XXII. LAVORARE CON KAAS

La mattina seguente Dorina si svegliò presto. Il sonno era stato agitato, un tarlo che la divorava. Voleva fare bella figura. Non c'era cosa che desiderasse di più. Scelse un bell'abito, si pettinò con cura, si mise un rossetto leggero. Terminata la preparazione si scrutò allo specchio. Annuì alla sua immagine. Sì, stava bene. Studiò il modo in cui una ciocca di capelli che le cadeva sulla fronte. La faceva  sembrare più affascinante. Sorrise al suo riflesso. La rivincita aveva inizio.

Kaas l'attendeva nel suo studio. Quando Dorina entrò non diede segno di averla vista. Continuò a sfogliare i suoi fogli, la fronte aggrottata, quegli occhi grigi come laghi d'inverno. Dorina si sentì a disagio, ferma come una bambola di porcellana. Presa dall'ansia giocherellerò con il braccialetto che aveva al polso. Un tintinnio invase la stanza. Kaas sollevò un angolo della labbra. Un sorriso? Durò solo un istante, qualsiasi cosa fosse. Dorina si chiese se non l'avesse immaginato. Kaas dopotutto non sorrideva mai.

-Sono lieto che tu abbia preso il tuo compito seriamente-

-Pensavi che non lo avrei fatto?- e si rese conto di aver usato un tono colloquiale. Non se ne pentì.

-Con te non so mai cosa pensare- non la guardò. Sembrava che non volesse guardarla. I suoi occhi continuavano a scorrere sui fogli, eppure c'era una linea sulla sua fronte. Preoccupazione? Divertimento?

-Dovrei offendermi-

-Non ne vedo la necessità, sentirsi offesi è qualcosa di poco utile e può solo portare danni- spinse indietro la sedia e si alzò. I suoi occhi si aggrapparono al suo viso. Dorina tremò. Lui aveva quel modo di guardarla, come se lei fosse l'unica persona al mondo. La faceva sentire come se nessuno l'avesse mai guardata prima. La trapassava come una freccia che affonda nella carne.

-Sempre razionale?- mormorò, le dita che stringevano con forza il braccialetto.

-La razionalità è l'unica cosa che ci tiene a galla, delinea un sentiero- sospirò –sei giovane, Dori, credi nell'emozione, ma l'emozione è bugiarda- si passò una mano tra i capelli. –Andiamo, abbiamo parecchie cose da fare- spinse indietro la sedia e si alzò. Imponente. -E le giornate sono sempre troppo corte-

Dorina avrebbe voluto rispondere, ma non sapeva cosa dire. Aveva la gola secca. Kaas la superò, appena a un soffio da lei. Si limitò a seguirlo.

Fu la sua ombra. Per tutto il giorno lo seguì e non si staccò mai da lui. Kaas, da parte sua, continuò a controllarla. Con discrezione, certo, ma le lanciava continuamente degli sguardi. Per essere certo che ogni cosa procedesse per il meglio. Non poteva che essergli grata di quelle piccole attenzioni.

Alla fine della giornata Dorina si sentiva stanca, ma felice. Le gambe le facevano male, ma non poteva non sorridere.

-Che ne dici di mangiare nel mio studio?- Kaas appoggiò una mano contro il muro, le labbra tese.

La proposta la sorprese. Voleva davvero che mangiassero insieme?

-Se però sei troppo stanca... -

-Mi farebbe molto piacere mangiare con te- si affrettò a rispondere, il cuore schizzato in gola.

-Bene- Kaas contrasse le labbra. C'era una sorta di tensione. Dorina non capiva perché.

Trascorsero la cena parlando della vita militare di Kaas, prima del matrimonio, e del collegio di Dorina. L'aria fresca muoveva le tende. Quando terminarono la cena si accomodarono su un divano.

-Non ti manca mai la vita prima di abitare qua?- Dorina allungò le gambe e si costrinse a trattenere uno sbadiglio.

-Dovrebbe? Qui non sto male- si strinse nelle spalle, la luce del lampadario che disegnava ombre sul viso. Aveva una bellezza affilata come un coltello. Qualcosa dentro Dorina pulsò. Pericolo, quel volto gridava pericolo, e ripensò alla spensieratezza di Mirella, a quanto quei due fossero stati diversi.

-Ma non credi che altrove ci siano più opportunità?-

-Per cosa?- sollevò un sopracciglio.

-Non so, divertirsi forse- era quello che avrebbe detto Mirella. Dopotutto se a Kaas era piaciuta Mirella, beh, doveva apprezzare questa battuta.

-Non ti diverti?-

Dorina ci penso su. Non era vero che non si divertiva, però quel posto ogni tanto le metteva i brividi.

-Dovremmo trovare un modo per farti divertire- le parole di Kaas la sorpresero. L'osservò puntare un gomito sul bracciolo. -Cosa ti potrebbe far piacere?-

Fu solo allora che Dorina notò che in un angolo della sala c'era un meraviglioso pianoforte bianco. Provò una stretta allo stomaco. Le dita le bruciarono. Voleva sfiorare quei tasti. Voleva lasciar correre la musica. Voleva perdersi tra le note. Kaas se ne accorse. Lui si accorgeva sempre di tutto.

-Forse abbiamo trovato qualcosa che ti possa far divertire... non lo uso molto- si strinse nelle spalle –era lì quando ho preso questa stanza come mio studio-

-Non dirmi che non sai suonare!- non resistette. L'impulso di lasciare le dita danzare era troppo forte. Si alzò e si lasciò cadere sulla panchetta del pianoforte in un tripudio di scricchiolio o fruscii.

-Certo che so suonare- c'era divertimento nella sua voce. Come se il confronto con Dorina lo entusiasmasse.

-Allora dimostralo- gli fece spazio al suo fianco –chi comincia?-

Kaas sospirò. –Quando fai così sembri una bambina- non si sedette. La cosa, chissà perché, la infastidì.

-E tu sembri un vecchio- e cominciò a suonare. Le dita riconobbero i tasti e presero a percorrere i vecchi passi. Su e giù. Saltelli e capriole. Una piroetta. Dorina si sentì sicura. Una ballerina sul palco. Non temeva nemmeno Caterina. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica, ben consapevole dello sguardo di Kaas su di lei, che seguiva ogni sua mossa. Il calore del suo sguardo la scuoteva come una febbre. Non capiva cosa le succedeva. Non poteva provare qualcosa per Kaas. Non quel genere di cosa. Perché Kaas era il  marito della sua defunta zia. Perché lei era una ragazza dalla reputazione immacolata, pronta a sposare un ricco giovanotto. Non c'era spazio per dubbi o per qualsiasi altra cosa. Allora cosa le prendeva? Fece una smorfia. Non capiva. Spalancò gli occhi.

-Non un vecchio- Kaas si lasciò scivolare al suo fianco –e sono bravo con il pianoforte, tra le tante cose- le sue dita si posarono sui tasti, accanto ai suoi. La danza ebbe inizio. Lenta, dolce, armoniosa. Un volteggiare, come se fosse stato un ballo di coppia. Il pensiero la turbò. Pensare a sé stessa e a Kaas tanto vicini da...

No, non doveva lasciarsi andare a queste riflessioni. Le sensazioni che provava quando era vicino a lui non erano nulla. Eppure quel suonare insieme era qualcosa di tanto intimo da stordirla. Kaas era bravo. Anzi, più che bravo. Forse aveva sempre avuto ragione. Non era un essere umano come gli altri. C'era in lui qualcosa di unico, qualcosa che non riusciva a comprendere. Il cuore prese a batterle forte. Le rimbombava nelle orecchie, si mischiava con la musica, la faceva impazzire. Le dita le tremavano.

-Aumenta il ritmo- il tono di Kaas era indecifrabile. -Aumenta-

Dorina riusciva però solo ad aumentare il battito del proprio cuore.

-Più veloce- l'ordine vibrò nell'aria. Crudele. Affilato. Folle. E il cuore ubbidì. Le sarebbe scoppiato? Un cuore poteva scoppiare? Lo avrebbe scoperto a breve temeva.

-Sto facendo del mio meglio- le dita le bruciavano. Forse però era il desiderio di toccarlo. Di affondare le mani nella sua pelle. Strinse i denti e le uscì un lamento. Non si fermò. Nessun indugio. Le dita correvano a raccontare una vecchia storia. La musica del collegio.

-Puoi fare di meglio, veloce!- la sua voce le riecheggiò nel petto. Stava giocando con lei?

Dorina strinse i denti, la rabbia che le pulsava nelle vene. Gliel'avrebbe fatta vedere.

Quando terminò era madida di sudore e tremava. Le dita le facevano male. Le sfuggì un gemito. Lui le sorrise.

-Tutto qua?-

-Cosa volevi?- un sospiro simile a un lamento. Si sorprese lei stessa.

Kaas si alzò e si appoggiò al pianoforte, lo sguardo intenso su di lei. -Vorrei... non importa- si voltò, i muscoli tesi, la testa bassa. Fragile. Ecco cosa veniva in mente a Dorina in quel momento. Kaas era fragile. Scosse la testa. Questo era impossibile. Kaas non era mai fragile. Non sapeva esserlo. Uomini come lui... erano forti, decisi, sicuri. Non conoscevano la fragilità. Le mancò il respiro.

-A me importa- mormorò. Parole deboli.

Kaas scrollò la testa. Non avrebbe parlato. Dorina si alzò, le gambe che minacciavano di farla cadere. Non sarebbe rimasta lì un attimo di più. Le lacrime le bruciavano gli occhi. Eppure la giornata stava andando bene! Per un istante le sembrava che tra loro si fosse creato qualcosa. Un legame invisibile. Deglutì. Uscì, il cuore che le galoppava nel petto. 

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