12. spezzati
L'ossessione di Blake... i dolci!❤️🔥
La mattina dopo scesi a piedi scalzi a colazione con la faccia ancora gonfia ed arrossata, indossavo solamente un pigiama leggero di La Perla ed il mantello di umiliazione che mi avevano cucito addosso.
Entrata in cucina incontrai Daniel e Dorian poggiati allo sgabello di marmo, appena mi videro smisero di parlottare fra loro. Li ignorai e mi versai un bicchiere d'acqua. Avrei dovuto almeno provare a fare colazione, ma il mio stomaco non voleva saperne.
"Hai pianto?" Chiese Wolfe quando notò la mia sagoma sulla porta del patio, erano già tutti seduti a tavola a saziare le loro pance muscolose. Io in mano avevo solamente un tozzo di pane ai cereali.
Invece di rispondergli mi sedetti accanto a Noel che strinse la bocca e guardò storto il fratello.
"Mangerai solo quello?" Chiese mentre fissava quello che stavo dissezionando nel piatto. Annuii e rimasi in silenzio. Non avevo voglia di chiacchierare.
"Non ti fa bene, non hai pranzato e nemmeno cenato. Devi mangiare qualcosa sorellina." Disse fingendo un sorriso storto per mascherare la preoccupazione.
Aveva ragione, dovevo almeno sforzarmi così decisi di addentare un pezzo di pane e lo mandai giù, ma lo sentii risalire con la velocità con cui era sceso. Con un balzo atletico mi alzai da tavola e rigettai nel cespuglio poco lontano quel poco che mi era rimasto nello stomaco.
"Merda..." borbottò qualcuno alle mie spalle. Sentii dei passi veloci e le mani lisce di Nate afferrarmi i capelli lunghi mentre rovinavo il prato innocente. Il mio gemello mi passò un tovagliolo ed un bicchiere d'acqua poi mi sedetti sugli scalini del patio portando le ginocchia al petto e lui fece lo stesso.
A quel punto entrò nel mio campo visivo un piattino con una fetta di torta alla crema, sembrava deliziosa. La more erano state appoggiate sulla fetta con estrema cura e mi invitavano ad assaggiarle per riempire quel vuoto nel petto e nello stomaco che mi corrodeva dall'interno.
"Nemmeno questa ti va? Un uccellino mi ha appena detto che questa l'avresti mangiata." Disse Noel rivolgendo un cenno della testa al fratello maggiore seduto ancora compostamente al tavolo.
Guardai lui, poi Noel, poi la torta e allora ne presi una forchettata. Peccato che neanche quella rimase per più di tre secondi nel mio stomaco. Rigettai nuovamente e senza nessuna vergogna, mi avevano vista in condizioni peggiori.
"Così non va, cazzo." Borbottò Nate mentre Noel mi teneva una mano sulle spalle.
Lo sapevo anche io. Era come se la mia testa fosse rimasta traumatizzata da quello che era successo il giorno prima, peccato che il mio stomaco non fosse della stessa opinione perché continuava a brontolare implorando pietà.
Tossii e mi ripulii la bocca con il dorso della mano evitando lo sguardo preoccupato di quei due. "Oggi non vengo, mi serve un giorno per riprendermi." Decisi ad alta voce, non avevo nessuna intenzione di passare un'altra mattina sulle orme della precedente.
Noel mi prese per entrambe le spalle cercando di spronarmi a reagire "tu ci vieni eccome. Oppure gliela vuoi dare vinta?"
Loro avevano già vinto quella mano, feci spallucce e glielo confessai "non ha importanza."
Wolfe si alzò e raggiunse il nostro trio sfortunato accompagnato dalla solita espressione stoica e cupa. "Ti porto io, ci vediamo alla macchina tra venti minuti." Non mi diede tempo per replicare che scomparve dietro la porta finestra.
Venti minuti dopo e cinque di ritardo mi ero costretta ad infilare una divisa pulita, anche se dubitavo che sarebbe rimasta intonsa per tutta la mattina. Wolfe accese la macchina ed io mi infilai silenziosamente nel sedile del passeggero.
Evitai di incappare nel mio riflesso, probabilmente avrei trovato solamente cinquanta sfumature di occhiaie, gli occhi tristi ed arrossati e qualche livido verdastro nei punti del viso più sensibili che erano stati colpii dalla pioggia velenosa del giorno prima.
"Immagino che tu sia contento" dissi a voce bassa "era quello che volevi, dopotutto."
Wolfe si voltò a guardarmi per qualche istante e abbozzò un sorriso "la tua tristezza è mia, bambina. Di nessun altro."
"Fammi capire, quindi sei arrabbiato perché qualcuno sta svolgendo il tuo ingrato compito?" Domandai stizzita.
Il lupo del Beau Soleil sogghignò, ritratto di fierezza e ira celata. "Arrabbiato è troppo poco. Io sono furioso."
Alzai un sopracciglio, avevo perso ogni intenzione di capire le sue mosse. A quel punto mi bastava assecondarlo. "Per questo hai fatto leccare il pavimento a Penelope?"
"Si."
Wolfe superò la svolta che dava su Beverly Crest e si diresse in direzione di East Hollywood.
"Non andiamo a scuola?" Domandai una volta che fossi stata certa che non si trattava solamente di una strada differente, era la destinazione ad essere cambiata.
Scosse la testa ed inforcò un paio di occhiali da sole neri. "Dopo. Ora andiamo a fare colazione."
Strabuzzai gli occhi stupita, mi voleva triste, non deperita. "Hai visto cosa succede se mangio." Gli ricordai lo spettacolo a cui aveva assistito porco prima.
"Dubito che farai lo stesso con i pasticcini di Lucilla's Bakery." Ammise mentre parcheggiava davanti alla mia pasticceria preferita. I suoi dolci al cioccolato erano spaziali, non c'era assolutamente paragone con le altre.
Avevo l'acquolina in bocca solo a pensarci.
Wolfe mi passò un cappellino da baseball ed un paio di occhiali tondi, quando lo guardai con aria interrogativa mi rifilò una breve spiegazione.
"Non puoi continuare ad andartene in giro a viso aperto se non vuoi attirare attenzioni."
"Tu fai così?" Chiesi mentre il profumo di delizie mi entrava attraverso le narici. Lui annuì e fece un'ordinazione per due che avrebbe potuto sfamare un esercito. Dopo ci dirigemmo in un tavolino riservato sul fondo della sala. Le pareti della pasticceria erano state tinteggiate di un bellissimo rosa pastello con delle decorazioni floreali. I tavolini invece erano in marmo chiaro e circondate da poltroncine soffici di colore celeste e verde menta sui quali erano stati appoggiati dei cuscini di un bianco che ricordava la panna montata.
Dieci pasticcini dopo avevo riempito il buco nello stomaco e tramutato la mia espressione di tristezza in una di felicità. Ohhh, Il potere degli zuccheri!
A bruciapelo gli feci una domanda, mi scivolò dalle labbra sinuosa e sincera come l'avevo pensata. Quel semplice gesto gentile aveva riaperto un cassetto di ricordi che cercavo di tenere chiuso da quando ero tornata a Los Angeles. Erano tornati, vividi, colorati, spensierati. Felici. Non volevo più lasciarli andare.
"Davvero non ti importa più di me?"
"M'importava parecchio una volta..." ammise lui ironicamente "e mi ha rovinato. Quindi, adesso, non mi importa per nulla." Sorrise pericolosamente, consapevole di avermi appena inferto l'ennesima ferita. "Per me ci sono solo bianco e nero, bambina. Lo sai."
Lo aveva rovinato... il senso di colpa mi attanagliò lo stomaco mozzandomi il respiro. "L'ultima cosa che volevo era farti del male, Wolfe."
Alzò le spalle avvolto da un manto di indifferenza. "Io stavo passando un periodo di merda e la tua soluzione è stata abbandonarmi" disse brusco.
A me di lui importava,
era sempre importato,
era stato quello il problema.
Mi passai una mano sulla faccia. Ero conscia di quanto fosse stato difficile per lui pronunciare quelle parole, ammettere di essere stato ferito. Wolfe non si apriva facilmente, condividere il proprio stato d'animo lo aveva sempre messo a disagio. Lo evitava in ogni caso e con il tempo io ero diventata brava a distinguere la gioia dal divertimento, la paura dal timore, la rabbia dal nervosismo. Lui invece aveva capito che in me avrebbe trovato una persona di cui fidarsi e, poco a poco, mi aveva regalato confessioni taciute ad altri e molliche spezzate di sentimenti.
"Mi dispiace, ti ho ferito..." bisbigliai per paura di rompere quella magia che si era venuta a creare, quello spazio dove i nostri cuori spezzati avevano deciso di parlarsi per qualche secondo "e ferendo te ho rotto anche me stessa. Non posso cambiare il passato e quello che ho fatto. Però posso restare qui e prometterti che non commetterò mai più lo stesso errore."
Wolfe tese la mascella ed evitò di guardarmi in faccia "tu sei andata via come se io non fossi una ragione sufficiente per restare." Pronunciò a denti stretti. "Dopo tutte le promesse che ci eravamo fatti, dopo tutti i momenti insieme. Hai fatto sembrare dannatamente facile andartene."
Lui non voleva mettersi nei miei panni, non aveva intenzione di provare a capire come mi ero sentita. Quello mi aprì gli occhi su quanto avesse dovuto soffrire.
Tutto quell'odio che diceva di provare nei miei confronti era nato da un taglio che gli avevo inferto con le mie stesse mani, che continuava a sanguinare anche a distanza di due anni. Una ferita profonda che era mio compito suturare una volta per tutte.
Sarebbe rimasta una cicatrice, lo sapevo. Le cose non sarebbero tornate come prima.
"Sono partita perché tu avevi bisogno di aiuto e lo avresti cercato da me quando io non ero in grado di dartelo! Ero a pezzi anche io." Sbottai alzando il tono della voce. "Non è stato facile stare a guardare mentre voi andavate in pezzi. Non è stato facile rendermi conto che non avrei potuto fare niente per aiutarvi. Non è stato facile staccarmi da te ed affrontare tutto da sola." Cercai di spiegare.
Era stato come se mi fossi tagliata il cuore con le mie stesse mani. Lo avevo spezzato in due metà che non riuscivano più a combaciare.
Wolfe avvicinò il suo viso al mio, i capelli neri mi solleticarono la fronte che avevo liberato dal cappellino. "Non mi fido più delle parole, solo delle azioni. Il messaggio delle tue è arrivato forte e chiaro."
"Mi piacerebbe essere un mostro senza cuore come mi descrivi." Confessai a cuore aperto arrendendomi all'immagine di me in cui voleva credere "non avrei sofferto così tanto."
Lui rise a denti stretti riportando il peso all'indietro, le spalle larghe colpirono il cuscino soffice della poltroncina, tirò il cellulare fuori dalla tasca e quando pronunciò le parole successive non mi stava più dando nessuna attenzione.
"Occhio per occhio, bambina. Non m'importa se diventi cieca."
Gli avrei voluto lanciare qualcosa, il piatto, la borsa, il tavolo o me stessa. Però niente mi sarebbe stato d'aiuto o servito a fare breccia in quella recinzione di ferro, metallo e risentimento che aveva innalzato davanti alla sua metà spezzata del cuore.
"Ora alza il culo, è tardi." Tuonò prima di uscire dalla pasticceria a passi svelti. Mi lasciò indietro dandomi le spalle, circondata dai pezzi persi di me a cui dovevo dare ordine.
Entrai in macchina e per la prima volta nella mia vita mi accorsi che avrei voluto dire un sacco di cose, eppure mi ero limitata a dire le stesse di sempre. Sentivo così tanti sentimenti che nemmeno riuscivo a dargli un nome ed invece di esprimerli me ne rimanevo zitta e accucciata sul sedile di pelle.
Quando parcheggiò davanti al cancello del Beau Soleil eravamo di nuovo due estranei, due cuori spezzati che non sapevano più come parlarsi.
⭐️⭐️⭐️Ciao amiche! ⭐️⭐️⭐️
Questo capitolo è l'inizio di un passo a due tra Wolfe e Blake... chissà quante cose dovranno ancora succedere.
❤️🔥⭐️Vi ricordò che per me è MOLTO IMPORTANTE SAPERE COSA NE PENSATE! Fatemelo sapere nei commenti e ve ne sarei immensamente grata. Se voleste dare supporto alla storia fatemelo sapere con una stellina. Grazie ⭐️❤️🔥
Intanto, secondo voi chi dei due ha ragione? Il vostro preferito? Pareri?
Grazie mille se avete letto fino a qui.
Vi lascio un'ANTICIPAZIONE sul prossimo capitolo: sarà dal punto di vista di... rullo di 🥁... WOLFE!
Vi piace? ❤️🔥❤️🔥❤️🔥
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