30. Saltare

Il suo cuore era fatto di liquidi tramonti.
-Virginia Woolf

Elisa strinse nervosa le dita attorno al manico della sua borsa, sbiancandosi le nocche preda del nervosismo. Non aveva la minima idea di cosa stesse facendo e, come sempre, era pervasa dalla solita nebbiolina di paura che le faceva desiderare di mollare tutto e tornarsene a casa. Non che l'avrebbe fatto, voleva essere esattamente lì, solo che avrebbe voluto anche fosse più semplice. Nessuno ti spiega come dovresti affrontare il primo appuntamento con il ragazzo con cui vuoi la prima relazione seria della tua vita. Soprattutto quando questo ragazzo è tuo amico da tre anni, vi siete sempre guardati da una certa distanza e sei terrorizzata dalla prospettiva che vada tutto a rotoli, che è esattamente il motivo per cui non avete voluto provarci prima.

Si lisciò le pieghe della gonna sulle gambe, chiedendosi per l'ennesima volta se fosse stata la scelta giusta. Non metteva quel vestito da quasi due anni e non era più certa che le stesse bene come una volta. Lo stress aveva giocato con il suo corpo, plasmandolo in base al periodo universitario in cui era immersa, creandole paranoie che cercava di ignorare in tutti i modi. Non vedeva l'ora di finirla, anche se dubitava che iniziare a lavorare sarebbe stato più semplice. Almeno mancava poco, poi l'avrebbe scoperto. Lanciò un'occhiatina veloce a Seb, chiedendosi in che veste sarebbe stato al suo fianco in quell'occasione. In quel momento era seduto accanto a lei, guidava rilassato con un braccio fuori dal finestrino a godersi il vento tiepido del finire dell'estate. Elisa gli invidiava un po' quel muro emotivo che si era costruito attorno: non c'era persona che sapesse gestire meglio le sue emozioni. Certo, tendeva a reprimerle, ma già non esserne sopraffatto come la maggior parte delle persone le sembrava un traguardo.

Seb alzò con la punta di un dito l'angolo degli occhiali da sole, lanciandole un'occhiatina con la coda dell'occhio che le fece distogliere velocemente lo sguardo.

"Tutto bene?"

"Sì, adoro questo momento della giornata."

Certo che no, ma almeno riusciva a mentire abbastanza bene. Tranne riguardo al momento della giornata, quello le piaceva sul serio. La luce dorata stava iniziando a dipingere il mondo, donandogli un pizzico di meraviglia che raramente possedeva. Aveva sempre adorato l'idea di un picnic in quel magico orario che intercede fra pomeriggio e tramonto, ma non aveva mai preso in considerazione l'opzione di farlo diventare un appuntamento. Pensava ci avrebbe trascinato Damon o Veronica o magari entrambi, forse anche Chiyuki, se avesse avuto tempo, ma non Seb. Non nella veste di possibile-fidanzato, almeno. E poi Damon adorava quel genere di cose.

"Quindi sei nervosa per tutto il resto" dedusse Seb, posando anche l'altra mano sul volante mentre affrontava una curva. Sembrava noncurante, ma era profondamente attento. Gli piaceva mettere gli occhiali da sole per rendersi ancora più impenetrabile, ma Elisa stava imparando a conoscerlo.

"Forse un po', ma in modo positivo."

A Seb scappò un sorrisetto al suo "forse un po'", facendole salire un piccolo fuoco d'artificio d'imbarazzo lungo le guance. Oh, la conosceva, non esisteva cosa al mondo che la innervosisse solo "un po'".

"È diverso dai libri e da qualsiasi altra cosa abbia provato prima, tutto qui" si affrettò a chiarire, lasciandosi scivolare con la schiena lungo il sedile. Parlare la stava aiutando a rilassarsi, se ne rese conto con una scintilla di gioia che le infiammò lo stomaco. Era strano, diverso e un po' spaventoso, ma bello.

"Vorrei proprio leggerlo un libro in cui, al posto del disadattato affascinante o del ragazzo perfetto, c'è quello che si mette in drag una volta a settimana e la cui esperienza sfiora lo zero assoluto."

"Ehi, lascia stare i disadattati affascinanti. Non esisterebbero grandi capolavori senza di loro" scherzò lei, accennando un piccolo sorriso, mentre cercava di capire se fosse appropriato o meno rifilargli un accenno di gomitata.

"Tutta colpa di Jane Austen" scosse la testa Seb con finto disappunto, facendo allargare il sorriso sul volto di Elisa, che impercettibilmente si rilassò ancora un po', stiracchiando e flettendo le ginocchia. Chiuse gli occhi e avvicinò il viso al finestrino, godendosi l'aria fresca che le si infilava fra le ciocche disordinatamente raccolte nella pinza. Lasciò la paura a turbinare in un angolo non definito, infilata fra due costole, presente ma non dominante. Stava vivendo il suo momento, le cose non potevano andare storte.

***

Le cose potevano andare storte eccome, ed Elisa si rimproverò mentalmente per aver anche solo osato elaborare quel pensiero. Camminava avanti e indietro sul bordo della strada, accanto alla macchina bloccata al margine, la ruota bucata e il muso orientato pericolosamente verso il fosso.

Seb la osservava sistemarsi nervosamente il manico della borsa sulla spalla, appoggiato con il sedere sul cofano della macchina mentre cercava di tenere l'attenzione focalizzata sul telefono.

"Ok, sì, grazie. Guarda, lascia stare, la mia vita prosegue una sfiga alla volta."

Elisa riuscì a percepire un labile frammento della risata di Damon, sentendosi immediamente sollevata alla prospettiva che sarebbe venuto in loro soccorso. Proprio lui, non avrebbe voluto vedere nessun altro a parte lui. La sua presenza familiare la calmava, le ricordava che era molto più forte di quanto non pensasse e che le superava tutte, a volte rendendosene conto solo tempo dopo.

"Va bene, ti aspettiamo. Ciao."

Seb si girò verso di lei, con un accenno di sorriso storto che non prometteva le buone notizie che sperava.

"Allora, due cose" annunciò, stiracchiando il tono in una nota allegra che gli si addiceva poco. Non che non fosse una persona allegra, solo che lo era di rado e in modo decisamente più esplosivo. "Nella sezione buone notizie abbiamo il fatto che Damon verrà a recuperarci. Nella sezione brutte notizie invece abbiamo il fatto che lo farà dopo essere passato a prendere sua sorella, il che significa che per almeno tre ore rimarremo qua, ma" sembrò rianimarsi un attimo, come se cercasse di consolarla dopo aver visto appassire la sua espressione "questo non cambia di molto i nostri piani. Ok, certo, niente romantico picnic in spiaggia al tramonto, ma a parte la spiaggia abbiamo tutto il resto." Un piccolo sorriso più sincero gli illuminò il viso, consolando per davvero Elisa.

"Le nostre uscite sono proprio maledette" scherzò lei, con il ricordo dei capelli gonfi di pioggia che le si attaccavano contro la schiena e il polso delicato di lui posato contro lo zigomo.

"Allora vuol dire che lo stiamo facendo bene" le rispose a tono, con un sorriso più convinto.

Elisa arricciò il naso in una smorfia divertita, annuendo, sperando che fosse davvero così. Non credeva nell'universo e non le interessava farlo: le piaceva Seb, non era importante se poi il mondo decideva di girare al contrario. E poi, anche se fosse, doveva aver di meglio da fare che badare a loro due, no?

Tallonò Seb mentre andava a recuperare il suo cestino da picnic, togliendogli la coperta dalle mani e infilandosela sotto un braccio. Lui scosse appena la testa, ma non commentò, limitandosi a seguirla nell'erba appena tagliata dopo aver lanciato un'occhiata veloce alla macchina.

Elisa inspirò a fondo, contenta che, nonostante tutto, l'atmosfera non fosse morta e sepolta con la ruota bucata. Il sole di fronte a loro scendeva adagio, iniziando a colorare il cielo di arancione e dorato. Certo, le sue scarpe bianche non sarebbero uscite affatto bene da quell'avventura in mezzo all'erba tagliata di fresco, ma almeno la paura aveva smesso di premerle contro la gola.

Seb proseguiva al suo fianco in silenzio, attento a non mettere i piedi in fallo con la stessa cura con cui non si lanciava in frasi vuote dettate dal desiderio di riempire il silenzio. Ad Elisa il silenzio non piaceva granché, preferiva le persone chicchierone, espansive, che hanno sempre qualcosa da dire. Riuscivano a confortarla, le piaceva ascoltarle e viaggiare attravero la loro mente. Con Seb era decisamente più difficile, ma in quel momento le andava perfettamente bene così. C'erano solo loro che cercavano un posto in cui sistemarsi e godersi i muffin che lei aveva preparato in preda all'ansia quella mattina. Una cosa semplice, di quelle che le persone si dimenticano facilmente di apprezzare ma che ad Elisa riempivano il cuore.

"Qui non mi sembra affatto male" Elisa si fermò in mezzo ad un piccolo ovale impefetto di erba schiacciata -probabilmente da qualcuno che aveva avuto la stessa idea prima di loro- che sembrava abbastanza pianeggiante, perfetto su cui posare le loro cose senza rovesciare nulla. Elisa guardò il solido terreno sotto ai suoi piedi, intimamente felice che le cose fossero andate in quel modo, non voleva nemmeno immaginare che lotta sarebbe stata contro la sabbia.

Seb annuì, posando di lato il cestino per aiutarla a stendere la coperta. La osservava di sottecchi, studiandola mentre il sorriso si allargava sul suo viso, sempre più entusiasta, sempre più tranquillo. Si stava rilassando, sbocciando come un fiore in primavera.

"Quindi," Elisa si lasciò cadere sulle ginocchia, piegando le gambe sotto di sé mentre si allungava per impadronirsi del cestino. Ci frugò dentro per un istante, ammonticchiando accanto una pila di bicchieri, bevande e tupperware ricolmi -Emily aspettava il loro rientro con ansia, già pronta a spazzolarsi gli avanzi-. "Qui abbiamo un'imbrazzante selezione di biscotti e muffin che ho preparato fra ieri sera e questa mattina cercando di placare l'ansia" lanciò un'occhiata dubbiosa alla sua piramide di contenitori di plastica "e come potrai immaginare ho abbastanza fallito. Ma non sono affatto male, quello te lo posso confermare."

"Sei la persona ansiosa che scarica nel modo migliore che conosca. E forse anche la prima che non si accanisce contro il disordine."

"Pulire è rilassante, e dà un sacco di soddisfazione" lo rimbeccò Elisa con un sorriso, depositandogli nei palmi rivolti verso l'alto l'ultimo tapperware.

Seb scosse la testa, sollevando un bordo del coperchio e dandoci una sbirciata dentro. Elisa trattenne appena un sorriso mentre lo osservava avvicinarsi il contenitore al viso per spiarne meglio il contenuto. Sembrava un bambino troppo curioso a cui nessuno ha ancora dato il permesso di mangiarsi i biscotti.

"Puoi prendere quelli che vuoi" lo rassicurò lei, guadagnandosi un'occhiatina soddisfatta.

"Questi sono perfetti" annuì lui, quasi sovrappensiero mentre si lasciava scivolare all'indietro, finendo lungo disteso sulla coperta.

Elisa lo studiò in silenzio per un minuto buono, cercando di capire quale fosse la mossa migliore. Non era semplice stare al passo con uno che sapeva costantemente cosa stava facendo. Alla fine decise di prendere un contenitore dalla pila -quello contenente i biscotti alla pasta di mandorle, assolutamente i suoi preferiti- e scivolò accanto a lui, con la spalla a qualche millimetro dalla sua. Il suo piacevole tepore le solleticò la pelle, facendole desiderare di colmare quella breve distanza per goderne appieno.

"A cosa stai pensando?" gli chiese infine.

Lui le rispose dopo un istante, con il tono un po' rigido d'insicurezza.

"Come combatti la paura?" Seb voltò il viso verso di lei, accarezzandole il collo con il respiro caldo.

Elisa si strinse nelle spalle, allontanandosi appena, invasa da un'ondata di quel disagio crudele che le stritolava il cuore ogni volta in cui si rendeva conto di non essere all'altezza. Cosa che capitava spesso, anche se era estremamente brava a camuffarla con un sorriso e ad andare avanti, come se il suo unico desiderio non fosse accucciarsi a terra e far finta di non esistere.

"Non lo so, cerco di non ascoltare quei pensieri e di prenderla come una sfida da superare. Di norma ci riesco, con il tempo."

"E quando non ce la fai?"

"Cerco di ricordarmi di non sentirmi in colpa e che c'è un tempo per tutto."

"Ci credi davvero?"

"Sì. È da parecchio che credo in questa cosa perché è vera. Alla fine ce la faccio, e va bene avere paura. Sono umana."

Seb annuì lentamente, come se stesse soppesando attentamente le sue parole. Poi girò il viso verso di lei, con l'accenno di un sorriso pacato che le mandò il cuore in confusione.

"E tu cosa pensi, in quei momenti?" gli chiese a sua volta, con il cuore che le batteva forte direttamente nello stomaco.

"Che tutto è un rischio e che potrebbe schiacciarmi per sempre se solo sbagliassi" il sorriso si appiattì, lasciando però più spazio sul viso per i suoi occhi attenti e brillanti, così impegnati a scavarsi dentro che quasi la trapassavano senza vederla. "Ho il terrore di perdere il controllo, suppongo, e se posso lo evito ben volentieri. Però non voglio vivere per sempre nella stessa gabbietta con le sbarre dorate che mi sono costruito da solo. È rassicurante qui dentro, ma il sole splende altrove. Hai presente?"

E dio, sì, Elisa lo aveva ben presente. Era stata fortunata ad aver incontrato le persone della sua vita, che loro avessero deciso di credere in lei e l'avessero aiutata a crescere e sfidarsi, ma non per tutti era così. E non tutti sono pronti, comunque, quando incontrano persone del genere. Ad alcuni serve tempo, sbattere il naso contro un muro un paio di volte di troppo. Altri se ne stanno lì, a soffrire perché vogliono uscirne, ma sono così terrorizzati dall'idea di vivere che preferiscono martoriarsi con le loro stesse mani perché almeno quel dolore è familiare e gestibile. Per uscire da quella piccola gabbia soffocante bisogna volerlo con tutte le proprie forze, quando si tocca il fondo e si crede di essere sfiniti. Alcuni semplicemente non ne escono, arredano l'interno con degli adorabili cuscini di design e si lasciano morire lentamente, convinti che la vita deve decisamente essere peggiore di quella tortura autoinflitta. A volte, puoi incontrare le persone giuste, trovare in loro tutto l'amore e il sostegno del mondo, ma non serve a nulla. La verità è che se non sei pronto ogni volta a gettarti di faccia al di là di quelle sbarre, resterai lì per sempre, a prescindere da quanto sai di essere amato da qualcuno. Elisa era stata semplicemente fortunata perché il mondo non l'aveva rovinata irrimediabilmente, lei ancora un po' di fiducia l'aveva e ci si era aggrappata disperatamente quando Damon le aveva aperto le braccia e le aveva detto: "Salta, ti prendo." Elisa si era buttata fuori dalla sua gabbia, e Damon l'aveva presa sul serio.

"Sì" gli rispose in un mezzo sussurro, sperando che anche lui sapesse di poter saltare, che lei l'avrebbe preso a qualsiasi costo.

"Beh, voglio godermelo il sole, anche se mi scotterò ogni tanto" Seb si strinse nelle spalle, come se fosse una cosa da poco e non il capovolgersi di una vita intera. Aveva trovato il suo momento giusto, ora il meglio doveva soltanto arrivare. O almeno era quello che Elisa si augurava.

Elisa avvicinò la spalla alla sua, sfiorandola appena, chiedendogli silenziosamente il permesso. Seb in tutta risposta si accostò a lei, chiedendole poi: "Secondo te qual è la sensazione più bella del mondo?"

Elisa aprì la bocca, cercando le parole che però le sfuggivano, presa totalmente in contropiede da quella domanda, da quel contatto semplice e tiepido che le mandava a fuoco la pelle.

"Io... Credo quando il sole ti riscalda la pelle ma non fa caldo, stai bene, e quel calore ti arriva fino alle ossa."

Seb annuì lentamente, con lo sguardo dritto puntato sul cielo arancione sopra di loro, come se si stesse figurando la sua risposta.

"Secondo me è quando torni a casa e la trovi vuota, e sai che potrai fare tutto quello che ti pare finché non torna il tuo coinquilino."

Elisa accennò un sorriso, contenta per la piega più leggera che stava prendendo la conversazione. Leggera, non banale. Mai banale con Seb.

"Oppure hai presente quando ti infili la tuta per la prima volta dopo che è finita l'estate? La sensazione di morbidezza e calore al contatto con il tessuto. O quando ti raggomitoli in una coperta morbida. O quando ricominci a fare la tua bevanda calda preferita. O quando la gente già inizia ad ascoltare canzoni di Natale perché tutti hanno una folle voglia di essere spensierati e felici."

Seb voltò nuovamente il viso verso di lei, sorridendo rilassato.

"Quando inizio a truccarmi e lentamente vedo Ines prendere vita e farmi l'occhiolino dallo specchio, quella credo sia la sensazione migliore di tutte. Quando mi sento a casa in me stesso. Senza pormi limiti di genere, pronomi o identità. Quando sono io e basta."

Elisa si girò su un fianco, infilando un braccio piegato sotto al viso per stare più comoda. Osservò con attenzione ogni tratto del suo viso, ogni sua lentiggine, totalmente affascinata all'idea che, nonostante tutto, certe persone siano incredibilmente brave a nascondersi dalle altre finché, ad un certo punto, semplicemente decidono di non farlo più. E non puoi farci niente, finché non sono loro a sceglierlo tu non coglierai neanche una virgola in più di quanto loro non ti permettano. Elisa credeva fosse frustrante, in quel momento si convinse fosse pura e semplice magia, e che nella vita tutti dovrebbero avere il privilegio di scoprire qualcuno.

"Sai qual è, secondo me, la sensazione più bella al mondo? Quella suprema, che niente e nessuno può battere?" gli chiese in un sussurro, con il mento posato contro la sua spalla, dove fino a poco prima c'era la sua.

Seb la studiò in silenzio per un istante, con lo sguardo che correva veloce mentre calibrava la mossa successiva. A Elisa venne quasi da sorridere, Levi si lamentava tanto di Marco solo perché non era mai davvero uscito con Seb, di quello era certa.

Alla fine Seb prese la sua decisione, e con attenzione si girò sul fianco anche lui, piegando un braccio sotto la testa, sfiorando il suo gomito con il proprio.

"No, qual è?"

Elisa si concesse un piccolo sorriso prima di rispondere con il tono serio e al tempo stesso morbido.

"La sensazione più bella del mondo è quando ti rendi conto che stai vivendo esattamente la vita che volevi disperatamente fino a qualche tempo prima. Che sei diventato la persona che volevi essere. Che hai la pace, il coraggio o la testardaggine che prima ti mancavano. È quando ti rendi conto che finalmente sei felice, per davvero, e che a prescindere da come stavi prima ce l'hai fatta. Che puoi fare quello che vuoi e che niente e nessuno può fermarti se non lo decidi tu."

Seb le rivolse un'occhiata profonda, un po' sconcertata, un po' tormentata, come se in poche frasi Elisa avesse trovato il magico pulsante in grado di far crollare tutte le mura che si era costruito attorno. Era di fronte a lei, accoccolato sopra una vecchia coperta dai bordi lisi, che la guardava con lo stesso sguardo di una persona appena riemersa dalle macerie di un palazzo. Ed era bello e tormentato, proprio come i personaggi che non gli piacevano proprio, ma anche distrutto e rimesso insieme, come quei vasi che i giapponesi riaggiustavano con tanta cura, incollando i pezzi con l'oro nelle crepe. Rappresentava quell'ibrido di meraviglia fra distruzione e rinascita, che non cancella la sua storia ma che, anzi, la esalta.

Il cuore di Elisa prese a battere più in fretta, spaventato, eccitato, confuso, senza la minima idea di cosa provare in quella situazione estranea di quando ti rendi conto per la prima volta di volerti avvicinare a qualcuno. Di più. Ancora di più, fino a confondere il respiro con il suo. Batteva impazzito, rianimato di un'adolescenza delle prime esperienze che credeva ormai perduta. E poi esplose. Si sciolse lentamente, come una colata calda e brillante, che le invase i polmoni, la gola, le si infiltrò fra le costole e poi giù, fino a ricoprirle le viscere.

Liquidi tramonti, le venne in mente mentre stringeva le mani tremanti in un pugno, abbandonando definitivamente in un angolo il tupperware. Il suo cuore si era sciolto e sembrava fatto della stessa sostanza dei tramonti: ardente, dorato, la rappresentazione stessa del culmine prima della fine. Chiuse gli occhi per un istante, cercando di raccogliere e dividere tutte le sensazioni che stava provando, mettendo da un lato quel calore ardente e desideroso e dall'altro la paura raggelante che la accompagnava ad ogni passo da quando aveva memoria. La paura che le aveva impedito di avere abbastanza amici nonostante la sua naturale dolcezza, quella che la faceva al tempo stesso ricercare disperatamente quel tipo di rapporto, la sicurezza di un'alleanza. In quel momento era molto di più: per la prima volta non desiderava un alleato, qualcuno su cui poter contare per sapere che non sarebbe mai rimasta sola. C'era qualcosa di febbrile e un po' folle in quel nuovo sentimento, nel bisogno così bruciante di qualcuno, al punto che quasi riusciva a soppiantare la paura di non esserne capace. Quasi. La paura rimaneva sempre in agguato, a pesarle sulle spalle come una vecchia coperta di lana che pizzica e di cui non sai come liberarti. In quel momento però pizzicava di meno, come se, in qualche modo, qualcuno l'avesse sollevata da un lato, permettendo all'aria fresca di baciarle la pelle e lenire il pizzicore.

Elisa riaprì gli occhi, assolutamente terrorizzata, determinata a non esserlo e accecata dal calore che le aveva riscaldato gradualmente tutto il corpo. Era in fiamme o forse lo era diventata lei stessa, non aveva più idea di quale fosse il confine esatto della sua pelle. Era tutto un caos di desiderio irrazionale che lei voleva provare al di sopra di qualsiasi cosa, al di sopra della paura. Inchiodò lo sguardo in quello di Seb, con il viso indurito nella serietà mortale che si sentiva dentro.

Seb agganciò lo sguardo al suo, immobilizzandosi, come se quella sua serietà fosse riuscita a congelarlo in un battito di ciglia, contagiandolo a sua volta. Erano due ragazzi immobili, accecati dall'assoluta meraviglia dell'imperfezione dei loro sentimenti. E per un attimo non ci fu altro che andasse al di là del viso fuori fuoco l'uno dell'altra, troppo vicini per poter cogliere i dettagli e tutto ciò che di troppo razionale e mentale potesse esserci. E ad Elisa andava bene così, perché non voleva assolutamente altro con la stessa intensità con cui aveva desiderato essere più forte della sua paura per fare un'unica semplice cosa.

Si sporse appena in avanti, colmando quei pochi centimetri che li dividevano, e posò le labbra sopra le sue, lasciando andare tutte le sensazioni contrastanti che le erano cresciute dentro.

Lo baciò, accogliendo la follia perfetta dell'innamoramento.

Spazio autrice
L'ultimo capitolo, non ci credo di essere si nuovo qua! Anche quest'avventura è giunta al termine, devo proprio arrendermi all'idea di finire la storia a cui sto lavorando. Un consiglio: il mondo del paranormale sembra divertente ma è una follia gestire tutti i dettagli e trovargli un senso.
In ogni caso, domani (se mi ricordo) posto anche l'epilogo.

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