02. La parte giusta
Morndas, 1° della Gelata, anno 257 della Terza Era.
Keiko, seduto su uno dei tavoli della terrazza sul retro di Jorrvaskr, si sollevò il cappuccio sulla testa per proteggersi dalle sferzate gelide del vento dell'Est, che scendeva impetuoso dalla Gola del Mondo e riempiva la vallata del feudo, gelando i campi delle fattorie, le tane dei lupi e la sabbia del fiume dove si annidavano i Granchi del Fango.
Fece uscire le orecchie feline dalle due feritoie tagliate apposta e riprese a mangiare la sua mela verde. La sua mente, invece, vagava verso Ovest, insieme a Sathya.
Scosse la testa.
Che senso aveva vivere così, rincorrendo i fantasmi del passato? Avevano fatto il loro dovere, si erano schierati dalla parte giusta del firmamento e avevano dato il loro contributo alla causa. I draghi e la loro stirpe si erano estinti, le Blade avevano vinto, e il prezzo per questo successo, l'altissimo prezzo in vite umane che aveva richiesto questa missione impossibile era stato pagato. E quella ferita che aveva messo fine alle loro avventure ancora bruciava nelle menti di tutti i sopravvissuti.
Non serviva il suo fine udito per sentirlo arrivare.
Farkas rimase per qualche momento a guardare cosa succedeva nel piazzale di addestramento.
"Non fa un po' freddo per questo?"
Il Precursore alzò gli occhi sui cinque aspiranti Compagni, nudi e immobili, in piedi in fila sul piazzale, in silenzio da quasi un'ora.
"Continuo a trovare i tuoi metodi di addestramento piuttosto... pittoreschi" commentò il gigante con la sua parlata lenta e la voce cavernosa.
"Se il Gatto e il Lupo ci riescono, anche i cuccioli devono abituarsi"
"Sempre che sopravvivano" concluse Farkas con un'alzata di spalle. Keiko si alzò in piedi e si aggiustò l'armatura di cuoio. Farkas lo superava in altezza solo di pochi centimetri, e, nelle rare volte in cui, per gioco o per lavoro, si erano trovati a sfidarsi corpo a corpo, l'aveva spuntata sempre il Nord, anche se di poco e con grosse difficoltà.
"I tuoi occhi non brillano come al solito, Precursore. Qualche problema?" il Kajiti incrociò le braccia al petto.
"Ti è mai pesato, Farkas?" anche il Nord incrociò le braccia sul possente petto, senza capire.
"Che cosa? La vita con i Compagni?"
"No, la decisione di tuo fratello Vilkas di andarsene. Ti ha mai dato pensiero?"
"Vilkas è un uomo straordinario, e un valido guerriero. Tuttavia, penso che tu ti sia meritato il ruolo di Precursore dopo che il Sangue di Drago è sparito dalla circolazione. Non mi sono mai pentito di aver messo la mia spada e il mio scudo al tuo servizio, Keiko, e nemmeno Vilkas avrebbe dovuto. Se la sua gelosia glielo ha impedito, non sono affari che mi riguardano. Kodlak non ci aveva insegnato ad invidiare i nostri fratelli, ma ad amarli e a proteggerli sotto qualsiasi cielo. Quindi, per rispondere alla tua domanda, no, non mi è mai pesato, e si, mi preoccupa non sapere dov'è, ma solo perché e mio fratello, di sangue e di scudo. Certi legami vanno oltre i giuramenti"
Nel mentre, anche Ria li aveva raggiunti, e anche lei si era fermata a osservare divertita le reclute che tremavano al gelido vento dell'Est.
"Che cosa eri venuto a dirmi, Farkas"
"Abbiamo ricevuto una chiamata dal Sud, nel feudo di Falkreath. Qualcuno sta approfittando del caos creato dalla guerra per vandalizzare le fattorie e le locande. Ci hanno chiesto di intervenire prima che ci scappi il morto"
Keiko guardò entrambe prima di rispondere.
"Certo è una questione delicata, tuttavia credo che siate in grado di gestirla tranquillamente da soli" rispose il Kajiti, confuso.
"Dovresti venire anche tu, Precursore. E' tanto che non vai a caccia, e le nebbie nei tuoi occhi si fanno sempre più oscure" intervenne la donna.
"Inoltre – aggiunse Farkas – la situazione laggiù è piuttosto complicata, con gli Imperiali e i Manto della Tempesta. Non mi dispiacerebbe avere una lama in più al mio fianco, e qualcuno che possa parlare meglio di quanto farei io"
Keiko volse lo sguardo alle giovani reclute. Quanto tempo era passato da quando il Sangue di Drago lo aveva trasformato da mercenario a uomo d'onore? Doveva cambiare aria per un po', uscire dalla città e sentire di nuovo il richiamo dell'avventura.
Partirono alle prime luci dell'alba.
Presero la strada che costeggiava le montagne a Est, pattugliata dalle guardie imperiali e lontana dalle incursioni furtive dei Manto della Tempesta.
Arrivarono a Riverwood la sera, quando i lampioni e le lucciole illuminavano già i boschi e le case di legno. Gli stendardi rossi col pugno bianco degli Imperiali ornavano le palizzate del perimetro esterno, le bandiere ammiccavano afflosciate sopra ogni casa, nel silenzio del coprifuoco imposto dalla guarnigione di soldati in armatura gialla.
Riconosciuti i Compagni li fecero passare e Farkas fu il primo a tirare un lungo sospiro.
"Una volta venni qui con il Sangue di Drago, per liberare questo posto dall'Impero. Sembra che nulla sia cambiato da allora"
"Fate bere i cavalli e prendete delle stanze al Gigante Addormentato, io devo vedere una persona" si limitò a dire Keiko.
Il Kajiti attraversò il villaggio a testa alta, affrontando il freddo della sera e gli sguardi di sfida delle pattuglie Imperiali. I Nord non avrebbero mai accettato e rispettato la sua razza come loro pari.
Bussò alla porta della casa e rimase in attesa. Non udì nemmeno un rumore prima di sentire la sua voce cristallina da Bosmer.
"Chi è?"
"Un vecchio amico"
Faendal ebbe un attimo di esitazione prima di aprire la porta.
"Keiko, quanto tempo" Il Kajiti aveva sempre trovato affascinanti gli occhi del cacciatore.
"Troppo" replicò Keiko abbracciandolo.
Otto anni non erano che un breve soffio di vita per un Bosmer, ma nei suoi occhi, completamente neri, brillanti quasi fossero vacue pozze di inchiostro, Keiko vide preoccupazione, e tristezza.
"Prego, accomodati – continuò invitandolo ad entrare – Ti nutri ancora di sola frutta, Precursore?"
"Cerco di mantenermi in forma" sorrise Keiko dandosi dei colpetti sullo stomaco. L'Elfo raccolse un paio di boccali dalla dispensa e una caraffa di sidro. Come la maggior parte delle case dei villaggi più piccoli, anche quella di Faendal aveva solo una stanza, dove c'era il letto, il camino per riscaldarsi e cucinare, e pochi altri oggetti d'arredamento. Quello che lasciò senza parole il Kajiti fu il notare che, nella sua casa, da quando lo conosceva, le cose non erano mai cambiate.
"Come mai da queste parti?" chiese infine il padrone di casa allungando un debole sorriso.
"Siamo diretti a Falkreath, problemi con dei razziatori. I soliti fastidi che la guerra porta con se"
"Mmm – commentò il Bosmer annuendo – brutta faccenda la guerra"
C'era qualcosa di strano. Faendal era sempre stato riservato e poco incline a mostrare i suoi sentimenti, ma era un cacciatore esperto, estremamente capace ed energico. L'Elfo che aveva di fronte ora, invece, era stanco e affaticato, il fantasma dell'arciere infallibile con cui aveva girato i sette feudi. Si guardò attorno, cercando di capire, una delle sue doti più apprezzate dai suoi compagni d'arme. Niente carne, ne appena cacciata ne stesa a seccare, solo frutta e verdura, poca legna sul fuoco, e un odore di stantio che poco si adattava alla quotidianità di un Elfo.
"Come va la caccia, Faendal?" il Bosmer si lasciò andare sullo schienale della sua sedia, sbuffando con un'alzata di spalle.
"Con la guerra, sai, le cose non vanno benissimo. Inoltre, i soldati vogliono cibo, e provviste. Però ho ancora la mia casa e addestrerò qualche altro cacciatore per arrivare fino ai boschi di Helgen, quando sarà passato l'Inverno. Tutto sommato – concluse allungando un sorriso forzato – non mi lamento"
"Lo sai che c'è sempre posto per te tra i Compagni. Il tuo arco e le tue straordinarie capacità mi tornerebbero molto utili, amico mio"
Faendal si fece scuro in volto, scuotendo la testa e distogliendo lo sguardo.
"Sai come la penso, Keiko, hai ricevuto le mie lettere. Ne ho abbastanza di misteri, di morte e ..." non riuscì a finire la frase.
"Devo chiederti una cosa, Faendal. Ho incontrato Sathya qualche giorno fa. Si nascondeva dalla Confraternita a Whiterun e se n'è andata verso Ovest, accompagnata da un Orco di nome Hogar"
"E allora?"
"Hai per caso idea di cosa stesse cercando? E del perché la Madre Notte la voglia morta?"
Faendal si alzò, a disagio. Si mosse verso la finestra, trascinandosi a stento, come se le forze potessero venirgli meno da un momento all'altro.
"Solo la Madre Notte sa perché i suoi figli eseguono il suo volere. Non vedo Sathya da anni, ma immagino che il motivo del suo girovagare sia sempre lo stesso. Non si darà mai pace finchè non lo avrà trovato, Keiko, questo lo sai anche tu, o fin quando il marchio nero troverà lei"
Keiko lo raggiunse alla finestra e gli poggiò una mano sulla spalla fine e ossuta.
"Un'ombra si allunga sul mio cuore a guardarti, Faendal. Lascia che ti aiuti, amico mio. Se non vuoi venire a Jorvaskrr con me va bene, ma non chiedermi di guardarti sparire come un'ombra nella notte senza fare niente"
"Non voglio la tua carità" sussurrò l'Elfo indurendo il tono, con un nodo alla gola.
"Non ti sto facendo la carità, testardo di un Elfo – Ci fu un attimo di sospensione, di silenzio – Non ha abbandonato solo Sathya, ha abbandonato tutti noi, Faendal. Ma noi siamo ancora qui, l'uno per l'altro, se lo vogliamo" concluse dandogli una fraterna pacca sulla spalla e imboccando la porta.
"Non so se ho la forza di ricominciare, o la voglia. Non sono più una Blade. Le Blade non esistono più, Keiko" Bosmer e Kajiti possedevano un'innata empatia per le altre creature, e solo dopo quelle parole il Precursore potè percepire tutto il dolore dell'Elfo.
"Vero. Eppure, posso ancora sentire il sottile profumo di cuoio e foglie di quercia della tua vecchia armatura dentro quel baule. Se cambi idea, sai dove trovarmi, amico mio. Le porte di Jorvaskrr sono sempre aperte per te"
Né Farkas né Ria fecero domande su cosa avesse fatto il Precursore quella sera, e la mattina seguente ripartirono all'alba per Falkreath. Mentre risalivano la strada alta che passava a Ovest di Helgen, cominciarono a incrociare sempre più pattuglie di Imperiali. Quando giunsero alle porte di Falkreath era pomeriggio inoltrato, e i fuochi degli accampamenti rischiaravano i boschi attorno alla città per diversi chilometri.
Un gruppo di Imperiali in uniforme gli si fece incontro, armati fino ai denti e con l'aria minacciosa.
"Fermi, da qui non si va oltre. Identificatevi"
"Il mio nome è Keiko, Precursore dei Compagni di Jorvaskrr, e questi sono Farkas e Ria, miei fratelli di scudo"
Il soldato sembrò divertito da quella presentazione.
"Due Nord comandati da un gatto? Come sono caduti in basso i Compagni. Il mondo sta davvero andando a rotoli"
Il Kajiti non colse la provocazione, talmente era abituato alla superficialità degli Umani.
"Cosa vi porta così a Sud? Siete venuti a combattere per il vostro Imperatore?"
"No mi spiace, i Compagni non mettono le loro lame al servizio della guerra. Abbiamo ricevuto una chiamata per dei problemi nelle fattorie della zona. Pare che ci sia qualcuno che approfitta della situazione per terrorizzare gli abitanti della regione"
I tre soldati si scambiarono qualche sguardo divertito. Keiko non si aspettava che nessuno dei tre gli rispondesse, così si rivolse a Farkas. Il gigante non era una mente brillante, ma capiva gli umani meglio di lui, e ancor meglio i guerrieri. Farkas aveva gli occhi incollati su quello che sembrava in comando e fece avanzare il suo possente assiano grigio di qualche passo.
"Forse i vostri esploratori hanno sentito qualcosa che potrebbe tornarci utile" disse il Nord. I soldati, alla vista di Farkas e del suo enorme spadone a due mani che gli spuntava dalle spalle, persero la loro spocchia e ritrovarono un barlume di serietà.
"Non ci occupiamo della sicurezza dei civili della zona, Compagno. I Manto della Tempesta si nascondono nelle montagne da mesi e le loro incursioni ci costringono a restare asserragliati attorno a Falkreath. Se qualcuno infastidisce boscaioli e contadini, non sono affari nostri"
Keiko si gaurdò attorno.
Falkreath era una città occupata. Ovunque sorgevano torri di osservazione temporanee, barriere difensive, le palizzate erano state rinforzate e la quantità di soldati in forza nel presidio all'interno della città era impressionante. In mezzo a tutto questo, c'erano gli abitanti, che sgattaiolavano da un edificio all'altro, cercando di passare inosservati, tra i fuochi degli accampamenti e il ferro delle armi.
Forse, non c'era nessun razziatore, e sembrava che anche Farkas se ne fosse accorto.
"D'accordo, dunque – riprese il Nord – Rimarremo in zona per qualche giorno, per assicurarci che la situazione sia sotto controllo. Date notizia della cosa ai vostri esploratori, sarebbe davvero spiacevole scambiarli per criminali e ucciderli"
Il soldato sembrò titubante, ferito nell'orgoglio ma abbastanza furbo da sapere che era meglio tenere la bocca chiusa.
"Possiamo dare un'occhiata all'interno?" chiese Keiko scrutando le strade della cittadina dalla sua posizione.
"Quello che succede all'interno della città sono affari dell'Impero. Per quanto mi riguarda potreste essere spie dei Manto della Tempesta. Restate in zona se volete ma lontano da qui, non abbiamo bisogno di problemi"
Detto questo, non aspettarono replica e tornarono da dov'erano venuti.
I tre si fecero vicini.
"Odio gli Imperiali" commentò Ria disgustata.
"Non ci sono razziatori in zona, vero?" commentò Keiko cercando conferma da Farkas. Il Nord annuì, guardandosi attorno distrattamente.
"Forse no, o forse, se ci sono, gli Imperiali lo sanno e gli lasciano fare in cambio di informazioni. In guerra è così che va. Le persone vengono usate come i cavalli e le spade" Ria si guardò attorno, col suo solito sguardo duro
"Non ci lasceranno entrare, e dormire alla diaccio è pericoloso, dove andiamo? Si fa buio ormai"
"Conosco un posto" concluse Keiko.
Dopo qualche ora di viaggio verso Nord-Ovest, superarono l'ultimo crinale e giunsero su un falso piano coperto da diversi lati, che offriva un'ampia e splendida veduta sul lago Ilinalta. Al centro del falso piano sorgeva una tenuta a due piani, un edificio diroccato e in rovina, in palese stato di abbandono.
Keiko entrò per primo nella Tenuta.
La porta d'ingresso era divelta e giaceva a terra immersa nella polvere, la sala d'ingresso versava in condizioni pessime. Il Kajiti dovette prendere fiato prima di proseguire. Non entrava in quel posto da anni, e i ricordi dei momenti vissuti li dentro lo travolse in pochissimi istanti.
Ria e Farkas avanzarono con più decisione. La donna Nord aprì le porte che immettevano al salone principale e tutti e tre scoprirono assieme ciò che rimaneva di quella che una volta era stata l'ultima sede delle Blade.
Una volta sistemati al piano superiore, Keiko salì sulla torre Ovest assieme a Ria ad ammirare lo spettacolo delle acque cristalline del Ilinalta che riflettevano la luce brillante della luna piena.
"Farkas ha sempre più problemi a dormire in notti come questa" commentò Ria con lo sguardo alto nel cielo. Anche Keiko era attirato dal pallore argenteo della notte, che si rifletteva nei suoi occhi felini in centinaia di sfaccettature di colore diverso.
"Di chi è questo posto?"
"Di una persona che conoscevo"
"Un amico?" Keiko sospirò, ma, alla fine, non rispose.
"Vivevi qui, non è vero? E' questo il motivo per cui i tuoi pensieri sono così cupi ultimamente, il ricordo di qualcosa, qualcosa legato a questo posto" il Kajiti fece una smorfia.
"Cosa te lo fa pensare?"
"I miei genitori erano di Helgen, nati e vissuti lì, come i loro genitori e così via, per generazioni. Io sono stata l'ultima della mia famiglia a vedere Helgen prima che Alduin la radesse al suolo. Ero molto piccola al tempo, ma ricordo bene quel giorno" Poi si rivolse al Kajiti. I suoi occhi, piccoli e neri, erano sempre intrisi di un coraggio e un'energia che ispiravano soggezione e rispetto, compensando la sua corporatura minuta.
"Conosco quello sguardo, quella sensazione. Ogni volta che mi avvicino a Helgen provo una morsa allo stomaco, lo stesso senso di terrore e meraviglia che si prova quando si entra in uno degli antichi tumuli"
Keiko smise di provare a resistere, e si lasciò trasportare dai ricordi.
"Anche il proprietario di questa casa era lì quel giorno. Era nelle liste degli Imperiali per l'impiccagione"
"Ah, dannati Imperiali e le loro liste"
L'istinto del Kajiti si mosse ad allerta, e il felino aguzzò l'udito, sentendo i passi che si avvicinavano alla tenuta.
"Puoi andare a dormire, Ria. Chiudo tutto io e faccio il primo turno di guardia"
La donna Nord si congedò e scesero assieme. Keiko attese di essere solo.
Entrò nell'atrio e rimase lì, tra le ombre. Nell'oscurità della notte spuntavano solo i suoi occhi, due punti verdi e azzurri che brillavano come stelle. Di fronte a lui, appena dentro l'entrata distrutta, la figura dell'Argoniano si stagliava nera come le ombre attorno, sullo sfondo della notte illuminata dalla luna. Un singolo raggio penetrava dalle finestre sbarrate e lo colpiva in pieno muso, illuminando il suo lungo e sottile sorriso pieno di denti aguzzi.
Si sfidarono così, in silenzio, per diversi minuti.
"Quando ho fiutato il tuo odore non potevo crederci, ho voluto verificare di persona"
"A cosa non potevi credere, Fabian?"
"Che il mio vecchio compare fosse ancora vivo. Pensavo che qualche drago ti avesse bruciato il pelo" commentò allargando il suo ghigno. Keiko intravide alla sue spalle un paio di uomini, rimasti fuori ad attendere. Conoscendolo, che Fabian fosse il capo, e che la loro fosse una banda di mercenari tagliagole, era quasi scontato, vista la sua stazza e la sua bravura nel maneggiare la gigantesca ascia da battaglia che portava alla schiena.
"Vedo che ti sei trovato nuovi compari"
Fabian annusò l'aria nella sua direzione.
"Anche tu hai fatto nuove amicizie. Un Uomo-Lupo e una donna Nord. Non mi dire che te la fai con i Compagni, Keiko"
Il Kajiti infine, avanzò di qualche passo. C'era un solo modo per trattare con Fabian, il solo che conosceva fin da quando erano mercenari e assassini e viaggiavano assieme per il mondo in cerca di soldi facili e divertimento. Bisognava affrontarlo, a testa alta, tenendo ogni senso allerta e senza mai mostrare segni di debolezza.
"A dire il vero sono il Precursore. I miei fratelli di scudo mi hanno scelto come degno successore di Ysgramor. Infatti, siamo giunti fin qui perché qualcuno sta razziando le fattorie e terrorizzando la gente del posto più di quanto faccia la guerra. Ne sai qualcosa, Fabian?"
Il sorriso beffardo dell'Argoniano si allungò ancora. Gli occhi brillanti e selvaggi del Kajiti sfidavano quelli gialli con la pupilla da rettile di Fabian.
"Oh, eravamo bravi in quello, a terrorizzare la gente, ricordi?" lasciò quelle parole in sospeso.
"Comunque no – riprese dopo qualche secondo l'Argoniano – non mi muovo più per così poco come razziare fattorie, dovresti saperlo ormai"
"Dovrei?"
"Sono venuto fin qui a vedere come te la passavi. Lavorare con questi Nord mi fa guadagnare bene, ma non mi diverto più come una volta, quando eravamo solo noi due. Non puoi averlo dimenticato"
"No, Fabian, ricordo bene. Se fai uno sforzo di memoria anche tu, tuttavia, ricorderai che ci è stata data la possibilità di fare qualcosa di meglio delle nostre vite, e tu hai rifiutato. Il passato è passato, e rimarrà tale, almeno per me"
La silhouette robusta del mercenario si mosse in avanti, e ora solo i suoi occhi fini e allungati erano visibili.
"Puoi tentare la via della redenzione quanto vuoi, Keiko, ma resti un tagliagole come me, e lo sarai sempre. E anche se nessuno verrà a sapere del tuo passato, le tue mani restano sporche di sangue innocente, e quel sangue non si lava via in nessun modo, amico. Unisciti a me, riformiamo la vecchia banda. Perché negare questa realtà? Perché non abbracciare la propria natura?" sibilò Fabian allungando verso l'amico la mano piena di artigli affilati e coriacee escrescenze ossee.
"Perché si può nascere in un certo modo, e si può decidere di farla finita con quella vita, per poter rinascere diversi. Non sono più il tuo compagno di scorribande Fabian, e non lo sarò più. Ora i Compagni sono i miei fratelli. Se ci rincontreremo e intralcerai la mia strada, dovrò ucciderti, e lo farò. Puoi starne certo"
Fabian ritirò la mano e si fece spaventosamente serio e cupo. Diede un'ultima occhiata alle spalle di Keiko, annusando l'aria con una smorfia di disprezzo.
"Potrai tentare, questo è sicuro. Per quanto mi dispiaccia sprecare ottimi talenti come il tuo, il sentimento è reciproco. Mi chiedo se i tuoi nuovi amici ti rispetterebbero lo stesso se sapessero cos'è successo a Riften. Allora, addio, Keiko"
Il Kajiti non rispose, rimase immobile e sull'attenti a fissare l'Argoniano che raggiungeva i suoi e si metteva in marcia per il lago.
Rimasto solo, dopo aver sbarrato la porta d'ingresso alla sala, salì di nuovo sulla torre, mente dita sottili di nuvole leggere si allungavano sulla luna piena.
Il passato doveva rimanere lì dov'era, oscurato dalle nebbie del tempo. Perché Sathya non riusciva a capirlo.
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