11. Fottuto

"Mon dieu, è proprio incazzato."

Emily strinse la cannuccia fra le labbra, togliendola dal bicchiere. La lasciò sospesa per un istante in cui si fermò a riflettere. Dopodiché si lasciò drammaticamente andare contro lo schienale di plastica della sedia, portando con sé la cannuccia, il bicchiere e il suo tè freddo abbandonati al loro destino.

"Già," le confermò Levi "non so bene che fare."

Aveva trascinato Emily al bar dove un tempo lavoravano Damon e Chiyuki, preda della malinconia. Voleva riferirle quello che era successo al suo compleanno, chiederle un consiglio, mendicare salvezza.

Emily lo fissò intensamente mordicchiando pensierosa la sua cannuccia.

"Nulla, mon chère. Nerd mi ha detto che sta vivendo un periodo un po' instabile, e lei è assolutamente terrorizzata. Non sa come gestirlo e la spaventa dover imparare sul campo. Insomma, la tua interferenza al momento non è gradita. Hanno bisogno di trovare un equilibrio da soli ora che è finito il periodo luna di miele, e vedremo se dureranno. Fino ad allora dovrai fartene una ragione, tieni a lui ma adesso ci sono confini diversi per te. Benvenuto fra il pubblico, io e gli altri ragazzi stiamo qui da anni ormai. Si assiste alle tragedie altrui e si interviene solo quando è necessario, e al momento tu non sei più parte del copione, quindi il tuo intervento potrebbe potenzialmente far crollare il palco."

Levi arricciò il naso in una smorfia, appoggiandosi contro lo schienale della sedia.

"Da quanto preparavi questa metafora?"

"Molto, molto tempo. Sapevo che ci saresti cascato in fretta" Emily si sporse per bere il suo tè, lanciandogli un'occhiata da sotto le ciglia. "Tu devi sempre metterti in mezzo, quando si tratta di lui."

"È perché ci tengo."

"Lo so, ma a volte tenerci troppo fa del male."

"Dovevi fare la poeta su Instagram" commentò ironico Levi, alzando gli occhi al cielo per evitare il suo sguardo scuro e profondo. Odiava quando lo guardava in quel modo.

"La mia ragazza è un'influencer, non sarebbe un problema per me iniziare. Mi adorerebbero" gli lanciò un sorrisetto, con le labbra rosso ciliegia impeccabili, lasciando andare bicchiere e cannuccia sul tavolino.

"Purtroppo non ne dubito, sai sempre come conquistare le persone."

"Saper scatenare emozioni, direi il requisito minimo per un'artista, non trovi?" gli occhi le scintillarono divertiti, dando luce a quel sorriso che le si era aperto compiaciuto sul viso. Quando riceveva complimenti a lei graditi Emily diventava simile ad un gatto: il suo caldo sorriso ti faceva le fusa, invogliandoti a continuare.

"Tu hai tutto il pacchetto, Milly" alzò la tazza nella sua direzione e lei ci scontrò il suo bicchiere divertita, ridacchiando leggera.

"Mi sei mancato così tanto, mon cher, gli altri non mi apprezzano abbastanza" il tono era scherzoso, ma lo sguardo era serio, e Levi amava così tanto quel suo modo di dirti le cose con il cuore nascosto dietro alla schiena. La capiva, a volte nemmeno lui riusciva a dire semplicemente quello che provava per gli altri. Era una di quelle cose semplici a parole ma difficile da dire.

Stava per ribattere quando il tintinnio del campanello l'aveva distratto, facendogli sbiadire ciò con cui voleva replicare.

Marco era entrato baldanzoso nel locale, un gruppo di ragazzi gli ronzava attorno con espressione divertita. Uno gli buttò un braccio sulle spalle, scoppiando a ridere per qualcosa che gli aveva detto.

I suoi occhi rilucevano di divertimento, resi più profondi da una nota di gioia genuina che gli si accendeva in volto solo quando segnava e si faceva due giri di campo correndo con le braccia all'aria. Dovevano essere suoi amici stretti, persone che per un motivo o per l'altro meritavano i suoi sorrisi più sinceri.

Levi rimase a fissarlo in silenzio, osservando come fosse nel suo ambiente quando non sapeva che lui fosse nei paraggi. Cercava un indizio nel suo comportamento che gli dimostrasse che in sua presenza fosse più nervoso, che in fin dei conti non gli fosse così indifferente, ma non notò nulla. Marco era sempre lo stesso, leggero e canzonatorio con chiunque, con quel suo sorrisetto da schiaffi che poteva stenderti se non ci stavi attento.

Emily gli schioccò le dita di fronte al naso, facendolo precipitare all'improvviso seduto sulla sua sedia.

"Che succede, ragazzino?" aggrottò le sopracciglia, sporgendosi verso di lui.

"Ho ventisei anni, direi che potresti smetterla di chiamarmi ragazzino" le rispose meccanico, cercando di ricomporsi, scacciandola con un gesto della mano. Si sentiva come un bambino beccato con le mani nel barattolo di marmellata, il che era assurdo.

"Sarai sempre il mio ragazzino, anche quando avremo ottant'anni ed Essa sarà così piena di me da obbligarti a portarmi ogni giorno a dar da mangiare alle anatre al parco."

"Stai pensando di chiederle...?" l'argomento aveva catturato completamente la sua attenzione, riuscendo incredibilmente a detronizzare Marco dai suoi pensieri.

Emily lo osservò pensierosa, rigirandosi la cannuccia fra le labbra e aspirando di quando in quando per prendere tempo.

"So che non stiamo insieme da molto, ma sinceramente credo che lei sia quella giusta. E se non lo è lei, non lo è nessun'altra. Quindi sì, sto considerando di chiederle di sposarmi. Non so bene ancora il come e il quando, ma so che non riesco ad immaginare un futuro senza di lei. Mon dieu, che romantica mollacciona che sembro" roteò gli occhi con una scintilla d'imbarazzo che lasciò Levi quasi a bocca aperta. La conosceva da quasi dieci anni e non l'aveva mai vista arrossire, nemmeno quando l'aveva trovata a sfilarsi il reggiseno per una delle sue conquiste occasionali. In fondo anche Emily Dumont conosceva l'imbarazzo.

"Wow... Non credevo sarei vissuto tanto a lungo."

Emily gli lanciò un'occhiataccia, piazzandogli sotto al tavolo un tacco nella punta del piede. Succhiò dalla cannuccia rumorosamente, osservandolo contorcersi con una smorfia seccata.

"Non prendermi per il culo, cazzone."

"Merda, Milly" borbottò Levi, tirando contro il petto la gamba ferita, posando il tallone sul bordo della sedia.

"Ti sta bene" gli rispose lei, con un sorrisetto mal trattenuto sotto i baffi. "E poi non credere che non abbia notato il tuo strategico cambio di argomento. Ho vissuto con Veronica per anni, un principiante come te non può fregarmi."

Levi le lanciò un'occhiata da sotto le ciglia, maledicendola mentalmente per averlo illuso di essere riuscito a fregarla. Era schifosamente intelligente e manipolativa, talmente brava che nonostante la conoscessi ti dimenticavi in fretta della sua abilità. Sapeva leggere le persone come nessun altro al mondo, di fronte a lei si dispiegavano come libri docilmente aperti.

Levi fece per aprire la bocca, ma lei lo interruppe puntadogli una mano di fronte al naso.

"Non provare neanche a dirmi che non stavi guardando nessuno perché l'ho notato benissimo il fighetto sottomarca che è entrato poco fa. Avevi quasi la bava alla bocca. E non ti giudico, eh. Anzi, ti farebbe più che bene rimontare in sella dopo tutto questo tempo e secondo me il ragazzo è pure disponibile. Così, a vibrazioni. Oddio, ti prego, non arrossire in quel modo. Sei. Ridicolo."

Levi sostenne il suo sguardo a fatica, chiedendosi come facesse sempre a cogliere qualsiasi cosa. Era consapevole della lunga occhiata che aveva lanciato in quella direzione, ma oltre a Marco erano entrati altri quattro ragazzi eppure Emily sembrava aver capito perfettamente il filo conduttore dei suoi pensieri.

"Per te sono tutti fighetti sottomarca" borbottò appoggiandosi con la schiena alla sedia, le braccia ripiegate sopra il petto. Stava prendendo fisicamente le distanze da Emily e da tutta quella storia. Al momento non gliene andava a genio nessuna delle due.

"Perché a te piacciono solo fighetti sottomarca, mon cherè. Sorrisi smaglianti, tratti classici, sbruffoni del tipo che ti mettono all'angolo e ti piazzano un ginocchio fra le gambe. Tu li adori, you turn on like a light bulb"  Emily unì le mani sulla parte finale del palmo e poi le allargò muovendo le dita avanti e indietro, mimando un piccolo fuoco d'artificio scoppiettante.

"E se lui non lo fosse?" le chiese piccato, a mezza voce, per nulla pronto ad ammettere esplicitamente che suo malgrado aveva ragione, ce l'aveva sempre.

"Lo è" gli rispose lei con convinzione. "Magari c'è altro dietro, ma in ogni caso tu ti sei avvicinato a lui per quello, non certo perché cercavi un'altra anima complessa da decifrare. Ma non c'è nulla di male, in fondo gli servirà pur qualcuno a cui piazzare il ginocchio fra le gambe a questi tizi, no?"

Levi la guardò da sotto le ciglia, il mento basso, cercando di trattenere un sorrisetto che non si meritava. Era difficile mantenere il muso ad Emily se lei decideva di non meritarselo.

Gli sorrise anche lei, con una nota furba che le incurvava le labbra in quel suo modo particolare che la rendeva irresistibile per gli sconosciuti.

"Hai un debole per me, ammettilo."

"Non ho un debole per nessuno" alzò gli occhi al cielo fingendosi esasperato, incrociando per un istante uno sguardo inatteso.

"Per me un debole però ce l'hai."

Levi sussultò nonostante avesse incrociato quello sguardo un istante prima, facendo del suo meglio per nascondere la sorpresa. E il brivido di piacere che gli aveva causato lungo la schiena e il relativo campanello d'allarme che si era risvegliato in qualche angolo del suo cervello.

Marco era poco dietro alle sue spalle che gli rivolgeva il suo solito sorrisetto osservandolo dall'alto, con le braccia incrociate contro il petto e la solita posizione rilassata. I soliti occhi scintillanti, i ricci scombinati e un velo di barba che non gli aveva mai visto addosso e che forse era la causa del brivido che gli era sceso lungo la schiena un istante prima. Non l'avrebbe mai ammesso, ma con quel velo di barba sarebbe riuscito a metterlo in ginocchio con un solo sguardo.

"Narcisista megalomane" commentò in un borbottio, estremamente consapevole del rossore che gli era salito al viso.

Marco gli dedicò un accenno del sorriso sincero e aperto che non gli si vedeva mai in viso, facendogli dimenticare tutti i buoni propositi e le ore passate a convincersi che passare da un guaio all'altro non era un hobby sano per lui.

"Non è un modo carino di presentarmi alla tua amica" sorrise smagliante rivolto verso Emily, passandosi una mano fra i capelli con studiata noncuranza. Avrebbe voluto odiarlo, ma adorava la consapevolezza che aveva del suo aspetto e dei suoi punti di forza. Era sicuro, sfacciato, nato per arrivare ovunque desiderasse. Forse il punto era che non desiderava davvero arrivare da nessuna parte. Voleva scintillare senza troppo impegno, senza mettersi in gioco davvero. Arrivare a trent'anni senza obiettivi se non quello di essere lasciato vivere, con anche meno sogni di una persona qualunque.

"In effetti fare uno spoiler così grande non è gentile da parte mia" Levi gli restituì a modo suo il sorrisetto, tirando le spalle indietro per cercare di darsi un tono e forse anche per sfiorarlo. Da quando aveva rimesso insieme alcuni dei suoi pezzi si era reso conto che qualcosa era tornato indietro in lui, che vecchie abitudini ormai dimenticate stavano rinascendo come fenici dalle macerie dei suoi sentimenti bruciati dalla rabbia. Aveva riscoperto scintille del vecchio e implacabile desiderio, e non sapeva se sentirsi sollevato o dannato per il fatto che queste fossero indirizzate verso un unico soggetto ben disponibile ad accontentarlo. Temeva quel desiderio perché sapeva che di autocontrollo gliene rimaneva ben poco e che, un giorno, non sarebbe stato difficile che lo facesse finire letteralmente in ginocchio e si odiava perché fremeva soltanto alla prospettiva.

Emily ridacchiò di fronte a lui, interrompendo il suo flusso di autoanalisi. La vide sfoderare il sorriso affascinante che usava quando voleva ammaliare la persona che aveva di fronte, costringerla ad adorarla per poi rivelarle tutti i suoi segreti. Era dannatamente brava, ma Marco era altrettanto dannatamente chiuso ed inspiegabile. A volte non si poteva cogliere il significato di quel che faceva perché era semplicemente spontaneo e abituato a nascondere ciò che gli passava per la testa. A omettere. Faceva le cose e basta, stava poi a te scegliere se prenderle come venivano o porti domande. Levi aveva imparato a farsele dopo.

"Milly, lui è Marco, un mio compagno di squadra" le lanciò un'occhiata eloquente, pregandola con lo sguardo di non dire troppo, ma lei non si degnò a ricambiarlo neanche per un istante. "Marco, lei è Emily, una delle mie migliori amiche."

"Piacere di conoscerti, Emily."

"Tu dici?"

Marco le restituì un'occhiata perplessa, con tanto di sopracciglia aggrottate e un angolo delle labbra che tirava verso il basso. Non era abituato ad essere preso in contropiede ed era evidente, quasi quanto la scintilla di divertimento che animava gli occhi scuri e calcolatori di Emily. Voleva metterlo alla prova, Levi temeva di scoprire il perché.

"Trovo noiose le convenzioni sociali."

"Scommetto che sulla tua bio di Instagram c'è scritto 'artista'."

"Anche attivistia, femminista e lesbica."

"Un personaggio senza dubbio interessante. Le convenzioni sociali non ti rendono giustizia."

Levi seguì il veloce scambio di battute, meravigliandosi per il sorriso finale che i due si erano dedicati. Una potenziale tragedia di collisione dei suoi mondi era terminata con quell'improbabile -e forse anche un po' fuori luogo- sorriso. Fu tentato di pizzicarsi la mano sotto al tavolo ma si trattenne, decidendo che se quello era un sogno preferiva non svegliarsi.

Non poteva quasi credere ai suoi occhi, ma ad Emily piaceva uno dei suoi ragazzi fatti con lo stampino. Lo osservava rapita, piena d'interesse per qualcuno che per una volta aveva saputo starle dietro invece di farsi schiacciare dalla sua personalità dirompente. Le piaceva, e Marco non aveva nemmeno idea di quanto fosse raro essere guardati in quel modo da Emily. In fondo Levi l'aveva sempre saputo che in Marco c'era di più, il suo problema era un altro. Se non avesse trovato un hobby stabile nell'omissione probabilmente si sarebbe lasciato piazzare di nuovo quel ginocchio fra le gambe da tempo, ma Levi aveva passato quasi tutta la vita ad omettersi, era stanco di nascondere ogni respiro sperando di non essere notato.

"Comunque," Marco si rivolse nuovamente a lui, spegnendo il sorriso intrigato e ridipingendo il suo sorrisetto convenzionale. Per un secondo la cosa gli strinse lo stomaco, e Levi si rese conto che forse la situazione gli stava sfuggendo di mano più di quanto non si fosse accorto. "Domani ci sei, ragazzino?"

"Sì" e sapeva di essersi sciolto come neve al sole in quell'unica sillaba, ma fece del suo meglio per far finta di nulla. Stava scoprendo che Marco era una di quelle persone che più cerchi di evitare e più prendono il controllo della tua testa e delle tue viscere. Ti striscia sotto pelle proprio nel momento in cui fai di tutto per ignorarlo, stabilendosi comodamente e ramificando ovunque, conquistando un organo dopo l'altro cosicché la volta successiva in cui l'avessi incontrato l'avresti percepito in ogni singolo centimetro del corpo. E Levi lo sentiva, lo sentiva al punto che non sapeva come impedirsi di cedere e lasciare la gestione del problema al se stesso del futuro.

Levi era fottuto, e solo in quel momento si era reso conto di quanto lo fosse.

"Ottimo, così non potrai più ignorarmi" una strana luce passò nello sguardo di Marco, ma quello si ritirò prima che Levi potesse anche solo minimamente cercare di interpretarla.

"È troppo convenzionale se ti saluto sperando di incontrarti di nuovo?" si rivolse ad Emily, con il tono rilassato e provocatorio tipico della sua natura.

Emily gli sorrise divertita, il viso piegato appena da un lato mentre scuoteva appena la testa.

"Suppongo che in questo caso si possa cedere ad una convenzione, a volte capita anche siano autentiche."

"Lo prenderò come un complimento" le sorrise scherzoso. Poi fece una cosa inaspettata che ghiacciò e allo stesso tempo diede fuoco a Levi: gli posò le mani sulle spalle, spingendosi appena in avanti. Levi percepì la pressione di ogni singolo dito attraverso il tessuto della giacca, chiedendosi come sarebbe stato se fra loro non ci fosse stato nulla se non le loro pelli.

Rimase con le spalle rigide, quasi estraneato dalla situazione mentre Marco si congedava, recependo a malapena il sorrisetto soddisfatto che gli riservò prima di spezzare il contatto e raggiungere i suoi amici. Sapeva di averlo in pugno, trasudava soddisfazione ad ogni passo.

Levi era fottuto.

"Merda, quanta elettricità qui in mezzo."

"Sono fottuto" confermò lui, con la coda dell'occhio che ancora vagava alle sue spalle alla ricerca della sagoma ben nota.

"Beh," attaccò Emily con un sorriso degno dello stregatto "se proprio devi, almeno fatti fottere per bene."

Ed Emily aveva sempre ragione, no?

Spazio autrice
Mi sono ricordata di aggiornare, merito un premio. Sul serio, sono pessima, sono giorni che sto rivedendo la storia (le rivelazioni su me stessa che ne sto cavando sono la cosa più banale e assurda della mia vita) ma ogni volta mi dimentico di tornare indietro e schiacciare pubblica.
L'ho già detto che sono pessima?

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