Luna piena.

Quando Scorpius, insieme al padre e al migliore amico, giunse a casa si sentiva stanco e spossato.
Quella serata era stata fin troppo strana, anche per uno come lui.
Sentiva la testa pesargli come un macigno e aveva perso la voglia di parlare poco dopo aver comunicato al padre che Rose era andata via.
Draco gli aveva rivolto uno sguardo tra il dispiaciuto e il contrariato. Un po' come quelli di uno che la sapeva lunga, molto più di lui.
Come se la colpa fosse stata di Scorpius che lei fosse andata via. E forse era così.
Fece dei passi, incurante degli altri due ancora fermi vicino al camino, in direzione delle scale. Voleva solo chiudersi in camera sua e pensare tutta la notte a quelle strane e nuove sensazioni che aveva avvertito con la rossa quella sera.

«Fermò lì, non muoverti.» Disse il padre.
«Papà non ho voglia di...—»
«Qui c'è stato un combattimento!»
«Come?» Quasi non saltò sul posto, e il suo pensiero corse a Rose, sola in quella casa. «Dobbiamo andare da Rose, lei è qui sola e...—»

Stava iniziando a parlare a vanvera, e il tono di voce era preoccupato e un po' affannato. Sentiva il panico salirgli dentro le ossa e l'unica cosa che riusciva a pensare era il voler accertarsi che lei stesse bene e non avesse subito danni.
Fu interrotto da un sonoro «Poff.» e l'attenzione di tutti e tre si riversò sul elfo che era appena comparso davanti a loro.

«Padroni, io... Io ho provato a dirle di non farlo. Ma lei non mi ha ascoltato...» L'elfo incominciò a piangere rumorosamente mentre prendeva a buttarsi contro lo spigolo per tavolo lì vicino, con l'intento di farsi male.

«Hokey, di chi parli?» Domandò Draco visibilmente preoccupato.
«Lady Weasley, padrone. Lei... Lei...» E riprese a piangere rumoroso.
«Stupido elfo smettila subito e parla chiaro!» Sbottò Scorpius, sempre più in prede al panico.
«Lui... Lui è entrato qui! È entrato per  ucciderla, padrone! E allora lei mi ha detto.. Mi ha detto...» Tirò su rumorosamente con il grosso naso aquilino.
«Lui chi? E cosa ha detto Rose?» Rispose Albus, che intanto era rimasto in silenzio, mentre l'ansia lo divorava.
Vedendo che l'elfo non rispondeva, ma al contrario aveva preso a dare testate al pavimento, Draco si spazientì e lo sollevò dal colletto sgualcito e sporco della casacca.

«Hokey, parla immediatamente!»
«Lucius Malfoy è entrato qui per uccidere padron Scorpius, padrone.» Mormorò mortificato.

La stanza cadde in un silenzio spaventoso, nessuno emise più un singolo fiato.
Lucius, dopo aver scontato i suoi anni di prigionia ad Azkaban si era rinchiuso in un Manor di proprietà in Europa. Lasciando moglie e figlio in balia di se stessi e con immensi conti con la società da risolvere.
Non si era più fatto vedere, e Draco aveva preso in mano le redini di famiglia tirandoli fuori dagli insormontabili problemi che aveva creato suo padre.
Lucius non si era fatto più vivo e Draco aveva deciso di non cercarlo più, consapevole che tutti i loro anni di dolore potevano dirai conclusi con lui lontano.

«Dov'è Rose?»

La voce di Scorpius risveglio tutti.
Al biondo serpeverde dopo un primo momento di sgomento, — per aver scoperto che il nonno che non aveva mai conosciuto lo voleva vedere morto, — l'unica cosa che gli interessava era sapere dove si fosse cacciata la rossa.
La conosceva abbastanza da sapere che quel suo maledetto coraggio grifondoro l'avrebbe cacciata solo nei guai.

«Padron Scorpius, mi ha detto di riferirvi che la potrete trovare nel luogo in cui tutto è cominciato.»  Disse l'elfo che ormai si era calmato, consapevole che qualunque sarebbe stata la punizione che i suoi padroni gli avrebbero dato lui l'avrebbe subita senza remore. «Poi si smaterializzata e il Signor Malfoy si è aggrappato a lei, e sono scomparsi insieme.»

*

Faceva freddo, il vento che soffiava forte le sferrava in viso facendole lacrimare gli occhi, e il vestito elegante che ancora aveva indosso non la copriva per niente.
Ma lei era riscaldata dalla fiamma ardente che sentiva propagarsi dentro il suo corpo.
Il Capello Parlante non aveva mai sbagliato, e neanche quella volta aveva errato smistando Rose Weasley in Grifondoro.
La fiamma del coraggio bruciava dentro di lei, facendole scintillare gli occhi.
Non avrebbe mai permesso a nessuno di far del male alle persone a lei care.
E dire che Scorpius Malfoy ormai le stava a cuore era soltanto una piccola postilla da non sottolineare.
Aveva capito che per lei, la serpe bionda, era importante.
Non sapeva se sarebbe mai stata ricambiata, ma non poteva pensarci in quel momento.
La ferita alla guancia pulsava, e sentiva il sangue gocciolare fuori, scorrerle sul viso, mischiandosi con il sudore.
Aveva capito di provare qualcosa per Scorpius quella sera, mentre ballava stretta tra le sue braccia, ma ne aveva avuto la certezza concreta quando aveva sentito la paura attanagliarsi al cuore alle parole del elfo.

Non avrebbe mai permesso, a nessuno, di fargli e del male.
Era quello che si ripeteva, come un mantra, ogni volta che cadeva e si rialzava, ogni volta che scagliava un incantesimo e ogni volta che un altro le tornava indietro.
Sapeva anche che da lì a poco sarebbero arrivati per aiutarla, aveva lasciato un messaggio al elfo e sapeva che glielo avrebbe riferito. Quell che non sapeva era a che ora sarebbero tornati e rincasati, e quanto ancora avrebbe dovuto aspettare per vederli arrivare.

Era ferma a riprendere fiato, quando la figura di Lucius si rialzò dal pavimento, dopo aver incassato il colpo che aveva subito. Rimasero fermi a guardarsi per pochi minuti prima che un sorriso sadico deformasse il volto del anziano uomo.

«Combatti come tua madre. — Disse, a fatica. — Ricordo nitidamente uno dei momenti più soddisfacenti della mia vita. Non pensavo che quel giorno sarebbe mai arrivato, eppure...» Lasciò la frase a metà, facendola pesare nell'aria.

«Di cosa sta parlando?» Rose non si sarebbe mai mostrata debole di fronte a lui, ma dentro di lei tremava.
«Di quando vidi tua madre pregare, piangendo! Implorare mia cognata di finire di torturarla. Fu uno dei momenti più appaganti della mia esistenza.» Disse cattivo.

Rose cercò in tutti i modi di trattenere le lacrime. La madre non aveva mai voluto raccontarle di quell'orrenda cicatrice, ma le leggeva il dolore negli occhi ogni volta che gli poneva quella domanda. Poi le voci giravano veloci nel mondo magico e la rossa potette carpire qualche informazione su quell'avvenimento, ma non ne aveva mai dato fondo, visto che i pettegolezzi erano all'ordine del giorno.
Invece in quel momento avrebbe scoperto la verità su quel fatto orribile e sentiva la pelle bruciarle, mentre pensava alla madre, pressappoco della sua stessa età, soffrire.

«Poi, quella cicatrice fu il colpo di grazia! — Riprese a parlare. — Indelebile, per ricordarle cosa lei sia! Una lurida Sanguesporco
«Perché mi dice queste cose?» Prese il coraggio a due mani e porse quella domanda. Non si sarebbe fatta ingannare così. «In più, lei parla troppo per uno che sta per essere arrestato di nuovo.» E quasi non sorrise in modo sghembo lei.

«Perché, te l'ho già detto: combatti come tua madre. — Gli occhi erano acquosi e cattivi mente le parlava. — E per questo che ora ti riserverò lo stresso trattamento. Crucio.» Urlò, puntandole la bacchetta contro.

Rose si ritrovò presto stordita da quelle parole, e non ebbe i riflessi pronti per proteggersi. In poco era accasciata al suolo sporco e ruvido della Foresta Proibita, in preda al dolore più lacerante.
Tanti piccoli aghi incandescenti le stavano fendendo le carni, provocandole un dolore indescrivibile. La testa le scoppiava e lo stomaco si contorceva in una morsa ferrea e atroce.
Il dolore era così forte che non riusciva a contenere le urla, che erano così potenti da farle sentire la gola come squarciarsi.
Sembrava interminabile, infinito. E in quel momento riuscì a pensare soltanto a quanto sua madre avesse sofferto, a quando dolore avesse provato.
Portare il suo cognome e le fattezze fisiche e mentali di due persone importanti nella Seconda Guerra Magica l'aveva fatta sentire sempre inadeguata. Mai abbastanza come loro, per essere all'altezza di avventure, e in quel momento si rese conto che forse era così, visto che non si ere neanche riuscita a difendere da sola ma un uomo vecchio e acciaccato dall'età.
Lei era più giovane, più forte, forse con meno esperienza, ma più intelligente senza dubbio. E si era fatta sopraffare da qualche parole di troppo.
Il dolore continuava infinito, mentre lei si dimenava al suolo.
Una scarpa sporca di terra e fango le si posizionò sul torace, comprimendolo mentre non riusciva neanche più a mettere a fuoco davanti a lei.

«Ed ora, il colpo di grazia!»

Avvertì sul suo braccio un prurito bruciante, mentre le sue urla aumentavano.
Il dolore era così tanto che non riusciva più a pensare, a ragionare e vedere o sentire cosa aveva intorno.
L'ultima cosa che vide furono due gemme grigie tremendamente belle, poi chiuse gli occhi.

*

Quando aprì gli occhi una forte luce bianca le accecò la vista, e la costrinse a richiudere le palpebre con forza.
Sentiva la gola secca e pungerle mentre sembrava che il corpo non volesse rispondere ai suoi comandi.
Resasi conto di non riuscire neanche a sentire bene, si premurò di rimanere immobile dando il tempo ai suoi sensi riattivarsi. Non ricordava nulla, e usò quei minuti per rimescolare la sua memoria e cercare di capire.
In poco le immagini si sovrapposero, riportando a galla gli avvenimenti successi e facendola tremare di paura.
Riaprì gli occhi di scatto, spaventata iniziando ad urlare.

«Scorpius! Scorpius!»

Incurante del dolore lancinante ad ogni parte del coperto si alzò a sedere continuando a chiamare il nome del biondo.
Aveva fallito, non era riuscita a proteggerlo e la paura che gli fosse successo qualcosa la spronava a chiamarlo più forte.

«Rose! Rose, calmati sei al sicuro ora.» La voce di Albus le arrivò alle orecchie lontana, ma gentile.
«No tu non capisci! Scorpius! Dov'è Scorpius? Lui vuole ucciderlo! — Rispose affannata, non riuscendo neanche a metterlo a fuoco. — Scorpius!» Riprese ad urlare.

Albus non riusciva a calmarla in nessun modo, mentre lei si dimenava come un'ossessa sul letto dov'era stesa.
Rose intanto non si dava pace, mentre la paura più forte che avesse mai sentito le attanagliava il petto.
I suoi sensi iniziavano a funzionare piano piano e riuscì a mettere a fuoco la camera da letto dove si trovava, e capì si essere di nuovo al Manor, nelle sue stanze. Vide Albus seduto al suo fianco che la guardava dispiaciuto e quello fu utile soltanto a farla preoccupare di più.
Sentì le urla di suo padre da fuori alla porta, inveire contro qualcuno e poi vide quest'ultima aprirsi, rivelando la figura snella e armoniosa della madre.

«Mamma, mamma sei qui! Mi devi aiutare. Scorpius... Lui è in pericolo! Mamma ti prego, mi devi aiutare.»

Parlò a raffica mente la figura della madre si avvicinava a lei e la guardava dolcemente.
In poco tempo la stanza si riempì di persone, tra cui suo padre e gli zii Harry e Ginny.
Anche Draco la raggiunse, rimanendo però in disparte, a guardare tutto appoggiato al muro.

«Tesoro, è tutto finito. Puoi stare tranquilla ora.» Le accarezzò la guancia la madre.

Riconobbe anche Blaise e Daphne Zabini, anche loro un po' più infondo rispetto ai suoi parenti.
Ma non vide Scorpius. Il panico le andò alla testa appena posò gli occhi su Draco Malfoy, che la guardava tristemente con gli occhi lucidi.

«Qualcuno mi può dire dove è Scorpius Malfoy? Per Morgana!» Urlò in preda al dolore.
Sentiva solo quello, ormai.
Ci fu un momento di silenzio che servì solo a peggiorare la sua situazione, prima che il padre Ron si fece avanti, prendendo la parola.

«Rose, ora calmati. Hai subito un duro colpo oggi, devi riposare.»
«Io non mi calmo fin quando qualcuno non mi dice cosa è successo a Scorpius!»
«Rose lo capisci che siamo preoccupati per te? Quindi per favore...» Riprese il padre, che ora la guardava severamente.
«Ed io sono preoccupata per lui!» Urlò a squarciagola.

Padre e figlia di guardavano negli occhi, senza staccarsi mai. Lui con sguardo severo e preoccupato al contempo.
Aveva appena finito di sbraitare contro Malfoy e la moglie Hermione di quanto lui avesse sempre sostenuto che quella sarebbe stata una pessima idea, e che se non fosse andata in quella casa maledetta ora sua figlia starebbe bene, e ancora di quanto Malfoy fosse solo una piaga che aveva portato dolore alla sua famiglia.
Ed era preoccupato per Rose, sia per le sue condizioni fisiche e psicologiche, sia per quello strano attaccamento che aveva con quel ragazzo. Per Merlino, si era quasi fatta uccidere per salvargli la vita.
Rose al contrario lo guardava più ostinata che mai. La paura che sentiva di aver fallito e che tutto quello non fosse valso a nulla le attanagliava il cuore in una morsa dolorosa e fastidiosa ma non le impediva di cercare le risposte che voleva, anzi al contrario, la caparbietà che aveva nel voler sapere tutto la rendeva solo più bella e uguale alla madre.

«Rose, perché non sei rimasta in casa? Ti avremo trovata molto prima.»

Draco prese la parola facendo un passo avanti, rompendo quel momento magnetico padre-figlia.

«Non potevo permettergli di distruggere casa sua, Signor Malfoy.» Sorrise gentile al uomo che ora la guardava paternamente.

«Ma sentitela! Rose hai giocato a fare l'adulta! Tu non ti rendi neanche conto di cosa è successo!» Inveì Ron, livido di rabbia.
«Papà smettila! Certo che mi rendo conto!»
«Ah si? Allora hai visto cosa ti è successo? Hai visto il tuo braccio?» Urlò il rosso.
«Ron...»

La voce della madre che richiamava il padre le arrivò lontana, lei era già intenta a guardarsi il braccio fasciato da delle bende.
Toccò con la punta delle dita il tessuto ruvido, prima di prenderlo a srotolarlo velocemente.

La scritta "mezzosangue" campeggiava rossa sul braccio pallido. Le croste si erano già formate e quando provò a toccarne una con la punta del dito dovette ritrarre velocemente la mano, e chiudere gli occhi per ricacciare le lacrime indietro.
Fece un respiro profondo prima di richiudere le bende e tornare a guardare il padre negli occhi.
Aveva lo sguardo lucido, velato dalle lacrime che ancora ballavano nei suoi occhi, a cui non avrebbe mai dato il permesso di scendere.
Il suo sguardo si accese di nuova luce quando prese parole.

«So quello che è successo, me ne rendo conto. E lo rifarei, altre mille volte.»

Ron la guardò sbigottito non trovando più cose da dire, ed Hermione — per quanto fosse preoccupata e terrorizzata che la figlia potesse rivivere il dolore che aveva passato lei dopo la tortura la tormentasse, — non poteva che regalarle uno sguardo fiero della donna che era diventata.

«Rose, perché proprio la Foresta Proibita? Come potevi essere sicura che...» Draco rimase la frase a metà, il sottinteso era chiaro a tutto, ma a prendere la parola su Albus.

«Perchè lì è stata la prima volta che hanno litigato. Eravamo al primo anno, ed eravamo finiti in punizione per aver copiato i compiti di pozione da Rose. Lumacorno aveva deciso di punire pure lei, per motivi che ancora oggi ci sono poco chiari, e ci siamo ritrovati tutti e tre nella Foresta Proibita.— Iniziò ridacchiando a quel ricordo.— Ricordo chiaramente che avevano iniziato a discutere e se non fossi stato presente al momento Scorpius avrebbe un arto in meno, è da lì che nacque il contratto.»

I due cugini si guardarono compici prima di sorridersi dolcemente.
Albus le prese una mano, accarezzandole il dorso con il pollice.
I loro occhi non si lasciavano un secondo e in quel momento tutti capirono che si stavano parlando.
Erano così, loro due, riuscivano a capirsi con uno sguardo e in quel momento Albus stava dicendo a Rose che per lei ci sarebbe stato sempre.

«Io non posso crederci! La Weasley che non solo si fa ammazzare per me, ma in più urla ai quattro venti che è preoccupata! Non so se essere lusingato o spaventato.»

Rose si voltò di scatto sulla figura che si stagliava sull'uscio della porta.
La sua voce gli era arrivata forte e chiara, giocosa e quella risata inconfondibile le aveva scaldato il cuore come non era mai capitato.
Scorpius le sorrideva dolcemente. Non c'era traccia del solito ghigno sprezzante o della voce odiosa che usava per deriderla.
Aveva un braccio fasciato e un taglio al sopracciglio, ma non le era mai sembrato più bello come in quel momento.
Stava bene, era lì davanti a lei e prima che si rendesse conto delle sue azioni era già in piedi a correre verso di lui per poi abbracciarlo, chiudendo le braccia intorno al collo di lui.

«Stai bene.» Sussurrò al suo orecchio.
«Si, ci vorrà ancora un po' prima che tu possa liberarti di me.» Rispose allo stesso modo, facendola ridacchiare.
«Io non potevo lasciare che ti facesse del male... Non potevo...»

Scorpius fermò il monologo che stava intraprendendo allontanandola di poco da lui.
Aveva gli occhi lucidi e le sorrise quando vide una lacrima solcarle la guancia. Si apprestò a raccoglierla in una mano, mentre le lasciava una dolcissima carezza.
Poi, senza spostarsi da quella posizione la guardò ancora, rendendosi conto di quanto bella fosse.

«Sto qui, e sto bene! Stiamo tutti bene.»

Lei fece un cenno con la testa, prima di abbracciarlo forte di nuovo.
In quel momento non esisteva nessun altro in quella stanza, se non loro due.

«Quando ti ho trovata al suolo, sulla terra della foresta ho avuto paura di perderti.»

Scorpius inspirò a fondo il suo profumo, che sembrava essere fatto apposta per lui, per stordirlo e stregarlo, e la strinse ancora più forte, incurante del braccio fasciato che gli faceva male.

«Ci vorrà ancora un po' prima che tu possa liberarti di me.» Rispose lei, ridacchiando al suo orecchio.
«Ora che ti ho trovata, non ti lascerò più andare Rose.»

Il coraggio non è certo una virtù dei serpeverde ma in quel momento Scorpius lo avvertì chiaramente scorrergli nelle vene.
L'aveva ritrovata, non avrebbe permesso più a nulla di farla andare via da lui.
E poi, chi altri al mondo si sarebbe fatto ammazzare per lui? Insomma, dubitava persino di se stesso, mente lei non ci aveva pensato due volte a salvargli la vita.
Quando l'aveva trovata, si era sentito la persona più felice del mondo, poi quella sensazione era precipitata quando aveva capito cosa le stesse succedendo e quando i suoi occhi si erano chiusi davanti a lui.
Aveva capito di provare per lei qualcosa di troppo forte, la paura di averla persa lo aveva spronato a combattere contro quello che era il nonno senza sosta fino al arrivo degli Auror capitananti da Harry Potter e il resto della sua famiglia.
L'aveva presa in braccio e si era smaterializzato con lei a casa sua prima che chiunque altro avesse potuto dire anche solo una parola.
L'aveva curata, medicato le ferite, pulita dal sangue e aveva trasfigurato il suo abbigliamento ormai logoro in una vestaglia da notte più comoda. Di spogliarla non gli sembrava il caso.

Poi si era dedicato, prendendosi pochi minuti, per osservarla dormire. E gli era parsa come il più bello dei demoni che avesse mai visto, perché per assoggettarlo a lei in quel modo aveva dovuto sicuramente usare qualche strategia da demone travestito in quella splendida creatura.
Poi si era alzato e si era medicato con l'aiuto del padre che era giunto a casa insieme agli altri.
Avevano scoperto che Lucius voleva punire Draco per il modo in cui aveva cresciuto suo figlio, facendolo frequentare mezzosangue come Albus Potter, e ospitando in casa una Weasley.

«Rose io ti devo dire una cosa.»

Erano ancora stetti l'uno nelle braccia dell'altro. Non riuscivano a staccarsi, la paura di essersi persi li costringeva a stringersi più forte.

«Anch'io ti devo dire una cosa Scorpius.»

«Rose, vestiti! Ti riporto a casa immediatamente.» La voce forte e prepotente di Ron fece scoppiare quel momento dolce che i due ragazzi avevano creato.

Non si erano neanche accorti che gli occhi di tutti gli adulti presenti nella stanza erano su di loro.
Draco li guardava come uno che la sapeva lunga e Hermione lì osservava dolcemente, prima di scoccare un occhiolino giocoso alla figlia, che arrossì prepotentemente.

«Ron, io credo che possiamo lasciarla qui fino al inizio della scuola, ora è al sicuro.» Disse Hermione, che aveva ben capito la situazione e voleva aiutare la figlia.
«Hermione per favore risparmiami le tue idee! Per quest'ultima che hai avuto è quasi morta!» Sbottò Ron, guardando ora la moglie.
Non poteva permettere che alla figlia le succedesse qualcos'altro di male o incombesse ancora in qualche pericolo.

«Ron, capisco che sei preoccupato, ma non potrà succederle più nulla. Lucius è stato rinchiuso per sempre e poi credo anche che spetti a Rose decidere dove voglia stare.» Continuò la moglie, cercando di dissuaderlo.
«No! — Urlò più forte. — Non esiste! Rose, vestiti. Si torna a casa.»

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