XIX. Love In The Dark
Esiste una strettissima correlazione tra stato d'animo, energia e colore. In molti casi la natura umana vive di emozioni; sono loro, le emozioni a farci vivere e vedere il mondo con luci e colori diversi. E solo osservando tutte le sfumature del cielo attraverso il finestrino dell'areo Daniel si è reso conto di quanto questi ultimi siano stati l'unica fonte di salvezza durante quei mesi per Althea.
Vedere che al di fuori del buco nero che vortica dentro di lei poteva ancora rivestirsi di emozioni l'ha salvata quella volta in quel letto d'ospedale, ha dettato il riflesso di riaprire gli occhi e vedere la felicità accendersi del giallo con cui i bambini colorano il Sole sui volti di Daniel e Tecla.
I colori sono sempre stati al centro della vita di Althea, perché al suo cuore grigio è sempre piaciuto osservare il panorama che lo circonda e bearsi di ciò che non ha mai potuto possedere. Sono stati il centro, la salvezza, e la fine, perché a lungo andare non è più stata in grado di accontentarsi di rimanere soltanto a guardare.
Daniel non ha con sé valigie, perché qualunque si riveli l'esito del suo viaggio non ha intenzione di rimanere un minuto di più nel luogo che potrebbe portargliela via, e quando abbandona l'aeroporto, mentre si affretta a chiamare un taxi sente una rabbia profonda montargli dentro.
Rabbia verso chiunque interrompa la sua corsa contro il tempo incespicando tra i propri bagagli, attraversando tranquillamente il marciapiede o semplicemente sostando per raccapezzarsi sulla via da imboccare.
Perché nessuno di loro ha la premura nel cuore di salvare qualcuno, e i loro passi blandi martellano contro le sue tempie, come se per lui non lo meritassero, come se non fossero degni di vivere la loro quiete mentre in lui regna il caos, mentre dall'altra parte della città la donna che ama è sul punto di uccidersi.
Il mezzo di trasporto che lo scorta fino alla sede della DIGNITAS è guidato da qualcuno che non può neppure vedere per via dal pannello oscurato che separa i sedili dietro da quelli davanti, e se possibile peggiora ancora di più la situazione.
E' un tigre in gabbia che non ha paura di spezzarsi le ossa pur di piegare le sbarre.
Si sente intrappolato in una sorta di continuo deja-vu, qualsiasi cosa parla di lei, anche in una città in cui non è mai stato, anche nell'odore insipido della pelle sintetica degli schienali di un taxi qualsiasi. Tutto è fatto della stessa sostanza di cui è fatta Althea, persino Daniel non è più in grado di distinguere dove finisce lui e comincia lei.
Dopo aver pagato la corsa con la cifra segnata sul tassametro si catapulta fuori dall'abitacolo, costretto però a fermarsi, come pietrificato, di fronte all'insegna di quel centro. Scosso da incessanti brividi, sul punto di mettersi ad urlare dalla disperazione e strapparsi via i capelli.
Sente il cuore tuffarsi in terra a capofitto, come se improvvisamente pesasse più di centro chili, tanto da allargarsi fino a disintegrare la cassa toracica.
Ha un piede sull'orlo di un crepaccio, quella porta segna una scelta definitiva: tornare indietro per paura di farsi troppo male una volta varcata la soglia o saltare e prendere di petto tutte le conseguenze, per quanto l'incertezza di ciò che lo attende annidato nel buio sul fondo lo terrorizzi.
Ma Daniel salta. Salta e lascia che cadendo le ali di Icaro brucino la sua pelle dorata con la loro cera. Riesce a spiegarle all'ultimo, ad un centimetro da terra, all'ombra di un sospiro dal suolo ardente. Stringe la maniglia e spinge una porta sulla quale c'è scritto "tirare", ed è in quel momento, che si ritrova davanti al sogno ad occhi aperti che ha cullato le sue notti fino a quel giorno, arricciando di brividi le speranze tra le quali si era avviluppato.
È in quel preciso istante, che corde intrecciate di luce solleticano i vetri di quelle finestre prima carezzate solo dalla nebbia, illuminando soffici onde che riconoscerebbe tra mille, mentre il caleidoscopio riflette tra i mille sacrifici fatti per arrivare lì, in grado saldare insieme i loro cuori per l'eternità.
In fondo al corridoio, con il sorriso di chi ha lottato contro se stesso, contro la propria esistenza, contro il mondo intero, di chi si era arreso a non risalire più dal fondo, e invece riemerge in superficie, percependo per la prima volta dopo ondate di millenni il pizzicore della vita carezzargli la pelle.
Il sorriso di Althea, che lo ringrazia di aver sfidato l'universo per raggiungerla, oltre ogni cosa, sopra ogni cosa, più in alto di tutte le stelle infrante nel firmamento, controcorrente, contro mille luci spente e milioni ancora da accendere.
Perché l'amore a volte è così forte da sentire tutte le ossa rotte, ma allo stesso tempo è l'unica cosa in grado di rimetterle a posto.
Althea protende la mano con l'intento di stringere quella di uno dei due medici con cui fino a pochi istanti prima stava intrattenendo una conversazione. D'impeto la corsa a perdifiato di Daniel si estende lungo tutto il corridoio, i suoi passi pesanti riecheggiano rimbalzando contro le pareti.
Deve raggiungerla prima che gliela sottraggano, prima che possa compiere il passo definitivo.
«Althea!» Scoppia la sua voce, facendo sì che si voltino tutti e tre nella sua direzione.
Sul volto della diretta interessata compare uno tsunami di sensazioni contrastanti, un fulmine che squarcia le emozioni a metà, ma ciò che prevale è sicuramente l'incredulità di vederlo lì in carne ed ossa di fronte ai suoi occhi.
Le suole delle scarpe stridono quando frena i suoi passi frenetici ad un millimetro dai pedali della sedia a rotelle. Cade in ginocchio con un tonfo sordo, aggrappandosi con le dita alle ginocchia scoperte dalla stoffa dell'abitino di Althea.
Ha il fiato corto, affannato, e gli piacerebbe convincersi semplicemente che si tratti solamente di una conseguenza dello sforzo fatto, ma la verità è che il contatto fra i suoi ruvidi polpastrelli e quella pelle tanto candida gli ha otturato i polmoni, stringendoli in una morsa fatale.
I due medici scambiandosi un'occhiata eloquente decidono di lasciarli da soli, saranno abituati oramai a vedere scene come quelle ogni giorno, per cui spariscono dietro la porta di fronte alla quale chiacchieravano pochi secondi prima.
«Lo so. So che non sarei dovuto venire, che non mi vuoi qui, che non vuoi più niente di questa vita, ma non ce l'ho fatta. Lo hai detto tu stessa, non posso fare a meno di combattere, e non riesco ad arrendermi» ruzzola talmente veloce che neppure realizza ciò che fugge dalla sua bocca. Non c'è niente di premeditato, di studiato precedentemente, è il suo cuore che parla e lui intende lasciarlo a briga sciolta.
«Sarò egoista, sarò uno stronzo bastardo che non è in grado di comprendere il tuo dolore ma Althea, io non sono in grado di concepire un solo minuto a questo mondo senza te al mio fianco». Le afferra le mani chiudendoci attorno le sue, stringendole forte come per forgiarle insieme definitivamente, per rendere quel legame inossidabile.
Althea non ha il tempo di proferire parola, con gli occhi strabuzzati fuori dalle orbite e la bocca dischiusa osserva Daniel totalmente rapita dalla spontaneità e la passione con cui getta fuori a raffica tutto ciò che lei non sarebbe mai stata in grado di pronunciare ad alta voce, e che infatti ha impresso su carta.
«Forse non è amore quello che provo per te, perché chi si innamora desidera che l'altra persona sia felice a qualunque costo, a qualunque condizione, ma io no, io voglio che tu sia felice con me, voglio renderti felice». Scuote la sua stessa presa con veemenza, il volto contratto dalla disperazione che solca la sua fronte scavando una fossetta al centro delle sopracciglia.
«Voglio essere le tue gambe quando sentirai il bisogno di saltare, voglio essere le tue braccia quando non arriverai a prendere qualcosa su uno scaffale troppo alto, voglio ogni cosa di te, voglio farne parte, esserne parte per sempre». Una sola delle sue mani abbandona le nocche di Althea per spostarsi sul suo volto, scostarle i capelli dalle guance e portarli dietro il suo orecchio, per carezzarle gli zigomi in una maniera diversa dal solito.
Come se volesse accertarsi di non star sognando, di non avere davanti un fantasma, un'allucinazione, di poter avere ancora un minuto insieme a lei, per tastarne l'esistenza e assimilarla tutta, assorbirne ogni goccia fino a prosciugarla, fino ad averla sino all'ultimo grammo dentro di se.
«E qualsiasi cosa sia quella che provo per te ti assicuro che è al di sopra dell'amore, perché l'amore sei tu, Althea, ma questo qualcosa siamo noi due, insieme». Le sue iridi color nocciola brillano di pagliuzze dorate che paiono scioglierli e sgorgare lungo cascate lacrime che si rincorrono sulle sue guance, bagnandole le ginocchia. «E lo sai perché? Perché da quando ti conosco ogni giorno della mia vita il Sole sorge per rivedere i tuoi occhi, e io un'altra alba senza poterli guardare non la voglio».
A quel punto tutti i ghiacciai che ostruiscono il panorama antartico in cui le emozioni di Althea si sono solidificate vanno in frantumi, implodono su se stessi lasciando fluire fiumi gelati le cui acque vengono riscaldate dalle gocce che piovono dalle palpebre di Daniel.
Scoppia in un singhiozzo anche lei, ma lui non ha più freni, proseguirebbe anche travolto dalle onde di un maremoto, anche a costo di affogare pur di aver impiegato fino alla fine il suo ultimo tentativo di salvarla da se stessa.
«E non puoi chiedermi di dimenticarti, puoi scordartelo, perché io un futuro lontano da te non lo voglio, perché se credi che sia stato io a ridarti la vita ti sbagli di grosso. Sei stata tu a regalarmi un motivo per viverla di nuovo fino all'ultimo residuo di fiato, ma voglio farlo con te, solo con te».
In uno scatto fulmineo abbandona la propria posizione, piegandosi sulle punte dei piedi pur sempre accucciato di fronte a lei, guardandola dal basso, così da poter portare anche l'altra mano sulla sua guancia, chiudendole entrambe a coppa sui lati del suo viso.
«Ed è per questo che sono venuto fino a qui, che sarei arrivato anche fino in capo al mondo, solo per chiederti di restare con me» sembra sull'orlo di una crisi di panico, Althea è in grado di percepire il rullo del suo battito fino a lì, come se non possedesse alcun intervallo. «E non mi importa se il dolore ha rimodellato il tuo cuore sulle sue dimensioni, perché se nel tuo io non entro sappi che nel mio c'è spazio per entrambi» E' distrutto, ma questa volta tocca a lei ricostruirlo pezzo dopo pezzo.
Un altro singhiozzo scuote le sue labbra che però esplodono in un sorriso luminoso come Daniel non avrebbe mai immaginato di vederne sul suo volto. E' un perfetto connubio tra meraviglia e catastrofe, poiché anche in mezzo alla tempesta sarebbe in grado di far sbocciare quel fiore che entrambi credevano morto da troppo tempo ormai, in mezzo a quel bosco di rovi.
E mentre lei sorride, i battiti di lui decelerano tanto che crede di poter avere un arresto cardiaco.
«Non mi avresti trovata qui» proferisce poi.
Daniel appare smarrito, disorientato, come catapultato in un finale che non avrebbe mai davvero immaginato per la sua storia, totalmente incredulo. «Che cosa?» Azzarda a chiedere, terrorizzato dalla risposta che riceverà.
«Se non avessi deciso di restare non mi avresti trovata qui» chiarisce, mentre ogni sfumatura del suo sguardo sembra assumere una luce nuova, nuovi colori, sempre più brillanti, pieni del riflesso di quell'uomo meraviglioso che le si prostra davanti. «Sei in ritardo, l'appuntamento era alle sedici e quarantacinque» ride, inondando il corridoio con il rumore della sua risata che mai era parsa tanto vera.
Quasi come se avesse paura di svegliarsi dal sogno più bello della sua vita Daniel porta di fronte al viso il suo orologio da polso, le cui lancette segnano precisamente le diciassette e zero tre.
«Questo vuol dire-» balza in piedi lui, lasciando in sospeso la frase, ritrovandosi piegato su di lei, a neanche due centimetri dal suo viso, tanto da poterne contare i minuscoli pori, da potersi perdere in lei e rimanerci imprigionato per sempre.
Althea lo stringe a se come non ha mai fatto, come se il profondo disagio che ha sempre trovato nel contatto fisico fosse di colpo sparito nel nulla, grazie a lui che lentamente, con cura e infinita pazienza, cancella ogni giorno le sue insicurezze. «Che ti amo più di quanto abbia mai amato me stessa o qualsiasi altra cosa».
Le lacrime si mischiano alle risa colorando quella tela bianca e spoglia in cui si era trasformata Althea nello scarabocchio più bello che si sia mai visto, nell'opera d'arte più caotica e satura al mondo, dalla quale Daniel non sarebbe in grado di staccare lo sguardo neanche se diventasse cieco.
Non indugia oltre, perché il loro tempo non è più costretto a galleggiare congelato in una bolla, potrebbe anche finire domani ma lo avranno vissuto insieme secondo per secondo, e di loro rimarrà sempre una costellazione, che traccia un percorso fatto di lunghe salite, di tutte le volte in cui sono precipitati insieme si sono arrampicati mano nella mano fino a tornare sulla vetta più alta.
Perché più in basso si cade e più è ampia la visione del cielo, più è il bisogno di risalire nel tentativo di sfiorarlo e sentirlo sfumare tra le dita.
Daniel bacia le sue labbra, non come fosse l'ultima volta ma come fosse la prima, la prima di altre centomila, e Althea ricambia come se quello che sta vivendo fosse l'istante della sua rinascita, in cui tutto di lei si forma di un colore nuovo, assume un nuovo sapore, quello di una nuova vita.
Perché Althea ha scelto l'amore, e non avrebbe potuto avere più coraggio.
Neanche il salto mortale più alto del mondo sarebbe stato lontanamente paragonabile, poiché non ha affidato la sua vita a Daniel, l'ha riaffidata a se stessa, e l'ha sfidata a prendersi cura del loro legame, fino ad una fine che è ancora molto lontana.
«Sarai per sempre la bambina coraggiosa della leggenda, anche se il tuo cuore è pesante come un macigno e credi possa impedirti di riemergere per vedere la luce» sussurra al suo orecchio una volta staccatosi dalle sue labbra martoriate, segnate dai morsi che lei stessa si infligge.
«Credi di riuscire a sorreggerlo?» La fiducia che ripone in quella domanda è in grado di far strabordare d'amore ogni centimetro dell'anima di Daniel, per cui non esita a confermare che non ha mai desiderato niente così ardentemente.
«Sempre. Fin oltre sapremo spingerci, fin dove si infrangono le stelle».
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