28. Casa
"Non ti brucia il culo?"
Emily si gustò il sussulto esagerato di Levi al suono della sua voce. Si era infilata sotto le sue lenzuola, avvolta come un bruco pronto alla muta, e lo osservava con appena gli occhi che spuntavano.
Levi si tolse la mano dal petto lentamente, perlustrando la camera con lo sguardo finché non riuscì ad individuarla.
"Cazzo, Milly, mi hai fatto prendere un colpo! Che diavolo ci fai nel mio letto?"
"Tu non lo usi" ammiccò con le sopracciglia nella sua direzione "e io ho dormito per due anni su un materasso che costava più o meno come l'affitto annuale di un proletario medio. Non ce la faccio sul tuo divano duro come un sasso."
"Non mi sembra una buona motivazione" Levi si passò una mano fra i capelli, scacciandoseli dal viso. "Pazza di merda" l'apostrofò, andando a sedersi ai piedi del materasso, schivando i suoi vestiti sparpagliati a terra.
"Mi adori" Emily gli sorrise, mettendosi seduta e incrociando le gambe sotto le lenzuola. Le mancavano tutte le volte che l'aveva fatto per fare colazione con Essa. Le mancava da morire, anche se era più felice, sempre con un piede fuori casa. Le mancava e basta, non importava che non fosse giusto.
"Sono umano" si giustificò lui, allungando all'indietro le braccia per posarci il peso. Girò il viso verso di lei e le sorrise pieno di zucchero negli occhi, innamorato perso per un istante, poi il sorriso gli si incrinò appena nell'imbarazzo. "E comunque chi te l'ha detto che è il culo?"
"L'istinto? La conoscenza? La consapevolezza? L'onniscenza? L'ovvietà?"
Lo fece ridere e rise anche lei con lui, piegandosi leggermente in avanti mentre gli sorrideva. Gli piaceva tanto quel Levi, anche se, da qualche parte in fondo al petto, si sentiva irrequieta. Levi amava con tutto il cuore e sapeva già come andava a finire quando le cose non funzionavano. Non voleva più vederlo con il cuore a pezzi, e se aveva diffidato di Damon con tanto fervore, su Marco non avrebbe scommesso nemmeno mezzo centesimo. Anche se, magari, a modo loro potevano funzionare. Potevano essere felici. Ma forse Emily non poteva capirlo e basta ed era meglio tenesse per sé la sua inquietudine e quel maledetto centesimo che non avrebbe scommesso.
"È rivoltante il modo in cui sei già innamorato" gli disse scherzosamente, tirando appena il sorriso di poco prima.
Lui le fece una smorfia in risposta, mostrandole la lingua.
"Dici così solo perché adesso non hai più motivo di preoccuparti per me e non hai voglia di preoccuparti per te" mosse rapido le sopracciglia nella sua direzione, stiracchiando un sorrisetto divertito.
"Touchè."
Emily strisciò fuori dalle coperte, sedendosi a gambe incrociate accanto a lui. Gli posò la testa contro la spalla e rimase in silenzio a godersi il suo calore. La tristezza le raffreddava il sangue delle vene, era così da sempre. Non sapeva perché, ma quando era triste sentiva freddo e non importava che il mondo si stesse piegando sotto i trenta gradi di un sole cocente. Levi comunque non disse nulla, lasciandola fare senza scostarsi o allontanarla. Era troppo buono: non l'avrebbe allontanata nemmeno se fossero stati soli in mezzo ad un deserto.
"So che vuoi chiedermi quando me ne andrò ma non vuoi sembrare una brutta persona" attaccò lei d'un tratto, spezzando con un colpo di forbici quel silenzio pensieroso che era sceso fra loro. Percepì chiaramente tutti i muscoli di lui contrarsi sotto la sua tempia, dispiacendosene appena un po', consapevole di averlo messo in una posizione scomoda.
"Non è ve-"
"Oh dai, Lee, non diciamoci stronzate. Non sei quasi mai a casa e lo so, da qualche parte in quella folle testa innamorata ti vedi già definitivamente trasferito in quella casa. E va bene, ok, forse te l'ha anche chiesto oltre ad averti lanciato una delle sue occhiate piene di sottintesi, ma non sai che fartene di me."
"Emily, che diavolo stai dicendo?" le chiese Levi con il tono un po' troppo alto, staccandosi da lei per poterla fronteggiare. Sembrava punto sul vivo, come se ci riflettesse da tempo e vivesse quelle sue parole come la conferma delle sue peggiori paure: era la brutta persona che voleva liberarsi dell'amica che l'aveva tenuto in piedi in quei mesi in cui avrebbe solo voluto accasciarsi e dimenticarsi di essere vivo. Egoista, oltre che vigliacco.
"Petit garçon, va tutto bene, sul serio" Emily ricambiò il suo sguardo e ci lesse quella scintilla di panico che confermò la sua deduzione: glielo aveva già chiesto e Levi si sentiva intrappolato fra lei e lui, senza sapere chi accontentare.
"Sei stato meraviglioso con me, Levi. Sono qui da così tanto tempo che tua madre ha iniziato a prepararmi la mia colazione preferita senza nemmeno chiedermelo! Sei stato un bravo amico, non devi sentirti in colpa se vuoi andare a stare del tuo ragazzo e non puoi lasciarmi a vivere con tua madre. Ho un posto in cui stare, davvero, non c'è problema. Sono rimasta qui solo per farmi coccolare un po', ma non posso farmi coccolare per sempre."
Levi la guardò con gli occhi un po' liquidi, che scorrevano rapidi da un pensiero all'altro. Gli si leggeva in faccia quanto soffrisse quella situazione, il non poter accontentare tutti a qualsiasi costo, il rischio di mettere se stesso prima di qualcun altro. Non ne era capace, piuttosto si sarebbe spezzato il cuore per salvare quello che ne rimaneva del tuo.
"Vai" gli disse con dolcezza, sorridendogli con tenerezza, piena di affetto da sentire male al petto. "Starò bene."
E lo pensava sul serio, anche se le era piaciuto essere triste con lui, rivivere un po' quei momenti in cui erano più piccoli e passavano i pomeriggi sul divano, abbracciati mentre si guardavano una stagione dietro all'altra di una serie tv. Mancava Veronica, ma si stava abituando a quella frattura fra loro. Poteva averne solo uno alla volta e se lo faceva bastare, magari un giorno li riavrebbe avuti, ma nel frattempo poteva solo sperare che si perdonassero qualche colpo basso di troppo.
"Non ti voglio cacciare..."
"Ottimo, perché non lo stai facendo."
"A me sembra il contrario, però."
"A te sembra sempre di essere un mostro, ma non lo sei. Non darei troppa retta alle tue impressioni" stiracchiò un sorriso, strisciando giù dal letto e stiracchiando la schiena. "Ho un posto in cui stare, la mia arte a cui tornare, la mia vita di cui preoccuparmi. Non ho più tempo di essere triste per le mie scelte e invece è tempo che tu colga le tue occasioni. Se vuoi quel ragazzo prenditi tutti quello che ha da offrire e goditelo: lo sai com'è fatto, lo sai che ci sono dei limiti e che li raggiungerà. Fino ad allora sii ingordo ed egoista e prendi tutto, meriti di essere un adolescente innamorato e un po' folle."
"Ne sei sicura...?"
"Oh sì."
Non lo era neanche un po', ma era affezionata a quel suo ruolo di protettrice nei confronti di Levi e, benché dicesse il contrario, non era pronta ad abbandonarlo. Gli avrebbe concesso spazio, fiducia e tutto quello che serviva, ma questo non le avrebbe impedito di sacrificare un po' della sua comodità per lui.
Levi le sorrise, piegando il viso di lato, con i lineamenti che si distendevano nella sua rassicurazione.
Sì, decretò Emily, poteva donargli ancora un po' di protezione da quel mondo che non faceva altro che chiedere e togliere. E poi, la sua vita la stava aspettando dietro alla porta, non poteva continuare ad ignorarla.
***
Si lasciò cadere con il sedere contro il pavimento, il fiatone e la frangetta incollata alla fronte. Ecco, forse era il momento di liberarsene, pensò mentre lottava con le sue due mollettine per intrappolare i capelli lontani dal viso. Le piaceva l'idea di cambiare taglio, ma non sapeva ancora a cosa puntare. Era l'unica cosa a cui fosse stata fedele nel tempo, ideali a parte. Quel taglio, forse, era parte di lei più di quanto non si fosse mai resa conto.
Allungò le gambe in avanti e osservò le scatole impilate in un angolo dell'ufficio di Lorenzo. Gli doveva un favore, enorme. Aveva già accettato di ridipingere due delle camerate principali del centro di accoglienza e già si immaginava cosa ne avrebbe fatto dopo. Voleva tanto colore da perderci la testa e voleva coinvolgere chiunque passasse in quelle camere. Voleva fosse un inno alla presenza, alla comunità, al fatto che fossero ancora tutti lì, con qualche pezzo in meno, pronti a trovarne di altri.
Lorenzo in tutta fretta le aveva piazzato una brandina in un angolo, concedendole di occupare la metà di quell'ufficio che era rimasta vuota dopo che Mia se n'era andata. In cambio le aveva chiesto di ridipingere quelle stanze e di non dileguarsi più: al centro era mancata come il profumo che si leva dal mare ai primi di giugno. In quel posto non aveva mai preso una posizione fissa perché sapeva di essere un'anima un po' vagabonda, mai a casa da nessuna parte, ma in fondo aveva capito che quella era casa. Aiutare le persone era casa, e quella volta aveva deciso di rimanerci definitivamente. Se Lorenzo le avesse proposto di occupare quella scrivania l'avrebbe fatto, non aveva più paura di quella responsabilità. Era enorme e preziosa, ma non impossibile. Era fatta per lei: una sfida continua, piena di alti e bassi e in quel momento aveva finalmente raggiunto la consapevolezza di potercela fare. Poteva aiutare le sue persone, poteva metterci completamente anima e cuore e, forse, finalmente avrebbe trovato la sua felicità, sempre in bilico fra la sfida e la vetta più alta, quasi irraggiungibile.
Le gambe di Lorenzo le comparvero davanti agli occhi, facendole incontrare il suo sguardo. Aveva un bel paio di occhi verdi, non come quelli di Levi, ma quasi. Faceva strage, ne era certa, se le fossero piaciuti i ragazzi sarebbe piaciuto anche a lei. Era gentile, pratico e carismatico: senza di lui, in pratica, sarebbero stati persi.
"Sei proprio sicura?"
"Certo" gli rispose con convinzione, premendo la punta della scarpa contro la sua. "Voglio ricominciare da dove stavo bene, e non sono mai stata bene come qui."
"Voi ricchi siete così eccentrici" la prese in giro con un sorriso, restituendole la pressione con la scarpa.
Per un po' Emily aveva sperato che Levi lo notasse dopo Damon, ma non era mai successo. Ci aveva provato in ogni modo: facendoli incrociare agli eventi mondani, al pride, alle serate a tema e l'aveva perfino invitato a bere qualcosa con loro, ma Levi sembrava non vederlo neppure. Alla luce delle ultime rivelazioni iniziava a capire cosa fosse andato storto, in fondo Lorenzo era troppo sotto i riflettori per uno come Levi. Non serve fare coming out pubblicamente se giri con un ragazzo del genere, conosciuto e seguitissimo sui social. Ad Emily però non era ancora andata giù, convinta che per lui ci fosse di meglio, che fosse Lorenzo o meno. Anche se Lorenzo rimaneva la sua prima scelta.
"Però abbiamo anche dei difetti."
Lorenzo si lasciò scivolare seduto accanto a lei, con il ginocchio e la spalla contro i suoi.
"Domani sarà una giornata intensa: vengono i ragazzi di educazione sessuale e quest'anno la vedo brutta. Ci sono certi ormoni nell'aria che ho dovuto pregarli di venire prima. Ho bisogno che qualcuno calmi i bollenti spiriti."
Emily ridacchiò, appoggiandosi contro di lui. Aveva davvero un buon profumo. Maledizione a Levi e al suo pessimo gusto in fatto di ragazzi. Sarebbe stato tutto molto più semplice se gli fosse piaciuto Lorenzo, un ragazzo così semplice e genuino che puoi solo che presentarlo alla mamma. Gli avrebbe fatto bene, ma lui si era perso dietro a Marco, che di semplice e genuino non aveva un bel niente. A Emily piaceva, sul serio, le piaceva meno l'idea che, in qualche modo, riuscisse ad allontanarle Levi, che lo riportasse mille passi indietro, dove stava quando l'aveva appena conosciuto. Era quello che la ossessionava nelle ultime settimane, che ribolliva come magma nel suo inconscio, più presente e bollente di quanto non lo fosse già di per sé quella fine di agosto. La tormentava, anche se era brava a nasconderlo e lo teneva per sé la maggior parte delle volte, ripetendosi che Levi era adulto e che se era felice andava bene così. Anche se l'aveva visto schiantarsi di muso dopo Damon. Anche se tutto era andato un po' a rotoli, dopo Damon.
"Capiscili: sono stati anni difficili" rilassò il tono, scacciando le sue elucubrazioni levicentriche per tornare al presente, a quella situazione folle su cui stavano riguadagnando lentamente il controllo.
Lo era stati davvero, anni difficili, soprattutto per molte persone della comunità, costrette in casa, costrette a nascondere chi erano davvero per non rischiare di rimanere senza un tetto. In quei due anni si erano ritrovati a dover mandare via più di qualcuno ed Emily sapeva che la cosa tormentava ancora Lorenzo, anche se preferiva guardare al presente, guardare a tutte le persone che invece avevano aiutato. Erano in tanti, ma per lui mai abbastanza e mai lo sarebbero stati finché sui social si leggeva di persone uccise o finite all'ospedale solo perché erano quello che erano, umani declassati a feccia perché non conformi a regole non scritte. Per Lorenzo non sarebbe mai stato abbastanza, non finché quel mondo crudele e sbagliato non avesse ritrovato il giusto verso in cui girare.
"Hai ragione" le concesse Lorenzo a mezza voce, con un sorriso tirato. "Ma anche per quello hanno bisogno di imparare a proteggersi. Sono così giovani e hanno già abbastanza contro cui lottare, almeno lo facciano senza paura."
"Domani ce ne occuperemo. In fondo al mondo non esiste mai abbastanza educazione sessuale."
Riuscì a strappargli un sorriso sincero che gli addolcì quegli acuti occhi verdi. Occhi da volpe, che nascondevano un cuore colmo di dolcezza.
"È bello riaverti qui. Mi sei mancata da pazzi, soprattutto dopo Mia."
"È bello essere a casa."
Era quello il suo posto: dove poteva fare la differenza, servire a qualcuno per migliorargli la vita. Era quella la sua piccola impronta importante nel mondo, non la sua arte o i suoi messaggi social. Era fatta per quello: per le cose concrete, per i sorrisi in mezzo alle lacrime e la consapevolezza che le cose sarebbero andate meglio. Non era mai stata destinata ad essere il volto delle rivoluzione. Lei era stata fatta per essere semplicemente se stessa, e ciò non prevedeva ricercare l'approvazione altrui. Non più, almeno.
Emily gli sorrise ad occhi chiusi, posando la tempia contro la sua spalla, godendosi il momento.
Era davvero bello. Bellissimo.
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