Undici
*NOTA AUTORE*
Come per il capitolo sette, anche qui, ho pensato di mettere a vostra disposizione un audio da ascoltare, se vorrete, durante la lettura. Il brano all'inizio del capitolo è il medesimo inserito nel testo. Per chi legge da pc: avviate la riproduzione e continuate nella lettura. Per chi legge da telefono: mi dispiace, dovrete – se vorrete – far partire l'audio all'inizio del capitolo e poi tornare al punto esatto cui si riferisce per riprendere la lettura.
Grazie per essere giunti fin qui.
Baci, Emma
*****
L'ho osservata da lontano per tutta la sera. Lex, intendo. L'ho fissata restandomene in disparte, mentre addentava il panino con l'hamburger bruciacchiato cucinato da Matt, mentre rideva alle battute di Penelope, mentre spettegolava con Cecilia. E ho continuato ad ammirare la sua bellezza mentre si scostava i capelli dalla fronte con quel gesto semplice, eppure così sensuale, quando Charlie ha iniziato a raccontarle delle mie avventure amorose finite male.
Lo so, volete sapere che cavolo ci faccio qui, tutto solo, stravaccato sulla sedia sdraio in teak a sorseggiare un Whiskey d'annata, mentre i miei amici si divertono come matti. Beh, la risposta è semplice, ma se non ci foste arrivati vi basti sapere che sono vittima di una sensazione strana... credo sia... imbarazzo. La verità è che non sono più tanto sicuro che spiare Alexandra in quel momento di intimità sia stata la scelta migliore, sebbene non l'abbia fatto volontariamente. Anche se quelle immagini resteranno per sempre impresse nella mia mente, anche se avrei tanto voluto coprire i pochi metri che ci separavano per stringerla a me, anche se inizio a desiderare di poter – un giorno – spazzare via il ricordo di ciò che è stata costretta a subire... credo di essermi pentito amaramente di non aver avuto la forza di andarmene subito, per restituirle la sua privacy. E, soprattutto, credo che lei sia furiosa con me.
Sbuffo per l'irritazione, mentre scruto il liquido ambrato nel mio bicchiere, come si fa con i fondi del caffè, quasi sperassi di potervi trovare dentro la risposta a tutti i dubbi che riempiono la mia mente e che mi stordiscono tanto da percepire ovattate le orrende melodie dei primi anni duemila, sfoderate da Matt con tanta fierezza.
Avanti... non venite a dirmi che quella è musica che merita di essere ritenuta tale! Ammettiamolo, gli artisti del nuovo millennio la musica l'hanno ammazzata, e sebbene io non sia così vecchio da ricordare l'avvento di nuovi generi musicali, di innovazioni stilistiche e melodiche, ho abbastanza sale in zucca da comprendere che quella dei primi anni del due punto zero sia stata una mera storpiatura del glorioso sound novecentesco. In fondo, non si tratta che di un ammas-
«Matt! Che cazzo fai?!» sbraito scattando in piedi, gli occhi ancora fissi su Lex, mentre raggiungo a grandi falcate il tavolo da pranzo sul quale il mio amico si sta inerpicando. «Scendi da lì, sei ubriaco!»
Matt scoppia a ridere tanto violentemente che il bicchiere di Havana Cola gli scivola dalle mani, schiantandosi contro il bordo del tavolo per poi andare in mille pezzi. Lo osservo per un istante, atterrito, mentre si libera della camicia e biascica: «Signore... lo volete vedere il turbo impollinatore Meyers?»
Digrigno i denti, mentre afferro il mio migliore amico per la cintura dei pantaloni e lo trascino a terra, proprio nel momento in cui sembra volersi cimentare in uno strano monologo sui bambini. E, a dire la verità, inizialmente non lo ascolto nemmeno, tanto sono preso ad assicurarmi che dopo la caduta lui sia tutto intero, ma nel momento esatto in cui il mio cervello recepisce il nome di Alexandra ruminato in malo modo, il mio cuore perde un colpo.
Impiego qualche istante di troppo, prima di trovare la forza di reagire e strattonare nuovamente quell'idiota di Matt, mentre sbotta: «Quando ti capiterà di restare incinta del quarto figlio, ricordati del poveraccio che sarà costretto a non vederti nuda per nove fottutissimi mesi... che poi, chi cazzo l'ha inventato il calendario ostetrico? Voglio dire, non ci si capi-»
Matt si zittisce per qualche secondo, il tempo di capire che l'ho spinto a terra in preda a una furia che definire omicida è un eufemismo, poi, rialzandosi a fatica, sbraita: «Ehi! Che cazzo ti è preso?»
Stringo i pugni lungo i fianchi, nel tentativo di contenere quella rabbia che, ne sono certo, se dovesse fuoriuscire si scatenerebbe su di lui con tanta potenza che Kathrina, al confronto, potrebbe risultare distruttiva quanto il battito d'ali di una farfalla. Poi, inspiro profondamente cercando il volto di Lex, augurandomi che non abbia sentito.
Tutto ciò che i miei occhi incontrano, però, sono i muscoli tesi del collo di Tray e l'espressione perplessa negli occhi scuri di lei, i suoi denti che torturano il labbro inferiore e la mano che trema leggermente mentre si sistema una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Matt si alza nuovamente, barcollando, e io nemmeno mi accorgo di cosa stia per accadere, tanto sono preoccupato per Alexandra, che quando il gancio destro del mio migliore amico mi colpisce la mascella vacillo all'indietro, del tutto incredulo.
Sento la rabbia montarmi dentro, mentre le parole di Matt mi rimbombano nella testa, mentre il batticuore mi toglie il respiro, mentre mi chiedo quali pensieri stiano popolando la mente di Lex in questo momento, e non ci penso nemmeno un secondo a trattenermi, prima di restituire il pugno al pezzo di deficiente ubriaco che mi sghignazza in faccia. Ansimo, lasciandomi sfuggire un'imprecazione per il dolore che si diffonde all'istante dalle nocche della mano al polso, per poi rientrare in casa a testa bassa. Non ho voglia di incontrare nuovamente gli sguardi indignati di tutti loro, di leggere sui loro volti altri rimproveri cui non hanno il coraggio di dar voce, esattamente come tre anni fa.
Mi lascio cadere sulla poltroncina del terrazzo, le dita che stringono i capelli macchiandoli di sangue, mentre quell'angoscia che credevo di aver arginato già da qualche tempo si ripresenta più assillante di quanto non fosse negli anni passati. Mi chiedo quanto possa essere sconvolto Matt per essersi ubriacato così, quanto l'arrivo imminente dei gemelli abbia destabilizzato l'equilibrio della sua vita sentimentale. Non giudicatelo male... poco fa ha indubbiamente passato il limite, ma sono certo che per ridursi in quello stato ci sia un motivo di cui non ha il coraggio di parlarmi. D'altronde è anche colpa mia... sono stato talmente preso da me stesso, dai sentimenti che tento in tutti i modi di contrastare, che non ho pensato che, loro, là fuori, hanno una propria esistenza a cui pensare.
Serro le palpebre, riempiendomi le orecchie del rumore delle onde che accarezzano insistenti la battigia, inspirando a pieni polmoni il profumo del mare nel tentativo di mettere ordine tra i pensieri e, inaspettatamente, scivolo nell'oblio con l'immagine di quegli occhi color cioccolato ad animare il mio sonno.
Mi sveglio di soprassalto, la mandibola indolenzita e un dolore martellante alle tempie che nemmeno se mi avessero infilato la testa in una morsa sarebbe così fastidioso. Mi stropiccio gli occhi nel tentativo di prendere coscienza del perché mi trovi qui, all'alba, sul terrazzo della mia camera invece che nel mio letto, quand'ecco che le immagini di quanto accaduto meno di sei ore fa mi inducono a trattenere il respiro.
Scuoto la testa, arrancando fino al bagno e lasciando una scia di vestiti sul pavimento, per poi infilarmi nella doccia, la stessa dove si trovava anche Lex, prima che la mia stupidità la inducesse ad allontanarsi da me. E proprio il ricordo di lei, bellissima e senza inutili strati di stoffa a coprirla, mi rammenta quanto mi sia mancato parlarle ieri sera, e anche che dovrei decidermi a chiarire una volta per tutte questa situazione.
Mi immergo sotto l'acqua tiepida sperando di riuscire lavare via l'odore di una serata orribile e anche parte di quel senso di colpa per aver nuovamente rovinato il compleanno di Charlie, poi, infilata una t-shirt e i pantaloni del pigiama, esco dalla mia stanza a piedi nudi, nel tentantivo di non destare nessuno.
La casa è avvolta nell'oscurità, salvo che per l'abat-jour lasciata accesa sulla consolle accanto alle scale, una cortesia riservata unicamente ai miei ospiti, dato che questa casa, se volessi, potrei girarla a occhi chiusi. E forse non sarebbe una cattiva idea farlo, visto che ogni angolo, ogni dettaglio dell'arredamento, ogni dannatissimo granello di polvere, qui dentro, mi rammenta Serena. Attraverso il salotto, immergendomi nell'umidità della notte, scuotendo la testa nel tentativo di scacciare nuovamente il ricordo di mia moglie e degli istanti felici trascorsi con lei in questo luogo, quando un vociare concitato mi induce a fermarmi in prossimità del cono di oscurità vicino alla loggia riservata alla stanza di Charlie e Penelope.
No, non sto origliando una conversazione privata, se è questo che state pensando... è proprio il mio nome, pronunciato a voce leggermente più alta, che mi costringe a bloccarmi e ad ascoltare.
Charlie cammina avanti e indietro dinnanzi la portafinestra della camera, la sigaretta tra le dita e la mano libera che gioca nervosamente con quei suoi boccoli così soffici. «Penny, tu non capisci... Dovevi sentire come litigavano quei due!»
La osservo mentre si lascia cadere sulla poltroncina in teak, abbandonando il capo all'indietro, mentre il fumo della sigaretta le esce dalla bocca in eleganti volute. Penelope si avvicina piano, scuotendo la testa, per poi apostrofarla dicendo: «Comunque non sono affari tuoi, piccola... come ti è venuto in mente di spiarli?!»
«Tecnicamente non ho spiato proprio nessuno!» replica stizzita la mia amica. «Mi chiedo come abbia fatto Chris a non sentirli! Urlavano tanto forte che per un momento ho pensato si svegliasse anche Matt!»
Penny le ruba la sigaretta dalle mani, ispirando a pieni polmoni la nicotina, prima di borbottare: «È strano però, non trovi?»
Charlie si passa una mano sulla fronte lasciandosi sfuggire un sospiro, infine sussurra: «Che litighino a quel modo, intendi? Forse sì, è strano... però, riesco a capire quanto possa essere preoccupato Tray per lei... insomma... Chris non gode di un'ottima reputazione a quanto si legge sui giornali, e chi non lo conosce davvero potrebbe pensare che Lex sia soltanto il suo ultimo obiettivo di conquista. E non sai quanto mi dispiaccia dire queste cose, perché c'ero a guardarlo soffrire per Serena, Penny... ero lì e ho visto il momento esatto in cui si è trasformato nell'uomo che è oggi. Ma questo non è lui... e Lex... quella ragazza lo sta riportando da noi! Non so come diavolo ci riesca, ma posso finalmente veder riemerge qualche pezzetto del nostro Christopher.»
Mi sembra di vederla asciugarsi una lacrima ribelle, mentre tira su col naso in modo molto poco elegante, e ho la conferma che stia piangendo quando la sua ragazza si avvicina per abbracciarla, prima di mormorare: «So che fa male vederlo così, ma starà meglio, vedrai... adesso perché non ti togli questo delizioso vestito? Devo ancora darti il mio regalo di compleanno...»
Mi allontano con passo incerto, senza far rumore, mentre l'eco delle parole di Charlie mi provoca una leggera vertigine. Quindi è così? La parte migliore di me è morta con mia moglie e tutto ciò che è rimasto del vecchio Chris è risorto dalle proprie ceneri sotto sembianze orribili... Non so davvero se a farmi più rabbia sia il fatto di non aver saputo ricambiare i miei amici di tutto quel loro amore, che mi ha permesso di sopravvivere a questi tre anni di agonia, o se invece ad avvelenarmi l'anima sia la consapevolezza di aver ignorato questo mio cambiamento, quasi come se fingere di non aver chiuso il mio cuore fosse meno doloroso del mero rendersene conto.
Osservo distrattamente l'orizzonte, mentre il sole si appresta a immergersi centimetro dopo centimetro nelle acque dell'Oceano. Se state pensando che mi sia rammollito per aver partorito una frase tanto poetica, beh, come al solito vi sbagliate. Sono solamente... sono triste. E dannatamente arrabbiato con me stesso. Ma, d'altronde, chi non lo sarebbe dopo aver rovinato di nuovo la festa di compleanno della propria migliore amica, dopo averla ascoltata disperarsi per voi, dopo aver preso a pugni quello che reputate un fratello e per il quale dareste via un rene, se fosse necessario, e, soprattutto, dopo aver perso la fiducia dell'unica donna che pensavate potesse rendervi davvero felici?
Sì, sto parlando di Lex... e ancora una volta, sì... credo di essere... di... Dannazione, non riesco nemmeno a dirlo!
Mi afferro le punte dei capelli ripensando a questa giornata, e, credetemi, se ci fosse un Oscar alla miglior giornata del cazzo sulla faccia della terra, questa di sicuro lo vincerebbe. Intanto digrigno i denti, nel tentativo di trovare una soluzione a questa situazione che, ve lo giuro, mi sta logorando dentro.
Se ripenso a stamattina, alle condizioni in cui mi sono svegliato all'alba sul terrazzo della mia camera, sull'orlo dell'ibernazione... beh, non posso che convincermi del fatto che mi merito di peggio, molto, molto di peggio.
E, in effetti, la mattinata non avrebbe potuto evolversi nel peggiore dei modi, se consideriamo il freddo glaciale con il quale abbiamo accompagnato il caffè, l'aria intrisa di tensione che si sarebbe potuta fendere anche col coltello da burro e la totale indifferenza di Lex nei miei confronti. Ve lo giuro, ci ho provato a rivolgerle la parola, ma lei non ha fatto altro che cinguettare del più e del meno con Charlie e Cecilia, ignorando completamente qualsiasi mio tentativo di aprire un dialogo. In compenso, Tray non si è affatto trattenuto dal fissarmi in cagnesco, credendo di potermi spaventare, mentre Matt invece non si era ancora svegliato.
Ma la parte peggiore deve ancora arrivare... Dovete sapere che dopo il leggero brunch siamo scesi in spiaggia. Sì, lo so, è strano, ma le acque sembravano essersi magicamente calmate, tanto che, spinto da un moto di speranza, ho afferrato la mano di Lex per aiutarla a scendere un paio di gradini e, maledizione a me, mi sono subito pentito di averlo fatto. La sua reazione è stata a dir poco polare, tanto da indurmi ad andarmene via da lì il più in fretta possibile, per evitare di riversare su di lei la mia frustrazione.
E ora eccomi qui, seduto su questa dannata panchina da sei ore, a guardare con la coda dell'occhio la giovane donna che mi si avvicina con passo incerto, prima di sedere accanto a me.
Penny mi accarezza dolcemente la schiena, prima di esordire: «Sei stato qui tutto il giorno?»
«Sì.»
«Perché te ne sei andato, Chris?» chiede in un sussurro.
«Perché non ce la faccio» mormoro per poi deglutire a fatica.
«È per Serena? Ti senti in colpa?» insiste lei.
«È per lei, perché io su quel cazzo di altare le ho giurato amore eterno... ed è per Lex... che mi spaventa, dannazione!» sbraito scattando in piedi. Mi avvicino al parapetto del molo, stringendo le mani attorno alla ringhiera con tanta forza che le nocche sbiancano.
Penny si avvicina piano, avvolgendomi con un braccio e mormorarando: «Anche Lex è spaventata, Chris...»
Mi volto di scatto, scrutando negli occhi verdi di Penelope, prima di chiedere: «E tu come lo sai? Ti ha raccontato qualcosa?»
La sento sospirare, mentre tenta di trovare le parole adatte per sputare quella verità che ho paura di scoprire: «Non con me. Charlie l'ha accompagnata per una passeggiata e si è confidata con lei... e... le ha raccontato di...»
Mi copro la faccia con le mani, imprecando a bassa voce, mentre Penny aggiunge: «Chris, posso solo lontanamente immaginare come si sia sentita, ma so per certo che tu non l'hai fatto apposta... e, da un lato, posso capire perché non te ne sia andato subito... quella ragazza in bikini è...»
«È splendida» mormoro completando la sua frase.
«Torna a casa... cena con noi... Matt e Tray stanno armeggiando col barbecue per grigliare il pesce...»
Scuoto la testa, continuando a fissare il mare e il suo costante ondeggiare, poi, dopo aver baciato la guancia della mia amica, borbotto: «Ci vediamo più tardi».
Il sole è tramontato da un pezzo ormai, e i colori accesi del giorno hanno lasciato spazio alle sfumature della notte. Affondo i piedi nella sabbia ormai fredda, inspirando l'aria fresca alla ricerca di lucidità, di quella razionalità che mi ha sempre permesso di cavarmela in ogni situazione e di cui ora sono totalmente sprovvisto. Diciamoci la verità, è quasi impossibile riuscire a mantenere un contatto concreto con la realtà quando ho Lex accanto, quando sono certo di poter allungare una mano e sfiorare la sua... e, se proprio volete conoscere la mia opinione fino in fondo, beh, vi basti sapere che a me, il raziocinio, mi ha piantato in asso nel momento esatto in cui quei suoi occhi di cioccolato fuso si sono scontrati inconsapevolmente con i miei. In questo momento, però, dopo una giornata trascorsa a confabulare con me stesso, sono arrivato alla conclusione che devo assolutamente chiarire questa faccenda con Lex, semplicemente perché ora che l'ho incontrata, non posso più privarmi di lei.
https://youtu.be/G9pb2ZCsnaw
Senza nemmeno accorgermene raggiungo il limitare del giardino, nel punto dove l'erba lascia spazio alla sabbia bianca, e qui, nell'oscurità illuminata solamente da un cielo meravigliosamente stellato ma senza luna, la vedo.
Mi avvicino lentamente sedendo accanto a lei, senza nemmeno avere il coraggio di annunciarmi, tanto l'agitazione mi si contorce nel petto, mentre Lex, invece, continua a volgere lo sguardo immobile all'orizzonte, non curandosi minimamente della mia presenza. E Dio solo sa quanto vorrei che quei suoi occhi di cioccolato fuso si posassero su di me, anche se non può vedermi, anche se non può cogliere i particolari del mio volto, come quel piccolissimo neo a lato del mio mio naso, o la minuscola cicatrice sulla tempia destra. Lo so che è strano, ma la verità è che lei è l'unica persona che conosco che non è in grado di guardarmi in faccia, eppure è anche la sola a sapermi osservare davvero, quasi potesse leggermi dentro, e anche se questo mi fa paura, in questo momento, mi manca.
«Ti prego, non ignorarmi» mormoro con voce roca. «Lo so che sei arrabbiata, ma non è colpa mia se Cecilia ti ha indicato la stanza sbagliata! Io non avevo idea che fossi lì... e lo so che una volta entrato non avrei dovu-»
«Davvero lo sai, Chris?!» mi apostrofa mentre sulle sue labbra si apre un sorriso amaro. «Avevi bisogno di questo? Di invadere la mia intimità? Di farmi sentire come...» Le parole le muoiono in gola, mentre tenta di reprimere un singhiozzo portandosi la mano alla bocca.
«Lex, non è così! Lo sai che se mi trovassi davanti quel figlio di puttana che ti... che ti ha... lo sai che lo ammezzerei di botte!» sbraito in preda al panico, mentre la osservo stringersi le ginocchia al petto. «Ti prego... guardami!»
«Dimentichi che non posso guardarti, Chris... tu invece sì... tu hai la possibilità di vedere ciò che vuoi... anche me, a quanto pare!» ringhia lei con la voce strozzata dal pianto.
«Certo che se potessi passerei le mie giornate a guardarti, dannazione! Come puoi pensare che non sia così?! Sei... tu sei... non puoi nemmeno immaginare quanto tu sia bella, e sensuale... e... dannatamente eccitante! E sì, ho sbagliato, perché avrei dovuto avere la prontezza di andarmene, ma non ci sono riuscito... e nel momento in cui ho capito che probabilmente ti stavo facendo del male è stato troppo tar-»
«Piantala, Chris!» mi interrompe singhiozzando. «Non le voglio sentire le tue scuse del cazzo. Lo sapevi che, anche se mi piaci, forse troppo, non ti avrei mai perdonato un passo falso come quello!»
Scatto in piedi per poi cadere sulle ginocchia, di fronte a lei, prendendole il viso tra le mani e avvicinando il naso al suo, quel tanto da poter sentire il dolce sapore del suo respiro sulle mie labbra, infine serro le palpebre, mentre le sue lacrime mi bagnano le dita, costringendomi a sussurrare: «Non ti farei mai del male, questo lo sai, vero? Dimmi che lo sai, Alexandra... dimmi che sai che, anche se ora ti bacerei, non lo farò, perché so che è troppo presto per te. Dimmi che hai capito quanto ci tengo a te... che hai capito che aspetterò che lo voglia anche tu. Dovrai volerlo per forza anche tu, un giorno, dannazione! Non puoi avermi fatto vedere la luce per poi spingermi nuovamente nell'oscurità. Dimmi che sai contro cosa sto combattendo nella mia testa, dimmi che ti fidi di me... ho bisogno che tu me lo dica, che posso continuare a crederci».
Lei resta in silenzio per un istante che sembra durare un'eternità, infine annuisce appoggiando la mano sul mio viso, prima di mormorare: «Perché deve essere tutto così complicato con te? Perché ho l'impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa che agli occhi degli altri è palese?»
Resto immobile a fissare quella lacrima che scende lentamente verso le sue labbra, trattenendomi ancora di più, prima di supplicare: «Devi fidarti di me, Lex... ti chiedo solamente un po' di tempo...»
«Mi fido di te, Chris...» sussurra lei, abbozzando un sorriso. «Ma adesso è meglio se ti sposti, altrimenti potresti ricrederti sul fatto di aspettare per il nostro primo bacio.»
Mi scosto malvolentieri, fissando quelle labbra che, ne sono certo, un giorno o l'altro saranno soltanto mie, poi, con un filo di voce, replico: «Puoi scommetterci che potrei cambiare idea... ora però resta qui, torno subito».
Lo so, adesso mi prenderete per il culo fino all'anno del mai, ma non potevo che seguire il mio istinto e darmi effettivamente torto riguardo il fatto di non essere romantico, così, ho recuperato in fretta un paio di coperte, una lanterna e il mio amplificatore portatile, per poi tornare da Lex. In fondo, dopo quello che le ho confessato, non potevo certo lasciarla qui, da sola, ad ascoltare lo sciabordio delle onde e l'eco dei suoi pensieri certamente confusi.
La stringo a me, affondando il naso tra i suoi capelli che profumano di vaniglia, e intanto mi chiedo cosa possa aver fatto di così meraviglioso nella vita da meritare la sua presenza tra le mie braccia. Fisso le stelle, mentre le note di un noto brano alternative rock, riadattato in chiave acustica, ci avvolgono come il grosso plaid di lana intrecciata sotto il quale siamo avvinti, amalgamandosi al solo rumore del mare.
Lex strofina il naso sul mio petto rabbrividendo, prima di chiedere: «A che cosa pensi?»
«A niente» replico con un filo di voce. «Sto guardando le stelle... non sai quanto vorrei che anche tu potessi guardarle con me.»
Lei sorride contro la mia maglietta, circondandomi la vita con un braccio e provocandomi – lo ammetto – un brivido piacevole che si propaga attraverso il resto del mio corpo, infine mormora: «Me le ricordo bene, lo sai? Per quel poco che ho potuto vederle... sono bellissime, non è vero?»
«Non belle quanto te, ma...»
«Non fare il cascamorto con me, Braxton!» mi ammonisce sghignazzando. «Non vorrai rovinare la meravigliosa dichiarazio-»
«Ehi! Io non ti ho fatto nessuna dichiarazione!» sbotto leggermente stizzito.
Lei ride ancora, con quella sua risata cristallina che mi scalda il cuore, prima di dire: «Se ti piace pensarla così, okay... ma io rimango della mia idea...»
Sospiro, vagamente intontito dal sorriso che mi si è appena aperto sulle labbra, per poi replicare: «Ti diverti proprio tanto a prendermi in giro, non è vero?»
Annuisce in silenzio, stringendosi a me un altro po'. E io la lascio fare, godendo di questa vicinanza che mi fa sentire finalmente in pace con me stesso, poi, all'improvviso, solleva il volto quasi a volermi scrutare, e sussurra: «Chris, tu lo sai dove inizia la fine del cielo?»
Non so perché, ma mi ritrovo a trattenere il respiro mentre scuoto la testa, quasi sapessi che lei può vedermi, e sto per chiederle il motivo di quella strana domanda, quando lei aggiunge: «Lo sai, quando ero bambina, quando... sì, insomma, quando ancora non avevo perso del tutto la vista... mio padre mi portava spesso in spiaggia, la sera. Adoravo osservare con lui la comparsa di Venere, leggere le stelle quasi potessero raccontare del cambio delle stagioni, ascoltare le leggende mitologiche che hanno regalato loro i nomi. Ti sarebbe piaciuto, sai, il mio papà... e anche mia madre ti sarebbe piaciuta, credo...»
«Glielo chiedevi spesso? A tuo padre, intendo... era a lui che facevi questa domanda?»
Lex annuisce volgendo gli occhi al cielo, quasi potesse scrutarne l'infinità, e inspirando profondamente la salsedine mormora: «È l'unica domanda alla quale non ha mai saputo rispondere».
Mi chiedo quanto le manchino i suoi genitori, anche se la risposta probabilmente la conosco di già, anche se so esattamente come ci si sente, perché il ricordo di mia madre, del suo sorriso, delle sue mani, mi rammenta ogni giorno quanto la sua presenza mi avrebbe reso un uomo migliore, degno di essere chiamato tale. E sull'onda della nostalgia, decido che quella risposta, Lex, si merita di riceverla, in un modo o nell'altro. Mi giro lentamente sul fianco, allungando il braccio libero per chiuderla in una stretta tanto intensa che per un secondo temo di farle del male, e poi, naso contro naso, occhi contro occhi, le sussurro sulle labbra: «Te lo prometto Lex, lo scopriremo insieme dove inizia la fine del cielo».
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top