10. ferite del corpo, bugie dell'anima
Questo capitolo è lungo.
CHIEDO SCUSA.
Ho inserito una suddivisione all'interno del testo dove divido il capitolo in due parti. Cercherò di spezzarlo in due tramite le sezioni apposite, oppure di alleggerirlo. Se avete consigli fatemi sapere. Per ora, purtroppo, lo devo tenere così. Mi scuso ancora.
Correvo all'impazzata nel corridoio silenzioso. Due rumori al mio seguito: il martellare incessante del cuore malconcio ed il ticchettio delle scarpe contro il pavimento lucido della scuola. Insieme divoravamo i pochi metri che ci dividevano dalla porta che affacciava sul cortile esterno.
"Blake corri!" Ammonì lo stridio metallico che proveniva dal telefono; strinsi la presa nella speranza che non scivolasse mentre volavo giù per le scalinate in marmo.
"Lo sto facendo" puntualizzai a denti stretti. Furente.
"Non lo fai abbastanza" bisbigliò lei, probabilmente turbata dalle scena a cui stava assistendo. "Oddio... lo sta ammazzando!" Aggiunse trafilata.
Gli Hastings non avevano idea di come tenersi fuori dai guai. Non sapevano cosa significasse la calma o fermarsi a riflettere; erano avvezzi agli impulsi primordiali. Guidati dalla dissennatezza: la loro stella polare.
Dimenticavano, spesso, sempre, che bastava solamente un altro piccolo passo per precipitare. Giù, sempre più in basso, nel vuoto del disastro mediatico o peggio: giudiziario.
Cheryl, al contrario, lo ricordava bene. Mi aveva chiamata durante la lezione di storia moderna, la preoccupazione del suo tono di voce era tangibile. Wolfe e Noel, durante gli allenamenti mattutini di football, avevano avuto da ridire con Bentley Simons e Jameson Cromell e quando, due ore dopo, si erano incontrati per il cambio dell'ora in cortile, era partito il primo pugno.
Arrivai ansimante al di fuori dalle porte d'entrata della scuola, non ebbi il tempo di fermarmi e regolarizzare il respiro. Cercai di farmi largo tra la calca di studenti disposta a semicerchio per vedere quello che stava succedendo. Riconoscevo un attacco di rabbia di Wolfe quando ne vedevo uno.
Dalla mia posizione riuscivo a scorgere solamente la schiena muscolosa di Wolfe inarcata verso il basso ed i piedi di Bentley, che era stato atterrato dal lupo del Beau Soleil e stava subendo un'impetuosa scarica di colpi in viso.
"Wolfe!" Ringhiai nella speranza che si fermasse mentre gli altri mi facevano passare più avanti. Non mi diede ascolto, ovviamente.
Nel frattempo Noel rimaneva in piedi con aria pacifica, persino annoiata. Teneva per il colletto della camicia Jameson Cromell, che sfoggiava un labbro tagliato e del sangue rappreso nei contorni del naso; la giacca blu della divisa giaceva stracciata a terra, poco più in la.
"Ferma tuo fratello." Gli ordinai avvicinandomi passi incerti.
Nessuno avrebbe mai osato frapporsi fra Wolfe e la sua furia cieca. In momenti come quello perdeva il controllo del suo corpo, del raziocinio. Posseduto dall'ira, l'unico modo per liberarsene era quello si sfogarla. Riversarla, come un fiume straripante, sugli altri.
Noel mi dedicò uno sguardo sorpreso, come se fossi stata una folle solamente a credere che sarebbe stato possibile fermalo.
"Credi che non ci abbia provato?"
Schioccai la lingua sul palato: era esattamente quello che pensavo. A quel punto la situazione era già degenerata, bisognava porle fine il prima possibile. C'era solo un modo, collaudato, per strappare il lupo della sua vittima.
Chiamai i gemelli.
"Rispondi, rispondi, rispondi" era tutto quello che riuscivo a pensare.
Al quinto squillo la voce di mio fratello arrivò come un bisbiglio.
"Che cosa vuoi? Sono in classe."
"Codice rosso! Prendi Daniel e correte nel cortile esterno. Ora. Subito. Veloci come la luce" comandai. Dall'altra parte sentii un borbottio sommesso, poi attaccò la linea.
Wolfe e Bentley si erano riportati in piedi, il secondo stava abbracciando Hastings all'altezza del petto, per evitare di essere colpito ancora una volta. Wolfe gli diede una ginocchiata nella stomaco e lo spinse più lontano, rivoltando la situazione a suo vantaggio.
La folla di studenti trasalì quando Bentley riuscì a colpire il loro re in pieno viso che, invece di piegare le labbra in una smorfia di dolore, gli rifilò un sorriso glaciale.
"Ora iniziamo a ragionare Simons" pronunciò con scherno. La voce come una minaccia, una promessa di dolore e sangue.
Wolfe si lanciò su di lui, le braccia gli strizzarono il torace così forte da farmi dubitare dell'integrità delle costole. Lo spinse indietro con il suo peso, fino a quando la schiena non batté sulla corteccia. Poi ancora, una, due, tre volte. La spina dorsale si schiantava a ritmo cadenzato con il tronco del ciliegio.
Un altro rumore destò la mia attenzione. Mi voltai verso la stessa porta dalla quale ero passata per rendermi conto delle due teste biondo grano che correvano veloci ed indisturbate verso il nucleo di violenza.
Una volta arrivati dietro Wolfe, Dorian lo prese per la spalla destra, Daniel per la sinistra. Staccandolo definitivamente da Bentley che si lasciò andare cadendo sul prato.
"Datti una calmata" lo ammonì Dorian mentre, aiutato dal gemello, lo trascinava lontano da noi.
Li seguii senza pensarci due volte.
Wolfe aveva gli occhi iniettati di sangue, le nocche squarciate ed il collo marchiato da graffi ed unghiate. Storsi il naso, le femminucce picchiavano con le mani; almeno era quello che diceva Gabe. Si dimenava per sfuggire alle braccia pesanti dei gemelli, ma loro non mollarono la presa. Scossi la testa e proseguii fino ad arrivare ad una panchina poco più in la, loro lo buttarono su di essa con violenza.
Dorian gli diede una pacca violenta sulla schiena.
"Il tuo culo rimane appiccicato a questa sedia mentre io vado a chiamare lo zio."
Allo stesso modo fece Daniel.
"Vado a vedere tuo fratello che cosa pensa di fare" borbottò lasciandomi da sola con il diavolo.
Con grazia, mi sedetti vicino a lui sulla panchina. Charlotte Hastings mi aveva insegnato che in quei casi un tocco delicato era la chiave. Peccato che, a parte nei movimenti, la delicatezza non mi appartenesse.
"Non è normale che continui a comportarsi così" bofonchiai studiando la sua postura. Era ancora teso, pronto a scattare come una molla alla prima opportunità che avrebbe bussato alla sua porta. Quella rissa non gli era assolutamente bastata per saziare i suoi appetiti, era solo a metà del pranzo.
Lui curvò le spalle ed appoggiò i gomiti sulle gambe stese.
"Non oggi, bambina."
Non ne voleva parlare. Lo avrebbe fatto, se non con me almeno con lo zio che avrebbe dovuto evitargli un'altra sospensione.
Riflettei ad alta voce.
"Hai sempre cercato la pace tramite la sofferenza."
"Piacere. Dolore. Non sono poi così diversi" chiarì a voce bassa.
"Lo sono per chi sa distinguerli" lo corressi, Charlotte mi avrebbe guardata con disapprovazione.
"Blake, ti ho detto non-oggi." Ringhiò riportando in superficie il furore. Ebbi un sussulto e poi mi ricomposi subito. Chissà a cosa stava pensando, cosa lo avesse fatto scattare in quel modo.
Alzai le mani al cielo.
"Va bene, domani" dissi scherzosa, mi guadagnai un'occhiata torva.
Rimanemmo in silenzio. Io provavo ad indovinare i suoi pensieri segreti, lui distruggeva con lo sguardo la statua davanti a se. I gemelli tornano dopo poco, accompagnate da Noel che sembrava aver assistito ad uno spettacolo comico, invece che ad una rissa.
"Era ora che ritirassi fuori gli artigli, fratello" lo scosse per le spalle. Poi continuò "avresti dovuto farlo prima, così non ci saremmo trovati a questo punto."
"Di quale punto parli, Noel?" Chiesi infilandomi nel discorso.
Lui mi diede un buffetto sulla guancia e mi fece un occhiolino smuovendo le pagliuzze grigie all'interno.
"Non preoccuparti, sorellina. Tutto sotto controllo."
Vivere nell'ignoranza mi turbava. Ero certa che mi nascondessero qualcosa, prima la storia dell'infortunio, poi la rissa con Bentley. Chissà quante altre informazioni ancora non avevo in mano. Due cose erano certe: erano in un mare di guai e non volevano che m'intromettessi.
"Hastings, Broadhurst, vi voglio tutti in presidenza!" Tuonò la signorina Hill mentre sbatteva i tacchi bassi sul pavimento. Era l'insegnate di biologia, non l'avevo neppure vista arrivare.
I gemelli la guardarono e parlarono all'unisono.
"Ma noi non c'entriamo niente!"
"Vi siete alzati nel bel mezzo della spiegazione interrompendo la lezione, i vostri compagni si sono riversati nell'atrio per capire cosa stesse succedendo. Non lo descriverei niente." Precisò schioccando le dita. "Scattare!"
I quattro si avviarono scocciati verso il portone d'ingresso, con le mani nelle tasche e l'atteggiamento di chi non aveva nessuna voglia di perdere tempo per un'altra ramanzina che non avrebbe cambiato assolutamente niente. Non c'era nessuna traccia di rimorso sui loro volti.
"E tu signorina, pensi di rimanere qui a goderti il sole?" Mi dedicò uno sguardo tagliente.
Alzai le spalle "io non c'entro con questa storia, me ne lasci fuori."
"Lo chiariremo nell'ufficio del preside, allora" chiarì quasi gongolando di avermi potuta riprendere.
Mi alzai dalla panchina con fastidio e la superai scoccandole un'occhiata obliqua. Tra tutti i posti in cui avrebbero potuto litigare, proprio al Beau Soleil? Per colpa di Wolfe mi avrebbero anche dato una punizione.
Passarono pochi attimi e ci ritrovammo ad accavallare la gambe sulle poltrone in pelle nella sala di attesa che precedeva l'entrata dell'ufficio del Preside Shaperd. Wolfe e lo zio entrano per primi, non appena questo si palesò fasciato dal completo elegante e di alta fattura. Dipinta in viso la noia, la scocciatura di dover sbrigare quella faccenda.
Chiusa la porta la tensione si tagliava con un coltello, una miscellanea perfetta di violenza, risentimento e dubbi. Il calderone di emozioni che seguiva la mia famiglia da due anni a quella parte.
Una grossa nube nera, tossica, patina viscida che ci ostruiva le vie respiratorie. Eravamo diventati in quel modo: macchiati. Avevamo perso pezzi di noi per strada, come la gioia, l'amore, la bontà. La leggerezza. Chi di noi la mostrava viveva nella sua ricerca, ma fingeva. Di vero rimanevano solo le crepe, cocci di vasi rotti.
"Lo sospenderanno?" Chiese Cole guardandomi negli occhi. Mi risvegliò dai miei pensieri, eppure non ebbi dire perché si aspettava una risposta da parte mia.
Carter si mise in mezzo, togliendomi quell'incarico.
"L'ultima volta Shepard ha minacciato l'espulsione, ha detto che tra le denunce di Wolfe ed il suo comportamento a scuola non c'erano più carte da giocare."
Noel si stravaccò comodamente sulla sedia e fece un cenno con la mano per sminuire quanto aveva appena detto il fratello.
"Naaa, zio Killian farà un'altra donazione e riporterà il suo culo fortunato a casa. Domani sarà come se non fosse successo niente."
"Al solito, quindi" constatò Nate tenendo d'occhio la porta che si aprì rivelando la sagoma affranta del preside. Probabilmente non ne poteva più di vederli entrare ed uscire dal suo ufficio più di una volta a settimana.
"Noel, entra." Gli ordinò con un cipiglio sui viso.
Il ribelle di casa Hastings scrollò le spalle e fece, per una delle poche volte, come gli era stato detto. Poi la porta si richiuse.
"Qualcuno di voi vuole dirmi che diavolo sta succedendo?" Sbottai ansiosa di avere una risposta, a turno ci avrebbero chiamati tutti dentro alla stregua di sospettati.
Dorian decise di concedermi qualche mollica senza sbilanciarsi troppo.
"L'anno scorso abbiamo avuto qualche problema con il gruppo di Simmons. Allo stesso tempo avevamo altre cose da risolvere. Era complicato. Si sono sovrapposte. Abbiamo risolto."
"Non mi sembra risolto" sibilai, portando le braccia al petto. Solo lui poteva sapere cosa avrei dovuto dedurre da quella risposta enigmatica.
Dorian si portò una mano al viso, lo strofinò esasperato.
"Lo era. Non so Wolfe cosa abbia combinato oggi, c'era Noel con lui." Fare scarica barile in quel modo era fin troppo semplice.
"Secondo me Bentley lo ha solo provocato. Wolfe è nervoso ultimamente" disse il suo gemello, puntandomi lo sguardo addosso "ci sarà cascato."
Credevano di potermi ingannare in quel modo, non sapevano che io celavo segreti da molto prima che loro imparassero l'arte della menzogna. Avrei dovuto rimboccarmi le maniche, sporcarmi le mani nel loro stesso fango, per capire cosa diavolo stesse succedendo. Quale mostro stessero saziando con le loro azioni.
Decisi che li avrei seguiti. Chiedere in giro non sarebbe servito a nulla, i loro sudditi non li avrebbero mai traditi.
Una figura femminile dai capelli ondulati si fermò all'ingresso della sala d'attesa, bloccando il flusso scombussolato dei miei pensieri sconnessi. Rigirai gli occhi al cielo quando riconobbi Amelia-gatta morta-Bailol. La sua espressione di tristezza rendeva bene il suo stato d'animo.
"Sono corsa qui appena l'ho saputo, cosa è successo?" Disse trafilata, spalancando gli occhioni da cerbiatta.
"Mettiti in fila dolce Amelia, ci sono prima io" pensai.
I gemelli si guardarono a vicenda prima di rivolgersi a lei con freddezza.
"Nulla che ti riguardi." Fu Daniel a emettere la sentenza e tutti sembravano d'accordo.
"Aspetterò che esca Wolfe, allora" ripose lei con fastidio, facendo un passo per entrare nella sala.
Mio fratello si alzò in piedi impedendole di avvicinarsi ulteriormente.
"No. Sono cose di famiglia queste. Dirò a Wolfe che lo hai cercato."
Lo sgomento si dipinse sul viso della principessa delle castagne e anche sul mio. Incredule su quello che aveva appena decretato Daniel, allontanare la quasi fidanzata di Wolfe era un affronto contro il capo branco in persona. Trattenni a stento un'esultanza.
Amelia fece rimbalzare gli occhi incantatori prima su di lui, poi su di me, poi di nuovo su di lui, prima di legarsi il cappio alla gola con le sue stesse mani.
"Ma lei è qui e lui nemmeno la sopporta."
Risi ad alta voce e Daniel si voltò giusto in tempo per fulminarmi, chiusi la bocca. Mi ero ridotta a prendere ordini anche da mio fratello minore.
"Blake è mia sorella. Tu chi sei?" Il cuore mi si riscaldò inondandomi le vene. A quanto pare, quando gli serviva, si ricordava di me.
Amelia impallidì, ma non volle mollare la presa.
"Sarà anche tua sorella, ma Wolfe non vorrà vederla quando uscirà da quella porta. Ho più diritto io di stare qui che lei."
"Se e quando il tuo cognome sarà Hastings potrai parlare di diritto. Fino ad allora non ne hai." Fece un passo in avanti e le mise una mano sulla schiena "quindi, esci."
"Non è giusto!" Poi si voltò furente verso di me "è tutta colpa tua. Da quando sei tornata hai creato solo problemi. Sei solo una povera psicopatica con manie di protagonismo, ritornatene alla clinica e fai un favore a tutti noi." Sputò velenosa con il viso chiazzato di rosso.
Le Baliol erano della peggior specie di essere umano, due perfetti camaleonti sociali. Si spacciavano per angeli dorati mentre in realtà erano solamente delle megere specializzate nell'arte del raggiro. Mi chiesi come facesse Wolfe a non rendersene conto. Nel frattempo dovetti ricorrere ad ogni briciolo di autocontrollo per non affilare la lingua a combinarne una delle mie. La mia famiglia aveva già dato spettacolo per quel giorno.
Amelia Bailol era appena finita sulla mia lista nera, il suo nome scritto in grassetto e cerchiato, mille volte.
Daniel piegò la testa su un lato e socchiuse gli occhi color menta. Trasalii, conoscevo quello sguardo, mi apparteneva e sapevo essere presagio di una stoccata letale.
"Parla di nuovo in questo modo a mia sorella e il tuo nome finirà nella spazzatura, accanto ad i rifiuti, come te."
La fierezza m'invase il petto, mio fratello minore mi assomigliava. Copie spudorate di mamma Emmaline.
Amelia, imbarazzata, aprí la bocca senza mettere un suono. Se ne andò via con la coda fra le gambe e l'orgoglio sotto ai piedi.
"Avresti semplicemente potuto dirle che Shepard voleva vedere anche me" gli ricordai mentre lui tornava a sedersi, decisa a saggiare la sua nuova tempra.
Mi lanciò un'occhiata obliqua "ringraziami e basta."
"Grazie fratellino." Proferii sincera, non mi aspettavo di essere difesa. Soprattutto non dopo l'indifferenza con cui mi aveva tratta da quando avevo messo di nuovo piede in casa. Forse Gabriel aveva ragione, dovevo solo dargli tempo di abituarsi alla mia presenza.
"Wolfe si arrabbierà parecchio" meditò Cole.
Dorian si voltò verso di lui e lo liquidò con un'alzata di spalle.
"Amelia è un problema suo. Se gli piace: bene, ma non deve mettersi in mezzo agli affari nostri."
Daniel sembrò sollevato. "Questo vuol dire che sono dispensato da quei pranzi interminabili in compagnia delle sorelle Baliol?" Il gemello annuì.
"Era ora! Noel farà i salti di gioia." Proferì Daniel alzando le mani al cielo.
Nate intervenne per cenare quella discussione.
"Abbiamo cose più importanti a cui pensare che i pranzi con le Bailol."
"Tipo?" Chiesi nella speranza di poterci capire qualcosa di più, ma tutti gli occhi scattarono su di me. Alzai le spalle quasi rassegnata al fatto che avrei dovuto scoprirlo da sola. "Potete dirmelo voi oppure no, ad ogni modo non rimarrò nell'ignoranza ancora allungo."
Cole mi rimbeccò subito con un ammonizione.
"Non ficcare il naso in questa storia. Lo dico per te Blake, non ne uscirebbe niente di buono."
C'erano campanelli d'allarme ovunque e mi suggerivano che non si trattava di un problemino da niente, era qualcosa di grosso. Qualcosa che se non fosse stato risolto a breve ci sarebbe scoppiato in faccia come una bomba ad orologeria allo scadere del tempo.
La porta della presidenza si spalancò di nuovo e gli occhi di Shepard trovarono i miei "unisciti a noi signorina."
Feci come mi aveva ordinato ed entrai nel suo ufficio. Zio Killian era seduto sulla poltrona davanti lui assieme alla signora Simmons ed al signor Cromell, i genitori dei ragazzi.
Noel e Wolfe in piedi sul fondo della stanza, gli feci un occhiolino senza farmi vedere dagli altri.
Sul lato opposto, invece, erano malamente appoggiati ad una parete Bentley e Jameson. Macchioline di sangue rappreso gli chiazzavano la pelle dove già si erano formati i primi lividi scuri. L'occhio destro di Bentley era gonfio quanto una pallina da Tennis. Inorridita voltai lo sguardo.
Il preside tornò ad accomodarsi sul retro della scrivania e si sistemò gli occhiali sul viso paffuto.
"Vuoi dirmi cosa hai visto in cortile?"
Deglutii, probabilmente ci aveva chiamato in momenti diversi per evitare che potessimo accordarci tutti su una stessa versione. Per lo stesso motivo non aveva fatto uscire i fratelli Hastings dopo aver finito con loro.
Gli studenti non avrebbero mai ammesso che era stato Wolfe a cominciare, non avrebbero puntato il dito contro il loro leader. Non lo avrei fatto nemmeno io.
"Non ho visto niente, c'erano tante persone a ostruirmi la visuale" mentii per evitare di dirgli che avevo visto Wolfe massacrare di botte Bentley.
"Sei una schifosa bugiarda, eri proprio li. Hai visto tutto." Sputò Jameson fuori dai denti, lui mi aveva vista parlare con Noel. Rimaneva la sua parola contro la mia.
"Ti hanno picchiato oppure no? Perché dubito che nel bel mezzo di una rissa avresti potuto accorgerti di chi era lì davanti... se lo hai fatto è perché evidentemente non è successo nulla. Quindi non ci sarebbe motivo per gli Hastings di essere qui." Alzai un sopracciglio "mi sbaglio?"
Noel scoppiò a ridere e zio Killian lo riprese con uno schiocco di dita. Wolfe gli disse qualcosa a voce bassa.
"Li hai chiamati tu i gemelli, però. C'è un testimone quindi non mentire." Continuò il preside con la sua indagine.
Annuii. "Si, li ho chiamati io nella speranza che li potessero separare."Ci pensai un po' su e poi aggiunsi una bella decorazione di bugie a fin di bene. "Avevo paura che gli Hastings potessero farsi del male. Dal fondo del cerchio avevo sentito che Jameson e Bentley avevano perso il controllo."
Mi guadagnai un'occhiata di approvazione dai fratelli a bordo stanza ed un "puttana bugiarda" sussurrato a denti stretti da Bentley.
"Puoi ripetere? Non ti hanno sentito tutti" proferii gelida.
"Ho detto che sei una fottuta puttana bugiarda." Sputò le parole come se fossero velenose, non ero di certo una poco di buono. In quel caso potevo concordare con la bugiarda, ma era necessario per tirarli fuori dai guai. Ci avrei pensato dopo a trovare una soluzione a quel problema.
"Preside se lei permette che questo tipo di maleducazione si aggiri nei nostri corridoi, allora non mi stupisco che poi accadano situazioni del genere." Feci una pausa prima di arrivare al punto "i miei fratelli e gli Hastings se la prendono solo con ragazzi della loro taglia e lo fanno quasi sempre per mettere fine a delle prepotenze. Non sarei colpita se venissimo a sapere che questi due avevano appena insultato una loro compagna allo stesso modo di come hanno appena fatto con me."
Lasciai che la mia affermazione gli si insinuasse nella testa.
Non avevo mentito, loro non erano dei bulli. Anzi, se erano temuti e rispettati a scuola era anche quello il motivo. Avevano tenuto a bada i predatori più grossi, a modo loro. certo. E i loro modi non erano pacifici, quasi mai, però funzionavano.
Il mio compito era solamente cercare di fargli credere che ci trovavamo davanti ad una di quelle situazioni, perché sapevo benissimo che se avesse scavato ancora avrebbe aperto il vaso di Pandora.
"Sta mentendo, lo sanno tutti che non metterebbe mai in mezzo i suoi preziosi Hastings. Probabilmente è stata con tutti e due." Ringhiò Jameson a vuoto. Si stava scavando la fossa con le proprie mani. Io ce lo avrei spinto dentro.
Mi affrettai a parlare prima che Noel gli si lanciasse addosso per la secondo volta.
"Mi auguro che dopo quello che ha sentito con le sue orecchie proceda a sospenderli, preside." Consigliai dopo aver rivolto una sguardo felino a tutti e due.
Shepard si sfilò gli occhiali e massaggiò il viso stanco.
"Signora Simmons, Signor Cromell, avete sentito anche voi i vostri stessi figli. Ho le mani legate a questo punto..." si bloccò e si rivolse allo zio. "Signor Hastings mi dispiace di averla disturbata, può portare tutti i suoi ragazzi con se per oggi. Potranno tornare domani."
Zio Killian gli strinse la mano.
"La prossima volta veda di chiarire la questione prima di farmi alzare da una riunione di lavoro." Gli rivolse un sorriso freddo e spalancò la porta.
"Andiamo a casa." Sentenziò una volta fuori dall'ufficio.
Gli altri lo guardarono stupiti ma lo seguirono accompagnati da un insolito silenzio.
§§§
Mi sedetti a tavola per il pranzo anticipato, le tate avevano preparato la torta ai frutti di bosco con la crema. La mia preferita. Ne addentai un pezzo mentre il resto della ciurma si sedeva alla rinfusa.
"Dovevate vederla, è stata geniale!" Decretò Noel a bocca piena di pollo arrosto. "Ci ha salvato le chiappe."
Wolfe mi rifilò uno sorriso malefico. "La tua dote da bambina bugiarda ci è stata utile per una volta."
Rigirai gli occhi al cielo. "Abbastanza da convincervi a dirmi il casino in cui siete finiti?"
Noel mi diede un buffetto sopra al naso "direi di no, sorellina. Però sei stata brava davvero, nemmeno lo zio ci poteva tirare fuori questa volta. Abbiamo finito i Jolly l'anno scorso."
I gemelli Hastings si fecero raccontare come erano andate le cose per la seconda volta nel giro di mezz'ora. Io provavo a dirgli che avevo solo avuto la fortuna di essermi scontrata con due imbecilli, ma non ne vollero sapere.
"Cercheranno vendetta contro tutti noi, ma si divertiranno particolarmente con te Blake." Disse Cole ragionandoci su.
"Posso gestire due scimmiotti." Gli ricordai assaggiando ancora un po di quella delizia cremosa. Che il cielo fosse stato lodato per gli zuccheri.
Dorian s'incupì dall'alto lato del tavolo "merda, non ci avevo pensato."
"Serve qualcuno che le guardi le spalle." Decretò Cole ad alta voce. Presero a parlare fra di loro preoccupati, come se io non fossi stata presente.
Noel alzò la mano. "Posso farlo io, sarò una fedele guardia del corpo."
"Senza offesa Noel, ma serve qualcuno di più costante. É una cosa seria." Decretó Daniel con il tono preoccupato. il terzogenito Hastings non mi parve per nulla toccato da quel commento.
Il corpo mi si irrigidì sulla sedia. Una strana puzza di bruciato mi solleticò le narici, ma la scansai. Due anni prima avevano iniziato a frequentare un giro pericoloso, ma proprio Noel mi aveva giurato che avrebbero scritto la parola fine s quel capitolo della loro vita.
In cambio di una mia promessa: avrei mantenuto il nostro segreto. Impossibile che si trattasse ancora di quello.
"Potreste dirmi, di grazia, se devo preoccuparmi seriamente di qualcosa?" Sbottai ammutolendoli tutti.
"No, ci pensiamo noi." Disse il mio gemello dall'altro capo del tavolo. "Io posso girarti attorno, ho i pomeriggi liberi tutto il primo trimestre. Non riprenderò tennis fino a dicembre."
Dorian non sembrò gradire nemmeno quella proposta, le sue parole mi ricordarono quelle che mi aveva detto Gabriel al telefono la settimana prima.
"Fratello... non sei la persona giusta, serve qualcuno che alzi la voce... e anche le mani, se dovesse servire."
"Allora fatelo voi se non vi sta bene niente." Disse Noel incrociando le braccia al petto.
I gemelli storsero il naso.
"Sappiamo tutti chi deve farlo." Insinuò Carter guardando Wolfe seduto poco distante.
"Non se ne parla." Tuonò lui alzandosi da tavola per mettersi in piedi, lo stesso fece Dorian.
"C'erano i vostri culi allo spiedo" disse indicando i più grandi fratelli Hastings. "Noel non può farlo. Quindi è un tuo problema, Wolfe."
Non capivo, le poche informazioni che avevo erano confuse fra loro, mi ripormisi di dargli ordine appena avrei scovato qualche altro dettaglio. Se erano tutti così preoccupati allora avrei dovuto esserlo anche io.
Wolfe serrò la mascella, si sentiva messo all'angolo. Non volevo obbligarlo a guardarmi le spalle e poi probabilmente non era nemmeno necessario. La mia famiglia sapeva essere drammatica come poche altre.
"Posso fare da sola."
"Mi piacerebbe che fosse così, ma non puoi." Mi corresse Cole mandando una sguardo di fuoco al fratello maggiore "Wolfe?"
Lui scosse la testa, i ciuffi neri di capelli svolazzarono prendendosi gioco di me.
"Non posso. Non voglio. Arrangiati."
Bene, non mi sarei sottoposta ad un'altra umiliazione. Mi alzai da tavola lasciandoli a discutere fra di loro, non avevo bisogno del loro aiuto. Almeno così pensavo.
Sbattei la porta della mia camera da letto facendo traballare il quadretto che avevo dipinto da bambina attaccato alla parte, poco dopo venne spalancata di nuovo.
Wolfe si fermò prima di entrare guardandosi attorno.
"É da maleducati andarsene quando gli altri stanno ancora parlando."
"Anche non bussare."
"Ma io sono maleducato." Rise appoggiandosi allo stipite della porta.
Rigirai gli occhi al cielo "e te ne vanti?"
Wolfe entrò definitivamente nella stanza e cambiò totalmente discorso "è ancora tutto esattamente come lo hai lasciato."
"Devo ringraziarti per non aver bruciato le mie cose mentre ero via?"
Scosse la testa divertito "no, devi ringraziare i gemelli per questo."
Decisi di prendermi gioco di lui. "Ohhh. Devi proprio odiarmi sul serio, allora."
"Cosi tanto che non permetterò a nessun altro di rubarmi il piacere di distruggerti. Tu sei mia Blake Broadhurst e non mi piace condividere." Il tono era roco e grave abbastanza da farmi formicolare la pelle in tutti i punti.
Sperai che non si rendesse conto che avevo tenuto in considerazione solamente la seconda parte della frase.
"Lo hai capito mentre salivi le scale?"
"Lo so da sempre."
Wolfe si avvicinò predatorio mentre io lo sfidavo a fare la prossima mossa.
"Quindi cosa sarai per me?" Chiesi avvicinandomi a lui fino a sfiorargli le braccia "sono curiosa."
Wolfe serrò la mascella e mi diede un pizzicotto sulla guancia "il tuo miglior nemico."
Le sopracciglia mi toccarono il soffitto sentendo nominare uno dei film che guardavamo sempre da piccoli. Gli rifilai un sorriso infido e vittorioso.
"Alla fine, fanno pace" gli ricordai accarezzandogli la spalla.
"Non ti illudere, bambina" sogghignò lui incarcerandomi il viso nella mano destra.
A quel punto arrivò anche Noel portandosi dietro la solita aria allegra.
"Cosa fanno i miei fratelli preferiti?"
"Rivangano il passato mentre pianificano il futuro?" Feci finta di domandare a Wolfe "ti sembra corretto?"
Non fece il tempo a rispondere che Noel si frappose fra noi prima di buttarsi sul letto.
"Litigano..." borbottò incrociando la mani dietro la testa "ed io che volevo chiedervi di uscire."
La mano di Wolfe si abbassò dal viso al fianco, percorrendo il profilo del mio corpo con una lentezza estrema. Arrivato alla meta, mi tirò nella sua direzione. Facendo scontrare il mio torace con il suo. Giocava con i miei sensi, con il contato di cui mi aveva privata fino ad allora. Mi chiesi se avesse toccato Amelia in quel modo.
"Sbagliato" pronunciò a voce roca tra le ciocche dei miei capelli.
Strizzai gli occhi perplessa, lui chiarì il suo pensiero.
"Giochiamo" sentenziò con malizia, prima di privarci definitivamente della sua presenza.
Noel mi guardò con un sopracciglio alzato.
"Andiamo a Santa Monica?"
§§§ Parte due del capitolo §§§
Ritornai a tarda sera con gli occhi e le orecchie che chiedevano pietà. Ronnie e Charles avevano flirtato per tutto il tempo mentre io e Noel avremmo preferito buttarci giù per la scogliera. Alla fine avevamo optato per lasciarli da soli ed eravamo andati al Mint, il bar sulla spiaggia. Avevamo bevuto un paio di birre e parlato con alcuni amici di Noel dell'evento di beneficenza a cui saremmo dovuti andare tutti quella domenica sera.
Nessuno era proprio contento di doversi sottoporre all'occhio critico degli adulti dell'alta società e nemmeno di soccombere alle ore interminabili di discorsi sul palco. Quindi stavano organizzando qualcosa per movimentare la serata. Tipo garantirci libero accesso ad una sala privata e chiamare un DJ.
In poche parole era in programma un piccolo party privato all'interno dell'evento benefico.
Noel si diceva entusiasta.
Io un po' meno.
I giornalisti ci avrebbero speculato su.
Il lato peggiore? I paparazzi. Erano appostati fuori dal cancello, ci avevano seguito per tutto il tragitto. Le orecchie ancora mi ronzavano per la lunga serie di click che avevano dovuto ascoltare. Noel gli aveva rifilato un dito medio, io la mia espressione impassibile. Sui tabloid impazza quello scatto. I titoli tra i più disparati, chi elogiava il nostro duo scombinato, chi invece ci aveva definiti una pessima compagnia l'uno per l'altra.
Io e Noel, insieme, non ne combinavamo una giusta.
Erano all'incirca le due di notte e stavo mantenendo fede ai miei programmi per la giornata. Avevo deciso che avrei seguito i ragazzi per capire in cosa ci avevano coinvolti. Avrei dovuto immaginare che le loro attività losche si svolgevano al calar del sole e che mi avrebbero costretta a fare le ore piccole.
In punta di piedi uscii fuori dalla mia camera e mi sporsi dalla balconata che dava sull'ingresso. Wolfe, Dorian e Daniel erano in piedi vestiti da jeans e magliette a maniche corte. Uscirono dalla porta e se l'appoggiarono alle spalle, attenti a non fare rumore.
Volai al piano di sotto e mi affacciai alla finestra. Non potevo perderli di vista, ma c'era un problema: non avevo la patente. Allo stesso tempo non potevo permettere a quei tre di allontanarsi, altrimenti avrei perso la mia occasione di capirci qualcosa.
Dovevo prendere un decisione e farlo anche prima di subito. Non fu difficile.
Allungai la mano e agguantai le chiavi della macchina di Nate, poi aspettai che uscissero dal cancello ed uscii dal mio nascondiglio.
"Guarda tu che mi tocca fare..." bisbigliai mentre mettevo in moto la macchina ed uscivo dal cancello tenendomi a debita distanza da loro.
Mi accorsi che la strada la conoscevo benissimo. Quasi mi venne un conato di vomito quando, arrivati a Downtown, svoltarono per lo Skid Row; uno dei quartieri più pericolosi di Los Angeles e parcheggiarono avanti al Fire, un noto locale notturno che andava molto in voga nella mia famiglia negli anni passati.
Noel mi avrebbe dovuto dare una spiegazione.
Non sarebbe comunque bastata.
Attesi in macchina una decina di minuti preda dell'agitazione, entrare lì dentro mi portava alla mente troppi ricordi dolorosi.
Tamponai la fronte imperlata di sudore freddo e mi sforzai di stamparmi in faccia un espressione coraggiosa. Mi diressi direttamente verso l'entrata non curandomi della fila interminabile all'esterno del locale. Abbassai la testa ed abbassai il cappellino con la visiera che avevo portato.Ci mancava solamente che qualcuno postasse una mia foto in un posto come quello.
"Ciao Murgio" dissi arrivata davanti al buttafuori-buttadentro.
Lui spalancò gli occhi incredulo di quello che aveva davanti.
"Non pensavo che ti avrei più rivista qui."
"Nemmeno io..." confessai facendo scivolare lo sguardo oltre le sue spalle.
Lui non sembrò accorgersi del mio stato di agitazione perché mi diede subito un'informazione che mi sarebbe servita.
"Gli altri sono dentro, sei arrivata in tempo per il suono della campana." Ammiccò e mi fece passare.
I locale era gremito di persone, una calca di ragazzi e ragazze poco più grandi di me che volteggiava tra il fumo ed il liquido scuro dei drink che stavano bevendo. Alcuni di loro si erano gia iniziati a posizionare alle estremità del ring improvvisato al centro della pista da ballo. Si spingevano fra di loro per accaparrarsi il posto migliore per assistere allo spettacolo. Quella era una cosa che non avrei mai capito si azzuffano per vedere un'azzuffata.
Eravamo circondanti da pareti spoglie e nere come il catrame che venivano illuminate da fasci di luce rossa ed intermittente. Il fumo usciva denso e pestifero dal macchinario apposito montato al soffitto. Tossii un paio di volte infastidita dall'aria pesante.
Un ragazzo barcollante mi urtò la spalla destra rovesciando il contenuto del bicchiere per terra, mi si avvicinò alla faccia ed indietreggiai di qualche passo. "Hai visto cosa hai fatto?"
"Mi hai urtata tu." Provai a spiegare all'ubriaco che avevo davanti.
Lui si avvicinò ancora soffiandomi l'altro che sapeva di vodka e sigarette sul viso.
"Chiedi scusa."
Abbozzai un sorriso storto ed inarcai le sopracciglia.
"Non credo proprio" dissi con saccenteria, imitando Wolfe.
Il ragazzo rise e provò a prendermi per le spalle, avrei dovuto tenere in considerazione che Wolfe aveva in dotazione una montagna di muscoli, l'aspetto di un criminale ed un espressione assassina che avrebbe intimorito anche il peggior essere umano. Io, no.
Mi voltai velocemente e provai a correre via, o almeno a nascondermi fra le persone, ma le mie capacità di mimetizzarmi furono pressoché nulle perché lui mi seguiva a passo veloce. Intravidi dei ciuffi biondo grano ed un sorriso strafottente. Mio fratello.
Invertii la direzione, non potevo rischiare di rivelare la mia posizione, ero sotto copertura. Mi ritrovai di nuovo faccia a faccia con il mio persecutore.
"Senti..." iniziai a dirli per farlo ragionare, ma una presa decisa mi arpionò la spalla facendo sbiancare il tipo che avevo davanti.
"Che diavolo ci fai tu qui?" Tuonò il mio fratellino. Accidenti doveva avermi vista anche lui.
"Sparisci." Sputò autoritario al ragazzo con un semplice cenno del mento, lui fece come gli era stato detto. I gemelli erano diventati un mix letale fra me e Wolfe, adatti alla teoria del complotto, ma anche al pugno facile.
Misi le mani avanti.
"Io? Vengo qui da prima che tu scoprissi della sua esistenza." Sbottai esasperata "è la volta buona: Wolfe e Noel li ammazzo."
Lo superai e mi diressi decisa dietro il ring, dove si trovava una porta che dava su un corridoio buio ed angusto, alla fine di questo era situata una piccola saletta dove si fermavano i ragazzi che avrebbero combattuto di li a poco.
Quando la spalancai tutti gli occhi si fermarono su di me, sulla scollatura nello specifico. Non indossavo il reggiseno, però ero in casa e non mi aspettavo che sarebbero usciti in piena notte. Mi strinsi la felpa al petto e mi feci strada mentre nella stanza scendeva un brusio di commenti osceni.
Wolfe abbaiò qualcosa a Daniel e venne nella mia direzione, prima che potesse dire qualsiasi cosa gli schiaffai le cinque dita della mano sulla faccia, uno sonoro schioccò zitti tutti i presenti.
"Mi fai schifo!" Ringhiai mentre lui se ne rimaneva imbambolato, non era uno schiaffo scherzoso, non un dispetto tra amici. No, era una dichiarazione di sdegno.
Lo spinsi ancora. "Come hai osato? Come ti è venuto in mente di trascinare anche loro in questa cosa." Dissi a denti stretti puntando il dito sui miei fratelli più piccoli.
Wolfe strinse la mascella e mi catturò i polsi nelle mani. L'espressione di chi mi avrebbe ridotta in polvere con una sola occhiata. Il suo tocco pesante attorno alle ossa mi provocò solamente un'altra scarica di nervosismo.
Un ordine deciso pronunciato in tono secco e autoritario "ne parliamo a casa."
"Ah, ora ne vuoi parlare?" Replicai adirata.
Daniel e Dorian mi si posizionarono ali lati per entrare nella conversazione, il primo cercò di mettere una toppa.
"Non è colpa di Wolfe. Lo abbiamo seguito proprio come tu hai fatto oggi." Il secondo continuò "era il modo migliore per scaricarci..."
Decisi di non tenere conto di quel rivelazioni e mi rivolsi solo agli occhi in tempesta che avevo davanti."Tu non avresti dovuto permetterlo."
"Siamo abbastanza grandi da prendere le nostre decisioni da soli." Mi corresse Daniel appoggiandosi le braccia al petto.
Una risata nervosa mi s'impadronì della bocca.
"Non sapete proprio un bel niente voi due."
Era vero. Prima che me ne andassi per Parigi non c'era segreto che non conoscessi, Wolfe condivideva con me anche i particolari più insignificanti di quello che facevano i più grandi. Brooks e Gabe se ne lamentavano in continuazione, ma Wolfe non ne voleva sapere. Loro erano solamente due sciocchi, si sentivano parte dei programmi dei più grandi, quando invece erano all'oscuro della più ampia gamma di macchinazioni ombrose che avevano svolto in passato.
"Blake stai zitta." Disse Wolfe a bassa voce.
"Perché dovrei, non glielo hai detto vero?" Sibilai portando l'attenzione sui miei fratelli. "Voi non avete idea del guaio in cui vi siete cacciati."
"Blake!" Tuonò lui facendomi sussultare per un momento.
"Blake cosa! Hai sbagliato, Wolfe." Ricacciai indietro la bile che voleva uscire dallo stomaco. "E non dirmi che non è come penso, finite questa cosa ed andiamo a casa; ci aspetta una bella riunione di famiglia."
I combattimenti iniziarono, furono tutti chiamati sul ring e a turno lottarono con i propri sfidanti. Ogni pungo era un singhiozzo trattenuto, ogni rivolo di sangue una lacrima del cuore. Avrei dovuto capirlo prima, quando avevo scovato Wolfe in cucina con quel livido enorme vicino alle costole. I colpi erano veloci, combinazioni collaudate. Destro-sinistro e poi, sinistro-destro-sinistro. Ancora, ancora e ancora.
Non avrei dovuto fidarmi di Noel.
Non avrei nemmeno dovuto andarmene.
Daniel e Dorian, doloranti, ma contenti, portarono la macchina che avevo preso in prestito a casa mentre Wolfe mi ordinava di salire sulla sua.
Sbattei lo sportello con forza e per poco non lo assalii quando ci ritrovammo stretti fra i sedili anteriori. Ci scambiamo delle occhiate furenti, per la prima volta da quando avevo messo piede a Los Angeles non credetti di essere io quella che doveva essere perdonata. Il suo errore era grande quanto il mio. Quello cambiava tutto.
"Sei tu il traditore" sibilai sconvolta solo quando arrivammo fuori il portone di casa.
Lui provò ad ammonirmi, appoggiandosi alla parete "non ci provare, non manipolare la situazione."
"La vedo per quella che è" chiarii avvicinando al suo viso pesto. I suoi occhi incontrarono i miei nella penombra, mi lessero l'anima. L'avvelenarono con il rancore.
"Lo hai fatto apposta"
Wolfe fece un passo verso di me, azzerando la distanza fra di noi, le labbra increspate in un sorriso peccaminoso, la fossetta all'angolo della bocca a prendersi gioco di me.
"Avrei dovuto sprecare tempo per pensarti e non ne avevo la minima intenzione" pronunciò tagliente mentre torreggiava su di me. Il viso chino sul mio.
Sorrisi a mezza bocca, scovando la menzogna.
"Mi odi?" Domandai.
Lui mi sollevò il mento con due dita, un brivido mi percorse il collo. "Non è chiaro?"
"Allora dubito che tu non mi abbia pensato. La sera, prima di andare a dormire, magari. O la mattina, appena sveglio, a domandarti dove fossi, con chi fossi. Se avessi avuto l'ardore di parlare di te" pronunciai l'insinuazione a bassa voce, un sibilo che fendeva i pochi centimetri che ci separavano.
Wolfe allacciò il braccio alla mia vita e torturò la mia spina dorsale artigliandola in ogni punto. Dolore misto a piacere, come aveva detto lui quella mattina.
"Sogna, bambina" mi derise.
"Come hai fatto tu?" Lo provocai.
La sua stretta si spostò dal mento al retro del collo, strinse in modo tale da farmi alzare la testa verso di lui.
"No, abbi almeno la decenza di farlo in grande" sentenziò e poi s'immerse nel buio dell'ingresso. Lasciandomi rovente alle sue spalle. Fossi stata una vera voltafaccia gli avrei piantato un coltello fra le scapole in quel preciso momento.
I gemelli si trovavano gia nella sala dei processi, avevano svegliato il resto noi che avevano preso posto nelle poltroncine color crema tra le pareti di legno di quella che una volta era una libreria.
Noel ancora assonnato si stiracchiò le braccia.
"Mi avete tirato giù dal letto nel mezzo del mio sonno di bellezza. Spero che sia grave, le ragazze non ne saranno contente."
"Lo è. " Mi limitai a dire.
Wolfe ci raggiunse accompagnato dalla metaforica nuvoletta scura che gli aleggiava sulla testa e si chiuse la porta alle spalle.
Potevamo iniziare.
Nathaniel si sedette alla scrivania posta al centro della stanza in veste di giudice.
"Su cosa dobbiamo deliberare?" Chiese mentre tirava fuori dal cassetto dei fogli bianchi.
Si, annotavano tutte le sedute e scrivevamo i relativi verdetti nel caso in cui qualcuno di noi avesse disubbidito.
"Il Fire." Conclusi.
Noel diventò pallido come un lenzuolo, Nate storse il naso ed i gemelli Hastings scossero la testa.
"Vi siete fatti beccare?" Chiese Carter ignorando la gravità della situazione.
"Siete dentro anche voi?" Se erano stati inclusi i miei fratelli era plausibile che lo fossero anche loro. Annuirono entrambi.
Mi sedetti affianco a Nate e incrociai le braccia sulla scrivania.
"Meritate di sapere la verità, siccome nessuno in questa casa ve l'ha detta." Dissi rivolgendomi a tutti e quattro i gemelli.
Noel diventò totalmente trasparente.
Iniziai a raccontare quello che probabilmente già sapevano.
"Brooks aveva sedici anni ed era piuttosto grosso per i ragazzi della sua età. Sappiamo tutti quanto amasse la boxe, ma i vostri genitori non erano d'accordo. Avevano paura che si potesse fare male e poi Charlotte non credeva che fosse uno sport adatto ad un Hastings. Lei avrebbe voluto dei principi..." risi tra me e me "ma alla fine siete venuti su più come dei teppisti."
Poi continuai "è tutto iniziato in questo modo: con un divieto. E cosa facciamo noi quando ne vediamo uno?" Chiesi amaramente guardando la mai famiglia.
"Lo infrangiamo." Borbottò Cole dai posti in fondo alla stanza.
Annuii e ripresi con la spiegazione.
"Gabe aveva iniziato ad andare con lui, dopotutto all'inizio era un giro tranquillo, pieno di ragazzi della nostra scuola e del liceo le Rose. Era stato messo su da Skippy, il cugino meno fortunato di Oliver Mckenzie."
Dorian fece un intervento che non considerai minimamente. "Skippy è un tipo apposto."
"Due anni dopo, quando Wolfe aveva iniziato a manifestare sempre più spesso i suoi attacchi di rabbia, Brooks decise di includerlo in quel progetto. Lo stesso fece Wolfe con Noel quando gli altri partirono per il College." Proferii decisa.
Io ne ero venuta a conoscenza e per il primo anno diventai un ospite assidua. Era diventato una specie di evento mondano, i biglietti d'entrata avevano un prezzo esorbitante e tutti gli studenti volevano andare a vedere. Era diventato di moda. E tutti i ragazzi ricchi di Beverly Hills volevano partecipare alla tendenza del momento.
Mi sporsi in avanti sulla sedia e ripresi dove avevo lasciato.
"Tutte le cose belle finiscono. Perché il circuito era diventato una macchina da soldi e Skippy non riusciva più a gestirlo da solo. Lì iniziarono a complicarsi le cose. Due ragazzi che si facevano chiamare Dom e Tom, dubito che fossero i loro veri nomi, presero la gestione del locale e di quello che avveniva all'interno."
Nate decise di darmi una mano, almeno avrebbero capito che non mi stavo inventando proprio niente. "Non era più una lotta fra ragazzi arrabbiati ed annoiati. Il flusso di denaro aveva avvicinato ogni tipo di delinquente della zona, chi spingeva droga, chi piazzava scommesse, chi aveva deciso di alzare il livello dei lottatori." Fece una piccola pausa per lasciare che gli altri comprendessero a pieno la situazione.
"Era ora di uscirne, peccato che non si poteva. Tom e Dom minacciavano Wolfe e Noel, averli nel quadrato gli fruttava troppo denaro per lasciarli andare via ed un giorno..."
Noel fece un casino.
Io dovetti ripulirlo e mi assicurai che fossero liberi dal circuito. Noel mi fece la promessa che non si sarebbero più avvicinati al locale, io quella di rimanermene zitta e di non farne parola con Wolfe. Era il mio unico segreto con lui: ci aveva condannati.
Avevo visto troppo, ero totalmente terrorizzata da quello che stava accadendo in quel periodo.
Partii.
E non era nemmeno tutta la storia...
Tranne che invece di confessarlo decisi di coprire Noel ancora una volta e lasciai che Nate continuasse con il racconto che gli avevamo propinato anni prima.
"Noel e Blake hanno trovato il modo di svincolarli dal giro."
"Come?" Chiese Dorian che improvvisamente sembrò interessarsi a quello che stavamo dicendo. In un modo molto semplice alla fine. Reso possibile solamente da un loro errore: averci sottovalutati.
"Li ho minacciati. Hanno aperto il loro giro e sono andati via da qui." Rivelai seria, alla fine la bugia non si distaccava molto dalla realtà, avevamo solo tolto dei particolari.
Wolfe si alzò dalla sedia che scattò all'indietro stridendo sul pavimento.
"Non c'è nessun pericolo adesso. Skippy ha ripreso il controllo del circuito."
"E tu ti fidi ancora di Skippy, dopo tutto quello che è successo?" Gli urlai addosso.
Lui però era irremovibile.
"Mi fido di Skippy proprio perché sa come evitarlo ora."
"Tu non dici niente?" puntai gli occhi su Noel che aveva ripreso un po' di colorito.
Deglutì prima di parlare.
"Ne siamo usciti io e te. Se non fosse stato sicuro..." avrei mantenuto fede alla mia promessa. La fine della frase gli si leggeva in faccia, ma non osò pronunciarla.
"Fatemi capire, quindi siete tutti d'accordo sul continuare?" Domandi in preda al panico. Non avevano forse capito che i fratelli avevano rischiato la pelle? Il silenziò confermò quello che pensavo.
"La mia opinione non conta?" Sbottai nervosa.
Wolfe accavallò le gambe appoggiando la schiena al muro che aveva alle spalle ed emise un sospiro prima di pronunciare.
"Certo che conta..." sorrise preparandomi a quello che stava per dire "solamente non per noi."
Lasciai la stanza ancora più sconvolta di prima, qualcosa non mi tornava. Decisi che avrei messo insieme i pezzi di quel puzzle. Un po' alla volta e con fatica, ma avrei capito in quale assurda trama intricata si fossero infilati. Mi addormentai con quella promessa tracciata nel cuore, con il desiderio che avevo bruciato tra le fiamme ardenti il giorno del falò.
Io li avrei visti felici.
A tutti i costi.
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