XXXX. COLPI ALLA PORTA

Dorina estrasse un nuovo abito dalla valigia. La conversazione con Charles l'aveva turbata, più che... 

Qualcosa cadde a terra con un tonfo. La ragazza guardò giù. Quaderni. Si era dimenticata dei quaderni trovati nella baita. Sembrava essere passata una vita da quei momenti. Si chinò e ne prese uno. Le dita strinsero la copertina rovinata. Non li aveva sfogliati. Si sedette sul letto, incrociò le gambe, cominciò la lettura, il cuore schiantato in gola.

Era la storia di Clarissa. La mitica Clarissa. Una creatura che non sembrava fatta di carne, ossa e sangue come le persone comuni. Raccontava la storia di un amore folle e impossibile. Dorina non riusciva a staccare gli occhi da quelle parole.

Non si accorse che le ore passavano. La domestica le portò il pranzo e la cena. Lei mangiò appena.

Colpi alla porta. Chi poteva essere a quell'ora della notte? La domestica fissò Dorina, il corpo tremante.

-Non dovremmo aprire, mia signora- si fece il segno della croce. –Nessun buon cristiano andrebbe in giro a quest'ora-

Aveva ragione. Eppure qualcosa stringeva il petto della ragazza. C'era qualcosa in quel battere alla porta. Qualcosa...

-Vai ad aprire- ordinò in un soffio. Il cuore le batteva tanto forte da farle male.

-Ma signora... -

-Vai ad aprire- insisté.

La domestica abbassò il capo, sconfitta, e barcollò fino alla porta. Dorina la seguì. Non si mosse. La osservò aprire la porta e poi vide la figura, un cappuccio che le scendeva sul viso, i grandi occhi verdi per metà in ombra.

-Nicalla- gemette Dorina –lasciala entrare- ordinò alla domestica. Si buttò avanti e abbracciò la sua amica che grondava acqua.

-La pioggia è stata orribile- si lamentò lei. C'era però qualcosa di strano nella sua voce. Non era euforica e accattivante come al solito. Qualcosa non andava. Dorina ebbe paura di domandare. Sentì la lingua pesante.

-Vieni a scaldarti- mormorò infine. E vide che il volto di lei era bagnato di lacrime. Aveva pianto. Si affrettò a guardare altrove, un braccio stretto a lei, il cuore in gola.

-Non c'è tempo- Nicalla scosse la testa e il cappuccio le cadde indietro –non c'è proprio tempo per scaldarsi, ho fatto la strada più velocemente possibile, ma non si è mai abbastanza veloci in questi casi, mai e mai-

-Cosa succede?- Dorina si voltò verso di lei, le mani che afferravano le spalle bagnate.

Nicalla abbassò lo sguardo, come se il peso di ciò che avrebbe dovuto dire fosse troppo. Dorina si sentì morire.
-Non Kaas, ti prego, non dirmi che gli è successo qualcosa- le labbra le tremavano. Si aggrappò a Nicalla per non cadere, incurante di bagnarsi. Kaas... no, non poteva essere morto, altrimenti non avrebbe avuto senso che Nicalla arrivasse di corsa. Però poteva stare male, forse...

-Non sta bene- Nicalla evitò il suo sguardo –tutto qua, non sta bene-

-Devo vederlo- Dorina la lasciò, una forza senza nome che le strisciava nel sangue. Doveva vederlo. A qualsiasi costo. –Partiamo questa notte-

-No, fuori c'è la tempesta- Nicalla le prese le mani, la pelle gelata come ghiaccio –domattina-

-Io voglio andare subito! Il viaggio è lungo, non posso attendere, non posso... -

-Se ti ammalerai non potrai aiutarlo- Nicalla assunse un tono duro, che non ammetteva repliche.

-E se lui... - morisse. Non riuscì a dirlo.

-Stai tranquilla, Dorina, non sta così male- le passò le dita tra i capelli –e poi io avrei proprio voglia di una tazza di tè e di qualche chiacchiera con un'amica, che ne pensi? Come ai vecchi tempi-

Dorina si costrinse ad annuire. La gola le bruciava per le lacrime trattenute. Diede ordine alla domestica di preparare il tè. Lasciò che Nicalla la facesse sedere sul divano. Le parlava, parlava, parlava. Di cose prive d'importanza. Della pioggia che le rovinava i vestiti. Del freddo che le gelava le ossa. Di Parigi che era molto meno bella di quanto ricordasse. Era più pallida, più magra, più tremante. Non vestiva bene come al solito. Aveva un abito vecchio, rovinato, scolorito. Dorina si chiese come andassero davvero le cose al castello. La domestica portò il tè. Lo prese con entrambe le mani tremanti per paura che le cadesse addosso.

-Parlami di lui, devo sapere- non bevve. Non sarebbe riuscita a berne nemmeno un sorso senza sapere.

Nicalla esitò e fissò il tè come se potesse darle una risposta.

-Ti prego, dimmi qualcosa- singhiozzò. Già s'immaginava gli scenari peggiori.

-Da quanto te ne sei andata, beh, non è più stato lo stesso, è chiuso, parla poco, non si dedica al suo lavoro- Nicalla sospirò –io gli ho proposto di dirti di tornare, dalle tue lettere sapevo che nemmeno tu te la passavi bene, che lui ti mancava, così gli ho detto che avrei potuto fare da intermediaria, chiederti di tornare-

-Lui però non ha voluto- un po' se lo meritava quel malessere! Se non aveva accettato di stare con lei...

-Ti ama troppo, Dorina, ha paura che il suo amore possa ucciderti, tutto per quella sciocchezza, ma lui ha le sue idee e non vuole cambiarle- scosse la testa, i riccioli neri sul suo bel viso –la storia della maledizione lo ha distrutto-

Un fuoco le bruciò lo stomaco. –La maledizione?-

Nicalla sussultò. –Tu non sai della maledizione?- sollevò appena lo sguardo per studiarla.

-Quale maledizione?- il cuore le era schizzato in gola.

-Kaas è stato maledetto, molto tempo fa, tutta la nostra famiglia è maledetta- giocherellò con la tazza.

-In cosa consiste questa maledizione?- Dorina si sentiva sciocca a fare una simile domanda. Erano nel Novecento. Non poteva credere alle maledizioni. Eppure lei aveva visto cosa succedeva nel villaggio.

-Causare la distruzione di chi si ha intorno, di chi si ama- fece una smorfia che deformò il suo bel viso.

Dorina ebbe la sensazione che non le stesse dicendo tutto. Non era il momento d'insistere. –Io non ho paura-

-Kaas ne ha per te- Nicalla sospirò –lui ci tiene a te, non immagini nemmeno quanto-

Dorina avrebbe voluto negare. Perlomeno per modestia. Non voleva sembrare poco modesta. A Londra la modestia era una delle maggiori virtù. Apparentemente. In realtà dietro la modestia si potevano nascondere moltissimi vizi. L'avarizia per esempio. -Domani partiamo- mormorò.

Lei annuì. -Era quello che volevo sentirmi dire-


Il ritorno fu lungo. Dorina lottò contro l'ansia, il mal di testa, la paura. Nicalla, adagiata languida al suo fianco, la invitava alla calma.

-Non lo aiuti così- e giocherellava con i nastri dell'abito verde.

-Per te è semplice-

-Per nulla, credimi, non è mai semplice- tese le labbra. Era facile dimenticare che era stata ritratta da un uomo morto da anni. Quel viso doveva essere polvere da tempo.

-Parlami della maledizione- aveva bisogno di sapere.

Nicalla indugiò, l'espressione tesa. -La scagliò Clarissa, lei... era disperata, aveva conosciuto il  vero amore e le veniva strappato, massacrato davanti a lei- gli occhi le luccicavano, smeraldi su marmo bianco.

-Su chi la scagliò?- aveva freddo. Congelava. L'ambiente sembrò piccolo.

-Sulla sua famiglia e sui discendenti, avrebbero portato disgrazia a chiunque si fosse innamorato di loro-

-E non c'era un modo per evitarlo?-

-Un incontro di vero amore dove finiscono le tenebre, solo quello spezzerà la maledizione- Nicalla guardò altrove.

-Dove finiscono le tenebre? Cosa vuol dire?-

-Fa parte delle difficoltà- le lanciò uno sguardo in tralice -vuoi sapere cosa ne penso?-

Dorina annuì, la mente a soqquadro.

-L'amore richiede il più grande sacrificio, piccola mia- si spinse avanti -non puoi nemmeno immaginare cosa la gente sia disposta a fare in nome dell'amore, quanti crimini compirebbe sotto il suo stendardo, un crimine però resta sempre un crimine, anche se compiuto in nome dell'amore, non dimenticarlo mai- si lasciò cadere indietro  -però fare una follia per amore una volta ogni tanto non è così terribile-

Le parole echeggiarono nella mente di Dorina per tutto il viaggio.

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