XXXI. IL BALLO

Le candele facevano luccicare l'abito vermiglio di Dorina. La ragazza si passò le mani sul corpetto. Lo aveva scelto con grande cura. Beh, era stata Nicalla ad aiutarla.

-Kaas ti ha chiesto di andare al ballo- aveva esclamato l'amica -È come un appuntamento!-

-No, non davvero- ma ci sperava. 

Si era messa due sottogonne perché il vestito sembrasse più ampio. Si controllò per l'ennesima volta. I capelli erano raccolti in uno chignon morbido che metteva in risalto i suoi lineamenti morbidi.

Dorina si mise la maschera di velluto rosso. Era giunto il momento di agire. Forse avrebbe potuto andare nel suo studio. Sorrise. Il pensiero la rendeva felice. Avrebbe bussato e si sarebbe goduta la sua sorpresa.

Scivolò lungo il corridoio, il cuore le batteva forte. Forse...

Voci. Riconobbe quella roca di Kaas e poi quella squillante di Caterina. Si bloccò. Non riusciva a capire cosa si stessero dicendo, ma erano insieme. La cosa non le piaceva. Fece un passo, il fruscio dell'abito che la stordiva.

-Che ne pensi, Kaas?- una risata -Non è meraviglioso?- un ticchettio. Tacchi sul pavimento. Qualcuno che volteggiava. Caterina. Si spinse avanti e sbirciò nella fessura che si era creata, ma riusciva solo a vedere delle ombre proiettate sul pavimento.

-Molto bello- Kaas! Era la sua voce, l'avrebbe riconosciuta ovunque. -Stai bene-

Dorina no. Non stava per niente bene, il mondo intero le sfuggiva di mano. Le due ombre si avvicinarono.

-Allora, Caterina, è chiaro quello di cui abbiamo parlato?- il tono di Kaas era dolce, trasognante. Il tono di un amante. No, non poteva essere. Eppure... potevano essere amanti? Aveva frainteso tutto? Un gran bugiardo.

-Sembri geloso- cinguettò Caterina. L'ombra oscillò. Come se si spingesse sulle punte.

-Voglio solo che tu gli stia lontana-

Aveva sentito troppo. Dorina si allontanò, i pugni serrati, gli occhi che le bruciavano.


Kaas aveva invitato dei musicisti. Le note scivolavano nell'aria come una pioggia leggera. Dorina si fermò, il cuore schizzato in gola, le mani strette all'abito. Avrebbe voluto fuggire. Una volta, presa dall'ansia per un ballo, si era nascosta sotto un tavolo. Le guance le bruciarono ripensando allo sguardo furente di sua madre. Si era guadagnata un mese di punizione durante il quale non era potuta uscire di casa se non per motivi importanti. Non avrebbe fatto due volte lo stesso errore, non davanti a Kaas. Nonostante questa volta fosse mille volte peggio.

-Posso avere l'onore di un ballo?- Kaas le comparve vicino, scivolando tra le persone in maschera.

Dorina avrebbe voluto insultarlo. Beh, la sua mente avrebbe voluto insultarlo. Il suo cuore invece traballò. Kaas si ergeva su di lei, bello come solo il più oscuro dei peccati avrebbe potuto essere. La fissava, da dietro una maschera grigia che si abbinava ai suoi occhi. Indossava una giubba e quel suo sorriso che portava alla perdizione. Dorina avrebbe voluto fuggire. Oppure arrendersi. Non riusciva a decidersi su quale delle due opzioni fosse meglio. Lui non la lasciò pensare. Le prese la mano destra con la sua, il braccio le circondò la vita. Ogni buona intenzione si frantumò come un'onda sulla spiaggia. Le era troppo vicino. Tanto da farle mancare l'aria.

-Non so come si usa a Londra, ma qui è buona usanza che la dama appoggi una mano sulla spalla del cavaliere-

Dorina cercò di ricomporsi. –A Londra i cavalieri non sono così audaci da parlare in questo modo alla loro dama- il tono però le uscì insicuro. Si affrettò ad appoggiare la mano sulla giubba di lui. Il tessuto le risultò insopportabilmente soffice.

-Devono essere molto noiosi allora-

-Per niente- scrollò le spalle, il pensiero di lui e Caterina fin troppo  vivo in lei –sono beneducati-

-L'accusa è quindi questa?- il viso le si avvicinò. Pericolosamente. -Ti ho offesa in qualche modo?-

Dorina ebbe l'impressione che ci fossero solo loro in tutta la sala. Gli altri erano solo comparse, attori, fantasmi. Come se Kaas condividesse il suo pensiero la stretta divenne più forte. Dorina era ben consapevole che presto sarebbero tornati alla realtà, che quello era solo un frammento rubato al tempo. Lei e Kaas erano nemici naturali. Lui era geloso di Caterina. Lui forse amava Caterina. Non avrebbero mai potuto essere amici. Tantomeno qualcosa di più. Eppure in quel momento erano solo il Cavaliere e la Dama che ballavano in una sala illuminata da candele tremanti, circondati dal fruscio degli abiti. Non avrebbe voluto che finisse. Non voleva tornare alla realtà. Non voleva trascinarsi nel mondo reale. Stava bene così, a ondeggiare tra le sue braccia, a farsi condurre da lui, con quel suo passato sicuro, quella stretta salda, quello sguardo che avrebbe potuto far sciogliere i ghiacciai permanenti che circondavano il castello.

Quando si staccarono il respiro le s'incastrava in gola. Aveva bisogno d'aria. Molta aria. E probabilmente di qualcuno che la scuotesse fino a farle tornare la ragione. Sempre se la ragione poteva tornare. Individuò una portafinestra lasciata socchiusa e scivolò fuori. Il freddo la schiaffeggiò. Non avrebbe dovuto stare lì. Faceva freddo, anzi, si congelava. Non voleva però entrare. Perché avrebbe voluto dire incontrare lui. Si aggrappò al davanzale di ferro che le punse la pelle. Strinse ancora di più.

Non lo sentì fino a quando qualcosa non le cadde sulle spalle. Ne riconobbe il profumo. Tuberosa. La giubba di Kaas.

-Pensavo avessi freddo-

Dorina si voltò e sbatté il fianco contro la ringhiera. Soppresse il gemito di dolore. –Non ho freddo- mentì. Non avrebbe mai ammesso la realtà. Non poteva farlo. Non davanti a quello che considerava un nemico.

-Allora sarei proprio curioso di sapere perché tremi... non sarò io a farti questo effetto, vero?- avanzò di un passo.

-Per niente, hai un'alta considerazione di te, non credi?- si trovavano faccia a faccia. E il suo cuore esplodeva nel petto. Un piccolo uccellino che beccava dentro di lei. Si sentiva scivolare giù. Nel buio.

-Sempre avuto- le appoggiò la mano sul fianco. Quel gesto, così semplice, banale, sciocco, le provocò un brivido lungo la spina dorsale. Dorina afferrò la ringhiera e la strinse. Per sostenersi. Perché aveva le ginocchia così molli che sarebbe potuta scivolare sul pavimento. I suoi occhi caddero nelle iridi grigie di Kaas. In quel suo regno di ghiaccio e neve. Era così... strano. –Credo che sia il mio peggiore difetto- fece correre la sua mano al centro della sua schiena. –Oppure il mio miglior pregio, dipende dai punti di vista-

Dorina sentì il cuore battere più forte. Kaas aveva un gran numero di pregi. Prima di tutto il modo in cui sorrideva. Un accenno di sorriso. La faceva sciogliere come l'ultima neve della primavera si liquefaceva sotto il sole. Lui fece un passo verso di lei. Il suo seno premette contro petto di lui.

-Dori- sussurrò il suo nome come una supplica. Lei non poté che ubbidire a un ordine invisibile. Buttò indietro la testa, lo sguardo che volava al cielo scuro, ai fiocchi che scivolavano giù, a quelle stelle grandi come diamanti. –Dori- supplicò ancora lui –ti prego, Dori, ti prego-

-Di cosa?- ansimò. Il petto di lui si muoveva contro il suo. Come in preda a una strana danza.

Kaas non parlò. Avvicinò il suo viso a quello di lei. Dorina sapeva che era tutto sbagliato. Lei avrebbe dovuto sposarsi. La gente avrebbe potuto vederli. Lui era a capo di quell'accademia, un vedovo, un uomo importante. Non che la cosa avesse peso in quel momento. Gli occhi sulle sue labbra, le braccia che lo circondavano, che accarezzavano il tessuto dei suoi abiti, la mente che si chiedeva come sarebbe stata toccare la sua pelle nuda, assaporarla sotto i polpastrelli tremanti.

Dorina accolse il bacio con il corpo che le tremava. Lento, delicato, moderato. All'inizio. Kaas sapeva come metterla a proprio agio, come sondare con delicatezza il terreno. Lo strinse con più forza. Voleva aderire completamente a lui, voleva abbandonarsi, voleva dimenticare ogni cosa tranne lui. Il bacio si trasformò. Divenne più veloce, più passionale, più violento. La spinse contro la ringhiera. Dorina si aggrappò, cercò di aderire a lui. Con tutto il corpo. Fu assalita da una fame senza nome. Qualcosa che non conosceva. Che mai aveva conosciuto. Una furia cieca. Un desiderio di lui che...

Urla. Dorina non comprese subito. Restò abbracciata Kaas, le labbra premute contro le sue, il corpo che aderiva a lui. Altre urla. Lo sentì irrigidirsi. Una statua di marmo. Avrebbe voluto trattenerlo. Dirgli di non andarsene, di non lasciarla proprio ora. Kaas però era un militare. Peggio, era colui che gestiva l'Accademia e la disciplina ce l'aveva nel sangue. L'afferrò per i fianchi e l'allontanò. Aveva il viso arrossato, le labbra gonfie, le pupille dilatate. Tremava. Per il freddo, forse. Non osava sperare che tremasse per altro. Rimasero così. Fermi come se fossero stati parte di un quadro. In un certo senso avrebbero potuto essere il frutto della fantasia di un qualche folle essere.

Altre urla. Spezzarono l'incantesimo. Kaas si voltò. –Tu resta qua- le disse. Beh, le sue parole, da bravo soldato che era, suonarono simili a un ordine. Rientrò nella sala senza aggiungere altro.

Dorina rimase così, il corpo tremante. No, non poteva attendere! Le tempie le pulsavano. Si staccò dalla ringhiera. Le costò fatica farlo. Avanzò, le ginocchia molli. Dalla sala proveniva una grande confusione. La ragazza si appoggiò allo stipite della portafinestra e sbirciò dentro. Le persone erano raccolte intorno a qualcuno. Kaas non si vedeva. Notò Nicalla in un angolo, i capelli che le svolazzavano intorno, gli occhi verdi da gatta, un abito bianco e un velo, come una sposa. Dorina le fece segno con una mano, il cuore che le batteva forte. Brutte notizie. Ne era sicura. Nicalla la notò e le andò incontro in un fruscio di stoffe.

-Finalmente, dov'eri finita- la prese per il braccio, la stretta salda, e la trascinò dentro. Dorina sentì il cuore batterle più forte.

-Cosa succede?- domandò.

Nicalla aprì la bocca per parlare e...

Caterina balzò sul tavolo delle pietanze. Dorina la fissò senza sapere cosa pensare. Ma che stava facendo? E pensare che Caterina aveva fama di essere molto posata. Si coprì le labbra con una mano per sopprimere una risata.

-Credo che qualcuna abbia bevuto troppo- commentò.

Nicalla scosse la testa. –Il problema penso che sia più serio-

Caterina si voltò. Aveva il viso immobile. In trance, ecco cosa sembrava. Dorina ricordò le storie del villaggio e i racconti sugli strigoi. La follia che sembrava colpire le ragazze. Quella malattia che non aveva nome, che certi chiamavano consunzione perché credevano che nominarla, anche se nel modo sbagliato, potesse aiutare.

-Non credo che abbia bevuto- continuò Nicalla –la perfetta Caterina, beh, non beve nemmeno un sorso-

Dorina non riusciva a togliere gli occhi di dosso alla zia. Caterina si stava togliendo il vestito, i movimenti impacciati, le pupille dilatate, un sospiro sulle labbra. Come se fosse stata in trance.

-La maledizione dello strigoi- sussurrò qualcuno.

-Stupidaggini- Nicalla scosse la testa e il velo gli scivolò sul pavimento, lei non parve notarlo –le persone credono proprio a tutto-

Caterina volteggiava sul tavolo. Movimenti fluidi. Aggraziata. Caterina però era sempre stata una ballerina invidiabile. Qualcuno saltò sul tavolo. Vicino a lei. Kaas. Lo stomaco di Dorina si contrasse. Non le piaceva che lui fosse così vicino... tanto vicino da farle mancare l'aria.

-Adesso vieni con me-

Caterina non disse nulla. Continuava a spogliarsi, l'abito che le scivolava giù, fino a diventare un mucchietto di stoffe ai suoi piedi.

-Caterina, per cortesia- la voce di Kaas era decisa. Tanto decisa da provocarle un brivido lungo la schiena. Una sensazione strana. –Caterina- le porse la mano. La ragazza però non si voltava. Continuava a ballare, a muoversi, a sospirare.

-Vengo da te, vengo da te- mormorò, lo sguardo nel vuoto.

-E poi diceva che ero io quella eccentrica- Nicalla sbadigliò.

Kaas non attese. Afferrò Caterina per la vita, se la buttò sulle spalle, se ne andò. Come un eroe dei tempi passati.

-Non posso negare che abbia il suo fascino- Nicalla appoggiò la testa contro la spalla di Dorina. –Molto fascino... speriamo che non si lasci sedurre da Caterina-

Dorina ripensò al bacio di poco prima e provò una fitta allo stomaco. Non avrebbe dovuto illudersi riguardo a Kaas. Lei aveva già un fidanzato che l'amava. Beh, forse non l'amava, ma...

-Che scena- Alexander uscì dalla folla, un bignè in mano. Non sembrava per nulla turbato da quello che era successo. –L'avete vista?- guardò Dorina.

-Caterina è... - non riuscì a finire la frase.

-Impazzita- Alexander scosse la testa, il viso sudato. –Di punto in bianco si è messa a dire strane cose e ha iniziato a spogliarsi... non che sia un brutto vedere, ma... è strana molto strana-

-Ti è sembrata... - malata –ubriaca?-

-Strana la era, per il resto... non l'ho vista bere... però in giro parlano di questa maledizione dello strigoi che colpirebbe le fanciulle... ma io cosa ne so? Sono un principe, non un medico- si strinse nelle spalle e se ne andò, mangiucchiando il bignè.

Dorina rimase ferma, un'idea che già le invadeva la mente.

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