V - Lilith
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È già domenica. Sbuffo sonoramente al pensiero di dover tornare in aula domani: il fine settimana è passato troppo in fretta, e la voglia di svegliarmi presto è sotto lo zero.
Mentre preparo qualcosa da mangiare mi ricordo della chiacchierata con Michael in biblioteca, un po' stupita dalla sua passione per i classici e al contempo infastidita per il suo atteggiamento.
«Perché Lilith?» questa domanda mi ronza in testa da quando mi ha affibbiato quel nomignolo. Certo non mi posso lamentare, d'altronde è il nome di una dea simbolo di femminilità indipendente, forza e ribellione, ma perché proprio da lui?
Faccio spallucce pensando che ci sono cose più importanti a cui pensare di un semplice soprannome.
Poi, il telefono squilla. Il nome di Rachel appare sullo schermo, e un senso di calore e nostalgia mi invade. Rachel è stata un'amica intima di mia madre, praticamente una seconda madre per me dopo che ho perso la mia. Rispondo subito, cercando di nascondere il turbinio di emozioni che mi attraversa.
«Ciao Rachel!» dico, cercando di mantenere la voce leggera.
«Ciao, tesoro. Come va?»
C'è qualcosa nella sua voce che mi riporta immediatamente alla realtà, una dolcezza che mi fa sentire protetta, anche se siamo a chilometri di distanza.
«Tutto bene,» rispondo, e anche se ci metto un attimo, mi accorgo che è la verità. «La scuola va avanti, sai... le solite cose.»
«E come stai tu?» insiste, il tono più serio ora, come se sapesse che non tutto è esattamente come dovrebbe essere.
Esito per un istante, pensando a Michael, a quello che sta accadendo dentro di me, e poi sospiro. «Ci sono giorni in cui va tutto bene, e altri in cui... è tutto un po' più difficile. Ma tu lo sai, no?»
«Sì, lo so,» risponde, con quella calma rassicurante che solo lei riesce a trasmettere. «Ma ricordati, Abbey, che non devi affrontare tutto da sola. Sono sempre qui per te, e lo sarà sempre. Non dimenticarlo.»
«Non lo dimentico mai,» dico piano, sentendo le lacrime che minacciano di fare capolino. Ma le trattengo, perché Rachel ha già fatto tanto per me, e non voglio preoccuparla più del dovuto.
«Sei una ragazza forte, Abbey. Ma anche le persone forti hanno bisogno di qualcuno su cui contare. E io sono qui, sempre.»
Annuisco, anche se lei non può vedermi. «Grazie, Rachel. Significa tanto per me.»
Restiamo in silenzio per un attimo, e poi la sua voce torna leggera, come se volesse cambiare argomento per farmi sorridere. «E allora, mi racconti qualcosa di nuovo? Qualche novità interessante? Magari un ragazzo...»
Mi viene da sorridere, ma non posso fare a meno di pensare a Michael. «Niente di speciale,» mento, cercando di suonare convincente. «Solo la solita routine.»
«Uh-huh, certo,» dice Rachel con un tono che suggerisce che non mi crede del tutto, ma decide di lasciar perdere.
«Io invece non so più come fare con Alex! È stato di nuovo sospeso per rissa...»
Mi gelo un attimo quando sento pronunciare quel nome. Alex, il mio ex possessivo che per anni mi ha fatto solo del male. Rachel non ne sapeva nulla, e questo non ha fatto che aumentare il mio malessere per l'impossibilità di poterle parlare di tutto quello che mi ha fatto passare.
«Bene, tesoro, vado a preparare la cena. Ma ci sentiamo presto, okay?»
«Sì, promesso.»
Ci salutiamo e metto giù il telefono, restando per un momento seduta sul letto, persa nei miei pensieri. La voce di Rachel è riuscita a calmarmi, ma allo stesso tempo ha fatto riaffiorare tutte quelle emozioni che avevo cercato di reprimere. Il mio cuore batte ancora forte, e so che una parte di me non può fare a meno di pensare a quello che sta succedendo con Michael, a come sta cambiando il mio mondo e come nonostante i miei tentativi di mantenere una certa distanza, Michael sembra avere un talento innato per inserirsi nei miei pensieri. Ogni tanto, durante le lezioni, lo trovo che mi osserva, con quel mezzo sorriso enigmatico che sfiora le sue labbra, come se sapesse esattamente cosa sta accadendo dentro di me.
Non ci sono stati molti altri scambi di parole tra noi. Qualche battuta lanciata al volo durante le pause, uno sguardo più lungo del solito in aula, ma nulla che possa davvero definire la natura del nostro rapporto. Per quanto cerchi di convincermi che non mi interessa, la verità è che Michael esercita su di me una strana attrazione. C'è qualcosa in lui che continua a stuzzicare la mia curiosità, ma forse è proprio lo spettro del mio passato con Alex che mi fa così paura da essere restia ad avere nuove conoscenze.
Sospiro, alzandomi dal letto e dirigendomi verso la finestra. Fuori, il cielo è tinto di sfumature arancioni e rosa, segno che il giorno sta per finire. Ma per me, è come se fosse appena cominciato, con tutte queste nuove sensazioni e pensieri che non so ancora come gestire.
Il giorno dopo, la giornata scivola via in una serie di lezioni che riempiono la mia mente di concetti e idee. Non parlo molto con Layla, troppo immersa nei miei pensieri per dare il giusto peso ai suoi racconti. Il mio cervello continua a tornare a quella sera in biblioteca, a quel modo in cui mi ha guardata, come se volesse scoprire ogni mio segreto.
Mentre esco dall'aula, spero di poter evitare ulteriori pensieri su Michael per almeno il resto della giornata. Ma appena sono in corridoio, i miei occhi lo trovano immediatamente. Sta camminando verso il cortile esterno, e la sua figura alta e sicura di sé si staglia contro la luce che filtra dalle finestre.
Non so perché, ma qualcosa mi spinge a seguirlo. È una sensazione strana, come se una parte di me fosse attratta da lui in modo irresistibile. Non è solo curiosità, ma un bisogno di capire chi sia davvero questo ragazzo che sembra saperne sempre una più del diavolo. Mi avvio verso l'uscita, sperando di non attirare troppo l'attenzione di Layla, che potrebbe benissimo insospettirsi.
Mi affretto, cercando di mantenere la discrezione, anche se dentro di me sento il cuore battere più forte. Quando arrivo all'angolo, lo vedo fermarsi davanti a una delle grandi finestre che si affacciano sul cortile. La luce del sole illumina il suo profilo, e per un momento mi fermo a osservare la scena, come se fossi spettatrice di un dipinto vivente.
Mi avvicino lentamente, i passi attutiti dal tappeto che riveste il corridoio. Non voglio disturbare quel momento, ma allo stesso tempo sento che devo dire qualcosa, anche se non so esattamente cosa. Quando sono abbastanza vicina, Michael si volta, come se avesse percepito la mia presenza. I suoi occhi si incontrano con i miei, e sento un brivido lungo la schiena.
«Non pensavo che mi avresti seguito,» dice, il solito sorriso giocoso che si affaccia sulle sue labbra.
«Non ti stavo seguendo,» ribatto rapidamente, anche se il tono della mia voce tradisce un pizzico di nervosismo. «Volevo solo... prendere una boccata d'aria.»
Michael alza un sopracciglio, evidentemente divertito dalla mia risposta. «Davvero? Allora è una coincidenza che tu sia qui, proprio quando stavo per uscire?»
Non so cosa rispondere. Mi sento attratta da lui, ma allo stesso tempo c'è qualcosa che mi trattiene, un piccolo avvertimento nella mia testa che mi suggerisce di non lasciarmi coinvolgere troppo. Alla fine, mi limito a fare spallucce, cercando di minimizzare l'importanza del nostro incontro.
«Forse sì,» dico infine, «o forse no. Chi lo sa?»
Michael ride piano, una risata che sembra più una vibrazione che un suono. Poi si avvicina di un passo, il suo sguardo che diventa un po' più serio, ma senza perdere quel tocco giocoso che lo caratterizza.
«Sei sempre così enigmatica?» chiede, quasi scherzando.
Mi trovo a ridere, un po' nervosa, ma non posso fare a meno di apprezzare il suo tentativo di mantenere la conversazione leggera. «Forse, dipende. E tu? Sei sempre così... misterioso?»
Michael inclina leggermente la testa, come se stesse considerando la mia domanda con attenzione. «Potrebbe essere. O forse è solo che non mi piace rivelare troppo di me stesso troppo presto.»
C'è un momento di silenzio tra noi, un silenzio che non è né scomodo né opprimente, ma piuttosto pieno di possibilità. Il rumore lontano del cortile e delle lezioni che continuano dietro di noi è l'unico suono che riempie l'aria. Sento il mio respiro farsi più lento, quasi come se stessi aspettando qualcosa, una parola che possa dare una direzione a questo strano incontro.
«E dimmi, cosa pensi di trovare seguendomi?» chiede infine Michael, la sua voce tornata leggera, ma con una sfumatura di curiosità sincera.
Non so cosa rispondere. Non voglio ammettere che sono spinta da una curiosità quasi ossessiva, un desiderio di scoprire cosa si nasconde dietro quella facciata enigmatica. Ma non posso nemmeno negarlo del tutto. In fondo, è vero: voglio sapere di più, voglio capire chi sia veramente Michael e cosa lo renda così affascinante e sfuggente allo stesso tempo.
«Forse sto solo cercando di capire perché sei sempre così... difficile da inquadrare,» ribatto, cercando di mantenere la mia compostezza. «Non è comune incontrare qualcuno che sembri avere sempre qualcosa da nascondere.»
Michael sorride di nuovo, un sorriso che sembra contenere mille segreti. «Forse è proprio questo il mio fascino. Mantenere un po' di mistero.»
«O forse ti piace vedere le persone che cercano di capire chi sei davvero,» rispondo, cercando di non lasciarmi intimidire.
Michael ridacchia, un suono basso e quasi intimo. «Forse hai ragione. Ma questo rende tutto più interessante, non credi?»
C'è un lampo di sfida nei suoi occhi, un invito a scavare più a fondo. E anche se so che potrebbe essere rischioso, sento che non posso tirarmi indietro.
«Forse sì,» ammetto, cercando di mantenere un tono neutro. «Ma non è detto che sia una cosa positiva.»
Michael mi guarda con interesse, il suo sorriso diventato un po' più ampio. «Non lo è sempre. Ma a volte, vale la pena correre il rischio. D'altronde, se giochi con Lilith devi mettere a conto tutti i rischi.»
Non so se la sua frase sia un complimento o una nuova provocazione, ma mi rendo conto che in questo momento non importa. Tutto quello che so è che sono intrigata. E mentre il silenzio cala di nuovo tra di noi, mi rendo conto che questa conversazione non è solo un semplice scambio di battute. È un preludio a qualcosa di più profondo, qualcosa che sta crescendo tra noi e che potrebbe portarci in territori inesplorati.
Michael si volta di nuovo verso la finestra, guardando fuori come se il cortile potesse rivelargli qualche segreto nascosto. «Allora, che ne dici di seguirmi fuori a prendere quella boccata d'aria?» dice infine, rompendo il silenzio con una naturalezza che mi sorprende. «Qui dentro comincia a essere un po' opprimente.»
Esito per un attimo, ma poi annuisco. C'è una parte di me che vuole saperne di più, che vuole continuare questo gioco di sguardi e parole non dette. «Va bene,» rispondo, avviandomi verso l'uscita con lui accanto.
L'aria del corridoio sembra farsi più leggera, quasi come se le mura dell'edificio avessero trattenuto una tensione che solo ora riesce a dissiparsi. Michael cammina accanto a me con passo sicuro, e per un attimo mi domando se sia sempre così calmo e composto, o se sia solo un'altra parte del suo mistero.
Quando raggiungiamo l'esterno, l'aria fresca mi colpisce piacevolmente il viso. Il cortile dell'istituto è tranquillo, con solo qualche studente che passeggia o si riposa sulle panchine sotto gli alberi. Mi fermo per un istante a guardarmi intorno, lasciando che la calma del luogo mi avvolga.
«È una bella giornata,» commento, più per rompere il silenzio che per dire qualcosa di significativo.
«Lo è,» risponde, guardandomi con un'espressione serena. «È uno di quei momenti in cui è facile dimenticare che siamo circondati dal caos di una città.»
Annuisco, cercando di capire dove stia andando a parare. C'è una parte di me che è curiosa di scoprire come mai, tra tutte le persone, sia proprio io a trovarmi qui, accanto a lui, in questo momento. Per quanto cerchi di razionalizzare il nostro incontro, non posso fare a meno di pensare che ci sia qualcosa di speciale nel modo in cui i nostri destini sembrano incrociarsi.
Camminiamo lungo il vialetto di pietra che attraversa il cortile, passando accanto a cespugli di fiori e piccole aiuole ben curate. La conversazione tra di noi procede a rilento, ma non in modo scomodo. È come se entrambi fossimo consapevoli che non ci conosciamo abbastanza per addentrarci in discussioni più profonde, ma al tempo stesso, c'è una curiosità reciproca che ci spinge a voler sapere di più l'uno dell'altra.
«Come mai hai scelto di studiare qui?» chiedo infine, cercando di rompere il ghiaccio con una domanda semplice.
Michael sorride appena, come se stesse già prevedendo la domanda. «Non è stata tanto una scelta, quanto una serie di circostanze. Ma devo dire che non mi dispiace essere qui. E tu?»
«Beh, volevo qualcosa di diverso,» rispondo, riflettendo sul percorso che mi ha portata a scegliere questa università. «Qualcosa che mi permettesse di... trovare la mia strada.»
«Capisco,» dice Michael, annuendo lentamente. «A volte è proprio così, no? Non sappiamo esattamente dove stiamo andando, ma sappiamo che dobbiamo continuare a muoverci.»
C'è qualcosa nella sua voce che mi colpisce. Non è solo la tranquillità con cui parla, ma anche una sottile malinconia, come se sapesse molto più di quanto lasci intendere. Vorrei chiedergli di più, ma mi trattengo, non volendo sembrare troppo invadente. Dopo tutto, siamo ancora quasi degli estranei.
Camminiamo ancora un po' in silenzio, fino a quando non mi fa cenno di salire le scale che danno sul tetto
«Sei sempre così riservata?» chiede Michael, rompendo il silenzio con una domanda che mi coglie di sorpresa una volta raggiunta la parte alta.
Lo guardo, cercando di capire se stia scherzando o se sia realmente interessato a saperlo. «Non credo di essere riservata. Solo... prudente.»
«Prudente,» ripete lui, come se stesse assaporando la parola. In un attimo si posiziona vicino al davanzale, tirando fuori una sigaretta «È una qualità interessante.»
«E tu?» ribatto, decisa a non lasciargli il controllo totale della conversazione. «Sei sempre così... misterioso?»
Michael sorride, ma c'è una nota di sincerità nel suo sguardo che non avevo notato prima. «Forse non sono così misterioso come sembro. Forse sono solo... complicato.»
La sua risposta mi lascia un po' perplessa, ma decido di non incalzarlo ulteriormente. C'è qualcosa di delicato nel modo in cui ci stiamo conoscendo, come se entrambi stessimo camminando su una corda sottile, cercando di mantenere l'equilibrio senza cadere.
«Capisco,» dico infine, anche se non sono sicura di averlo fatto davvero. Ma forse non è necessario comprendere tutto subito. Forse, come dice Michael, vale la pena esplorare un po' di più, un passo alla volta.
Fa un tiro e guardo il fumo uscirgli dalla bocca restando per qualche minuto semplicemente in silenzio. È un momento di tranquillità che non avrei mai immaginato di condividere con qualcuno come Michael, eppure mi sembra perfettamente naturale.
«Sai,» inizia lui, rompendo il silenzio, «mi piace questo posto. Ha qualcosa di... rassicurante.»
Annuisco, capendo esattamente cosa intende. «Anche a me. È come un piccolo rifugio dal resto del mondo.»
«Esattamente,» concorda, lanciandomi uno sguardo complice. «Ora so dove venire per poter fumare in pace. Chissà se anche le prossime volte mi seguirai fin qui»
La sua affermazione mi sorprende, ma c'è qualcosa nel modo in cui lo dice, nella leggerezza della sua voce, che mi fa pensare che stia semplicemente seguendo l'istinto, senza soppesare troppo le sue parole, cosa che mi fa sorridere.
«Forse sì,» rispondo, lasciando aperta la possibilità. Non so cosa riservi il futuro, ma in questo momento, non mi dispiace affatto l'idea di scoprire di più su di lui.
Restiamo ancora un po' lì, godendoci la tranquillità finché il sole inizia a calare e l'aria si fa leggermente più fresca, cosa che mi fa rabbrividire. Michael si alza per primo, «È meglio tornare dentro prima che faccia troppo freddo» dice per poi togliersi la giacca per poi posizionarla sulle mie spalle.
Accetto arrossendo un po' e ci avviamo di nuovo verso l'edificio. Questa volta, il silenzio tra di noi non è carico di tensione, ma piuttosto di una nuova consapevolezza. Siamo ancora quasi degli sconosciuti, è vero, ma c'è qualcosa che ci sta legando, qualcosa che potrebbe crescere e diventare molto di più. E per la prima volta da quando l'ho incontrato, mi sento curiosa di vedere dove ci porterà questa strana connessione.
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