14. scommesse in atto

Papà e Keaton da piccoli ci dicevano sempre una cosa, la ripetevano di continuo, come un mantra.
"Non dimenticatelo mai: l'unione fa la forza."

Lo avevano scoperto, non sapevo né come né quanto tempo prima e nemmeno mi interessava a dirla tutta.
Era stato strano leggere quei volantini attaccati agli sportelli degli armadietti blu nel corridoio del terzo piano. Come se un peso mi si fosse liberato dal cuore ed allo stesso tempo un macigno mi ci fosse caduto sopra.

Il mondo roteò su se stesso per qualche minuto, oppure fui io a farlo, poi smise e diventò tutto più grande, più pericoloso ed io mi rimpicciolivo a più non posso, come Alice nel paese delle meraviglie dopo aver mangiato il pezzo di pane incantato.

Piccola, piccola, piccola.
Una formica facile da schiacciare.

Poi era arrivato Wolfe, non credevo di incontrare proprio lui, forse il mio corpo si era mosso inconsciamente alla sua ricerca. Si era diretto nella tana del lupo che gli aveva dato sempre una mano nei momenti bui. Era come se avessi inserito l'autopilota.

Erano passati quattro giorni dal momento in cui avevo scoperto che il Beverly Hills News aveva spiattellato la notizia. Gabriel e Brooks sarebbero arrivati a momenti da New Haven e poi ci saremmo diretti tutti insieme alla cena di beneficenza organizzata dalla fondazione Diller Newman: medici senza frontiere. Mamma Emmaline e Charlotte erano grandi benefattrici e ci sembrava giusto onorare il loro operato e, soprattutto, il ricordo che custodivamo.

Mi ero pianta addosso in qui giorni, al buio e lontana da occhi indiscreti. Ad un certo punto però avevo deciso che il tempo per vergognarmi di un fardello che sfuggiva dal mio controllo era finito. Il mio segreto era stato svelato, ormai ero più forte di chiunque altro, non dovevo più avere paura. Non c'era più nella da perdere.

Il mio orgoglio? Andato.
La mia famiglia? Andata.
La mia autostima? Andata.

Li avrei creati da zero, avrei finto di possederli fin quando non avrei ingannato tutti, avrei vestito i panni dell'abile bugiarda e me lo sarei anche fatta andare bene.

Misi appunto gli ultimi ritocchi al trucco e mi guardai allo specchio. Indossavo un vestito lungo e stretto che richiamava il cielo stellato, il tessuto blu intenso cadeva fino ai piedi creando una piccola coda sulla parte posteriore; lo scollo a cuore e la parte finale dell'abito erano tempestate di applicazioni luminose.

Quando il campanello suonò smisi di contemplare la mia armatura: era appena arrivato il cavaliere.
Volai giù per le scale fregandomene di potermi storcere una caviglia a causa del tacco a spillo che portavo, sorpassai i miei fratelli che si stavano dirigendo al piano di sotto e spintonai Noel che stava per aprire la porta.

"Blake che palle..." borbottò subito dopo che gli colpii la spalla con la mia, mi voltai verso di lui ammiccando e spalancai il portone d'ingresso.

"Gabe!" Esclamai pervasa dalla gioia nel momento in cui il mio fratellone, dalla testa biondo miele e gli occhi ambrati, apparve davanti a me. Gli allacciai le braccia al collo e lui mi tirò su facendomi fare una giravolta in aria.

"Ciao cucciolo." Mormorò fra i miei capelli prima di darmi un bacio tenero sulla guancia e di lasciarmi andare per salutare il resto della ciurma.

Intanto io mi dedicai al maggiore degli Hastings che si era appoggiato allo stipite della porta. I capelli castano scuro erano stati rasati, corti più che mai, mettevano in risalto la sfumatura di azzurro ghiaccio leggermente più chiara di quella dei suoi fratelli.

"Brooks." Salutai, fingendo il saluto militare e studiandolo per qualche secondo, la somiglianza con Wolfe era schiacciante, entrambi avevano preso i lineamenti decisi ed affilati da Keaton.

"Peste..." disse accarezzandomi i capelli, poi mi rifilò un sorrisetto storto degno del più subdolo degli Hastings. "Rientro burrascoso, a quanto mi hanno detto." Aggiunse.

Annuii e lui mi diede una pacca sulla spalla.

"Dagli tempo. Wolfe abbaia ma non ti morde." Sostenne prima di sorpassarmi per salutare il resto di noi che si era radunato all'ingresso.

Noel stava già intrattenendo Gabe con un resoconto dettagliato delle sue ultime conquiste e gli altri, invece, si erano fermati ad ascoltare quelle di Brooks. Rimasi a guardarli dallo stipite della porta ancora per qualche minuto, era bello vederli tutti insieme. Avrei potuto definirlo un sollievo, simile a quando si aveva la gola in fiamme ci dicevano di bere una tisana con il miele.

Ecco era proprio quella la sensazione, una patina di dolcezza che avrebbe coperto per poco tempo il dolore.

"Sei bellissima." Mi disse Gabriel mentre salivamo sulla sua auto diretti al country club.

Sorrisi e lo ringraziai "anche io non ti trovo male." Indossava un completo elegante dello stesso blu del mio vestito e la cravatta allacciata alla perfezione.

Dietro di noi la Range Rover di Wolfe sfanalò un paio di volte, dandoci il segnale che eravamo tutti pronti a partire. Mio fratello non se lo fece ripetere e imboccò il viale d'uscita e poi si addentrò tra le colline di Bel Air.

Il sole era ormai tramontato e la notte si era presa di diritto il suo spazio prediletto.

"Come la stai gestendo?" Mi chiese mentre posteggiava l'auto nel parcheggio dove poche settimane prima mi avevano fotografata con Noel, Cole e Carter.

"Humm... non roviniamoci la serata con questo argomento." Affermai mentre scendevo dall'auto trovandomi davanti all'ingresso curato nei minimi dettagli del country club.

Lo stomaco mi si attorcigliò su se stesso non appena mi resi conto che l'entrata era stata tappezzata dai giornalisti e i piedi si piantarono sui sassolini bianchi, nemmeno fossi finita nelle sabbie mobili.
Gli altri avanzarono fieri ed a spalle larghe fasciati dai loro completi eleganti e dagli sguardi che trasudavano smodata sicurezza e altrettanto disinteresse.

Una mano calda mi arroventò la parte bassa della schiena, quando ci si appoggiò contro spingendomi a proseguire. Non dovetti nemmeno girarmi per capire di chi si trattava.

"Che stai facendo?" Chiesi a Wolfe che mi guardava obliquo, dall'alto dalle ciglia scure.

Lui tese la mascella e parlò a denti stretti. "Ci evito una figura di merda."

Roteai gli occhi al cielo. "Tutto per la reputazione." Ammisi, mascherando la contentezza di non dover affrontare lo schieramento nemico completamente da sola.

Arrivati davanti al corteo di giornalisti m'irrigidii ancora di più. Non mi piaceva essere il centro di tutte quelle attenzioni, ma ancora di più trovarmi nel mezzo di una folla che sembrava pronta a schiacciarmi con facilità. La mia claustrofobia non era d'aiuto.

Wolfe rafforzò la presa quando uno di loro mi posizionò la macchietta a pochi centimetri dalla faccia rischiando di colpirmi. I click arrivavano alle mie orecchie ed i miei occhi si appannavano per qualche momento a causa del bagliore bianco dei flash.

Poco dopo la camera era sparita, prigioniera del pungo destro del lupo cattivo.

"Questa la prendo io." Decretò sorpassandolo e lanciandola nelle mani dei gemelli poco lontani da noi. Dorian prese la schedina se la mise in tasca.

Corrucciai le sopracciglia e detti voce ai miei pensieri. "State sabotando la fabbrica del pettegolezzo?"

Wolfe si chinò sul mio orecchio mentre i fotografi continuavano a fare il loro lavoro, gli stava servendo su un piatto d'argento la prossima notizia. Il suo respiro scivolava pestifero nell'incavo del mio collo provocandomi un brivido sinistro sulla spina dorsale.

"Non è evidente?"

Indispettita mi divincolai dalla sua presa cercando di essere il più aggraziata possibile per non dare scalpore. "Non voglio il vostro aiuto se lo fate solo per un tornaconto personale."

"Dovresti, invece. Da sola stasera non puoi farcela." Decretò brusco.

Lo sfidai con quel poco di spirito combattivo che avevo ritrovato, seppellito negli abissi profondi della mia essenza. "Vuoi scommettere?"

"Scommetto che prima della metà di questa serata mi pregerai di non lasciarti." Ghignò soddisfatto piantando il maremoto azzurro su di me, la tempesta si stava agitando ed io riuscivo perfino a vederla mentre s'ingrossava sotto la nube nera che rappresentava quella scommessa. Parlò di nuovo prima che potessi farlo io.
"Lo hai già fatto, dopotutto."

Piegai la testa su un lato mente riflettevo sullo sconosciuto che avevo davanti, stentavo a riconoscere il mio compagno di sempre sono quelle mentite spoglie. Mi stava rinfacciando il momento di debolezza che aveva avuto l'occasione di assaporare l'altra mattina. Allo stesso tempo sapevo che non aveva nemmeno iniziato a dare il meglio di se. Lo avevo visto in troppe occasioni atterrare un nemico per ignorare che non aveva nemmeno iniziato a calare le carte. Era come se non avesse ancora scelto quale finale concedermi, come se stesse ingannando il tempo nell'attesa di capirlo.

Mi riscossi da quello stato riflessivo e gli strisciai il dito sul petto accarezzando la curva liscia del pettorale disegnata dalla camicia scura per stuzzicarlo.

"Bene. Se vinco io mi regalerai una settimana di tregua. Ti comporterai come se non fosse successo nulla." Decretai con tono solenne.

"Non succederà mai, bambina." Proferì a denti stretti sotto gli sguardi curiosi di tutti gli astanti. Non eravamo nemmeno entrati nella sala della cena che avevamo catalizzato l'attenzione.

Lo rimbeccai sfoderando un sorriso smagliante.
"Allora non hai di che preoccuparti."

"Se vinco io, fai le valigie e levi le tende." Il viso gli si illuminò come una lampadina, il mio si spense perdendo la speranza.

"Qua la mano Hastings." Dissi protendendola per accettare quello scambio scellerato, lui la strinse con vigore convinto che avrebbe trionfato.

Dopo essere entrati nella sala tutti insieme ed aver scambiato qualche saluto obbligato con alcuni degli adulti più influenti la maggior parte di noi si disperse negli spazi più disparati del country club.

Noel stava organizzando il party che ci sarebbe stato dopo cena nella sala accanto a quella del ricevimento. I gemelli e Wolfe erano spariti fuori dalla balconata assieme ad Oliver, Charles e gli altri ragazzi della squadra di football. Io, Nate, Brooks e Gabe invece ce ne stavamo appollaiati sugli sgabelli del bar con dei drink rossastri in mano.

"Peste bella, non esagerare." mi ammonì il maggiore degli Hastings quando si rese conto che non ero al primo bicchiere.

Abbozzai un sorriso innocente e alzai il calice.
"Sono tutti in tuo onore, Brooks."

Lui mi dedicò un'occhiata torva che mi fece venire voglia di allontanarmi da quella postazione. Anzi probabilmente la cosa migliore sarebbe stata andare fare un giro.

Mi trascinai senza meta per tutta la camera sotto lo sguardo vigile i presenti, sorrisi ad alcuni di loro che decretavo meno detestabili ed ignorai gli altri fingendo superiorità.

Che vite noiose dovevano fare per interessarsi così tanto alla mia.

Il mio giro turistico si arrestò quando, più tardi, incontrai quel verme strisciante di Emmet Gibson assieme ai due bisonti senza cervello di Jameson e Bentley. Non mi ero nemmeno resa conto di essermi allontanata dal punto dove si teneva il ricevimento. Avevo camminato fino ad una zona riservata del country club dove le luci erano più soffuse, le sale totalmente vuote, arrivava solo un lontano e quasi silenzioso e sibilante sottofondo musicale.

Dovevano avermi seguito.

"Eccola qui la puttanella psicopatica." Sbiasicò Jameson passandosi una mano sul mento squadrato.

I ragazzi dicevano che avrebbero voluto vendicarsi di quello che era successo il giorno della rissa, della sospensione che gli avevo causato con il mio giochino dell'ufficio del preside, pensai che avrei scoperto cosa intendeva quel trio di lerciume per vendetta.

Prima che potessi trovare una via d'uscita mi ritrovai con le spalle al muro ed il braccio di Jameson che mi premeva sulla gola.

"Fossi in voi, me ne andrei prima che Gabriel si accorga che sono scomparsa." Tentai di riproporre una vana minaccia sebbene la paura si stava muovendo a calci e spintoni nel mio corpo.

"Nessuno verrà a cercarti principessa succhiacazzi." Trionfò Gibson agguantandomi il viso tra le mani callose "sono tutti troppo occupati."

Venni strattonata in avanti e poi di nuovo indietro, la testa mi batté contro la parete di pietra che avevo alle spalle. Un ringhio di dolore si fece strada per la gola.

Il cuore mi batteva all'impazzata preso dal terrore mi avrebbe abbandonata anche lui. Ero da sola, con tre ragazzi violenti che non avevano nessun altro scopo se non quello di ferirmi per qualche screzio che avevano con la mia famiglia.

Ero nei guai fino al collo.

Quando Gibson mi spalancò la bocca con il dito glielo morsi con l'intenzione di staccarlo.

"Stronza!" Ringhiò prima che il suo palmo si schiantasse contro la mia guancia delicata. Il manrovescio mi fece voltare il viso mandando a sbattere il profilo contro la parete. Sentii lo zigomo bruciare e l'occhio pulsare due volte.

Cominciai a strillare con tutta l'aria che avevo in corpo, supplicavo aiuto ma nessuno sembrava sentire i miei lamenti.

"Aiuto!" Strillai in preda al panico per la terza volta. Ognuna delle quali una mano mi si era appoggiata sulla bocca, beccandosi morsi degni di un animale feroce.

Quando Bentley allontanò gli alti due e mi strinse una mano al collo, impedendomi di respirare, gli sferrai un calcio nei gioielli di famiglia così forte da fallo piegare per terra con la mani incrociate sul cavallo dei pantaloni.

Schizzai in avanti, correndo a più non posso e sfrecciai attraverso la porta, avvicinandomi il più possibile ad una zona viva del country club. Continuai ad urlare come un'ossessa, a perdifiato.

"Wolfe! Gabe? Aiuto..." e poi ancora "ragazzi aiuto!"

La mano pesante di Jameson mi strinse la spalla e mi spinse contro un tavolo qualche stanza più in la. Ondeggiai all'indietro, andando a sbattere il fianco contro la superficie dura. Il dolore mi mozzò il fiato per quale secondo.

"Vediamo se adesso a questa bella boccuccia passerà la voglia di sparare cazzate." Disse quando mi si parò davanti.

Lo minacciai quando alle sue spalle arrivarono gli altri due.
"Osa colpirmi di nuovo e ne pagherai le conseguenze."

Gibson aggrottò le sopracciglia e cercò di far ragionare il suo compare, posseduto dall'alcool e da una furia cieca e senza limiti.
"Dovevamo solo spaventarla Jameson, questo non era nei piani."

"Lo è ora." Sentenziò il suo amico bruto, acciuffandomi il retro dei capelli.

Una scarica di dolore mi pervase il collo e mi costrinse a piegare la testa su un lato. Era come se stesse staccando i ciuffi d'erba dal parto, tranne che si trattava delle ciocche innocenti dei miei capelli.

Strillai ancora, il grido gutturale di una preda finita fra le zanne del predatore. I miei occhi scivolarono su Gibson, chiedevano pietà.

Lui s'incupì e si avvicinò a Jameson. "È una Broadhurst, finiresti solo nei casini. Lascia perdere."

Jameson si avventò sul mio viso, tracciando piccoli graffi con le sue luride mani prepotenti. Gli rispose senza degnarlo di uno sguardo.
"Anche la mia famiglia è potente."

Le cose non si mettevano bene, a quel punto però potevamo essere abbastanza vicini alla zona della festa da essere sentiti da qualcuno.

"Aiu..." provai a dire prima che lui mi tirasse la lingua con le dita.

Gibson scosse la testa.
"Come ti pare, ma io non rimarrò qui a guardarti." Si allontanò e poco dopo Bentley lo seguì a passo svelto.

Un spiraglio di speranza s'impossessò del mio corpo e radunò tutte le forze che avevo, quella fisica, quella di volontà, quella del cuore.

Uno contro uno potevo anche farcela.

Aspettai che i due fossero abbastanza lontani ed ignorai la fitta di dolore al cranio, poi mi rigirai su me stessa, piantando il tacco a spillo nel fianco di Jameson. Lui trasalì, ma non lasciò la stretta per colpirmi con un pungo sullo zigomo, già ferito. Il dolore mi accecò per qualche istante, facendomi cadere sul pavimento di pietra. Mi sbucciai le sbraccia, i gomiti, ma mi sforzai di rialzarmi subito per mettere distanza fra me lui.

"Dove scappi!" Biasciò furente, cercando di raggiungermi. Non doveva essere molto lucido perché inciampò su se stesso.

Dovevo cogliere quell'opportunità. Cercai di ricordare cosa avevo visto fare ai gemelli più di una volta. Sisisi!

Prima che riuscisse a riprendermi afferrai una sedia da tavola e gliela battei sul lato destro del corpo con tutta la tenacia che avevo a disposizione.
Una, due, tre volte, tramortendolo al pavimento.

Lasciai la sedia e corsi sconvolta nel lungo corridoio vuoto che riportava alla sala principale mentre mi lasciavo alle spalle la sua figura sporca ed ombrosa ancora distesa dolorante per terra.

Una volta davanti la porta spessa che dava sulla zona del ricevimento, probabilmente a causa del calo di adrenalina, sentii un forte bruciore esplodermi sul retro della nuca che si estendeva dalla base del collo fino ad irradiarsi nelle orecchie. Mi appoggiai alla maniglia, tradita da un forte mal di testa.

Portai una mano in quel punto e quando la ritirai ebbi il dispiacere di vederla macchiata di rosso: sangue.

❤️‍🔥⭐️Angolo autrice:❤️‍🔥⭐️

Ciao a tutti! Cosa succederà adesso?
Ho preso scritto i prossimi capitoli e sono contenta per come sono venuti in particolare, ma se tutto va bene li vedrete più in là.
Nel frattempo vi chiedo il vostro parere, se la storia vi piace. Mi sto impegnando tanto per ricavare il tempo di scrivere questa storia.

Inoltre ci tenevo a specificare che non intendo incoraggiare nessun tipo di atteggiamento violento.

Ditemi nei commenti cosa succederà secondo voi... hahahaha.
Intanto vi aspetto nel prossimo capitolo, quando lo volete? Essendo io continuo di questo sarebbe logico aggiornare prima di giovedì. Vedo se posso revisionarlo prima.

❤️‍🔥⭐️A presto ❤️‍🔥⭐️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top