XXXIII. TAZZE E RITRATTI
-Lo sai quanto hai rischiato?- Kaas andava avanti e indietro, una mano che continuava a passare tra i capelli neri, tanto da spettinarli. Era bello anche così, pensò Dorina. Lui sarebbe stato bello in qualsiasi caso. La cosa la metteva in imbarazzo. La ragazza si concentrò sulla tazza di tè caldo che Kaas l'aveva costretta a prendere per scaldarsi. –Allora? Non dici niente?-
-Non punire Nicalla- bevve un sorso. Il tè era buono e la rassicurava.
-Nicalla non è una bambina e lei non è sotto la mia responsabilità- si voltò e si appoggiò al muro.
-Sono io a essere sotto la tua- si rannicchiò sul divano. Erano nella stanza di Kaas. Lui l'aveva portata lì, poi aveva iniziato a dare ordini. Le aveva fatto portare un abito asciutto e Dorina era riuscita ad avvolgere i quaderni in una mantella.
-Esatto, ma cosa ti è venuto in mente?-
-Mi annoiavo- abbassò lo sguardo. Perché si sentiva così a disagio? Come se avesse fatto una cosa sbagliatissima.
-Non capisci quanto è pericoloso?- la sua voce era tremula.
Dorina appoggiò la tazza sulle ginocchia in equilibrio. –Mi dispiace-
-Non basta un mi dispiace- Kaas si lasciò cadere al suo fianco.
Dorina percepì il calore del suo corpo. Si mordicchiò le labbra. C'era qualcosa che la turbava molto. Quel calore. La faceva impazzire l'idea che lui le stesse così vicino. Che lui potesse toccarla da un momento all'altro.
-Dori, devi stare attenta-
Aveva ragione lui, naturalmente, ma non voleva farglielo capire. Dorina sospirò. –Inutile discutere- borbottò.
-Sei... oh, guardami- le sue dita si agganciarono al suo mento. La fece girare verso di lui. Occhi negli occhi. Il mondo divenne meno nitido. C'era solo Kaas. –Se ti dovesse succedere qualcosa io non so cosa farei- i polpastrelli scavarono nel suo mento. Avvicinò il viso a lui. Dorina inspirò a fondo. Tuberosa. Il suo profumo. Avrebbe voluto immergersi dentro quella fragranza inebriante. –Credo che impazzirei- scrollò la testa, ciocche scure che gli scivolavano sul volto dai lineamenti fini.
-Non esagerate-
-Credi che esageri?- avvicinò ancora di più le sue labbra. Pericolosamente. Avrebbe potuto scoppiare un bell'incendio. Era un po' come lasciare la paglia vicino al fuoco.
-Ne sono certa- ansimò Dorina.
-Io non esagero mai, dovresti conoscerti- sollevò un angolo delle labbra. La ragazza sentì lo stomaco contrarsi. Voleva sentire il suo sapore. Si vergognò di quel pensiero. Era sbagliato, profondamente sbagliato. Doveva ricordare il passato. Lei era nemica di Kaas. Con lui così vicino però era difficile ricordare il perché di quella rivalità. E quando le labbra di lui sfiorarono quelle di lei perse ogni contatto con la realtà. Dorina sussultò. Andava a fuoco. La lingua di Kaas si fece strada nella sua bocca con l'effetto di un fulmine. La folgorò. Dorina si aggrappò alle sue spalle, le dita che scavavano nella stoffa.
-Dori- gemette lui contro le sue labbra -se questo è un errore è la cosa migliore che mi sia capitata- le sue braccia che si stringevano intorno alla sua vita, fameliche, simili a nastri. La sollevarono, tanto che sembrò leggera come aria. Volava e affondava nella sua bocca.
Fu lo schianto a farli staccare. Dorina tremò. Non si rese nemmeno conto che il tè aveva formato un lago fino a quando non le bagnò i piedi. Non si curò di sollevarli. Aveva troppe cose da pensare. Cercò con gli occhi Kaas e si sforzò di comprendere la sua espressione. Il cuore era in tumulto, si dibatteva, gemeva. Che cosa le stava succedendo? Non si era mai sentita così.
-La tazza è caduta- Kaas lasciò ricadere le braccia e lei si sentì vuota.
Si piegò per raccogliere i cocci, tanto per fare qualcosa, perché non poteva stare ferma lì.
-Non c'è bisogno che tu ripulisca, posso chiamare una cameriera- Kaas le sembrava molto distante. Un altro mondo. Altri pensieri. Altra vita.
-Non è necessario, in collegio ci hanno insegnato a pulire- si chinò, lo sguardo fermo nella pozza per non doverlo guardare. Raccolse. Un coccio per volta, il cuore che le martellava nel petto. Se li posizionava sul palmo tremante. Quando ebbe finito posò tutto sul fazzoletto di stoffa che gli porgeva Kaas. -Grazie- mormorò e si alzò. Uscii dalla stanza senza che lui la chiamasse indietro.
Più tardi vagò tra i corridoi. Camminare l'aiutava a smettere di pensare a lui. Aveva posato i quaderni in camera. Li avrebbe letto non appena...
Una lama di luce scivolava sul pavimento. Si fermò. Non aveva mai notato quella piccola stanza. Forse era dovuto al fatto che la porta era coperta dalla stessa tappezzeria dorata della parete lì vicino. Scivolò dentro, la curiosità che la soffocava. Lo notò subito.
Non aveva mai visto un quadro più bello. Dorina si avvicinò, il cuore schizzato in gola. I tratti erano delicati, fatti con una tale attenzione ai dettagli che sembrava reale. Il dipinto rappresentava una donna di spalle, un mantello rosso lungo fino ai piedi piccoli e scalzi, la testa tra le mani, come se stesse piangendo. Capelli neri come una notte senza stelle le scivolavano ovunque. Era in una stanza che sembrava in maniera inquietante quella in cui si trovava. Dorina si chiese che storia ci fosse dietro quel quadro. Perché doveva esserci una storia dietro a qualcosa di così incantevole. Aggrottò la fronte, la mente che registrava i dettagli e li metteva insieme. Sembrava disperata. Sì, di sicuro stava piangendo. Forse per amore. O per odio. Si poteva piangere anche per odio dopotutto. Insomma, ogni motivo era buono per piangere.
-Che cosa nascondi?- avvicinò le dita alla spalla della donna. Non la toccò. Non voleva rovinare una pittura così bella.
-Beh, visto che è un quadro può nascondere tutto quello che vuoi tu-
Dorina sussultò, ma si costrinse a non voltarsi. Non aveva sentito Kaas avvicinarsi. Lui però era sempre silenzioso. Sembrava fatto d'ombra e vento.
-Potresti raccontare tu la sua storia-
-Non credo di esserne all'altezza- pensò ai racconti spediti ai giornali, ai continui rifiuti, alle urla di suo padre che sosteneva che una figlia scrittrice era una disgrazia. E forse aveva ragione lui. Non perché fosse scrittrice, quello era il meno. Il problema fondamentale era che Dorina era una pessima scrittrice.
-E questo ti potrebbe fermare? Se vuoi davvero qualcosa, beh, dovresti riuscire a combattere-
-Facile sostenerlo- sospirò.
-Se io posso dipingere, tu puoi scrivere-
La consapevolezza la fece tremare. -L'hai fatto tu?-
-Un mio modesto lavoro-
Kaas era un uomo fatto e finito. Ed era perfetto. Non c'era una cosa che non sapesse fare. Ora Dorina scopriva che sapeva perfino dipingere. E come dipingeva! Poteva essere il dio Apollo sotto mentite spoglie per quanto ne sapeva.
-Fai sembrare ogni cosa facile-
-Credi che per me sia stato tutto semplice?- Kaas non sembrava arrabbiato. Dorina si voltò. Voleva vederlo in faccia. Lo scoprì che la fissava curioso, un brillio nello sguardo.
-Mi sbaglio?-
-Ti sbagli molto- fece un passo avanti. Dorina sentì il proprio corpo tendersi, come la corda di un violino. E si odiò per questo. Kaas non avrebbe dovuto provocarle nulla di simile. Come la luna e la marea. –Ho dovuto lottare per tutto quello che ho- si fermò tanto vicino che lei poteva sentire il suo respiro. Il profumo le diede alla testa. Ebbra. Una parola che si avvicinava appena a quella sensazione di turbamento che lui le provocava. A quella voglia di aggrapparsi alle sue spalle ampie, di affondare le mani nei suoi capelli morbidi, di seguire la linea dura del suo mento con le sue labbra. Il sapore della sua pelle sotto la sua lingua. Un capogiro.
-Racconta- mormorò, la parola pesante nella sua bocca.
-Cosa vuoi che ti racconti?- si avvicinò di più. Qualcosa in lei barcollò. –Dimmi, cosa vuoi che ti racconti?- ripeté. Quella voce! Sembrava vera, come se la toccasse, come se le accarezzasse il collo, il viso e poi giù, fino al ventre. Il corpo le si tese ancora. Dorina lo sentiva sfilacciarsi sotto l'abito. Andava in mille pezzi. Esplodeva. Qualcosa in lei stava scoppiando.
-L'episodio più significativo, fammi capire che per te non è stato semplice-
-La guerra, è un episodio della guerra... avevo falsificato la mia età per potermi arruolarmi- il tono divenne distante. Dorina ricercò il suo sguardo. Non lo trovò. Non davvero. La guardava senza davvero guardarla. Sembrava che fosse perso in chissà che mondo. Nel passato. Un orribile passato. –Una volta mi era stata affidata una missione, un modo per... salire di grado- s'interruppe, la voce spezzata.
-Non sei costretto a raccontarlo- non era pronta a sentire quel dolore. Non da lui che era una roccia. Non voleva che soffrisse. Il pensiero la sconvolse. Teneva davvero così tanto a lui?
-Devo farlo- fece una smorfia che riecheggiò sul suo viso. -Ci hanno circondati, era un'imboscata... li hanno uccisi tutti, c'erano corpi ovunque e io... mi sono dovuto nascondere sotto quei corpi- la tranquillità era colata via. Non la guardava, il viso paonazzo.
-Ma è orribile- lo fissò, incredula.
-Ci sono molte cose orribili- scrollò la testa. Come se non gli importasse. Una bugia. Dorina era certa che gli importasse molto.
-Mi dispiace-
-Di cosa?- sorrise, ma solo con la bocca. Gli occhi continuarono a trasmettere tristezza.
-Che tu abbia vissuto dei momenti così-
Kaas si strinse nelle spalle. –Ma è la vita- le sue mani le scivolarono intorno alla vita. Dorina sussultò. Quel tocco... c'era qualcosa che le graffiava i nervi nel modo in cui la sua pelle l'accarezzava. Aveva la sensazione che non ci fosse la stoffa a dividerli. Lui premette di più.
Dorina scosse la testa. Un diniego debole. Bugiardo. Non possiamo. Lo pensò? O lo disse? Non protestò quando lui attirò il corpo di lei contro il suo. Seno contro petto. Il pensiero di abbandonarsi le diede un capogiro. No, avrebbe dovuto resistere! Anche se Kaas era un rifugio così perfetto. E poi lui la baciò. O fu lei a baciare lui. O si baciarono nello stesso momento. Dorina seppe solo che la bocca di lui era tanto morbida e calda, che le sue mani gli avvolsero il viso, che non voleva altro che lui. Baci, baci, baci. Perse il conto. La realtà le ruotava intorno come una girandola dai mille colori.
-Voglio farti un ritratto- le sussurrò lui, contro la bocca.
-Un ritratto?- le era difficile ragionare con lui che la cingeva così. Quasi avesse paura di perderla.
-Sì, voglio dipingerti, ti prego, Dori, permettimi di dipingerti- e le affondò le labbra nel collo –voglio conoscere il tuo corpo- le lasciò scorrere le mani lungo il corpo, su e giù, l'abito che frusciava. Dorina buttò indietro la testa, gli occhi chiusi, e si godette quella bocca contro la sua pelle sottile. Troppo sottile e sensibile. –E voglio farlo coperta solo da un velo-
-Non è possibile- Dorina avrebbe dovuto mostrarsi indignata. Molto indignata. Ma chi era quell'uomo per chiederle di dipingerla avvolta solo da un velo? Doveva essere diventata folle!
-Ti chiedo solo questo- la tempestò di baci e la confuse ancora di più –e qualche bacio, nulla di più, amor mio, ti prego, nulla di più-
Amor mio. Quelle parole le provocarono un brivido lungo la schiena. Sorrise al soffitto.
-Permettimi di dipingerti con un velo... lo desidero da quando sei arrivata, non dovrei dirtelo, ma è così-
Dorina sapeva che era un sbaglio. Questo non la fermò. Avrebbe abbracciato quello sbaglio. Lo avrebbe stretto fino a quando non fosse penetrato nel suo cuore come una lama. –Va bene- un soffio debole.
-Grazie, davvero, grazie-
Dorina ebbe l'assurda sensazione che quella concessione le sarebbe costata molto. Troppo.
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