5. Ritorni

"Speravo fosse un'idea un po' meno di merda."

"Anch'io, sinceramente. Ma non avrei mai potuto dirgli di no, e neanche tu l'avresti fatto, quindi."

Damon e Veronica si fermarono sul pianerottolo per riprendere fiato, appoggiato a loro c'era Levi, placido, che a stento si teneva in piedi.

Veronica gli lanciò un'occhiata senza trattenere una smorfia, ma non aggiunse altro, ricominciando in silenzio la scalata dell'ultima rampa prima del loro appartamento. In silenzio maledisse quella loro scelta sconsiderata, stava tanto meglio quando viveva al piano terra con Emily. Perché l'aveva lasciata per scappare a casa e poi tornare di nuovo in quel posto, con Damon? Un tempo non se lo sarebbe nemmeno sognata, ma un tempo non era minimamente in grado di razionalizzare e capire le sue emozioni, quindi forse era sulla strada giusta. Una strada un po' confusa e accidentata, ma pur sempre quella giusta. Almeno, in teoria.

Lasciò Levi fra le braccia di Damon e si sbrigò a recuperare le chiavi e aprire la porta, con le mani che tremavano appena per l'assurdità di quella situazione. Un po' come tutta la sua vita da quando conosceva Damon.

Lo aiutò a trascinare Levi fino al divano, e rimase accanto a loro con le mani sui fianchi, osservando Damon che riprendeva fiato ad occhi chiusi. Probabilmente anche lui si stava chiedendo quali scelte maledette l'avessero portato a quel punto della sua vita. Aveva appena trascinato il suo ex completamente ubriaco sul suo nuovo divano da poco comprato con la sua nuova ragazza, che guarda caso era anche la migliore amica del suo ex. Ad essere sinceri Veronica non lo invidiava neanche un po'.

"Tutto bene?" gli chiese, più per spezzare il silenzio che per la risposta. Lo sapeva già che non c'era proprio niente che stava andando bene in quel momento.

"No, ma ce la faccio." Appunto. Damon era così, ma almeno era sincero.

Veronica annuì stancamente.

Adesso arrivava la parte meno divertente.

"Puoi recuperare dei vestiti da prestargli e una coperta? Magari un cuscino?"

Lui annuì e scomparve dietro l'angolo, concedendo un istante di pace a Veronica.

Sospirò, chinandosi accanto a Levi. Gli spostò delle ciocche ribelli dal viso, sussurrandogli: "Sei un idiota, lo sai?"

Damon ritornò e le passò i vestiti, posando la coperta e il cuscino sullo schienale del divano. Ovviamente il cuscino era il suo, si erano trasferiti da poco, non avevano ancora avuto il tempo di comprare cuscini in più, era già tanto avessero quelli che gli servivano, ma questo non le impedì di sentire una scintilla in fondo allo stomaco. Una scintilla di cosa ancora non lo sapeva e non aveva il tempo per pensarci.

"Ti serve una mano?"

"Sì, ma mi arrangerò."

"Ne sei sicura?"

"Evito a tutti una conversazione imbarazzante domani. Non voglio fare colazione con il mio ragazzo che ha spogliato il suo ex, nonché mio migliore amico, immersi nell'imbarazzo. La colazione è sacra, non si rompono i coglioni."

"Ho recepito il messaggio" indugiò di fronte a lei un istante di troppo, facendo scivolare lo sguardo lungo la figura di Levi.

"Starà bene" provò a rassicurarlo, ma il tono le uscì più stizzito di quanto non volesse.

"Lo so, ma mi preoccupa quello che sarà nel frattempo."

"Sarà a pezzi, e noi faremo il possibile perché non ne perda troppi, suppongo."

Damon alzò d'improvviso lo sguardo nel suo, fulminandola con quell'intensità a cui non sapeva abituarsi. Forse non sarebbe mai successo e forse non le dispiaceva l'idea di sentirsi vista in quel modo.

"Mi dispiace per questa dinamica assurda fra di noi. Deve essere difficile per te."

Lei lo guardò esterefatta per un secondo. Damon non avrebbe mai smesso di prenderla in contropiede, era nella sua natura. Aveva imparato che l'unico modo per ottenere qualcosa da lei era quello e mai avrebbe lasciato stare. A volte lo odiava, a volte sentiva di amarlo ancora di più per quello stesso motivo.

"Un po', ma me lo aspettavo. Sapevo benissimo a cosa andavo incontro, me l'hai detto chiaro e tondo e non mi pento di nulla. Forse darò un po' fuori di testa quando ne avrò il tempo, ma mi passerà. Io voglio fidarmi di te anche se al momento sono abbastanza terrorizzata. Se tu mi dici che vuoi me io ti credo, anche se so che nel profondo ami ancora lui. E te lo dico perché sto cercando di digerire questa cosa e con i miei problemi d'autostima non è semplice."

Damon le si avvicinò di nuovo, le tolse delicatamente i vestiti dalle mani e li lasciò cadere sul tavolino, tirandola fra le sue braccia. La strinse con dolcezza, posandole la guancia contro la tempia.

"Hai ragione, tengo a lui, ma voglio te, solo te" sentì il suo petto vibrare familiare contro il viso e non seppe nemmeno il perché, ma le venne da piangere. "Amo la nostra piccola vita incasinata, svegliarmi accanto a te ogni giorno. Amo la persona che sei e la persona che sono con te e spero che questo duri per un bel po', perché non sono mai stato tanto felice come in questo periodo. Può succedere qualsiasi cosa, Ronnie, ma tu vieni prima di qualsiasi altra persona che possa tornare ad incasinarmi la vita, ok?" le sussurrò, interrompendosi a tratti per posarle dei baci a fior di labbra contro i capelli.

Veronica per un istante lo odiò, perché tutto quell'amore finiva sempre con l'accecarla, ma poi si abituò a quella luce e si lasciò andare. Magari un giorno sarebbe riuscita a sentire parole del genere riempirle il cuore soltanto di gioia, ma non era quello il giorno. Era ancora lontana dal poter far suo l'amore altrui, stava ancora imparando a riceverlo.

"Ok" gli rispose in un sussurro, chiudendo gli occhi e concedendosi di dimenticare l'assurda situazione in cui si trovavano. Sentiva il suo cuore battere forte sotto le dita, e quello le bastava. Non mentiva e in qualche modo le sembrava un miracolo, il suo piccolo miracolo fuori dallo spazio e dalla logica che li circondava. Damon era qualcosa a parte, non aveva nulla a che vedere con le dinamiche di tutti i giorni. Lui era lui e in qualche modo rendeva lei più se stessa, e insieme riusciva a farle dimenticare quanto assurdo fosse che fra loro funzionasse. E gli bastava soltanto il battito del suo cuore per ricordarle che nonostante tutto era reale.

Veronica fece un passo indietro, staccandosi da lui. Si fermò ad osservarlo con il viso piegato di lato, una mano posata alla base del collo.

"A volte sei così realmente irreale" gli sussurrò Veronica, sfiorandogli il viso con la punta delle dita. "Mi farai impazzire, in senso buono. Non credo esista nessun altro al mondo come te."

"E per fortuna" le rispose Damon, abbozzando un sorriso, il viso piegato per andare incontro alla sua mano.

Veronica si stiracchiò sulle punte per abbracciarlo, lasciandosi cullare per qualche secondo. La bolla di quel loro piccolo istante stava per scoppiare e lo sentiva distintamente. Non potevano più fingere che Levi non fosse collassato sul divano ad un paio di passi da loro, e Veronica doveva prendersene cura.

Infilò il naso oltre il colletto della camicia nera ed inspirò il suo profumo, sentendo le tracce di alcol e aria stantia del bar in cui li aveva trascinati Levi qualche ora prima mischiate alla crema di latte e lillà del suo bagnoschiuma. Una combinazione assurda, come tutto in quegli ultimi cinque anni.

"E ora," sospirò Veronica, separandosi definitivamente da lui "risolviamo il problema semicosciente sul nostro divano."

"Sicura di non volere una mano?" le chiese Damon, notando le sue spalle basse e le braccia abbandonate lungo i fianchi. La sua posa traspirava stanchezza e sfinimento, e lo sapeva, ma non poteva farci molto, era stanca e sfinita.

"Ce la farò" raddrizzò appena le spalle per tranquillizzarlo, recuperando subito dopo i vestiti fra le mani, giusto per darsi un tono. Sapeva che prima avrebbe dovuto spogliare Levi, ma non voleva soffermarcisi troppo con il pensiero.

"Allora ti aspetto a letto. Credo in te" Damon le si avvicinò da dietro e le posò un bacio sulla nuca prima di andarsene. Veronica fece finta di non averlo sentito esitare sulla porta della loro camera prima di chiudersela alle spalle.

Forse se fosse riuscita a parlare con lui di tutte le cose che notava e che voleva capire sarebbe stata meglio, ma la comunicazione era un ambito in cui era ancora piuttosto insufficiente.

Lasciò andare l'aria di colpo, liberando le spalle dalla tensione e facendo sbattere le braccia contro i fianchi.

"A noi due, idiota masochista" borbottò piegandosi su Levi, una smorfia ben marcata che le tirava le sopracciglia.

Levi borbottò qualcosa di incompresibile, poi la guardò negli occhi, mettendola lentamente a fuoco, e le sorrise. Un sorriso privo della sua vitalità, un po' stanco ed ubriaco.

"Stai un po' qui con me, Nerd?" biascicava appena, con la voce piccola e stanca. Il cuore di Veronica si riempì di malinconia e tristezza, lasciandole il cervello completamente vuoto per un istante.

"Certo," gli rispose alla fine, alzando gli occhi per scacciare le lacrime "fammi spazio."

Levi scivolò appena, mettendosi faticosamente su un fianco. Dopodichè allargò le braccia verso di lei, invitandola in silenzio a raggiungerlo.

Senza dire nulla Veronica si infilò fra le sua braccia, facendosi piccola contro il suo petto per non cadere dal bordo del divano. Lo strinse forte all'altezza dei fianchi e nascose il viso contro la sua maglietta. Lo sentì avvolgerla fra le braccia e posarle il mento fra i capelli, stringendosi appena contro di lei. Non credeva di averlo mai abbracciato in quel modo, e per un istante si pentì di tutti quegli anni in cui era rifuggita ai suoi abbracci. Come aveva potuto evitarli? Sapevano di casa e serenità, anche quando il mondo sembrava sull'orlo di un burrone, pronto a cadere.

Levi si rilassò contro di lei, con il respiro che gradualmente rallentava e diventava regolare.

Lo sentì farsi piccolo con lei in mezzo, e per la prima volta in quella giornata lasciò andare le lacrime silenziose, che bagnarono i vestiti che puzzavano di alcol di Levi. La tristezza la travolse, e rimase a piangere in silenzio per Levi, per se stessa e un po' anche per Damon. Pianse per tutta quella situazione, per gli occhi tristi e il viso esausto di Levi, pianse perché si sentiva inutile, un personaggio secondario scagliato in una situazione che non gli compete e in cui non può far altro che osservare. Si sentiva in mezzo a qualcosa più grande di lei che nemmeno la riguardava, eppure Veronica era proprio lì, in mezzo, fra Damon e Levi, e non sapeva nemmeno lei come ci fosse finita.

Chiuse gli occhi e rimase a piangere in silenzio fra le braccia del suo migliore amico, le lacrime che rotolavano bollenti oltre le palpebre chiuse mentre Veronica cercava la forza di ricomporsi. Sapeva che era lì, da qualche parte, ricomporsi e fingere che niente fosse era la sua specialità, ma in quel momento faticava a mettere i giusti pezzi al loro posto. Forse per una volta non era in grado di farlo, e non era certa se considerarla una cosa positiva o negativa. Sapeva solo che doveva provarci, perché, che le piacesse o meno, era arrivato il suo momento di prendersi cura dei suoi ragazzi e per nulla al mondo avrebbe mancato di assolvere a quel compito. Avevano fatto entrambi così tanto per lei...

Ora era il suo turno di raccogliere i loro pezzi e tenerli insieme.

***

Qualche ora più tardi Veronica sgusciò delicatamente dalle braccia di Levi e raggiunse il letto in punta di piedi.

Si era seduta sul bordo del materasso, passandosi la punta delle dita sulle tempie. La testa le scoppiava, gli occhi bruciavano per le troppe lacrime e le sembrava di non aver racimolato neanche una stilla della forza che le serviva per tenere a galla tutti quanti.

"Dobbiamo chiamare anche la altre" il sussurro di Damon la fece trasalire, mandandole di traverso il pensiero su cui stava cercando di rimuginare.

"Cazzo, mi hai fatto prendere un colpo" si girò verso di lui, trascinandosi a sedere contro la testiera del letto, piegando le gambe di fronte a sé. "Credevo dormissi, a quest'ora. Ti prego, dimmi che non mi stavi aspettando."

Damon la osservò dal basso, un braccio posato sopra la fronte e gli occhi che la guardavano da sotto le ciglia scure.

Lo vedeva appena, ancor più bianco ed etereo alla luce soffusa della luna che entrava dalla finestra. Non avevano tirato le tende e in quel momento Veronica decise che chiudere le tende ogni sera doveva diventare perentorio perché gli occhi di Damon con quella luce scintillavano di un verde quasi paranormale e lei si sentiva ancora meno in grado del solito di affrontarlo.

"In questo periodo dormo poco, come al solito. Passerà. Passa sempre, ci vuole solo un po' di pazienza" la sua voce era stanca, di una stanchezza emotiva che sembrava trascinarsi da una vita.

Veronica lo sapeva di cosa aveva sofferto in passato, ma non credeva potesse continuare ad influire sul suo presente. Erano stati entrambi così bene in quegli ultimi mesi che si era dimenticata di chi fossero nei loro periodi peggiori, si era addirittura dimenticata dell'esistenza di quei periodi, come se non ne pendesse uno proprio sopra la sua testa.

"Odio tutto questo" gli confessò a mezzavoce, come se gli stesse raccontando un segreto custodito per anni.

"Lo so, Ronnie. È un casino e abbiamo bisogno delle altre. Noi tre, ridotti in questo stato, non ne salteremo mai fuori. Levi ha bisogno di una famiglia, di stabilità, anche se adesso vuole solo isolarsi nel suo dolore. Se continuerà a nascondersi in ciò che sente non farà altro che annegarci e non possiamo permetterglielo" le lanciò uno sguardo così serio e tormentato da far male.

"Emily mi ucciderà per non averla chiamata prima."

"E ha ragione. Cercando di assecondarlo non abbiamo pensato al suo bene."

"Mi ha chiesto solo noi, e io non volevo scavalcare questa richiesta, mi sembrava sbagliato" mormorò Veronica, consapevole che in realtà si stava solo giustificando per non aver fatto nulla prima. In fondo lo sapeva che sarebbe finita così, come altro poteva finire? Era ovvio che necessitasse delle sue persone, anche se sentiva il bisogno di rimanere solo. Lei prima degli altri avrebbe dovuto capirlo, consapevole che quello era anche il suo stesso modus operandi.

"Non sempre sappiamo ciò che è meglio per noi. A volte alle persone serve una spinta nella giusta direzione per evitare un precipizio e, che a Levi piaccia o meno, noi gliela daremo" Damon spostò il braccio e si girò sul fianco verso di lei, con lo sguardo determinato e risoluto di quando nella sua testa stava elaborando un piano per toglierli dai guai.

"Hai ragione" Veronica si lasciò scivolare sotto le coperte con un sospiro. Constatò che l'unico a cambiarsi dei tre alla fine era stato Damon, e che comunque non le importava molto.

"Riposa un po', ne hai bisogno" con un braccio se la attirò vicina, incastrando le gambe alle sue.

"Anche tu" gli rispose cercando di sembrare anche solo minimamente autorevole e decisa, ma il calore e la stanchezza la stavano cullando verso il sonno contro la sua volontà.

"Non intestardirti su cose di cui non hai il controllo..."

"Non dici sempre che ti faccio impazzire ma mi ami perché sono una testarda di merda?" alzò il viso verso il suo, posandoglielo sulla spalla. Il primo sorriso genuino da giorni le si stese sulle labbra, raddolcendole lo sguardo.

"Quando non serve hai proprio la memoria lunga, eh?" le accennò uno dei suoi sorrisi sbagliati, spostandole una ciocca dietro l'orecchio con le nocche.

Rimasero in silenzio, a godersi quel piccolo istante di semplicità.

Veronica si accoccolò meglio, lasciando che gli occhi si chiudessero e il sonno la rapisse.

***

Il mattino seguente Veronica camminava avanti e indietro di fronte al letto, tirandosi la punta delle dita mentre borbottava improperi rivolti a nessuno in particolare.

"Non possiamo rimanere qui in eterno."

Si voltò verso Damon, fulminandolo con lo sguardo.

"Lo so, ma non ho idea di come affrontarlo."

"Quindi aspetti e basta?"  Damon le rivolse un'occhiata profonda ed indagatrice, incrociando le braccia la petto.

"Meglio di fare una stronzata delle mie" tagliò corto, fermandosi sul posto.

Lo sguardo di Damon sembrava urlarle "perché, questa non lo è?" ma preferì far finta di nulla. Sentiva ardentemente la mancanza di quel breve istante di pace della notte precedente, aveva il sospetto che non ce ne sarebbero stati molti se quella tensione non si fosse dissolta. Di nuovo maledì il giorno in cui aveva creduto che mettersi con l'ex del suo migliore amico non fosse la cosa peggiore del mondo, perché in quel momento lo sembrava molto. Il loro triangolo d'amore corrotto e dai confini non ben delineati era il capolavoro fra le sue stronzate. Guardando The vampire diaries non sembrava aver capito un cazzo.

Il campanello suonò, mettendo fine all'occhiata di fuoco che si stavano rivolgendo. Veronica tirò il fiato, ringraziando quel provvidenziale intervento divino ad opera delle loro amiche. Erano tre dee, l'aveva sempre sospettato ma non gliel'avrebbe mai detto.

Sgusciò lontana dallo sguardo di Damon senza aggiungere altro, dirigendosi verso la porta d'ingresso come un assetato alla fonte. La salvezza stava letteralmente suonando alla sua porta, non era certo cosa di tutti i giorni.

"Ragazze..." le accolse in un sospiro che venne mozzato a metà dall'abbraccio di Elisa. Le si era catapultata fra le braccia non appena aveva aperto la porta, stringendola come se avesse avuto paura di vederla volar via da un istante all'altro.

"Lui dov'è?" Emily marciò nell'ingresso senza nemmeno salutare, seguita da Chiyuki, che sembrava essersi arresa a quella sceneggiata già premeditata. "Veronica, cortesemente, renditi utile. Grazie."

Con la coda dell'occhio vide Chiyuki stringere le braccia sotto al seno, evidentemente a disagio. Il suo rapporto con Levi era migliorato molto nel corso degli anni ma, da quando lui e Damon avevano chiuso e Veronica se l'era lasciata indietro, quel loro rapporto era diventato una zona grigia. Non si parlavano davvero da anni, ed era difficile capire cosa pensassero l'una dell'altro. Ma Chiyuki era lì ed era già un piccolo gesto prezioso, per tutti loro.

"Sul divano, non ho idea di come sia messo però."

"In che senso?" Emily tornò sui suoi passi e le si fermò di fronte con aria minacciosa, puntandole un dito contro. Veronica ringraziò l'universo intero per aver avuto Elisa fra lei ed Emily. "Stai insinuando che dopo ieri notte non l'hai più controllato?"

"Io-"

"Veronica tu sei-"

"Milly, smettila di aggredirla!" Elisa si era girata fra le sue braccia e aveva fatto un passo in avanti, facendo indietreggiare Emily. "È una situazione complicata, per tanti motivi diversi. Non hai il diritto di giudicarla. Ci ha chiamato perché aveva bisogno di noi, perché Lee ha bisogno di noi, non per litigare. Non siamo più ragazzini, tu in particolar modo."

Il tono fermo e deciso di Elisa bloccò le ragazze, attirando su di sè lo sguardo di tutte. Elisa era quel tipo di persona che non riusciresti mai ad immaginare arrabbiata, ma lo era eccome, piantata di fronte a Veronica, facendole da scudo di fronte alla rabbia senza razionalità di Emily.

Emily la osservò in silenzio, con gli occhi che grondavano astio e dispiacere al tempo stesso.

"Lo so" ma bruciava di rabbia, e Veronica sapeva meglio di tutte quante loro quanto Emily ardesse di sentimenti.

"Mi dispiace" si sforzò di dire Veronica, con gli occhi incollati a terra per evitare quelli delle altre. "Ho sbagliato ma avevo il terrore di peggiorare la situazione. Io non sono brava in queste cose, voi sì, tutte quante voi. So che sei arrabbiata, ma ho fatto del mio meglio fino adesso. E so che non è abbastanza, che lui merita il meglio. Per questo siete qui."

Dopo un istante di silenzio immobile vide le scarpe di Elisa spostarsi di lato e pensò che avesse deciso di lasciarla al suo destino, che in fondo anche lei pensasse che si meritasse uno schiaffo da Emily. Invece vide comparire gli anfibi di Emily e poi si ritrovò piegata alla sua altezza, con il viso premuto contro la sua spalla.

"Mi dispiace, Nerd, non volevo attaccarti in quel modo" le sussurrò contro la nuca con il tono di voce ammorbidito e arreso. "Sono solo confusa, molto preoccupata e suppongo anche ferita oltre che arrabbiata. È una situazione di merda, ma adesso la gestiremo insieme, e andrà tutto bene. Scusami. Ti voglio bene."

Inspirò il profumo della sua amica e per un istante chiuse gli occhi, scacciando quelle fastidiose lacrime che erano risalite a bruciarle gli occhi. Non c'era più spazio per le sue lacrime.

Quando rialzò il viso notò che Damon le aveva raggiunte in corridoio e che con il viso rifuggiva alle mani di Chiyuki, che cercavano di posarsi sulle sue guance per osservarlo meglio. Non si dissero nulla, ma le loro sopracciglia aggrottate per il fastidio e la preoccupazione parlavano da sé.

"Ora però basta con il festival degli abbracci," Emily fece un passo indietro, recuperando forzatamente il suo solito tono spensierato "voglio vedere il mio ragazzino."

Si diresse a passo spedito verso il salotto, senza davvero aspettare nessuno di loro.

Elisa le passò accanto, sorridendole e mormorandogli un "ti voglio bene" prima di seguire Emily e scomparire dopo di lei dietro l'angolo.

Veronica rimase ferma sul posto, indecisa se affrontare Levi e le sue conseguenze oppure rimanere impalata dov'era e sabotare l'evidente intenzione di Chiyuki di rimanere sola con Damon. Lui le lanciò un'occhiata, implorandola con lo sguardo di non lasciarlo solo ma sapevano entrambi che quella ramanzina gli serviva, Veronica non sarebbe mai stata in grado di fargli un discorso del genere, e per fortuna c'era Chiyuki.

Lanciò a Damon un'occhiata di scuse e trattenendo il respiro raggiunse gli altri in salotto.

Emily ed Elisa erano sedute ognuna ad un fianco di Levi. Emily gli accarezzava i ricci in silenzio, abbracciata stretta contro di lui, gli occhi traboccanti di tristezza inespressa. Elisa gli teneva una mano fra le proprie, accarezzandola teneramente mentre gli sorrideva. Levi di per sé non sembrava molto diverso dal giorno precedente, sempre sfinito, con le occhiaie che gli scurivano la faccia. Ma i suoi occhi erano liquidi e vitali, quasi quanto lo erano stati quando aveva riabbracciato Damon il giorno precedente.

Veronica notò che quella mattina doveva essersi cambiato e chissà per quante ore era rimasto seduto da solo su quel divano, senza neanche fiatare. Chissà cosa ricordava della serata precedente.

Levi non alzò lo sguardo verso di lei e la cosa non le diede fastidio, anzi, le permise di infilarsi in un angolo non troppo distante della stanza e partecipare in silenzio.

Rimase al suo posto, con lo sguardo basso, ignorando i mormorii che si erano alzati dalla stanza a fianco.

Sperò che Damon non la odiasse troppo per non essersi schierata dalla sua parte.

Sperò che Levi capisse che in quella situazione servivano le sue persone, tutte, che quello era l'unico modo per potersi sorreggere e salvarsi a vicenda.

Non seppe quanto tempo passò da quando era entrata in salotto e si era nascosta in un angolo a quando le converse usurate in punta di Chiyuki comparvero nell'angolo della sua visione periferica. Non si era nemmeno resa conto che i mormorii nella stanza accanto fossero cessati, lasciando spazio solo al silenzio denso di emozioni del salotto.

Alzò lo sguardo curiosa, chiedendosi cos'avrebbe fatto Chiyuki in quella situazione.

La osservò piegarsi sulle ginocchia di fronte a Levi, posargli le mani sopra le gambe per attirare la sua attenzione, e rimase rapita dal sorriso pieno di dolce malinconia che in quel momento Chiyuki aveva dipinto sul viso.

Damon la raggiunse, anche lui in religioso silenzio, ottusamente chiuso all'espressione di qualsiasi emozione. Veronica preferì rimandare le preoccupazioni, concentradosi su quella scena che aveva dell'incredibile.

"Ciao" gli sussurrò Chiyuki.

"Ciao" gracchiò lui, un po' sorpreso e intontito.

"Mi dispiace molto per quello che stai passando" fece una pausa, accogliendo la smorfia che nacque spontanea sul viso di Levi. "Lo so, non vuoi sentirti dire cose del genere. Lo capisco, ho passato anch'io una perdita simile alla tua. Ho odiato chiunque mi facesse le condoglianze, ed ero appena una bambina, non immagino quanto possa fare ancora più soffrire alla nostra età, con tutta la consapevolezza che abbiamo. I 'mi dispiace' sono come frecce che si conficcano una dopo l'altra, lo so bene, ma non saprei in che altro modo dirti ciò che provo ora.

"Sai che non abbiamo mai avuto un gran rapporto, io e te, ma capisco ciò che stai passando, e mi si stringe il cuore, perché conosco il dolore di una perdita improvvisa come questa. Quindi non sono qui per dirti che mi dispiace e che andrà tutto bene, sono qui per dirti la verità: fa un male cane, Levi, e per un po' sarà anche peggio. Ti sentirai perso, ti sembrerà che il senso delle cose si sgretoli. Ma il tempo passerà, e pian piano il senso delle cose tornerà a farsi cogliere. Ricomincerai a sorridere e a ridere, il suo ricordo non si pianterà più come una lama nel petto. Verrà un giorno in cui amerai ricordarlo, sorriderai perfino. Smetterà di fare male, ad un certo punto, perché tutte le ferite si rimarginano, e questa non è mortale, lo sembra e basta.

"So che non sono la persona migliore per consolarti, ma io sono sopravvissuta a questo, e posso mostrarti la prova vivente che il mondo e la tua vita non sono finiti. Posso garantirti che, per quanto sembra impossibile, ricomincerai per davvero a sorridere e lo amerai per sempre, ma di un amore diverso e un po' malinconico. Sentirai sempre una piccola fitta quando qualcuno parlerà di suo padre, una scarica di ricordi legati al tuo, ma con il tempo sarà agrodolce, non più come uno schiaffo inatteso. Quindi non ti dico di lottare contro il dolore, ti dico che fa male da perderci la ragione, ma non è la fine. Soffrirai, e dovrai soffrire se vuoi stare meglio, e poi tornerai ad essere te, con un po' di consapevolezza in più. Ti chiedo di non pensare che questo duri per sempre, di non abbandonare te stesso perché hai perso lui. È difficile, certi giorni vorrai soltanto crogiolarti nel dolore e dimenticarti di esistere, ma là fuori ricorda che la vita va avanti, che ci sono persone che ti amano e che farebbero qualsiasi cosa per te, che non sei alla fine, sei solo ad una tappa. Se ti serve prendi fiato, ma non abbandonare tutto. Sei un ragazzo forte, sei testardo e convinto delle tue idee. Un giorno starai bene di nuovo e voglio soltanto che te ne ricordi. Non è la fine, Levi."

Levi la guardò con gli occhi grandi di sorpresa, scintillanti di lacrime trattenute a stento.

"Grazie, Chiyuki" mormorò, stringendosi contro Emily senza nemmeno rendersene conto.

"Vorrei poter fare di più" gli sorrise con tristezza lei, allontanando le mani dalle sue gambe e posandosele in grembo.

"Sei qui, non mi dovevi nemmeno questo."

Chiyuki piegò il viso di lato, dedicandogli un sorriso tenue e pieno di dolcezza.

"Sei mio amico, Levi. Sei lo zio di mio figlio, sei parte della mia famiglia acquisita. Magari non abbiamo lo stesso rapporto che abbiamo con gli altri, ma tengo a te. Spesso non ci capiamo, ma essere amici non vuol dire capirsi sempre."

Levi accennò un timido sorriso, senza aggiungere altro.

Chiyuki si alzò e si fece indietro, sedendosi sul tavolino da caffè quando lo sfiorò con il retro delle ginocchia.

Il momento magico si era spezzato e Veronica riprese a respirare rumorosamente. Fino a quel momento non si era nemmeno resa conto di aver trattenuto il respiro.

Damon si girò a guardarla, con un mezzo cipiglio preoccupato in volto. Non ne era sicura, ma forse fra loro andava un po' meglio di quella mattina, o almeno andava abbastanza bene da aver spento il fuoco della preoccupazione nello sguardo di Damon e a lei per il momento bastava.

Fu Emily a spezzare il silenzio, stirando con cura il suo solito tono allegro e un po' troppo alto.

"In borsa di Chiyuki ho infilato il portatile per guardarci tutti insieme Gilmore girls. Onestamente non so se trovo più sorprendente la gigantesca borsa da mamma di Chiyuki che contiene qualsiasi cosa mi passi per la testa di infilarci, o il fatto che in questa casa non ci sia nemmeno un portatile. Davvero, ragazzi, viviamo nel 2022. Aggiornatevi, la pirateria online ormai è raggiungibile anche per un inetto tecnologico come Damon."

Levi accennò un sorriso, piegando la testa fino a posarla sulla spalla di Emily. Lei gli avvolse la testa con una mano, in un gesto protettivo.

"Non dovresti infilare cose nella mia borsa senza il mio permesso" Chiyuki strinse gli occhi in una smorfia scherzosa, arricciando appena il naso.

"È più facile chiedere perdono che il permesso" Emily si strinse nelle spalle, lanciandole un sorriso di sfida.

Chiyuki si alzò sbuffando, fingendo di essere spazientita mentre si posava le mani sui fianchi. Quella era innegabilmente la sua posa da mamma.

"Vado a prenderlo" si limitò ad aggiungere, scuotendo la testa come se avesse perso le speranze.

Emily per la prima volta si lasciò andare ad un sorriso pieno, gongolando apertamente.

Elisa saltò su poco dopo, unendo le mani di fronte a sè con fare quasi cospiratorio. Si girò verso lei e Damon e stiracchiò uno dei suoi dolci sorrisi.

"Dove nascondete il gelato?" gli chiese, e il suo tono allegro sciolse qualcosa dentro a Veronica. In realtà era tutta quella situazione, loro di nuovo insieme dopo tanto, che scherzavano e cercavano schifezze da mangiare mentre si guardavano una serie stipati tutti sullo stesso divano. Sentì di nuovo le lacrime pungere, e si maledisse per essere così emotiva in sole ventiquattr'ore.

"Secondo cassetto del congelatore, sotto il frigo" le rispose Damon. Lei lo guardò raggiante e battè le mani fra loro prima di dirigersi verso la cucina.

"Vado a prendere qualche piumone per sederci" aggiunse Damon, dando una leggera spintarella con il gomito al fianco di Veronica. Lei si girò di scatto verso di lui, e decise che la tensione di qualche tempo prima poteva dirsi cancellata, almeno per lei.

"Grazie" gli mormorò senza alcun motivo, con la sola consapevolezza che questo gli avrebbe fatto capire il suo messaggio di resa. Era un ringraziamento, ma in realtà nascondeva anche delle scuse.

Damon le lanciò una delle sue occhiate profonde, sfiorandogli la punta delle dita con le sue prima di girarsi e avviarsi in camera loro.

Così siamo tornati, pensò lasciandosi cadere sul divano al fianco di Levi.

Mentre i suoi amici tornavano con le cose che erano andati a prendere, si rese conto di sentirsi a casa come non le succedeva da un bel po'.

Si appoggiò al braccio di Levi e lo abbracciò, sporgendosi verso il suo viso per mormorargli: "ti voglio bene."

Spazio autrice
Dato che sono pessima ad aggiornare per tempo (non lo faccio apposta, ma questa settimana è passata stressantemente in fretta) pubblicherò un capitolo oggi e domani.
Per il resto niente, mi piace rileggere l'inizio di questa storia dopo qualche mese e sentirmene ancora sofdisfatta

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