Capitolo 24
La settimana successiva trascorse in un alternarsi di normalità apparente e sottili tensioni che Evelyn non riusciva a scrollarsi di dosso. Ogni volta che entrava in aula o camminava nei corridoi del campus, aveva la sensazione di essere osservata. Le sembrava che ogni occhiata, ogni sorriso accennato, celasse un sottinteso che la riguardava. Anche se nessuno la affrontava apertamente sull'argomento, le risate soffocate e gli sguardi furtivi sembravano seguirla ovunque, insinuandosi come un'ombra nella sua routine quotidiana.
Evelyn si sforzava di convincersi che fosse solo la sua mente a giocarle brutti scherzi, che nessuno stesse davvero pensando a quella scommessa. "È stato solo un gioco," si ripeteva, stringendo i libri contro il petto mentre attraversava i corridoi gremiti. Ma la consapevolezza che per molti la scommessa fosse diventata argomento di conversazione non la abbandonava. Ogni risata sommessa o commento a mezza voce, anche se probabilmente non avevano nulla a che fare con lei, la facevano irrigidire.
C'erano momenti in cui si sentiva quasi paralizzata. Una sera, mentre si trovava nella sala comune della confraternita, aveva colto un gruppo di ragazze ridacchiare vicino al divano. Il cuore le si era fermato quando una di loro aveva pronunciato il nome di Matthew. Le mani le erano tremate leggermente mentre si concentrava sul suo libro, fingendo di non aver sentito nulla. Quando le ragazze se ne erano andate, Evelyn era rimasta lì, immobile, con il respiro spezzato e il petto stretto da una morsa di disagio.
Quella sensazione di essere sotto una lente d'ingrandimento le impediva di rilassarsi. L'idea che qualcuno potesse osservare ogni suo gesto alla ricerca di un segno che stesse "giocando la scommessa" la innervosiva. Anche durante le lezioni, si accorgeva di osservare con la coda dell'occhio i suoi compagni di corso, cercando di intuire se qualcuno la stesse guardando. Una volta, durante una pausa, aveva sorpreso due studenti scambiarsi occhiate e sorrisi mentre lei attraversava il cortile. La cosa l'aveva fatta arrossire di frustrazione e vergogna. "E se stessero solo parlando di altro? Perché dovrei pensare che sia tutto collegato a me?"
Tuttavia, Evelyn non poteva evitare di sentirsi esposta, come se ogni suo movimento fosse osservato e analizzato alla luce di quella stupida scommessa. La cosa che la turbava di più era che nessuno le diceva nulla apertamente, lasciandola sola a combattere con un'incessante insicurezza.
Nel frattempo, i lavori sulla tesina con Matthew e Jake erano giunti a una fase conclusiva, il che rappresentava per Evelyn un misto di sollievo e ulteriore pressione. Il progetto, che inizialmente le era sembrato un'impresa insormontabile, si stava delineando in modo chiaro e ben strutturato, grazie al contributo di tutti e tre. Evelyn si ritrovava immersa nelle correzioni finali, che le offrivano almeno un pretesto concreto per tenere occupata la mente e allontanare le ombre di pensieri scomodi.
Quel sabato mattina, però, la sua concentrazione era labile. Seduta alla scrivania nella sua stanza, Evelyn fissava il documento aperto sul laptop, scorrendo distrattamente i grafici e le note. La lista di punti da discutere con i suoi compagni era lì, accanto a lei, ma ogni volta che cercava di focalizzarsi, il pensiero della scommessa riaffiorava come una corrente sotterranea, insinuandosi tra i suoi ragionamenti. "Se Jake o Matthew pensassero che sto agendo per quel motivo?" si domandava, mordendosi l'interno della guancia. Il timore di essere fraintesa o giudicata le serrava lo stomaco.
A ogni battito d'orologio, l'ansia cresceva. Evelyn si alzò, iniziando a camminare nervosamente per la stanza, cercando di scrollarsi di dosso quella sensazione di vulnerabilità. "È solo un lavoro di gruppo," si ripeté più volte. "Nulla di più. Sono professionale, e loro lo sanno." Ma la consapevolezza che qualcuno potesse osservare ogni suo gesto, interpretandolo come una "mossa" legata alla scommessa, la faceva sentire intrappolata.
Quando finalmente si decise a uscire per recarsi in biblioteca, Evelyn si era già imposta un'espressione composta e determinata. Non avrebbe lasciato che pensieri inutili influenzassero il suo comportamento.
Entrando nella sala principale dell'edificio, Evelyn si guardò attorno con discrezione. La familiarità dell'ambiente le offrì una momentanea sensazione di tranquillità. I tavoli erano affollati di studenti chini sui libri, il leggero brusio di pagine sfogliate e tastiere digitanti creava una sorta di sottofondo confortante. Individuò subito Jake, seduto a un tavolo in fondo, intento a trafficare con il suo laptop. La sua postura rilassata e l'espressione concentrata le strapparono un piccolo sorriso.
«Evelyn!» la salutò Jake, sollevando una mano e sfoderando un sorriso aperto. «Finalmente! Stavo per mandarti un messaggio di ricerca e soccorso.»
Lei ridacchiò, appoggiando la borsa sulla sedia accanto alla sua. «Non esagerare, sono puntuale. Piuttosto, come va la nostra sezione di grafici? Hai trovato un modo per renderli meno noiosi?»
Jake alzò un sopracciglio, indicando lo schermo del suo laptop. «Non so se possiamo farli sembrare interessanti, ma almeno ora sono comprensibili. E, onestamente, mi merito un premio solo per aver sopportato l'orribile design del software.»
Evelyn rise, sedendosi. «Un premio? Magari ti offro un caffè dopo, se fai un lavoro decente.»
Jake finse di rimanere offeso, ma il tono leggero della conversazione riuscì a mettere Evelyn un po' più a suo agio e, con una scrollata di spalle, il ragazzo la tranquillizzò. «Andrà alla grande, come sempre. Sai, dovresti rilassarti un po' di più, Evelyn. Hai fatto tutto il lavoro pesante finora.»
Lei scosse la testa, divertita. «Se mi rilasso troppo, chi terrà tutto sotto controllo?»
«Oh, sicuramente non io,» ribatté Jake con una risata.
Seduta al tavolo della biblioteca, Evelyn continuava a scorrere le note, anche se ormai le conosceva a memoria. Le sue dita tamburellavano sul bordo del laptop, una leggera tensione trattenuta in ogni movimento. Jake, puntuale come sempre, aveva portato con sé la sua solita energia e cercava in tutti i modi di smorzare l'ansioso silenzio dell'amica.
«Allora, comandante,» aveva scherzato, posando rumorosamente una pila libri sul tavolo, «quali sono gli ordini per oggi? Devo procurare caffè, biscotti o rivedere grafici per la centesima volta?»
Evelyn aveva sorriso debolmente, apprezzando il tentativo di alleggerire l'atmosfera. «Direi che per il momento puoi limitarti ai grafici. I biscotti li approveremo più tardi.»
Jake aveva finto di accettare l'incarico con una smorfia da martire. «Sapevo che avresti scelto il lavoro duro. Prima o poi mi licenzierò.»
Nonostante la leggerezza delle sue parole, Evelyn sentiva il peso di un silenzio più grande, quello lasciato dall'assenza di Matthew. Istintivamente, alzava lo sguardo verso la porta d'ingresso ogni volta che percepiva un movimento. La sua mente si aggrappava a una spiegazione logica: forse si era trattenuto più del solito a lezione, o forse non sarebbe venuto affatto.
Quando finalmente Matthew arrivò, Evelyn lo notò immediatamente. Non c'era nulla di diverso nel suo atteggiamento. La sua calma sembrava imperturbabile mentre attraversava la sala con il consueto passo misurato. Evelyn si accorse di trattenere il respiro, chiedendosi se quel comportamento fosse una maschera o pura ignoranza. Sembrava realmente ignaro di tutto: della festa, della scommessa, delle chiacchiere che avevano iniziato a circolare.
«Scusate il ritardo,» disse con il suo tono basso e pacato, posando una cartella sul tavolo. «Per i corridoi c'era un traffico insensato per essere sabato.»
«Non preoccuparti,» intervenne Jake con un sorriso, battendogli una mano sulla spalla. «Sei ancora in tempo per essere coinvolto nel caos organizzativo.»
Evelyn accennò un sorriso di circostanza, evitando di incrociare lo sguardo di Matthew per un istante. «Abbiamo ancora alcune parti da sistemare,» disse, cercando di suonare neutrale. «E poi dobbiamo decidere chi presenterà cosa.»
La sessione prese il via, e, nonostante le sue preoccupazioni, Evelyn si sentì gradualmente più a suo agio. La collaborazione tra i tre era fluida. Evelyn assumeva il comando naturale nella revisione, distribuendo compiti con sicurezza.
«Jake, se puoi dare un'altra occhiata ai dati sulle fonti, sarebbe meglio essere sicuri al cento per cento.»
«Agli ordini, capitano,» replicò lui con un finto saluto militare. «Ma se ci trovo anche un solo errore, mi aspetto biscotti extra alla prossima sessione.»
Matthew, dal canto suo, si concentrava sui dettagli. «Per la conclusione, forse potremmo aggiungere una breve considerazione su come i dati possano essere applicati in contesti futuri,» propose, alzando lo sguardo verso Evelyn.
Lei annuì, apprezzando il suggerimento. «Buona idea. Puoi occupartene tu? Credo che darebbe più equilibrio alla presentazione.»
«Certamente,» rispose lui, un leggero sorriso a increspargli le labbra.
La discussione proseguì così, tra suggerimenti e battute che riuscivano a mantenere l'atmosfera leggera. Tuttavia, Evelyn non poteva ignorare il senso di disagio che si annidava sotto la superficie. Ogni tanto, il pensiero della scommessa si insinuava tra le sue riflessioni. Si chiese come sarebbe stato se Matthew ne fosse stato a conoscenza. Avrebbe reagito con la stessa calma? O avrebbe cambiato atteggiamento verso di lei?
Quando Jake si allontanò per prendere un caffè, lasciando Evelyn e Matthew da soli, il silenzio che calò era quasi tangibile. Evelyn cercò di concentrarsi sui grafici, ma il suo cuore accelerava. Sentiva il peso dello sguardo di Matthew su di lei.
«Evelyn,» disse infine lui, spezzando il silenzio.
Lei sollevò gli occhi, sorprendendosi a trovare il suo sguardo diretto e sereno. «Sì?»
«Sei stata davvero impeccabile nella gestione di questo progetto,» disse, con un tono che sembrava genuinamente ammirato. «Non credo che saremmo arrivati a questo punto senza di te.»
Evelyn sentì un calore attraversarle il viso. «Grazie, ma è stato uno sforzo di squadra. Anche voi avete dato un contributo importante.»
Matthew sorrise. «Forse, ma tu sei stata la colonna portante.»
Le sue parole, così semplici, le fecero vacillare per un momento. Evelyn abbassò lo sguardo, sentendo le emozioni confondersi dentro di lei. La scommessa, le risate, le chiacchiere: tutto sembrava lontano in quel momento, come un'eco fastidiosa che stonava con la sincerità che percepiva in Matthew.
Lui esitò un attimo, come se stesse valutando le parole da usare. Poi, con un piccolo sorriso, continuò: «Stavo pensando che ormai siamo agli ultimi dettagli del progetto. Forse potremmo concederci una pausa, una volta consegnato. Un modo per festeggiare il lavoro fatto.»
Evelyn lo fissò, sorpresa. «Festeggiare? Come?»
Matthew abbassò lo sguardo per un momento, giocherellando con il bordo del laptop. «Non so, potremmo uscire dal campus. Magari andare in città, prendere un caffè o qualcosa del genere. Nulla di troppo impegnativo.»
La proposta colse Evelyn alla sprovvista. Non era da lui proporre qualcosa di così personale. Si aspettava un comportamento distante e professionale, come era stato nelle ultime settimane. Invece, quel tono leggermente incerto, quasi vulnerabile, la spiazzò. Che la stesse prendendo in giro per via di quella scommessa?
Nonostante gli ultimi cambiamenti, la ragazza non era ancora riuscita a dimenticare l'altra versione che aveva conosciuto di Matthew: quella che l'aveva inseguita ovunque, fatta sentire prigioniera di un suo capriccio personale e fatta piangere fino a farla esplodere. Ancora non capiva come potesse essere la stessa persona che ora le stava davanti, e la cosa la spaventava.
«Non so,» rispose, cercando di guadagnare tempo. «Non sono sicura di avere molti momenti liberi.»
Matthew sorrise, un'espressione sincera che sembrava volerla mettere a suo agio. «Non deve essere subito, possiamo scegliere un giorno che vada bene per entrambi. Non c'è fretta.»
Evelyn abbassò lo sguardo, sentendo il cuore battere un po' più forte. Sapeva che accettare avrebbe complicato tutto, ma il suo tono era così genuino che rifiutare sembrava quasi crudele. Alla fine, annuì lentamente. «Ok, vediamo come va la prossima settimana.»
Matthew annuì, visibilmente soddisfatto. «Perfetto. Ora torniamo a sistemare questa parte, altrimenti Jake ci accuserà di aver perso tempo.»
Mentre lavoravano, Evelyn si ritrovò a riflettere su quella conversazione. Perché Matthew le aveva fatto una proposta così spontanea? Era stato un invito amichevole, un gesto di cortesia, o c'era qualcosa di più? La mente le tornò alla scommessa. La possibilità che qualcuno stesse manovrando tutto la faceva sentire soffocata. Non voleva credere che un invito così semplice potesse nascondere altro, ma l'insicurezza era difficile da ignorare.
Quando Jake tornò, il trio completò il lavoro e si salutò davanti alla biblioteca. Evelyn camminò lentamente verso la confraternita, perdendosi nei suoi pensieri. La sera calava, e una lieve brezza le scompigliava i capelli. Quell'invito era solo una piccola cosa, si ripeté, nulla che dovesse preoccuparla. Eppure, il peso della scommessa continuava a incombere, rendendo difficile capire cosa fosse reale e cosa no.
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