Capitolo 15
Evelyn camminava veloce lungo il corridoio, le sue scarpe che battevano in modo frenetico sul pavimento lucido. Non si voltò, nonostante sentisse i passi dietro di sé crescere in intensità, sempre più vicini. Avvertiva la sua presenza come un peso, un'ombra persistente che la seguiva passo dopo passo. La sua mente cercava di concentrarsi sull'uscita, sul respiro affannato che sentiva nei polmoni, ma c'era un altro battito, che non riusciva a ignorare, quello del suo cuore che accelerava ogni volta che la sua figura si avvicinava.
Voleva fuggire, ma sapeva che non sarebbe stato facile. Non con Matthew. Lui non avrebbe mai smesso, non senza una reazione. Non avrebbe mai lasciato che le cose finissero così, senza averlo detto, senza averle fatto capire che, a modo suo, l'avrebbe avuta.
Poco prima, al seminario, aveva sperato che fosse tutto un malinteso, che il suo atteggiamento si sarebbe dissolto, che magari l'avrebbe lasciata in pace, ma ora, mentre le porte del corridoio si aprivano davanti a lei, sapeva che non sarebbe stato così. Non sarebbe stato così per Matthew. Non lo era mai stato.
Sentì dei passi accelerare dietro di lei. Poi, come previsto, la sua voce, bassa e sicura, la raggiunse.
«Evelyn.»
La sua voce la colpì, come una lama che trafigge il silenzio. Quella voce che non riusciva più a ignorare, che la stava tormentando in ogni angolo del campus e che ora si faceva strada nel suo respiro affannato. Non aveva più scuse per non ascoltarlo. Sospirò, cercando di mantenere il controllo, ma la frustrazione montava dentro di lei. Non voleva fermarsi, ma sapeva che sarebbe stato inutile correre.
Strinse i denti, trattenendo un sospiro. «Non ho tempo per te, Matthew.»
Lui, però, non si fece scoraggiare e la fermò, afferrandole delicatamente il braccio. «Sì che ce l'hai. Non mi scapperai così facilmente.»
Si girò lentamente, costringendosi a mantenere il volto impassibile, anche se le sue mani tremavano impercettibilmente. «Cosa vuoi, Matthew?» La sua voce era tesa, la sua mente che cercava di mantenere la calma mentre una parte di lei, quella più irrazionale, voleva urlargli di andare via. «Non voglio sentire quello che hai da dire. Non c'è più niente di cui parlare, Matthew.»
Matthew si avvicinò con quel passo lento e sicuro che conosceva così bene. Quello che la faceva sentire piccola, impotente, come se ogni movimento fosse un gioco, e lei non avesse alcun controllo su di esso. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso appena percettibile, ma che per Evelyn sembrava una provocazione.
Lui ridacchiò, quel suono che la faceva sentire così irritata. «Davvero? Non è così che funziona. Non siamo alla fine di niente. Anzi, siamo appena all'inizio.»
La sua voce aveva qualcosa di penetrante, di inquietante, e Evelyn non riusciva a toglierselo di dosso. Ogni volta che si avvicinava, la sua presenza la invadeva, come se fosse impossibile sfuggirgli. Si fermò, facendo un passo di lato per evitare di essere troppo vicina a lui.
«Non c'è nessun inizio,» disse, cercando di mantenere il controllo. «Non hai alcun diritto di interferire nella mia vita, Matthew. Smettila di perseguitarmi.»
«Io non ti perseguito affatto. Ma pensavo che fossi più coraggiosa di così. Non puoi evitare di parlarmi per sempre.» Prese un bel respiro e, con tono seducente, continuò: «Hai paura di me, Evelyn?»
Le parole gli sfuggirono con quella calma che la faceva impazzire. Non c'era urgenza, non c'era ansia nei suoi gesti, solo una sicurezza arrogante che la faceva sentire impotente. La stava mettendo alle strette, facendole credere che non avrebbe avuto scampo.
«Non ho paura di te,» disse lei, cercando di rimanere lucida, ma la sua voce tremò impercettibilmente. «Ho solo il disgusto di qualcuno che pensa di poter fare quello che vuole con gli altri. Non hai idea di quanto mi irriti.»
Matthew non si scompose. Si avvicinò ancora di più, il suo volto ora a pochi centimetri da quello di Evelyn. Il suo alito caldo le sfiorò la pelle, ma lei non si spostò. Il suo sguardo, però, tradiva tutta la tensione che sentiva crescere dentro di lei.
«Eppure, è divertente come riesci a dirlo con una faccia così accesa. Il disgusto è solo un altro modo per dire che sei attratta.»
Evelyn lo guardò con occhi fiammeggianti, il cuore che batteva più forte. Ogni parola che lui pronunciava la faceva sentire come se stesse perdendo il controllo, come se le sue emozioni stessero esplodendo in una confusione senza fine.
«Non ti permettere mai più di parlare di me in questo modo,» disse con voce rotta dal disprezzo. «Non sei nessuno per giudicarmi, non sei nessuno per dire cosa provo.»
Matthew le sorrise, quell'espressione indecifrabile che la faceva sentire come se fosse una pedina nel suo gioco. «Non sto giudicando, Evelyn. Sto solo osservando. E vedo cose interessanti.»
Un silenzio pesante si stese tra di loro, mentre Evelyn cercava di respirare, cercando di non cedere alla sensazione di essere intrappolata in un angolo.
«Senti,» continuò lui, la sua voce ora più bassa, più morbida. «So che non vuoi ammetterlo, ma sono diventato un po' una costante nella tua vita. E lo sarò, anche se non te ne rendi conto.»
Ogni parola che pronunciava sembrava calcolare ogni suo movimento, ogni sua risposta, come se fosse tutto parte di un piano di manipolazione ben studiato. Il suo tono non era minaccioso, ma c'era qualcosa nella sua calma che la spingeva al limite della sopportazione.
Evelyn sentiva il suo petto sollevarsi con il respiro pesante. Non voleva dargli quella soddisfazione. Non voleva farsi vedere debole, ma la sensazione di essere sopraffatta dalla sua sicurezza, dalla sua totale indifferenza per le sue emozioni, era insopportabile.
«Io non voglio avere la tua presenza nella mia vita,» disse con voce gelida, ma la sua mano tremò mentre si stringeva nel suo cappotto. «Ti sto ignorando per un motivo. E tu dovresti fare lo stesso.»
Matthew rise a bassa voce, quel suono che la faceva rabbrividire, la sua risata calcolata che sembrava non avere fine. «Ignorarmi, eh?» Fece un passo più vicino, abbassando la voce. «Scommetto che non ci riesci. Scommetto che pensi a me di continuo.»
Evelyn strinse i denti. Ogni fibra del suo corpo le diceva di allontanarsi, di fuggire, ma le sue gambe sembravano pesanti, come se il suo stesso corpo si fosse arreso alla sua volontà di non cedere.
«Vattene,» ripeté, più dura questa volta. «Non c'è niente che possiamo dire. Non c'è più nulla da dire.»
Matthew, come se la sua freddezza non gli facesse effetto, si avvicinò ancora di più. Ora erano così vicini che le punte dei loro nasi si sfioravano ed Evelyn sentì un brivido correre lungo la schiena. La sua vicinanza la stava consumando, ogni fibra di lei vibrava, eppure non riusciva a trovare la forza di spostarsi.
«E invece c'è tanto da dire. Se ti lascio scappare senza dire come stanno veramente le cose, me ne pentirei.»
Le parole gli sfuggirono con una calma che la fece fremere.
«Tu non capisci,» rispose lei, cercando di mantenere la voce sotto controllo, ma era un'impresa difficile. La sua anima si stava rivoltando contro di lei, cercando di impedire che continuasse ad ascoltarlo, di impedire che le sue parole trovassero spazio nel suo cuore. «Non voglio parlare. Non voglio sentire quello che hai da dire.»
Matthew la fissò intensamente, e per un attimo, Evelyn pensò che potesse davvero fermarsi, che forse l'avesse finalmente ascoltata. Ma poi lui parlò di nuovo, il suo tono diventato più sussurrato, più intimo, come se stesse cercando di fare breccia nei suoi pensieri più profondi.
«Eppure lo sai che non posso lasciarti andare, vero? Siamo legati da qualcosa che non possiamo ignorare. Qualcosa che non puoi fingere di non vedere.»
Evelyn si sentì soffocare. Ogni sua parola sembrava il peso di un segreto che non riusciva più a nascondere. Le sue gambe tremavano, i suoi occhi si riempivano di lacrime che cercava di trattenere, ma non riusciva a fermare il dolore che cresceva in lei, la frustrazione che non riusciva a placare.
«Non sei niente per me,» disse con voce rotta, ma non abbastanza forte da mascherare la sofferenza. «Non ti voglio nella mia vita. Non ti voglio.»
Matthew la guardò come se fosse una sfida che stava appena iniziando. «Non ci credo, Evelyn. Non ci credo nemmeno un po'.»
Ogni cosa intorno a lei si fermò. Il suo cuore batteva all'impazzata, il respiro corto e il viso rigato dalle lacrime che finalmente non riusciva più a nascondere. La rabbia, la frustrazione, il dolore si mescolavano in un unico, potente sentimento che non riusciva a controllare.
«Ti odio,» sussurrò, ma la sua voce tremò, tradendo la verità che stava nascondendo. «Ti odio per come mi fai sentire. Per come mi stai trattando. E tu lo sai!»
Matthew la fissò, ma non sembrava sorpreso. Quella consapevolezza di essere il centro delle sue preoccupazioni, di avere una presa così forte su di lei, lo faceva sorridere, con una soddisfazione che non riusciva a nascondere.
Evelyn si staccò finalmente da lui, ma non bastò a calmare il tumulto che sentiva crescere dentro di sé. Sentiva il sangue ribollire nelle vene, eppure non riusciva a fermarsi. Non poteva restare lì, sotto il peso delle sue parole, sotto il peso della sua insistente presenza.
«Non voglio più avere niente a che fare con te,» mormorò, gli occhi colmi di rabbia. «Non ti interessa davvero, Matthew. Quello che ti interessa è solo il controllo.»
Matthew fece un passo indietro, il sorriso che non abbandonava il suo volto. «Oh, Evelyn. Non capisci niente. Non si tratta di controllo, si tratta di farti lasciare andare. E quando lo farai, vedrai che ci sarà spazio anche per me.»
Lei sentì il suo cuore che batteva più forte. L'emozione che cercava di trattenere ora esplose in un'ondata di frustrazione e dolore. Si voltò, il viso deformato dal pianto che non riusciva a trattenere più. Aveva l'impressione che ogni parola di Matthew l'avesse ferita, lasciando delle cicatrici invisibili che ora si aprivano in un grido silenzioso dentro di lei.
«Non voglio sentire altro,» singhiozzò, con la voce strozzata. «Non posso... non posso più sopportare questo.»
E senza un'altra parola, scappò via, correndo lungo il corridoio, lasciandosi dietro la sua risata, il suono che la perseguitava come un'eco lontana, ma impossibile da ignorare.
Non riusciva a pensare, non riusciva a fermarsi. Le sue lacrime scivolavano silenziose sul suo viso, ma non si fermò, continuò a correre, come se correre fosse l'unico modo per scappare dalla sua presa.
Il corridoio si svuotò dietro di lei, e mentre le sue gambe tremavano per lo sforzo, sentiva che non sarebbe mai riuscita a lasciarsi tutto questo alle spalle. Non ancora. Non quando Matthew non si sarebbe mai fermato.
Evelyn non si arrestò nemmeno per un istante. Il suo respiro era affannato, e i suoi passi sempre più veloci mentre cercava di allontanarsi da tutto ciò che aveva appena vissuto. La conversazione con Matthew le rimbombava ancora nelle orecchie, le sue parole manipolatorie, la sua insistente richiesta di attenzioni, come se fosse già troppo tardi per sfuggirgli. La sensazione che Matthew l'avesse intrappolata in qualche modo le faceva stringere il petto in un nodo di frustrazione. Non poteva credere che lui stesse cercando di inserirsi nella sua vita. Nonostante non avessero mai avuto nulla, la sua presenza la metteva a disagio. Le sembrava di trovarsi intrappolata in un gioco in cui le regole non erano mai chiare.
Quando le sue gambe la portarono nel giardino del campus, il cuore le batteva più forte. Era tutto ciò di cui aveva bisogno: un angolo tranquillo, lontano da occhi indiscreti, dove potesse calmarsi. Il piccolo laghetto che si trovava al margine del campus, con il suo specchio d'acqua immobile, sembrava l'unico posto che le offrisse un po' di pace. Si diresse verso il piccolo sentiero che costeggiava il lago, come se ogni passo la separasse dal mondo che aveva appena lasciato alle spalle.
Finalmente, la panchina di legno che aveva tanto amato nelle sue lunghe pause di riflessione. Si gettò sopra, sentendo il peso della giornata cadere su di lei. Non era solo la stanchezza fisica, ma anche quella emotiva. Le sue mani tremavano mentre cercava di nascondere il viso tra le dita, le lacrime che non riuscivano a fermarsi, nonostante il tentativo di ignorarle. Matthew, con la sua insistenza, aveva risvegliato una parte di lei che non riusciva a tenere sotto controllo. Un lato che voleva fuggire, che non sapeva come gestire, ma che la rendeva vulnerabile e confusa.
Il laghetto sembrava calmo, ma non c'era nulla di tranquillo nella sua mente. Eppure, il silenzio attorno a lei era quasi un conforto. La pace che tanto desiderava sembrava a portata di mano, ma un pensiero tormentava la sua mente: Matthew non l'avrebbe lasciata in pace. Lo sapeva.
La rabbia che provava nei suoi confronti era crescente, ma non riusciva a liberarsene completamente. Quella sensazione di impotenza la divorava. Si sentiva come se avesse perso il controllo, come se lui fosse riuscito a forzare una parte di lei che non voleva essere toccata.
Si fermò a riflettere, un po' confusa da tutto ciò che era successo nelle ultime ore. Non c'era mai stato niente tra loro, eppure Matthew sembrava convinto che fosse destino che dovessero conoscersi. Un sorriso forzato, una battuta sul suo fascino, e lei aveva cominciato a sentirsi come una preda. Non che fosse incapace di capire cosa stesse accadendo. L'aveva visto in tante altre persone, eppure non riusciva a non sentirsi offesa dal suo modo di fare. La sua insistenza era quasi una forma di manipolazione, di controllo mascherato da gentilezza. Evelyn lo sapeva, ma non sapeva come difendersi.
Il vento che soffiava delicato tra gli alberi la fece scuotere leggermente, ma non abbastanza da calmarla. Aveva bisogno di stare sola, di non pensare più a lui, di liberarsi da quella sensazione di oppressione che la stava soffocando. Il battito del suo cuore sembrava accelerare di nuovo mentre si appoggiava alla panchina, il viso nascosto tra le mani. Ma in quel momento, una sensazione strana la attraversò: qualcosa non andava. Non poteva essere così fortunata da essere sola in quel momento.
Il suono dei passi dietro di lei fu il primo segno che qualcosa stava per cambiare. All'inizio pensò fosse solo un altro studente, qualcuno che passeggiava come lei nel giardino del campus. Ma il rumore si avvicinò troppo velocemente. Quella sensazione che le riempiva la testa, quel malessere che sentiva crescere nel petto, la fece voltare lentamente.
E lì, davanti a lei, c'era Matthew.
I suoi occhi sembravano lucidi, quasi trionfanti. La sua espressione, quella di chi sa di avere il controllo della situazione, ma la sua voce era più morbida del solito, un tono che cercava di essere rassicurante ma che sembrava soltanto più manipolativo.
«Pensavo ti fossi persa, Evelyn», disse, il sorriso che non riusciva a nascondere quella certa sfida. «Non pensavo che ti saresti nascosta così facilmente.»
Evelyn si alzò in piedi, il cuore che batteva più forte. «Non sono scomparsa, Matthew», rispose, cercando di mantenere la calma. «Volevo solo prendermi una pausa. Non c'è niente di strano.»
Lui fece un passo in avanti, senza mostrare alcuna intenzione di fermarsi. «Ah, non ti preoccupare, Evelyn. Lo so che sei arrabbiata con me. Ma non possiamo ignorarci per sempre, no?»
Lei indietreggiò di un passo, l'istinto di fuga che si faceva sempre più forte. Ma Matthew non sembrava intenzionato a farla andare.
«Perché non possiamo semplicemente parlarne?» continuò, la sua voce più morbida, ma con una punta di insistenza che stava sfiorando il limite dell'invasività. «Mi interessa conoscerti, sai. E credo che tu stia cercando di scappare da qualcosa che non ha senso. Siamo adulti, Evelyn. Non possiamo ignorare che c'è una connessione, che... beh, che qualcosa ci lega.»
Evelyn provò a rispondere, ma le parole le si bloccarono in gola. Non sapeva più cosa dire. La sua mente era in confusione, i suoi pensieri affollati. Si sentiva prigioniera di quelle parole che non riuscivano a farsi largo. In quel momento, le lacrime tornarono a bruciarle dietro gli occhi, e lei non riuscì più a trattenersi.
«Non c'è nessuna connessione, Matthew!» urlò, con il cuore che le batteva furiosamente nel petto. «Non c'è niente tra di noi, non c'è mai stato niente, e tu non hai il diritto di fare finta che ci sia!» La sua voce tremava, ma non riusciva a fermarsi. «Devi smetterla.»
Matthew la guardò, un'ombra di soddisfazione nei suoi occhi. Si avvicinò ancora di più, ma stavolta Evelyn non indietreggiò. «Non posso smettere, Evelyn.»
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