Eighteen.
EIGHTEEN
Genn
"Sei un coglione posso dirtelo?" disse David rientrando in casa dopo aver accompagnato Olivia
Solo pensare al suo nome mi faceva venire i brividi. Era un nome che ancora non poteva stare nella mia vita. Era da molto che non lo sentivo, eppure in quelle ultime due settimane tra il mio cervello e David era diventato una delle parole che si ripetevano di più attorno a me e nella mia mente.
Rivolsi a David uno sguardo abbastanza annoiato, non avendo voglia di affrontare quel discorso in quel momento. Non volevo pensare a quella ragazza e al modo in cui mi aveva rifiutato la sera prima. Cazzo, sembrava così presa in un momento e il secondo dopo si stava allontanando da me. Era come se sapesse qualcosa di me che le faceva paura, l'avevo visto nel suo sguardo insicuro, mentre appoggiava le mani sul mio petto e mi spingeva leggermente via da lei. Quegli occhi azzurri pieni di scuse, di cui non mi importava minimamente in quel momento, perché il mio unico pensiero era quanto Olivia assomigliasse a lei, quanto quegli occhi e quei modi di fare, le espressioni, il sorriso e il modo di arrossire imbarazzata mi ricordassero i suoi, che non avevo mai dimenticato.
"Genn.." mi richiamò David vedendomi assorto nei miei pensieri "Smettila di pensare a lei" continuò poi
"Non.. Non stavo pensando a lei" dissi scuotendo la testa "Torniamo a suonare per favore" dissi poi scendendo dallo sgabello sul quale ero seduto e avvicinandomi alla porta
"Certo" disse lui
Entrai nella piccola casetta piena di strumenti, seguito a ruota dal riccio e mi sedetti sul divano rosso che occupavo di solito. Presi poi la chitarra che avevo appoggiato su di essa poco prima e cominciai a pizzicare le corde.
David si mise alla tastiera e provò a venirmi dietro, mentre seguivo un ritmo ben preciso, che però non mi convinceva molto. Mancava qualcosa e ne ero sicuro, oltre al testo, chiaramente.
-
Il tempo a casa del mio amico passò abbastanza velocemente, nel pomeriggio decisi di tornare a casa mia, per lasciarlo da solo con Alba, la sua fidanzata, che era da poco tornata da un viaggio in Nuova Zelanda, dove abitavano i suoi genitori.
Adoravo Alba, aveva un qualcosa di davvero particolare che la faceva sembrare, oltre che la ragazza perfetta per il riccio, anche una ragazza con i piedi per terra, che aveva però una creatività fuori dal comune. Cercava sempre la perfezione in tutto, ma lo faceva in un modo talmente appassionato che mi piaceva, nonostante io amassi le cose un po' difettose, perché erano un po' come me.
Io ero pieno di difetti e lei me lo diceva sempre. Me li faceva sempre notare, anche se in modo scherzoso ed era per quello che non mi arrabbiavo mai con lei. Aveva un modo di fare che io amavo e rappresentava tutto per me, prendeva la vita come veniva nonostante la sua giovanissima età, si accontentava di tutto, non chiedeva mai di più, apprezzava il mondo come era, come se sapesse quale sarebbe stato il suo destino e non volesse sprecare nemmeno un minuto.
Era il mio esatto contrario, per questo ancora mi stupivo del legame che c'era tra noi due e del bene che le volevo e continuavo a volerle anche in quel momento, nonostante non fosse più li con me.
In più ora era arrivata quella ragazza, Olivia, che aveva fatto riemergere ancora di più il suo ricordo. Sembrava davvero tanto lei e questo mi aveva in un certo senso infastidito, ma avevo deciso di darle una possibilità, magari non era male. Per qualche strano motivo la sera prima mi ero sentito attratto da lei e non avevo potuto fare a meno di ballare con le mani sui suoi fianchi, di sentire il suo corpo così vicino al mio e di farle quel complimento che non era assolutamente da me. Mi ero stupito delle mie stesse parole non appena erano uscite dalle mie labbra.
Ma quando mi aveva allontanato avevo capito solo che stavo sbagliando, che non potevo farmi prendere da quella ragazza, perché avrebbe portato nella mia vita di nuovo quei ricordi, che stavo cercando di dimenticare da anni ormai e che riuscivo a fare emergere solo una volta l'anno, solo in un'occasione. Erano ricordi felici, ma portavano dentro di me una tristezza infinita e non potevo permettermi di viverli ogni giorno, a causa sua. Sarei crollato di nuovo e non volevo.
Assorto in questi pensieri mi ritrovai al parco, seduto sul prato in un piccolo angolo verde che in quel momento era deserto, vista l'ora. Presi la chitarra che avevo appoggiato di fianco a me e la tirai fuori dalla custodia insieme all'accordatore e cominciai poi ad accordarla.
Mi appoggiai al tronco di un albero con la schiena ed incrociai le gambe. Poi cominciai a pizzicare le corde della chitarra, molto dolcemente.
Rimasi concentrato un bel po', fino a quando la voce di un bambino che urlava si fece spazio nell'aria. Guardai dietro l'albero su cui mi ero appoggiato e vidi un ragazzino di circa cinque o sei anni, non di più, correre sul prato, inseguito da un cane abbastanza grande dal pelo bianco. Un Golden Retriever se non sbagliavo.
Il bambino e la sua risata si espandevano nell'aria sempre più forte, man mano che si avvicinava a me.
Li guardai sorridendo leggermente, senza nemmeno accorgermene. Mi ricordava tanto quando anche io da piccolo lo facevo, mentre Rocky mi inseguiva.
"Bibble, fermo" urlò il bambino ad un certo punto
Mi chiesi che razza di nome fosse Bibble e chi fosse la persona tanto stupida che aveva dato quel nome a quel cane, quando una voce mi fece spostare l'attenzione dalle figure del cane e del bambino, a quella di una ragazza che si stava avvicinando.
"Mike, ti ho detto di non allontanarti troppo" disse mentre si avvicinava in direzione del piccolo
Mi soffermai a guardarla, perfettamente consapevole del fatto che non mi avesse visto. I jeans scuri le fasciavano le gambe magre, mentre il busto era coperto da un maglione bordeaux, sopra il quale portava una giacca aperta.
"Bibble vieni qui" disse rivolta al cane che eseguì l'ordine "Bravo bello" disse lei abbassandosi e accarezzandolo
Ora tutto era chiaro: era stata lei a dare quello stupido nome al cane. Mi lasciai sfuggire una leggera risata.
"Bibble prendi" disse ancora il bambino, che mi pareva di aver capito si chiamasse Mike, lanciando una pallina blu verso l'albero a cui ero appoggiato
Il cane si mosse in quella direzione, seguito a ruota da Mike, che correva con le sue gambe corte. Lei invece si stava muovendo lentamente, camminando e respirando a pieni polmoni, sorridendo in direzione del bambino e del cane.
L'animale bianco prese in bocca la pallina che stava a pochi metri da me, poi si girò e si accorse della mia presenza. Mollò il giocattolo sull'erba ed abbaiò nella mia direzione.
"No Bibble non abbaiare" disse il piccolo, avvicinandosi
Poi si accorse di me e mi fissò con quegli occhi enormi, che erano identici a quelli di Olivia e, non so per quale motivo me ne accorsi immediatamente. Doveva essere suo fratello.
"Ciao" disse lui guardandomi
"Ciao" risposi io
"Io mi chiamo Mike e lui è il mio cane Bibble" disse indicando l'animale
Sorrisi, pensando involontariamente a come non fosse timido come Olivia.
"Io sono Genn e questa è la mia chitarra, Lexi" risposi io
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