlo e saldai le mani sui fianchi.
Sorrise appena ed io mi morsi il labbro inferiore.
"Devi essere davvero ossessionata da me per organizzare questo casino solo perché credi che ti stia ignorando."
"Credo?" Rimbeccai mentre tutto intorno a noi spariva, lasciandoci chiusi in una bolla d'odio e desiderio travolgente, dove la temperatura sfiorava i cento gradi o più.
Lui annuì prendendomi il viso nel palmo destro e, intanto che le sue dita mi scostavano una ciocca di capelli bagnati dietro l'orecchio, lui si prendeva gioco di me. "Non neghi nemmeno più?"
Mi accorsi solo allora di non aver considerato la prima parte della frase. Io non ero ossessionata da lui, ma dall'idea che continuasse a confondermi come se avessi dovuto risolvere un rompicapo.
"Il tuo ego è troppo grande per ammettere qualsiasi replica." Scherzai, sperando che me la sarei cavata con quelle semplici parole.
"Quella lingua lunga, Broadhurst..." minacciò velatamente ed io andai a fuoco, indietreggiando quanto bastava per mettermi al riparo da quella pioggia di meteoriti che viaggiava nella mia direzione. Lui fece un passo avanti, seguendo il mio ritmo lento ed accompagnandolo con il suo predatorio.
"Pensavo che non saresti venuto." Affermai convinta, alzando il mento per guardarlo diritto negli occhi.
Wolfe piegò appena la testa su un lato, studiando l'espressione del mio viso. Rimane impassibile quando disse: "ti ho gia detto che vado dove vai tu."
"Ma non mi hai detto perché." Aggiunsi trafelata da quell'inseguimento di parole.
Lui parlò con voce gutturale e piena. "No, non l'ho detto. Mi piace stimolare la tua immaginazione, bambina."
"Ti piace torturarmi, è diverso."
"Può essere un punto di vista." Disse brusco.
"Non farlo, non nasconderti dietro una mezza frase." Gli intimai, sapendo bene che avrebbe voluto troncare quella conversazione.
Lui fece una falcata nella mia direzione e mi imprigionò il viso tra le mani grandi mentre le sue labbra si piegarono in una linea peccaminosa e malevola. "Dimmi ancora che ti servo, come il giorno che hai saputo dei terrori e magari potrei prendere in considerazione di farti sapere di più, bambina."
Aggrappai le mani alle sue che irradiavano in me un calore nuovo e sconosciuto. Una di quelle scappò dalla tenera presa che avevo imposto, scivolandomi lentamente lungo la spina dorsale e facendo pressione su ogni singola vertebra prima di fermarsi sul fondo della stessa ed avvolgersi attorno ai fianchi, per avvicinarmi inaspettatamente al suo corpo robusto. L'unico spazio che ci divideva era diventato il palmo della mia mano sinistra aperto sul suo petto scolpito come il granito.
Conficcai l'unghia sul pettorale destro e la feci scorrere nel verso opposto.
"Dimentichi che mordo e graffio, non pregherò mai più." Lo avvertii.
Wolfe sorrise, catturando anche l'ultima delle mie proteste che si sciolse sotto il suo tocco. "Lo farai, supplicherai in ginocchio pur di non perdermi." Mi promise.
Decisi di provocarlo ancora, mi sentivo in vena di follie quella sera. "Fammi inginocchiare, allora, però ti avviso: dare e poi togliere è potere. Tu non mi dai nulla ed io non ho più niente da perdere."
"Ti sbagli, potere è possesso. Ed io stringo nel pugno ciò che desideri di più." La mano che mi aveva sollevato il mento scivolò nell'incavo del collo prima di fermarsi sulla clavicola scoperta. "Il perdono." Disse mentre il suo sguardo era impegnato a corrodermi ogni centimetro di pelle.
Strinsi gli occhi e arricciai lievemente la bocca per non farmi scappare un sorriso. Dio, se affogavo.
"Non posso perdere qualcosa che tu stesso ammetti di non essere disposto a darmi."
Speravo di averlo incastrato, ma lui era abile quanto me nel rigirare le parole e ad usarle come lame affilate. "Sei disposta a rischiare?"
Sogghignai per un attimo. "Dipende dalla posta in palio."
"Noi siamo la posta." Chiarì una volta per tutte ed io trasalii.
Feci un passo in avanti, spingendo il suo corpo indietro verso il bordo della piscina in una danza del non detto. "Noi non siamo niente." Gli ricordai.
"Ti racconti una bella bugia, bambina."
Viaggiai per un attimo assieme alle onde blu notte che gli sbattevano determinate negli occhi. "É la tua menzogna, non la mia."
Eravamo io e lui, un centinaio di rampolli altolocati del Jet Set, il cloro e bottiglie piene o vuote a fare da spettatori alla nascita della fiamma che ci avrebbe ustionati, bruciati, ed infine ridotti in cenere che si sarebbe dispersa nel vento.
Wolfe puntò il piede lo usò come punto di appoggio per farmi sbattere la faccia a contro il suo petto, impedendomi di continuare a farlo indietreggiare.
"Io non mento." Disse statuario.
"Cosa siamo allora?" Domandai curiosa.
Lui sorrise alla Notte che stava per diventare Alba. "Per ora, ricordi."
"I ricordi non si perdono." Gli accennai con convinzione.
Lui mi riprese subito e disse: "no, ma si sostituiscono." Poi si avvicinò ancora di più, come se le nostre anime avrebbero potuto, voluto, mischiarsi fra di loro. "Te lo chiedo un'altra volta: sei disposta a correre questo rischio?"
No, non lo ero. Però non volevo che lui lo sapesse con certezza, quindi cercai di ribaltare la situazione. "E tu?"
"La regola è niente domande." Mi ricordò una parte del codice che fino a quel momento aveva fatto valere solamente per quello che gli interessava.
Sorrisi. "Allora non ci saranno risposte."
"Quindi ti prendi l'azzardo." Dichiarò a voce roca, tracciando un piccolo cerchio con le mani ruvide sulla mia guancia morbida.
Lo guardai dal basso con lo sguardo fisso e deciso. "Se per evitarlo dovrò dire ancora che mi servi: si. Non c'è bisogno di ripetere i concetti per compiacerti."
Mi accarezzò ancora. "Compiacermi dovrebbe diventare la tua missione primaria."
"La tua sicuramente è confondermi." Gli feci notare, guardando lo spazio inesistente tra me lui.
Non capivo quale gioco stessimo giocando perché quello nulla aveva a che fare con il lupo adirato che avevo incontrato al mio ritorno.
Wolfe mi dedicò un'occhiata carica di un'intensità che non seppi riconoscere. "All'inizio era annientarti."
"Fammi indovinare, poi hai scoperto che sono troppo difficile da eliminare."
"No." Disse brusco. "Ho capito che non mi avrebbe portato a niente."
"Invece confondermi lo fa?"
Lui sorrise e strofinò il suo naso sul mio. "Dimmelo tu."
"Io ti dico di giocare con i sentimenti di qualcun altro." Sentenziai una volta per tutte, se tutto quel contatto aveva come missione quella di destabilizzarmi, allora aveva avuto successo. Il suo piano stava riuscendo ed io c'ero cascata a pieno con tutte le scarpe. Il contatto non era mai mancato tra noi, solo che quello era diverso, aveva insito all'interno una carica di desiderio, di possesso, che potevo toccare con mano. Non sapevo dire se appartenesse a me oppure a lui, però.
Wolfe interruppe il mio ragionamento, scoccandomi un bacio sulla guancia, in un punto mortalmente vicino alla mia bocca.
"Non m'interessano i sentimenti degli altri." Affermò in un sussurro, proseguendo a torturami con un altro schiocco di labbra poco più in alto.
Il mio stomaco si contorse, aggrovigliandosi su se stesso per poi sciogliersi e ripetere il processo. Il mio petto, invece, traballò incerto. Aveva voglia di sprofondare, di annegare fra le onde aggressive che sbattevano sugli scogli dentro ai suoi occhi, all'interno della metà spezzata di lui. Sperai che non se ne fosse reso conto.
"Che peccato..." bisbigliai.
Lui sogghignò e il suo respiro mi scivolò sulla pelle accaldata del collo, solleticandomi i sensi.
"Tu credi?" La lentezza letale con cui mi stava torturando avrebbe potuto uccidermi mentre le sue dita sapienti mi accarezzavano avide la pelle della schiena.
"Dovremmo andare." Provai a dire, distratta dal quel tocco rovente e mellifluo. "Sicuramente dovremmo." Chiarii quando le sue mani si appropriarono della parte bassa della mia schiena.
"Andare qui?" Mi morse il collo. "Oppure qui?" E la sua bocca si spostò sotto l'orecchio per sussurrarmi quella dolce minaccia.
Mandai giù quella punta di desiderio sconosciuto e mi ribellai alla stessa. "A casa."
"Preferisci qui, allora." Le sue mani si aggrapparono definitivamente al fondoschiena e mi tirarono verso l'alto. I piedi si alzarono da terra per qualche secondo prima che allentasse la presa e mi facesse di nuovo toccare il pavimento.
"Smettila di fare così." Ordinai sebbene fossi totalmente preda delle sue attenzioni. Volevo che smettesse, certo. Solo perché non voleva me, ma voleva qualcosa da me. Una supplica o una resa o una ritirata, forse una sconfitta. Sicuramente avrebbe usato ogni carta del suo mazzo per ottenerla.
Lui sembrò soddisfatto di vedermi irritata ed in difficolta e mi scoccò un altro bacio del peccato nell'angolo della bocca. "Sfortunatamente per chiunque, io continuerò a fare quello che voglio."
"Non sei cattivo come dice la gente" gli provai a ricordare. Anche a lui piaceva nascondersi dietro una maschera. Si proteggeva dal mondo circostante con la brutalità, un sorriso sadico che gli faceva da armatura, un'enorme dose di fascino che distribuiva come le bustine di zucchero in caffetteria e una cascata di potere infinita.
Wolfe scostò il viso dal mio e si adombrò all'instante, come se qualcuno avesse spento ogni luce nel raggio di chilometri.
"Forse sono anche peggio." Sentenziò glaciale nell'istante in cui delle urla invasero la stanza.
Ci voltammo all'unisono per vedere Jaxon Haynes galleggiare a pancia ingiù nella piscina, intanto che l'acqua intorno a lui si tingeva di rosso. Spostai Wolfe e mi avvicinai al bordo, mentre adocchiavo i miei fratelli e gli Hastings dall'altro lato della stanza.
Nate si buttò in acqua in meno di tre secondi, muovendosi a bracciate ampie verso Jaxson privo di sensi. Dorian fece lo stesso per aiutare il fratello a tirarlo fuori dalla piscina.
Le urla continuavano a dominare l'atmosfera ed i miei piedi inserirono il pilota automatico per dirigersi nel punto esatto in cui avevo lasciato la borsa.
Sfilai il telefono dalla tasca interna e digitai con le dita tremanti il numero dell'ambulanza.
"Come posso aiutarla?" Chiese la voce metallica dall'altra parte della linea.
Cercai di tenere la voce più ferma possibile. "Serve un'ambulanza al Beau Soleil Institute, un ragazzo ha sbattuto la testa ed è caduto in piscina. Dovete fare presto, ha perso i sensi."
Daniel mi sfilò il telefono dalle mani e mi fece cenno di andare a controllare la situazione intanto che lui si occupava di dare altre informazioni all'operatrice.
Lucida, dovevo rimanere lucida.
La stanza si svuotò in fretta. I sussurri erano sempre gli stessi.
"Dobbiamo andarcene prima che ci becchino qui."
"Fate in fretta, portare via più cose possibili."
Controcorrente, mi diressi verso la mia famiglia sistemata a cerchio attorno a Jaxon, Nate gli faceva la respirazione bocca a bocca ed i gemelli erano alle prese in una fitta conversazione composta da bisbigli e mascelle costrette.
Quando Haynes sputò l'acqua, tirai un sospiro di sollievo, solo per ripiombare nel vortice di preoccupazione quello dopo.
Noel mi tirò per una spalla. "Nessuno deve sapere che l'idea della festa è stata tua."
Annuii e dalla porta entrarono i paramedici, anche due poliziotti. Gli unici in quella stanza eravamo rimasti noi e sebbene deviammo ogni domanda, non riuscimmo a fare lo stesso con i flash che ci colpirono una volta usciti.
Wolfe mi girò un braccio fregiato d'inchiostro attorno alla spalla e con la mano libera mi buttò una giacca sportiva sulle spalle.
La voce mi arrivò alle orecchie tramite un ringhio gutturale. "Mi diverte sapere che sai metterti nei guai senza che io faccia il minimo sforzo, se ti beccano l'espulsione è assicurata."
"Festeggerai quando sarò di nuovo a Parigi? Magari questa volta brucerai davvero tutti i miei vestiti." Sibilai velenosa.
Nel frattempo le luci fredde delle macchine fotografiche esultavano per la nostra vicinanza, godendosi lo show del nostro naso a naso. Peccato non possedessero delle orecchie per ascoltare le promesse di vendetta che ci facevamo a vicenda.
Wolfe sorrise appena, solo per dimostrare ai tabloid quanto quella vicenda fosse insignificante per lui, un pasticcio di cui presto si sarebbe sbarazzato. Come la sottoscritta.
"Non andrai a Parigi finché non sarò io a mandarti via con quella coda da gatta fra le gambe."
Sogghignai. "Una delizia stare a sentire le tue dichiarazioni d'amore."
"Siamo finalmente d'accordo su una cosa." Mi tentò strofinando il naso sulla mia guancia.
Tappabocche-cuciorecchie era già appostato accanto alla limousine ed un Mais adirato alla guida con il divisorio tirato giù.
"Non vi portano in centrale solo perché non hanno la certezza che siate stati voi." Disse puntando il dito su me e Wolfe. "Non siete stati voi, vero?"
Io rimasi in silenzio, sotto lo shock di quelle che sarebbero state le conseguenze.
Fu proprio il lupo del Beau Soleil a salvarmi. "Non dire cazzate, noi siamo qui per sbaglio."
"Uno sbaglio dal prezzo molto alto." Lo corresse il PR manager.
Wolfe fece spallucce ed entrò disinvolto in aiuto, trascinandomi con lui per il polso.
"Lo pagheremo." Sentenziò prima che la porta della limousine si chiudesse per scortarci in direzione Bel Air.
E quando aprii il cellulare... il disastro.
Angolo autrice:
Il prossimo capitolo sarà la seconda parte di questo, vi lascio un po' in sospeso... ma vi avverto che i prossimi capitoli saranno movimentati 🤭
Pensieri??? Avreste voglia di leggere su qualcosa o qualcuno in particolare?
Di questo capitolo cosa pensate?
⭐️Vi ringrazio di cuore per il supporto dimostrato fino ad ora. 🐺❤️🔥
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