VI - Lilith
•─────• ⋆⁺。˚⋆˙‧₊☽ ◯ ☾₊‧˙⋆˚。⁺⋆ •─────•
Sono ore che provo a studiare, ma la concentrazione mi sfugge come sabbia tra le dita. Nella mia stanza, silenziosa e immobile, il libro di mitologia aperto davanti a me sembra un oggetto estraneo. Le parole stampate sulle pagine ingiallite si confondono, diventano ombre sfocate mentre la mia mente vaga lontano, intrappolata in pensieri indefiniti.
Il sole del tardo pomeriggio filtra pigro attraverso le tende, dipingendo la stanza con una luce dorata che si riflette sulle pareti, trasformandole in tele di un dipinto onirico. L'atmosfera è calda, quasi irreale, eppure non riesco a sentirmi a mio agio. Dovrei preoccuparmi per il test di domani, ma c'è qualcosa di più grande, qualcosa di vago e inquietante, che continua a insinuarsi tra i miei pensieri come un richiamo lontano, impossibile da ignorare.
Sbuffo, stanca di fissare il libro senza assorbirne il contenuto. Mi stiracchio, ascoltando il leggero scricchiolio delle ossa della schiena, una testimonianza delle troppe ore trascorse piegata sulla scrivania. Mi alzo con un sospiro e mi avvicino alla finestra. Forse una boccata d'aria fresca riuscirà a spezzare questa inquietudine.
Fuori, il cielo è una tavolozza vibrante di arancioni intensi e rosa sfumati, le nuvole sembrano sospese in un equilibrio perfetto, come pennellate di un artista su una tela. È uno di quei tramonti che ti catturano, che sembrano sussurrare storie di mondi lontani. Eppure, non riesco a lasciarmi affascinare. C'è una strana sensazione che mi stringe il petto, un'ombra invisibile che mi avvolge. Mi sento scoperta, esposta, come se qualcuno mi stesse osservando senza che io potessi vederlo.
Mi giro per tornare al letto, decisa a costringermi a riprendere lo studio, ma un dettaglio sul muro cattura la mia attenzione e mi blocca. Il cuore accelera improvvisamente, come se avesse percepito il pericolo prima ancora che la mia mente potesse comprenderlo.
Sopra il comodino, inciso nella vernice bianca, c'è un simbolo. Intricato, preciso, un intreccio di cerchi e linee che sembrano danzare insieme in un disegno ipnotico. Non l'ho mai visto prima, eppure mi sembra stranamente familiare. Forse qualcosa di simile è apparso nelle illustrazioni del libro di mitologia, ma c'è un elemento diverso, unico, che non riesco a decifrare. Quel simbolo non è solo un'immagine: pulsa, quasi respira, come se fosse vivo.
Mi avvicino lentamente, ogni passo accompagnato da un silenzio innaturale. Il mondo sembra trattenere il fiato, come se stesse aspettando qualcosa. Il mio respiro si fa corto, e sento un brivido gelido scivolare lungo la schiena. Le mie dita tremano mentre alzo una mano per toccare il simbolo, come se avessi bisogno di confermare la sua esistenza attraverso il tatto.
«Che cos'è...?» sussurro, ma la mia voce è appena udibile, un soffio che si perde nell'aria.
Appena le mie dita sfiorano il muro, il simbolo svanisce. Non lentamente, ma in un lampo, come fumo disperso dal vento. Rimango immobile, con la mano sospesa a mezz'aria, mentre il cuore martella forte nel petto. Non può essere vero. Mi chino in avanti, scrutando la superficie liscia e bianca, cercando una traccia, anche minima, che provi che non sto impazzendo. Ma il muro è vuoto, perfetto nella sua monotonia.
Mi passo una mano tra i capelli, cercando di dare un senso a ciò che ho appena visto. È stato reale? Ho davvero visto quel simbolo o è stato un'allucinazione? Forse sto semplicemente crollando sotto il peso dello stress.
Torno sul letto, stringendo il libro come un'ancora. Cerco rifugio nelle storie antiche e nelle leggende, sperando che la familiarità delle parole mi distragga da ciò che è accaduto. Ma è inutile. Ogni volta che chiudo gli occhi, il simbolo ritorna. Lo vedo nitido, inciso nella mia memoria con una chiarezza inquietante.
Non era un'invenzione della mia mente, ne sono sicura. Ma cosa potrebbe significare?
E mentre il tramonto sfuma nel buio della sera, una domanda mi tormenta: voglio davvero scoprirlo?
La mattina in aula, è solo un altro momento di confusione: la mia mente è ancora affollata da dubbi e incertezze. Il simbolo continua a tornare nei miei pensieri, un intruso inquietante che si insinua tra le lezioni e le chiacchiere dei miei compagni di classe. Ogni volta che chiudo gli occhi, lo vedo ancora lì, inciso nel muro della mia stanza. È come se mi perseguitasse, un messaggio che non riesco a decifrare.
Decido che non posso tenermi tutto dentro, così cerco Layla durante la pausa. Se c'è qualcuno che può darmi una spiegazione razionale, è lei. Layla è la mia migliore amica da anni, e la sua presenza mi ha sempre rassicurata. È sempre stata quella razionale, la mente analitica che trova una spiegazione logica per tutto. Forse può tranquillizzarmi, convincermi che si è trattato solo di un'allucinazione causata dallo stress, forse le lezioni di storia antica potrebbero essere utili per la mia causa.
La trovo nel cortile della scuola, seduta su una panchina con il telefono in mano. I suoi capelli afro ondeggiano leggermente al vento, piccoli riccioli scuri che sembrano danzare sotto i raggi del sole. Il suo viso si illumina di un sorriso quando mi vede avvicinarmi, ecco l'espressione che riesce sempre a far sentire tutto un po' meno complicato.
Mi siedo accanto a lei, cercando di trovare le parole giuste, ma la paura di sembrare una squilibrata mi rende difficile esprimere quello che sento.
«Ehi, Layla...» inizio, la voce leggermente esitante. Le parole mi si bloccano in gola per un istante, ma poi escono, quasi contro la mia volontà. «Ti è mai capitato di vedere... cose strane?»
Lei solleva un sopracciglio, palesemente incuriosita, ridacchiando. «Cose strane? Che intendi? Se ti riferisci a qualche outfit strano o a qualche make up del lunedì mattina ho una lista di persone che porto sempre a mente.» La sua voce è leggera e carica di ironia, ma c'è un'ombra interrogativa nei suoi occhi. Layla conosce i miei silenzi, sa che quando parlo così c'è qualcosa che mi turba davvero.
Mi guardo intorno, come se temessi che qualcuno possa ascoltarci, anche se siamo sole. Il cortile è quasi deserto, e gli unici rumori sono quelli del vento tra gli alberi e il cinguettio lontano di qualche uccello. «Ieri sera, mentre studiavo, ho visto un simbolo sul muro. Era come inciso nella vernice, ma poi è scomparso. Non riesco a togliermelo dalla testa. Sembrava così reale...»
Layla mi osserva attentamente, i suoi occhi scuri che mi scrutano, cercando di capire quanto sia seria la mia preoccupazione. Poi, con una risata leggera, scuote la testa. «Oh, il test ti sta mettendo sotto pressione davvero allora. Forse è normale vedere cose che non ci sono quando sei stressata. Vedrai che non appena arriveremo alla festa stasera ti sentirai meglio.» Cerca di rassicurarmi, ma il suo tono è fin troppo calmo, quasi superficiale, come se non volesse davvero affrontare quello che le ho detto; il che, non riesce a placare la mia inquietudine. Sento che c'è qualcosa di più, qualcosa di oscuro e misterioso che si nasconde dietro quel simbolo.
«Sì, forse hai ragione...» mormoro, cercando di convincermi che è tutto qui, solo stress. Ma la sensazione che ci sia qualcosa di più oltre al banale stress da studio continua a crescermi dentro, un tarlo che non riesco a scacciare, una paura irrazionale che non vuole saperne di andarsene.
Layla mi dà una pacca sulla spalla, sorridendo in modo incoraggiante. «Dai, non pensarci troppo. Facciamoci un caffè, ti aiuterà a rilassarti un po'.» Il suo sorriso è caloroso, e il suo ottimismo mi infonde un po' di coraggio. Forse ha ragione, forse sto solo esagerando.
Annuisco, cercando di scacciare i pensieri inquietanti che continuano a riaffiorare. Mi alzo insieme a lei e ci dirigiamo verso la caffetteria della scuola.
Il corridoio è illuminato dalla luce del giorno, creando una sorta di calore piacevole in contrasto col freddo all'esterno. Mentre Layla torna a concentrarsi sul suo telefono, io non posso fare a meno di sentire che c'è qualcosa di strano, qualcosa che non posso ignorare. E quel simbolo... so che lo rivedrò.
Appena giunte al bancone della caffetteria salutiamo il personale con un sorriso, ordinando il nostro solito caffè con un goccio di latte. Poi, dopo qualche minuto noto Beth sfilare con il suo seguito di oche, dirigendosi verso un tavolo occupato poco distante da noi. Non posso fare a meno di osservarla, con quel suo modo altezzoso di camminare, come se il mondo intero dovesse inchinarsi al suo passaggio. Mi sporgo leggermente per vedere chi sia seduto a quel tavolo, e oltre a notare Jack e altri ragazzi, vedo che Michael è presente. La sua espressione è coronata da una risata profonda e calda, che sembra sciogliere la tensione nell'aria, facendomi distogliere dai pensieri negativi, almeno per quel momento.
«Ehi, dio del mistero!» esclama Beth, tutta impettita. Schiaffa le mani sul tavolo per attirare l'attenzione della sua preda, facendomi rabbrividire. Si sorregge con le braccia tese e il petto all'infuori, come se sperasse di ottenere qualsiasi cosa con il potere delle sue tette. Completa l'opera con il suo solito sorriso finto, una smorfia di superiorità che però non riesce a mascherare il palese rifiuto dei giorni scorsi. Ha sicuramente gli occhi da vipera, pronta a sputare il suo veleno.
«Hai sentito della festa nei dormitori stasera? Sarà un successone!» continua, la sua voce dolce come il miele, così tanto da far venire il diabete.
Io rimango in silenzio, ma la voglia di andare lì e rovesciarle il mio caffè in testa si insinua dentro di me, a tal punto da dover stringere i pugni per trattenermi dal fare cose di cui potrei pentirmi. Michael, proprio come me, sembra infastidito dalla sua insistenza. «Non ne sapevo niente, perché?» risponde, ridacchiando nervosamente e rivolgendosi verso gli altri con uno sguardo tra lo stupito e lo scocciato, quasi come se stesse implorando aiuto. Come biasimarlo.
Beth annuisce vigorosamente, ignorando il tono sprezzante del ragazzo. «Ovviamente, d'altronde non sei solito a queste cose. È il primo evento dopo la pausa natalizia. Dovresti venire anche tu, potrebbe essere divertente, sai: il dio del mistero e la dea della seduzione insieme a un evento di questo genere» Le sue parole sono imbarazzanti, e il modo in cui lo dice mi fa venire voglia di picchiarla. Il suo tentativo di affascinarlo è già così palese di per sé, ma se sei un'egocentrica bionda che pensa di comprare tutti con il suo essere troia questo non basta: passa la sua mano sul braccio di Michael per poi mimare un bacio.
Rigiro gli occhi inorridita, mentre mi chiedo come non si renda conto di quanto sia patetica.
Michael la osserva per un attimo, poi scuote la testa. «Non so, non sono interessato alle feste, né tantomeno ad assecondare capricci,» dice, rivolgendosi verso gli altri e poi, inaspettatamente, verso di me. «Ma potremmo vederne delle belle.» La sua occhiata mi coglie di sorpresa, e sento un brivido correre lungo la schiena. C'è qualcosa di sfuggente in quel suo sguardo, qualcosa che non riesco a decifrare.
Beth rimane interdetta dalle sue parole, e posso chiaramente notare una vena che le pulsa sulla fronte per il nervoso. Il suo sorriso forzato si spegne per un istante, rivelando la frustrazione che sta cercando di nascondere. Eppure, non dice nulla. Si rigira e, tutta pimpante, raggiunge l'uscita con il suo gruppetto di amiche, lasciando dietro di sé un'aria di tensione irrisolta.
Alzo gli occhi al cielo, infastidita dalla sua voce stridula, sognando di strapparle le corde vocali a mani nude, ma i miei pensieri intrusivi vengono scacciati via da un'altra voce, una che potrei ascoltare per ore senza stancarmi.
«Ma sentila, è ridicola. Oh, Michael, puoi raccogliermi la coroncina? Se mi abbasso rischio di mettere in mostra il mio bel cu-»
«Afferrato il concetto,» rido sonoramente, sorseggiando il mio caffè dal brick. Il liquido caldo mi scivola in gola, ma non riesce a spegnere l'inquietudine che ancora mi stringe lo stomaco.
Layla ride con me, ma poi la sua espressione si fa seria. «Ah, sai che ti dico? Fanculo Beth. Ragazza, dobbiamo divertirci anche noi.» I suoi occhi brillano di determinazione, e so che non accetterà un no come risposta.
Sospiro, capendo di essere in un vicolo cieco. Non mi piace particolarmente andare alle feste, ma Layla ha ragione. Forse mi farà bene distrarmi un po', mettere da parte per una sera tutte le preoccupazioni e i pensieri che mi affollano la mente. «Ok, ci sarò. Ma solo per un po'.»
Layla batte le mani, entusiasta. «Perfetto! Ci vediamo stasera allora. E non preoccuparti, ti aiuterò a scegliere cosa indossare.» La sua energia è contagiosa, e per un momento riesco a sentirmi leggera, come se le ombre che mi seguono si fossero dissipate come polvere al vento.
Mentre si dirige verso la porta facendomi cenno di seguirla, un sorriso mi compare sul viso. Non mi sento così bene da anni, e lei ha riaperto uno spiraglio di luce nella mia vita. Che cos'è una festa a confronto? A essere sincera, poi, una parte di me è piuttosto curiosa di vedere cosa potrebbe succedere. Forse avrò l'opportunità di scoprire qualcosa di più su Michael, o forse passerò semplicemente una serata divertente con Layla. In ogni caso, decido che vale la pena tentare.
Nonostante i miei sforzi per convincermi che la festa sarà un diversivo, la mia mente continua a tornare a quel simbolo, a Michael e a quella sensazione inquietante che non riesco a scrollarmi di dosso. C'è qualcosa di strano in tutto questo, qualcosa che mi sfugge, ma che so essere importante.
Raggiungo il bagno delle ragazze, dove il silenzio è spezzato solo dal ronzio fioco delle luci al neon e dal rumore distante di qualche risata proveniente dai corridoi. L'aria ha un odore leggermente stantio, mescolato a un accenno di detersivo e profumo dolciastro lasciato da chissà quale ragazza passata prima di me. Mi fermo davanti allo specchio, le mani sul bordo del lavabo, e mi fisso, cercando di scacciare dalla mia mente quella sensazione opprimente che non mi abbandona.
Il riflesso nello specchio è quello di una ragazza che non riconosco del tutto. I capelli disordinati, il viso stanco, gli occhi cerchiati di inquietudine. Sembra che tutta la notte precedente e i pensieri ossessivi abbiano scavato nel mio volto, lasciando segni invisibili ma profondamente percepibili. Passo una mano tra i capelli, cercando di sistemarli, ma il gesto mi sembra inutile. Non è l'aspetto esteriore che conta in questo momento: è tutto quello che si agita dentro di me.
Mi piego leggermente, aprendo il rubinetto. L'acqua è fredda, quasi pungente, e la sensazione sul viso è come una scossa, un invito a svegliarmi, a tornare alla realtà. Mi guardo di nuovo nello specchio, cercando di convincermi che non c'è nulla di cui preoccuparsi, che tutto questo è solo frutto della mia immaginazione. Eppure, mentre cerco di convincermi, qualcosa cambia.
Per un istante, il mio riflesso non si muove insieme a me. È solo un momento, una frazione di secondo, ma il gelo che mi avvolge è immediato e totalizzante. Resto paralizzata, con le mani ancora bagnate, fissando quell'immagine che sembra osservare me tanto quanto io osservo lei. È una sensazione impossibile da spiegare, come se il confine tra me e il mio riflesso si fosse incrinato, e qualcosa di altro si stesse insinuando tra le crepe.
Il respiro mi si blocca in gola, e cerco di razionalizzare. "È solo la stanchezza," penso, ma il battito frenetico del mio cuore racconta un'altra storia. E poi succede di nuovo: questa volta, il riflesso sorride. Non io, ma lei. Un sorriso sottile, quasi impercettibile, ma così inquietante che mi sento come se il pavimento sotto di me stesse per crollare.
Faccio un passo indietro, i talloni che stridono sul pavimento liscio del bagno. «No... no...» sussurro, ma la mia voce è un soffio appena percettibile. È tutto troppo assurdo, troppo irrazionale per essere vero, eppure quel sorriso è lì, sfacciato e inquietante, come se sapesse qualcosa che io ignoro.
Poi, come se il tempo stesso si spezzasse, un'ombra scivola dietro di me, riflessa nello specchio. Mi volto di scatto, il cuore che batte così forte da farmi quasi male, ma non c'è nessuno. Il bagno è vuoto, le porte delle cabine sono socchiuse e rivelano solo il vuoto dietro di esse. Il silenzio è totale, quasi opprimente, e il mio respiro sembra l'unico rumore presente.
Torno a fissare lo specchio, ma ora è tutto normale. Il riflesso mi restituisce la mia immagine, senza sorrisi inquietanti, senza movimenti che non siano i miei. Mi avvicino lentamente, il cuore ancora martellante, e tocco lo specchio con la punta delle dita. È freddo, solido, reale. Ma la sensazione di essere osservata non mi abbandona. È come un peso invisibile che grava sulle mie spalle, una presenza silenziosa che non riesco a ignorare.
Poi lo vedo. Sullo specchio, proprio accanto al mio riflesso, appare di nuovo il simbolo. È lo stesso intreccio di cerchi e linee che ho visto sul muro della mia stanza, solo che questa volta sembra pulsare, emettere una leggera luminescenza che rende l'atmosfera ancora più surreale. Mi immobilizzo, il corpo rigido come una statua, mentre un brivido gelido mi scorre lungo la schiena.
«Cosa vuoi da me?» sussurro, la voce tremante, rivolta più a me stessa che a ciò che vedo. Non mi aspetto una risposta, ma qualcosa accade. Il simbolo si dissolve di nuovo, come fumo disperso dal vento, e un suono sottile, quasi impercettibile, riecheggia nella stanza. È simile a un sussurro, ma non riesco a distinguerne le parole. Il suono sembra provenire da ogni angolo del bagno, avvolgendomi in una morsa di paura.
Faccio un passo indietro, poi un altro, fino a sbattere contro la porta. Il cuore mi batte forte, e il mio unico desiderio è uscire da lì, allontanarmi da quel simbolo, da quel riflesso, da tutto. Gira la maniglia con mani tremanti e corro fuori, respirando a pieni polmoni l'aria fresca del corridoio. Solo allora mi rendo conto che sto tremando.
Layla mi vede da lontano, e il suo sorriso si spegne quando nota la mia espressione. Si avvicina di corsa, con il telefono ancora in mano. «Ehi, tutto bene? Sembri... sconvolta.» La sua voce è preoccupata, e il suo sguardo si posa su di me con intensità.
Cerco di rispondere, ma le parole non escono. Annuisco, cercando di mascherare il terrore che ancora mi attanaglia, e riesco solo a dire: «Sì, sto bene. Forse ho solo bisogno di un po' d'aria.»
Layla mi fissa per un attimo, come se non fosse del tutto convinta, ma poi sorride debolmente. «Ok, ma non sparire di nuovo, ok? Andiamo, la lezione sta per iniziare.»
La seguo, cercando di calmarmi, ma il pensiero di quello che ho visto non mi lascia in pace. C'è qualcosa di più grande in tutto questo, qualcosa che non riesco ancora a comprendere. E mentre ci allontaniamo dal bagno, so che il simbolo, quella presenza, non ha finito con me. Non ancora.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top