Capitolo 2

Il primo pomeriggio era trascorso tranquillo, tra risate e chiacchiere: finalmente Evelyn era di nuovo insieme alle sue amiche.

Quando il sole iniziò a volgere verso l'orizzonte, tingendo il campus di sfumature dorate, Evelyn, Madison e Ava si spostarono all'aperto, per godere degli ultimi raggi solari della giornata. Sedute su una delle panche davanti alla confraternita, osservavano il via vai di ragazze che arrivavano con valigie traboccanti. Il chiacchiericcio incessante e le risate riempivano l'aria, mentre Jenny, il capo della confraternita, si preparava per il consueto discorso di benvenuto sul portico principale.

Jenny era una figura carismatica e imponente, alta, con capelli biondo platino sempre perfettamente acconciati. Indossava un blazer blu e una gonna che la facevano sembrare una giovane dirigente piuttosto che una semplice studentessa dell'ultimo anno. Quando finalmente alzò la mano per richiamare l'attenzione, il brusio si spense e tutte si volsero nella sua direzione.

Per quanto giovane, Jenny sapeva come farsi rispettare, motivo per cui era a capo della confraternita e tutte dovevano rispondere a lei in caso di problemi interni.

«Benvenute a tutte!» esordì la ragazza con un sorriso smagliante. «È fantastico vedere così tante facce familiari e anche qualche nuova. Quest'anno sarà speciale, ve lo garantisco.»

Un brusio sommesso si sollevò tra le studentesse ma, seduta accanto a Evelyn, fu Madison a sussurrare alle orecchie delle sue amiche: «Scommetto che con 'speciale' intende 'regole ancora più rigide'. Jenny adora il controllo.» E sbuffò, senza preoccuparsi di essere vista.

Ava trattenne una risata, ma Evelyn le fece segno di zittirsi per non attirare attenzioni indesiderate e per evitare l'occhiata di fuoco per cui Jenny era famosa.

Come nulla fosse, il capo della confraternita femminile continuò imperterrita il suo discorso: «Come sapete, la nostra sorellanza è cresciuta molto quest'anno. Siamo ufficialmente il gruppo più numeroso del campus! Tuttavia, questo significa che dovremo fare qualche piccolo cambiamento logistico. Con tante ragazze da ospitare, abbiamo deciso che le camere, quest'anno, saranno da quattro e non più da tre.»

La notizia fu accolta in maniera molto diversa dalle presenti: c'era chi sbuffava infastidita, mentre altri gruppetti chiacchieravano in modo concitato riguardo alla novità.

Evelyn, da parte sua, si irrigidì, mentre sentì Madison trattenere il fiato accanto a lei. «Che cosa? No!» sussurrò, scuotendo la testa incredula.

Ava, invece, rimase come sempre calma, nonostante una leggera piega si fece strada sulla sua fronte. «Interessante. Chissà chi ci toccherà.»

«Voglio morire,» dichiarò Madison drammaticamente, facendo ridere un paio di ragazze vicine che l'avevano sentita. Evelyn si limitò a fissare Jenny, cercando di accettare la notizia. Le piacevano i cambiamenti, ma non quando mettevano a rischio la loro dinamica perfetta. Non era una ragazza particolarmente socievole e, l'anno precedente, aveva faticato per trovare il suo equilibrio e siglare quelle poche amicizie che era riuscita a farsi. Questo cambiamento non ci voleva. Aveva appena iniziato a sentirsi a casa, accettata dalle sue due amiche, e ora si trovava a dover sconvolgere tutti i suoi piani e ad aggiungere un elemento alla sua vita già perfettamente organizzata.

Jenny terminò il discorso con l'assegnazione delle stanze. «Camera 204: Evelyn Hart, Madison Clarke, Ava Patel e... Harper Monroe.»

Avevano lo stesso numero dell'anno scorso, con l'unica differenza che fosse presente un letto in più. Non che mancasse lo spazio, quello era certo, ma non era sicuramente quello a preoccupare le tre amiche.

«Harper Monroe?» ripeté Madison sottovoce. «Chi è? Non l'ho mai sentita nominare.»

«Sarà una matricola,» ipotizzò Ava, raccogliendo la sua borsa, «Non puoi conoscere sempre tutti, Madison.»

Con un lieve sospiro, Evelyn intervenì:« Andiamo a scoprirlo.»

Il corridoio del secondo piano era un caos di valigie, borse e ragazze che si salutavano o si scambiavano istruzioni su dove mettere le cose. La stanza 204 era situata alla fine del corridoio. Evelyn camminava davanti, trascinando il trolley, seguita da Madison e Ava. Quando aprirono la porta, il primo impatto fu... assordante.

Un'ondata di musica elettronica ad altissimo volume riempì la stanza. Evelyn si fermò sulla soglia, sbalordita. Madison spalancò gli occhi e, senza essere in grado di contenersi, si espresse in un femminilissimo: «Ma... che diavolo?»

Davanti a loro, una ragazza era china sulla sua valigia, indossando una maglietta nera con il logo di una band che nessuna di loro riconosceva, jeans strappati e un paio di anfibi consumati. I suoi capelli, neri con punte rosso fuoco, erano raccolti in due trecce disordinate, da cui fuoriuscivano diversi ciuffi, donandole un'aria particolarmente trasandata. La ragazza si girò nella direzione delle tre: due occhi azzurro ghiaccio, messi in risalto un filo di eyeliner, si fermarono sulle nuove arrivate, soppesandole con lo guardo. Due evidenti e innaturali sfumature rosse enfatizzavano le guance della ragazza, dando l'impressione che fosse appena scesa dal palco di un concerto rock.

Senza preoccuparsi della loro presenza, la ragazza riprese a canticchiare insieme alla musica, scuotendo leggermente la testa al ritmo del basso e tornando china sul proprio bagaglio.

«Ehm, scusa?» disse Evelyn, alzando la voce per farsi sentire sopra il frastuono e cercando di dissimulare il suo fastidio per l'arroganza e la maleducazione che quella ragazza stava già dimostrando. Dopo tutto, era lei quella nuova.

La ragazza si voltò, sorpresa. «Oh, ciao!» esclamò con un sorriso, abbassando il volume della musica con un rapido gesto sul cellulare. «Credevo aveste sbagliato stanza!»

Se la sua non era stata maleducazione, allora doveva essere proprio una di quelle ragazze svampite che sembrano vivere in un altro pianeta. Le tre fecero finta di niente, evitando qualunque tipo di conflitto e, con il loro miglior sorriso di circostanza, diedero il via alle presentazioni. Dopotutto avrebbero dovuto convivere e coesistere nello stesso habitat per due lunghi semestri, tanto valeva cercare di iniziare con il piede giusto.

«Non proprio, saremo le tue compagne di stanza» rispose Madison, incrociando le braccia. «E immagino che tu sia Harper?»

«Esatto,» esclamò la ragazza, alzandosi in piedi. Era alta quasi quanto Madison e si muoveva con una sicurezza che spiccava subito. «Scusate per la musica, stavo cercando di rendere il momento un po' più... divertente. Sapete, il trasloco può essere un incubo.»

Evelyn si schiarì la gola, cercando di mantenere un tono amichevole. «Non c'è problema. Io sono Evelyn, lei è Madison e lei è Ava.» Indicò le sue amiche, che si limitarono a fare cenni con la testa.

«Piacere di conoscervi,» disse Harper, tornando alla sua valigia. «Ho già scelto il letto vicino alla finestra. Spero non sia un problema.»

L'affermazione fece storcere il naso a Madison ma, per una volta, trattenne la sua lingua lunga e si astenne dal commentare.

«Non è un problema,» rispose invece Ava, anche se il suo tono era leggermente più freddo del solito.

Mentre Evelyn spingeva il trolley accanto a uno dei letti rimasti liberi, Madison si avvicinò a Harper, scrutandola con occhi indagatori. «Quindi, Harper, sei una matricola?»

«No,» rispose Harper, sistemandosi gli anfibi. «Sono al secondo anno, come voi, da quanto mi ha riferito quella Jenny. L'anno scorso ero fuori campus.»

«Oh,» disse Madison, sorpresa, inclinando leggermente la testa mentre incrociava le braccia e sollevava un sopracciglio in segno di curiosità, «E com'è che sei finita a vivere nella confraternita quest'anno invece di continuare a stare fuori dal campus come hai fatto l'anno scorso?»

Per chi non la conoscesse bene, la ragazza poteva dare l'idea di essere parecchio invadente e sospettosa, ma in realtà era proprio il suo carattere: curioso e sincero, forse anche troppo.

Harper si voltò, incrociando le braccia. «Diciamo che vivere da sola non è esattamente economico. E poi mi hanno detto che questa confraternita è piuttosto... vivace.»

«Vivace?» ripeté Ava, mentre il sopracciglio sinistro si alzava in un'espressione curiosa ma contenuta, e il suo tono calmo lasciava trapelare un lieve scetticismo, come se stesse valutando attentamente il significato implicito di quella parola.

«È un modo carino per dire che mi aspetto un sacco di feste,» rispose la nuova arrivata con un sorriso ironico, lasciando trasparire una leggerezza che sembrava quasi strategica. Mentre parlava, si appoggiò con nonchalance al bordo del letto, incrociando le gambe in un modo che comunicava sicurezza e disinvoltura.

Madison arricciò il naso, palesemente perplessa. «Non che io abbia qualcosa in contrario, sia chiaro, ma perché mai le feste sarebbero così importanti per te?» domandò, quasi sfidandola, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo puntato come una freccia.

Harper sorrise, divertita dalla domanda. «Non è solo una questione di divertimento,» iniziò, alzando una mano come per fermare qualsiasi obiezione anticipata. «Le feste sono molto più di musica ad alto volume e gente che balla. Sono un'occasione sociale fondamentale. Ti permettono di conoscere persone, fare rete, scoprire connessioni che possono rivelarsi utili in futuro. Voglio dire, alcuni dei contatti più importanti che ho fatto lo scorso anno sono nati da chiacchierate casuali a una festa.»

Ava, che fino a quel momento si era limitata ad ascoltare, inclinò la testa, incuriosita. «Connessioni? In che senso? Tipo... persone del tuo corso?» Era chiaro che non fosse molto pratica dell'argomento.

«Non solo,» spiegò la rossa, gesticolando leggermente per enfatizzare le sue parole. «Artisti, produttori, DJ... Ho conosciuto un ragazzo che ha uno studio di registrazione fantastico e che mi ha fatto usare la sua attrezzatura gratuitamente solo perché abbiamo chiacchierato per mezz'ora al bar durante una festa. È quel tipo di opportunità che non trovi nelle aule o nei corridoi del campus.»

Madison, che invece aveva molta più esperienza in quell'ambito, alzò un sopracciglio, dubbiosa. «Sì, ma non credo che la maggior parte delle persone vada alle feste con l'intenzione di stringere contatti professionali.»

Harper rise piano, scuotendo la testa. «Vero, molti ci vanno solo per sbronzarsi o ballare. Ma anche quelle persone possono sorprenderti. A volte, tra un drink e un altro, trovi chi ha sogni simili ai tuoi o competenze che potrebbero completare le tue. E poi, diciamocelo, costruire relazioni personali è importante quanto prendere buoni voti, forse anche di più. La vita non si riduce solo ai libri.»

Ava storse il naso, visibilmente infastidita da quell'ultima affermazione. Evelyn, invece, da vera studentessa di psicologia, osservava in silenzio, affascinata dalla passione con cui Harper difendeva la sua visione. Era chiaro che, per lei, le feste non fossero un semplice passatempo, ma una parte essenziale del suo modo di affrontare il mondo, una sorta di strategia non convenzionale per costruire il proprio futuro.

Madison, trovandosi invece d'accordo su quell'ultimo punto toccato, rise. «Ok, mi piace. Ma niente musica alle tre di notte, chiaro?» Asserì, con una buffa espressione in viso che avrebbe voluto essere fintamente minatoria.

«Ci proverò,» rispose Harper, facendole l'occhiolino.

Dopodiché calò il silenzio e il resto del pomeriggio passò in un misto di imbarazzo e curiosità. Evelyn cercava di rompere il ghiaccio con Harper, che sembrava gentile, ma il suo stile e il suo atteggiamento contrastavano nettamente con quello delle tre amiche. Madison, nonostante fosse d'accordo con l'argomento feste, era visibilmente sospettosa, mentre Ava si limitava a osservarla in silenzio, studiandola come se fosse un enigma da risolvere.

«Quindi, che studi?» chiese Evelyn, cercando di avviare una conversazione mentre sistemava i suoi vestiti nell'armadio condiviso.

«Musica,» rispose Harper senza esitazione. «Sto seguendo un corso di produzione musicale. E voi?»

«Madison studia comunicazione, Ava fa letteratura, e io mi sono buttata sulla psicologia,» spiegò Evelyn, prendendo un momento per aggiungere qualche dettaglio, come se sentisse il bisogno di chiarire cosa rendeva uniche le loro scelte di studio. «Madison è fantastica nel parlare con le persone. Ha un modo naturale di catturare l'attenzione e far sentire tutti ascoltati.»

Madison, che era in piedi accanto al suo letto, fece una smorfia leggera, ma si intuiva l'orgoglio nel suo sorriso. «Stai esagerando, Evelyn,» disse, agitando una mano, «ma continua pure, adoro sentirmi speciale.»

La ragazza rise e poi spostò lo sguardo verso Ava, che stava sfogliando un libro antico con una copertina consumata. "Ava, invece, è una poetessa nell'anima. Studia letteratura, ma in realtà è appassionata di tutto ciò che è arte e scrittura. È il tipo di persona che potrebbe scrivere un romanzo capace di cambiare le vite delle persone.»

La ragazza, sentendosi presa in causa, alzò lo sguardo dal libro, accennando un sorriso timido. «Non esagerare, però. Sai che mi piace rimanere nell'ombra.»

«Beh, io sto solo dicendo la verità,» insistette Evelyn, poi si strinse nelle spalle con un sorriso modesto. «Quanto a me, la psicologia mi affascina perché voglio capire meglio le persone, i loro comportamenti, le loro motivazioni. Mi piace pensare che possa aiutarmi a fare la differenza nella vita di qualcuno, magari supportandolo in un momento difficile.»

«Interessante,» disse Harper, aprendo uno zaino pieno di vinili. «Psicologia, eh? Mi studierai a fondo?»

Evelyn arrossì leggermente. «Non è quello che intendevo.»

«Tranquilla, scherzavo,» disse Harper, alzando le mani in segno di pace, per poi continuare: «E ora ci sono io, la rockettara in cerca di suoni e vibrazioni. Forse aggiungerò un po' di caos creativo al mix.»

«Oppure solo tanto casino,» ribatté Madison scherzosamente, facendole l'occhiolino.

Le ragazze risero, gustandosi quel primo scambio amichevole che erano riuscite a raggiungere in così poco tempo.

Per un po' nessuno parlò più e ciascuna di loro continuò a sistemare i propri averi nel modo migliore possibile.

Alla fine della giornata, le ragazze si prepararono per la notte. Evelyn si sentì sollevata dal fatto che, nonostante le differenze iniziali, Harper sembrava essere una persona aperta e amichevole. Tuttavia, il cambiamento era ancora palpabile nella stanza: una dinamica a quattro era diversa da quella che avevano imparato a conoscere l'anno precedente.

Evelyn si sedette sul suo letto, piegando con cura l'ultimo maglione rimasto prima di riporlo nel cassetto. Ava, tranquilla come sempre, aveva cambiato volume e aveva preso a sfogliare un libro di poesie sul suo letto, già in pigiama. Madison, invece, gironzolava nervosamente, cercando di sistemare le sue cose in modo perfetto, ma gettava continuamente occhiate verso Harper, come se cercasse di capire cosa fare di quella nuova presenza.

L'ultima arrivata, nel frattempo, si era sdraiata sul suo letto con gli anfibi ancora ai piedi, gli auricolari nelle orecchie e una playlist che si intravedeva sullo schermo del suo telefono. Ogni tanto tamburellava con le dita sul lenzuolo, seguendo il ritmo di una canzone che solo lei poteva sentire.

«Allora,» disse Madison improvvisamente, rompendo il silenzio. «Harper, quali sono le tue regole per la convivenza?»

La rossa, dovendo aver sentito la domanda, alzò un sopracciglio e si tolse uno degli auricolari. «Regole? Siamo già a questo punto?»

«Beh, sì,» continuò Madison, incrociando le braccia. «Se dobbiamo convivere, dobbiamo mettere in chiaro alcune cose. Tipo, niente musica alta dopo le dieci. Non sopporto di essere svegliata.»

«Giusto,» intervenne Ava, senza sollevare gli occhi dal libro. «E magari non lasciare le cose in giro. A Madison piace avere tutto... in ordine.»

Harper rise piano. «Capito, niente musica notturna e niente disordine. Altre regole?»

Evelyn alzò lo sguardo dal cassetto e si strinse nelle spalle. «Penso che il rispetto reciproco sia sufficiente. Siamo tutte qui per studiare e vivere un'esperienza serena, no?»

«Serena,» ripeté Harper, quasi assaporando la parola. «Okay, suona giusto. Anche se devo avvisarvi: il mio concetto di 'serenità' potrebbe includere una o due feste ogni tanto.» E si affrettò ad aggiungere, con un sorriso: «Ma solo fuori stanza. Non vi coinvolgerò se non volete.»

Ava chiuse il libro, finalmente guardando Harper. «A me va bene, purché non ci siano sorprese nel cuore della notte. E nessuna invasione di sconosciuti in stanza.»

«Affare fatto,» disse la ragazza, alzando una mano come per stringere un patto invisibile.

«Perfetto,» concluse Evelyn, cercando di smorzare la tensione. «Ora possiamo rilassarci un po' e prepararci per domani. Le lezioni iniziano presto, e sono sicura che sarà una giornata lunga.»

Quando la luce nella stanza si spense, Evelyn si girò sul fianco, guardando le ombre delle tende proiettarsi sul soffitto. Nonostante le prime impressioni, c'era qualcosa in Harper che la incuriosiva. Forse era la sua sicurezza, o il modo in cui sembrava a suo agio in ogni situazione. Con quei pensieri in mente, chiuse finalmente gli occhi, mentre un misto di eccitazione e incertezza le pervadeva il cuore.

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