19. Rovesciare il mondo
"Tu cosa? Sul serio?!" Emily si premette con forza due dita alla radice del naso per impedirsi di tirare un pugno a quell'idiota senza speranza.
Levi ridacchiò nervosamente, passandosi una mano fra i capelli, incastrando la punta delle dita nelle ciocche ricce che gli scivolavano lungo il collo. Emily avrebbe voluto stringerle e strattonarle fino a riportarlo alla ragione. Era diventato anche più imprevedibile ed impulsivo del solito, non era difficile preoccuparsi per le conseguenze delle sue azioni, o quanto meno non lo era per chiunque non fosse lui.
Si era presentato sulla porta del suo appartamento a metà pomeriggio, tutto stretto in se stesso, urlando colpevolezza e una stilla di paura dalla sola postura. Emily l'aveva fissato in silenzio per un po', cercando di capire. Poi lui aveva fatto un passo verso l'interno e finalmente la luce l'aveva colpito sul viso graffiato e rovinato, lasciando la ragazza congelata nella sorpresa. Era difficile riuscire a sorprendere Emily, nella sua vita ne aveva viste davvero tante, forse troppe. Amava la gente eccentrica, sempre un po' troppo fuori dalle righe, per natura predisposta a fare e mettere in mostra quello che il resto della società immagina soltanto. Eppure Levi ci era riuscito: aveva lasciato Emily di sasso, con le labbra quasi socchiuse in una domanda che non era mai riuscita ad esprimere.
Di quello che era successo immediatamente dopo Emily non era certa, sapeva soltanto che in qualche modo erano finiti seduti sul tappeto di fronte alla porta d'ingresso, in silenzio per interminabili minuti in cui lei si era rifiutata di guardarlo. Era rimasta ostinatamente in silenzio fissando il motivo a spirale del parquet, lasciando che la rabbia e la preoccupazione si fondessero e si alimentassero a vicenda, un pensiero dopo l'altro. Poi si era girata di scatto verso di lui, gli occhi infiammati e le nocche bianche premute contro il pavimento ai suoi fianchi, e gli aveva riversato addosso tutta la sua rabbia urlando insulti finché non aveva sentito la gola bruciare più di quanto non facessero gli occhi. A quel punto era calato il silenzio, lei si era sgonfiata come un palloncino il giorno dopo averlo comprato alla fiera e lui si era fatto ancora più piccolo, cercando inutilmente di nascondere il viso.
Per un istante si era convinta che semplicemente si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato -lei lo avrebbe fatto al posto suo- ma lui era rimasto. La stupì: non solo rimase, ma le raccontò anche con calma e pazienza quello che era successo, con le labbra che inizialmente tremolavano in un sorriso incerto finché, con l'andare delle parole, non la smetterono di tirarsi verso l'alto ad ogni pausa. Era uno scriteriato, ma era felice come non lo vedeva da mesi. In quel momento Emily capì di averlo assolto ancora prima che avesse finito di raccontare cos'era successo. Era debole, vedendolo con quel sorriso gli avrebbe perdonato qualsiasi cosa. Gli aveva già perdonato cose più stupide, tipo iniziare ad uscire con il ragazzo che non era destinato a lui.
"Non è colpa mia-" Levi provò a difendersi, ma si bloccò quando si ritrovò di fronte alla faccia il dito accusatore e dalle tendenze dittatoriali di Emily.
"Dovevi solo cambiare un cazzo di laccio! Ovvio che è colpa tua, che cazzo. E poi non mi hai chiamato e hai avuto l'ardire di non dirmelo fino ad oggi. Sei un dannatissimo idiota, crétin imprudent, immature et égoïste" Emily gli gesticolò il dito di fronte al naso, sfiorandogli pericolosamente gli occhi con le unghie smaltate di rosso. Levi scivolò sul tappeto, alzando di fronte a sé le mani aperte, implorando silenziosamente pietà. Sapeva che Emily non era davvero arrabbiata con lui, ma sapeva altrettanto bene che il suo comportamento le aveva fatto scoppiare in mezzo al petto un petardo di preoccupazione che aveva radice profonda. Per quanto volesse non poteva fare altro che lasciarlo esplodere e brillare prima di scomparire in una pioggia di luce.
"Non posso darti torto ma adesso capisci perché non ti ho chiama-" venne interrotto da un'occhiataccia raggelante di Emily, che lo fece sedere ben dritto contro il muro e abbassare lentamente le mani.
"Potevi romperti la testa, maledetto stupido. Te ne rendi conto, vero?"
"Sì, non sei la prima che mi fa la ramanzina. Penso tu sia la quarta? Forse la quinta. Non lo so, credo di aver perso il conto."
Emily lo osservò in silenzio per un istante, cercando di incrociare lo sguardo di cui lui la privava, stando ben attento a tenerlo incollato sulle proprie ginocchia.
"Lo so che te l'hanno già detto ma cazzo, sono maledettamente angosciata, va bene?" cercò di trattenere il tono, ma lo sentì tremolare sotto una nota di rabbia e apprensione che non era riuscita ad arginare. Sbuffò, cercando di scacciare la frustrazione mentre abbandonava le spalle contro l'opulenta ed orribile carta da parati che era stata il dono della madre di Essa quando si erano trasferite. Almeno era di qualità, il tipo di qualità che appartiene solo ai ricchi privilegiati, quella che Emily aveva imparato a riconoscere solo dopo essersela lasciata alle spalle.
"Hai ragione, ma questo è il momento di perdonarmi, non credi?" Levi rialzò lo sguardo tirato e scherzoso nel suo, tentando di ammiccare con le sopracciglia come fanno nei film. Si guadagnò un altro sbuffo, questa volta modulato per fingersi esasperata. In fin dei conti gli voleva bene anche per quello ed era contenta di vederlo più leggero e spensierato. Questo però non le impediva di sentire nel profondo il desiderio di mollargli un ceffone.
"Tua madre come l'ha presa?" si arrese a chiedergli, decidendo di reprimere quell'angoscia che le prendeva lo stomaco ogni volta che Levi faceva qualcosa di stupido. Il suo stomaco purtroppo non se la passava bene in quel periodo, fra Levi, i suoi colpi di testa -letterali e metaforici- e i pensieri vorticosi che aveva riguardo al futuro della sua relazione con Essa. Le serviva una vacanza, una fuga in un posto sconosciuto in cui limitarsi ad esistere. Vivere era schifosamente faticoso.
"Mi ha lanciato un'occhiataccia e mi ha ordinato di scriverti. Me la stavo facendo sotto al punto che mi sono quasi dimenticato quanta paura mi facessi anche tu" Levi le regalò un sorrisino che cercava di trattenere mordendosi gli angoli delle labbra, come un bambino che ammette la paternità di una marachella troppo divertente.
Emily scosse la testa lentamente, concedendosi di farsi contagiare dal suo sorriso.
"Sei tremendo, lo sai?"
"Non è per questo che mi adori?"
E sì, lo adorava anche per quello, ma non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva. Aveva pur sempre una dignità e una certa fama da mantenere.
"Almeno ne è valsa la pena?" Emily non aggiunse alcun soggetto, ma sapevano perfettamente entrambi a chi si riferisse.
L'espressione di Levi si rilassò e si raddolcì appena mentre le si faceva impercettibilmente più vicino.
"Sì" le rispose con sicurezza, come solo lui sapeva fare quando si lanciava dal precipizio delle sue idee sconsiderate. "Non credo sarai una fan della mia scelta, ma con il tempo la capirai."
"La capisco, Lee. La capisco per te, ma non per nessun altro al mondo. Però siamo tutti ugualmente diversi, no? Poi è solo il tuo secondo ragazzo, il tempo di innamorarti e fare stronzate non ti manca e ti serve, pure. Solo, se possibile, sta attento a non farti troppo male. A volte se un'idea sembra di merda è perché lo è."
"Adoro quanto vi stiate rivelando tutti così incoraggianti con questa cosa" Levi sorrise, ma Emily vide la piccola frattura di dolore dietro i suoi occhi. Non lo avrebbe ammesso, ma in quel momento desiderava solo essere supportato anche se era ben consapevole della situazione complessa nella quale si era infilato. Emily aveva reso la propria vita una situazione complessa per abbastanza anni da capire quello sguardo. Aveva sempre tirato dritto, seguendo la visione che aveva e i tempi che le servivano, anche se tutti attorno a lei correvano, si fidanzavano, si laureavano, trovavano lavoro, si sposavano e poi iniziavano a costruire la loro versione della famiglia delle pubblicità dei cereali. Alcuni avevano anche già divorziato. E lei invece aveva arrancato per finire l'accademia, per mettere insieme la sua prima mostra e anche per mettere abbastanza ordine in testa da trovare una ragazza e tenersela. Ma alla fine aveva funzionato. In qualche modo, contro le previsioni di chiunque, "aveva messo la testa apposto" e finalmente viveva a pieni polmoni la vita che sognava da quando era appena una bambinetta con il suo primo pennarello in mano. Aveva passato tutta l'adolescenza e la prima età adulta circondata da persone che non credevano nella sua visione, che le dicevano "va bene anche così, ma dovresti pensare ad altro, fare di meglio." Emily lo sapeva quanto facesse male quel anche così, come se nella vita ci fosse un solo modo in cui andasse veramente bene e la gente si sforzasse di trovare le parole migliori per descrivere le tue scelte senza insultarti apertamente. Aveva passato anni desiderando che semplicemente andasse bene così, senza nessun anche, che qualcuno si prendesse la briga di credere che non si stesse solamente rovinando la vita con le sue mani, viziata e sostenuta soltanto dai soldi di papà. Emily semplicemente capiva quanto profonda e impossibile da nascondere fosse quella scintilla di dolore, quanto primordiale e fuori da qualsiasi controllo fosse. Era il bisogno viscerale di essere amati e accettati, la garanzia per la sopravvivenza a cui ci si lega nel primo istante in cui si viene al mondo.
Emily gli sorrise, ammorbidendosi come burro fuso al sole della propria esperienza personale. Nella vita avrebbe potuto biasimare tante persone per tanti motivi diversi, ma non avrebbe mai biasimato nessuno per aver scelto l'amore, per quanto potesse sembrare difficile e pericolosamente instabile. Levi aveva trovato questo ragazzo e gli era piaciuto e non aveva smesso di piacergli nemmeno dopo aver visto i suoi casini, nemmeno dopo avergli mostrato a sua volta i propri. In lui aveva trovato qualche cosa che nel resto del mondo non aveva trovato, e qualcosa doveva pur significare. Lui lo avrebbe amato a prescindere dal supporto che avrebbe trovato nelle altre persone, perché l'amore richiede il supporto di un'unica altra persona, e quello ce l'aveva. Emily aveva semplicemente deciso che anche lei sarebbe stata dalla sua parte, perché se lo meritava e voleva credere in lui. Non è vero che la speranza non nuoce, ma Emily stabilì che per Levi valeva sempre la pena sperare.
"Sono contenta per te, Lee. Sul serio, con tutto il mio cuore. Se tu sei felice lo sono anch'io, non mi interessa cosa suggerisce il senso comune. Ognuno ha il diritto di costruire la propria vita come vuole e tu non sfrutti abbastanza questo diritto quindi fallo, fallo e fregatene. A prescindere dalle tue scelte avrai sempre me e gli altri ragazzi dalla tua parte, anche se magari loro sono un po' più testardi di me su certe cose. Anche se magari non ci suonano, ti vorremo bene al di sopra di come finiranno le cose, sempre."
"Non è troppo tardi per fare quella cosa della poetessa su Instagram, lo sai, sì?" le chiese Levi con la punta del naso arricciata, visibilmente più emozionato di quanto non volesse far trasparire. Emily gli si accostò strisciando sul tappeto, mollandogli poi una gomitata scherzosa contro il fianco, sorridendogli con il viso piegato di lato.
"Le mie perle di saggezza sono riservate ad un pubblico ristretto, giusto una manciata di idioti che ha un serio problema con il concedersi la felicità."
"Sembrano proprio degli idioti" commentò in uno sbuffo ironico, cogliendo l'occasione per scacciare a forza l'emozione che gli aveva gonfiato il petto.
"Lo sono, ma li adoro. Sai, la fanno tanto difficile perché per loro lo è stata sul serio. Ma adesso sono più felici e stanno imparando a gestire la cosa, anche se adorano alla follia sabotare i loro rapporti di tanto in tanto, giusto per vedere se si vogliono abbastanza bene da sopportarsi anche nel male. Sembra stupido, lo so, ma credo sia il loro modo di dire che ci sono anche dopo i momenti peggiori, se li vuoi ancora. Vogliono essere felici ed essere voluti, non sono poi tanto strani, non credi?"
Levi le sorrise mestamente, rigirandosi un anello fra le dita. Annuì appena, lanciandole una mezza occhiata storta per quel colpo basso.
"È strano non sapere come si vogliono delle persone?" le chiese dopo un istante, prendendosi la rivincita e lasciandola a fissarlo interdetta. Era ammirabile la capacità di Levi di rigirare la situazione, facendoti inciampare nello stesso sgambetto emotivo che avevi provato a fargli.
"Non lo so, in quel senso ho sempre saputo cosa e come lo volevo. Non mi sono mai posta quel tipo di problema, ma se tu te lo poni evidentemente non lo è" Emily si allontanò appena, girando il busto nella sua direzione per poterlo osservare meglio, cercare nel linguaggio del suo corpo qualche segno che potesse aiutarla in qualsiasi modo.
"Non era mai capitato nemmeno a me, poi l'universo ha deciso di partorire la coppia più strana e perfetta che io abbia mai visto. E adesso non ci capisco granché sul come dovrebbe andare, sicuramente però abbiamo capito che prima non stava andando per niente. Non so esattamente come dovrei volerli nella mia vita. Ci ho provato. Con Damon ho incasinato tutto e semplicemente non mi parla più. Con Veronica è straziante: ci proviamo con la consapevolezza che non ci stiamo riuscendo. Vorrei vederla e passare del tempo con lei ma al tempo stesso la riempio di scuse per ignorarla e lei fa lo stesso, perché non siamo più capaci a stare insieme. La voglio nella mia vita, ma a volte mi chiedo se semplicemente la nostra amicizia non abbia fatto il suo corso e adesso ognuno dovrebbe continuare per la sua strada. Poi penso al nostro gruppo, e mi si spezza un po' il cuore all'idea che si stia perdendo. So che capitano queste cose quando si diventa adulti, ma speravo che noi fossimo... non lo so, diversi? Non è forse per quello che siamo diventati un gruppo? Perché eravamo diversi e abbiamo imparato a farci piacere la cosa, stando con altre persone che ci facessero sentire a casa. Quindi ecco, forse è semplicemente il corso della vita, è destino perdere gli amici quando si diventa grandi, anche se li adori e hai sempre pensato fossero la parte migliore di te."
Emily raccolse le gambe sotto di sé, drizzando la schiena mentre lo ascoltava, rigida ed attenta ad ogni sua mossa, ad ogni increspatura che gli correva sul viso. Lo osservava con la preoccupazione che le martellava in fondo allo stomaco, costante e sfiancante, onnipresente, solo più rumorosa e affamata di attenzioni. Era difficile capire qualcosa dal suo viso, escoriato dall'asfalto, sbiancato e scurito al tempo stesso della mancanza di sonno. Faticava ad interpretarlo, mentre lui andava avanti nel suo piccolo discorso, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo occupato a percorrere con attenzione la trama del tappeto. Sembrava concentrato come se di fronte avesse il peggior compito di fisica della sua vita e non avesse la minima idea di come affrontarlo.
Emily prese fiato, cercando di rimettere ordine alle proprie emozioni. Levi stava cercando un punto fisso in mezzo a quel terremoto e lei non faceva altro che agitarsi come fosse stata al suo fianco. Voleva essergli utile, non capire quello che sentiva.
Con decisione rilassò di nuovo le gambe di fronte a sé e gli si fece più vicina, arrivando a sfiorargli la spalla con la propria. In qualche modo il calore che filtrava fra i tessuti leggeri delle loro magliette riusciva a confortarla, riportarla nel qui ed ora.
"Non credo che i tuoi amici siano la parte migliore di te" si decise a dire, stropicciando il viso in una smorfia il secondo dopo aver pronunciato l'ultima parola. Non era quello che voleva dire. Sospirò, poi decise di riprovarci.
"Voglio dire, hai tanti pregi, ragazzino. Ti piace sottovalutarti, ma non dovresti. Noi non siamo il meglio di te, magari ci rendiamo migliori a vicenda, te lo posso concedere, ma il seme e le radici sono tutti tuoi. Se mai dovessimo perderci -e non sto dicendo che succederà, affatto- rimarrai la persona che sei. Non dovresti aver paura di vivere la tua vita, sai? Dicono che alla tua età si attraversi un altro periodo di crisi interiore, ma è solo quello. Stai vivendo un momento di passaggio con un bel bagaglio emotivo a carico, è normale che tu sia un po' terrorizzato riguardo i cambiamenti che hai attorno. Anche gli altri stanno cambiando però. Non è una cosa solo tua, siete tutti un po' più rovesciati del solito. Adesso credo vi faccia bene capire cosa volete davvero e farlo, e se volete cambiare insieme fatelo e basta o se preferite prendervi spazio fate pure quello. Insomma, è uno di quei momenti della vita in cui si prosegue per tentativi finché non trovi il risultato che ti piace e lo segui fino al prossimo periodo di crisi. Fanno così le persone. Vanno in crisi e ne escono, in continuazione, anche se all'inizio non credevano ce l'avrebbero fatta. Ora sei in crisi, ma la soluzione esiste, e solo tu capirai qual è."
Levi alzò lo sguardo dal tappeto, soffermandosi sulla carta da parati che avevano di fronte con lo sguardo vuoto, perso nella contemplazione di un pensiero.
"Quindi dovrei solo provarci finché non ci capisco qualcosa?" le chiese incerto, con le sopracciglia ancora agrottate.
"Credo possa essere un buon piano" gli confermò lei, con il desiderio di posargli un dito sul viso e distendere quelle rughe nervose ed infastidite. Levi aveva sempre odiato non sapere cosa fare, amava inseguire un'idea malsana dopo l'altra, distraendosi dallo scorrere della vita. Invece, in quel momento, non poteva fare a meno di pensarci, non poteva evitarlo in nessun modo.
"Sembra sfiancante" Levi lasciò andare di colpo le spalle, afflosciandosi appena sotto il peso della gravità e dell'esistenza umana. Il viso si rilassò, appesantito dal senso di arrendevolezza che sembrava averlo schiacciato in un istante, tirandosi appena in un sorriso malinconico. Levi era come i bambini: viveva le emozioni in pieno, una dopo l'altra, come una canzone che partiva non appena finiva lo stacco della precedente.
"Lo è, ma è anche straordinario e divertente e anche doloroso, ma la cosa migliore è che è solo tuo" Emily stiracchiò un sorriso e gli posò la testa sulla spalla, facendosi piccola contro di lui quando Levi le passò un braccio attorno alle spalle.
"Quindi alla fine non cambia niente, giusto? Tante parole e siamo punto e a capo."
"Più o meno, mi piace pensare che dare voce ai propri pensieri aiuti, in qualche modo."
"Hai passato troppo tempo in compagnia dei libri di Veronica, devi aver imparato qualcosa per osmosi" la prese in giro lui, stringendola un po' più stretta mentre si lasciava andare a un piccolo sorriso incerto.
"Oh, sicuro. Saranno tutte le canne che mi sono fatta in camera sua per non appestare il resto della casa. La faceva impazzire, ti giuro, passava giornate intere a perlustrare la sua stanza cercando di capire da dove provenisse quell'odore" Emily ridacchiò, spingendosi contro di lui.
"L'ha mai scoperto?"
"No."
"Tu sei un cazzo di genio del male" Levi le donò una piccola risata, contenuta, ma pur sempre una risata e ad Emily bastava quello.
"Lo so. Mai avermi come nemica. O come coinquilina, tranne se non sei una meravigliosa stangona bionda tutta miele e isteria per non riuscire a fare la foto perfetta."
Levi sospirò, lanciandole un'occhiata con la coda dell'occhio.
"La ami proprio, eh?"
"Indiscutibilmente l'amore della mia vita, e se non lei, nessuna."
Levi sorrise con un velo di tenerezza nello sguardo, osservandola con la testa inclinata all'indietro contro il muro.
"Sono contento per te, Milly. È bello vederti felice."
"È bello esserlo, felice" Emily gli si rannicchiò contro infilandogli le braccia sotto una delle sue, stringendoselo contro il petto. Le era sempre piaciuta la calda solidità del corpo di Levi, tutto muscoli guizzanti e pelle tesa. In fondo riusciva a capire perché alle ragazze etero piacesse tanto. Era rassicurante, anche se non era certa se fosse una cosa generale o fosse una cosa di Levi e basta.
"Quando sarai di nuovo felice dimmelo, brinderò a te come abbiamo fatto anni fa. Ok?" gli chiese, alzando lo sguardo nel suo.
Levi la osservò in silenzio per un istante, beandosi dell'affetto puro e semplice che quella ragazza riusciva a infilargli nel petto in qualsiasi momento. Poi ricambiò la sua stretta con un piccolo sorriso, scivolando un po' lungo il tappeto per abbassarsi alla sua altezza.
"In qualsiasi momento?"
"In qualsiasi momento" Emily strinse appena la presa, rassicurandolo sull'onestà delle sue intenzioni. Prima o poi quel ragazzo avrebbe capito che per lui avrebbe rovesciato il mondo e l'avrebbe rimontato da capo, pezzo dopo pezzo.
"Va bene, allora te lo dirò" il suo tono pregno di dolcezza le sciolse il cuore, facendole chiudere d'istinto gli occhi e lasciandosi cullare dal suo calore familiare.
Il mondo, forse, l'avrebbe rovesciato per lui, anche se glielo avesse chiesto soltanto con uno sguardo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top