Capitolo 14

Evelyn si svegliò quella mattina avvolta da una calma che sembrava quasi irreale, come se il mondo intorno a lei avesse deciso, per una volta, di lasciarla respirare. Gli ultimi giorni erano trascorsi in un silenzio confortante: niente Matthew a turbarle i pensieri, niente incontri inaspettati che le facessero battere il cuore troppo forte, nel bene e nel male. Si era concessa il lusso di apprezzare la ritrovata serenità, come un filo sottile di luce che filtrava in una stanza rimasta troppo a lungo al buio.

Madison era tornata a essere una costante nella sua vita, e la loro riconciliazione aveva riempito un vuoto che Evelyn non aveva nemmeno riconosciuto fino a quel momento. L'amica le aveva offerto un'ancora, un senso di normalità che le era mancato. Ogni chiacchierata con lei, ogni risata condivisa, era un promemoria che non tutto doveva essere complicato.

E poi c'era Jake. La sua energia spensierata era stata un balsamo per la mente di Evelyn. Con lui non c'erano zone grigie, né tensioni nascoste sotto la superficie: solo conversazioni genuine e un'amicizia sincera che la faceva sentire accolta, mai giudicata. Quando ridevano insieme, Evelyn si accorgeva di quanto le fosse mancata la leggerezza, quella capacità di lasciarsi andare senza doversi preoccupare di cosa avrebbe portato il futuro.

Eppure, sotto quella calma apparente, c'era un sottilissimo filo di tensione che non riusciva a ignorare del tutto. Il fatto che Matthew fosse scomparso dalla sua orbita, così all'improvviso, le dava un senso di inquietudine che cercava di reprimere. Aveva affrontato il loro ultimo incontro con fermezza, aveva detto chiaramente ciò che pensava, ma una parte di lei non riusciva a credere che fosse davvero finita lì.

Quella mattina, mentre si preparava e cercava di tenere a bada il flusso di pensieri, Evelyn si costrinse a concentrarsi su ciò che aveva davanti: una giornata tranquilla, una lezione con Jake, e nessun Matthew a complicare le cose. O almeno, così sperava.

Arrivò al bar del campus qualche minuto prima dell'orario stabilito per l'incontro con Jake, il cuore sorprendentemente leggero. L'aroma del caffè appena fatto aleggiava nell'aria, mescolandosi con il sottofondo di risate, conversazioni e il tintinnio delle tazze. Evelyn si guardò intorno, lasciando che quella vivace routine mattutina l'avvolgesse come una coperta calda. C'era qualcosa di confortante in quell'ambiente: era come essere parte di un piccolo ecosistema che pulsava di energia e vita.

Si fermò accanto al bancone, le mani strette intorno a una cinghia dello zaino che si era tolta dalle spalle per comodità. Osservò gli altri studenti che andavano e venivano. Alcuni sembravano presi dai propri pensieri, altri ridevano con gli amici, ed Evelyn trovò quasi rassicurante quell'eterogeneità di emozioni e movimenti. Per un attimo si concesse di lasciarsi andare, respirando profondamente l'atmosfera familiare e lasciando che la calma la riempisse.

Poi lo vide. Jake spuntò dalla porta principale, il suo ingresso quasi teatrale, con il solito sorriso che sembrava capace di illuminare anche gli angoli più bui di una stanza. Evelyn non poté fare a meno di sorridere a sua volta, notando il cappellino storto che portava sulla testa, un accessorio che lui riusciva a indossare con un'aria naturale e sfacciata, come se fosse un'estensione del suo spirito allegro e spensierato.

«Ti sei fatto aspettare,» disse Evelyn quando lui la raggiunse, alzando un sopracciglio in tono scherzoso. Ma dentro di sé sentì una piacevole leggerezza al vederlo, un piccolo conforto che scaldava la sua mattinata.

«Ma buongiorno, regina dei drammi non richiesti,» la salutò con tono scherzoso, poggiando la sua borsa sul tavolino.

Evelyn ridacchiò. «Oh, non iniziare. Stamattina mi sento straordinariamente tranquilla. Non rovinare tutto.»

Si scambiarono qualche battuta, e Jake si lanciò subito in un racconto appassionato su Ryan, il ragazzo di cui era segretamente innamorato e che aveva completamente catturato la sua attenzione. Evelyn ascoltava divertita, osservando come i suoi occhi si illuminassero mentre descriveva ogni piccolo dettaglio di Ryan: il modo in cui teneva la penna, il sorriso accennato quando rispondeva a una domanda in classe, persino la risata un po' rauca.

«E poi, ieri si è voltato e mi ha detto: 'Puoi passarmi gli appunti?' con quella voce da tenore angelico. Come posso vivere sapendo che non sarò mai alla sua altezza?» Jake si portò una mano al petto in una finta posa melodrammatica.

«Sei senza speranza,» rispose Evelyn, scuotendo la testa con un sorriso.

«Lo so. Ed è per questo che tu, cara Evelyn, devi aiutarmi. Voglio che scopriamo il suo segno zodiacale. Mi serve sapere se è compatibile con me.»

«Jake, siamo adulti che vanno a un seminario di Metodologia della ricerca psicologica. Non possiamo basare il tuo futuro amoroso sugli oroscopi.»

«Lo dici solo perché sei una Sagittario,» ribatté lui con aria divertita.

Risero insieme, una risata spontanea che sembrava scacciare ogni pensiero cupo, e terminarono i loro caffè tra un'ultima battuta e qualche commento leggero. Poi, con la consueta complicità, si avviarono verso l'aula del seminario. Evelyn camminava accanto a Jake con una serenità che non provava da giorni, come se il semplice atto di condividere quel momento con lui rendesse tutto più semplice. L'aria del campus era fresca, ma il sole del mattino le accarezzava il viso, e per un attimo si concesse il lusso di credere che la giornata avrebbe mantenuto quel ritmo pacifico.

Si erano iscritti al corso di Metodologia della ricerca psicologica con un misto di curiosità e pragmatismo. Entrambi avevano intuito che il seminario avrebbe rappresentato un'opportunità per ampliare le loro conoscenze e, forse, trovare risposte a domande che ancora non sapevano di avere. Evelyn, in particolare, era attratta dall'idea di esplorare temi complessi e di trovare un metodo per comprenderli, come se quel corso potesse offrire strumenti utili non solo per l'università, ma anche per mettere ordine nei pensieri che ogni tanto le si affollavano in mente.

L'aula era ampia e accogliente, con un soffitto alto che dava una sensazione di respiro e grandi finestre che lasciavano entrare la luce del mattino. Evelyn apprezzò l'atmosfera quasi calma che si percepiva lì dentro, un contrasto con il chiacchiericcio caotico del bar di poco prima. Si sedette accanto a Jake, sentendo una sottile ma piacevole eccitazione al pensiero di iniziare qualcosa di nuovo.

La docente, una donna di mezza età con un'energia che sembrava contagiosa, si presentò con modi affabili e un accento leggermente britannico che dava al tutto un tocco di raffinatezza. La sua voce, sicura e melodiosa, catturava subito l'attenzione, e Evelyn si trovò a fissarla con interesse mentre spiegava il focus del seminario.

«Questo corso si concentrerà sulla progettazione di una ricerca empirica,» annunciò la docente, con un entusiasmo che sembrava anticipare l'importanza di ciò che stava per dire. La sua voce riempiva l'aula, un equilibrio perfetto tra autorità e calore, invitando gli studenti a immergersi nel lavoro che li attendeva. «Dovrete formare coppie o terzetti: sarà essenziale per il lavoro che vi accompagnerà fino alla fine del semestre. Ogni gruppo svilupperà un progetto originale, seguendo tutte le fasi: dall'ideazione alla raccolta e analisi dei dati, fino alla presentazione finale.»

Evelyn si ritrovò a tamburellare leggermente le dita sul bordo del tavolo. Era una sua abitudine quando sentiva l'adrenalina mescolarsi a un pizzico di ansia. L'idea di lavorare su un progetto così articolato la intrigava, ma la responsabilità implicita le faceva desiderare di avere al suo fianco qualcuno di cui si fidasse ciecamente. Girò lo sguardo verso Jake, e fu quasi sollevata nel vedere che anche lui l'aveva già guardata.

Jake le fece un cenno d'intesa con un mezzo sorriso, il genere di sorriso che diceva tutto senza bisogno di parole. Erano abituati a lavorare insieme, a scambiarsi idee e sostenersi nei momenti di difficoltà. Evelyn provò una piacevole sensazione di sicurezza, una rara certezza che tutto sarebbe andato per il verso giusto almeno in quel frangente.

La professoressa continuava a illustrare le linee guida del progetto, ma Evelyn si concesse un momento per osservare l'atmosfera dell'aula. C'era una curiosa mescolanza di emozioni nei volti degli studenti: alcuni sembravano entusiasti, altri già intimiditi dalla mole di lavoro. Qualcuno annotava freneticamente ogni parola della docente, mentre altri si limitavano a fissarla con occhi sgranati. Evelyn, però, si sentiva sorprendentemente in equilibrio, come se il caos del mondo esterno fosse momentaneamente sospeso lì dentro.

Jake si sporse appena verso di lei, il tono della sua voce ridotto a un sussurro: «Cosa ne pensi di un progetto sull'impatto della musica sulla concentrazione? Ho un paio di idee interessanti.»

Evelyn ridacchiò, cercando di non attirare l'attenzione. «Mi piace. Ma possiamo fare qualcosa di più ambizioso? Tipo esplorare anche le emozioni suscitate dalla musica?»

«Ambizioso mi piace,» rispose Jake con un sorrisetto.

Prima che potessero scambiarsi altre opinioni, la docente batté le mani per richiamare l'attenzione della classe, iniziando a dettare l'elenco delle regole per la formazione dei gruppi. Evelyn si rilassò contro lo schienale della sedia, lasciandosi trasportare dal ritmo della lezione, anche se le sue orecchie restavano attente ai dettagli.

«Ogni squadra di lavoro dovrà includere almeno uno studente con una buona conoscenza della statistica e uno con capacità di sintesi e scrittura accademica,» disse, scorrendo con lo sguardo i volti degli studenti.

Evelyn non poté fare a meno di sorridere. Lei e Jake rispettavano perfettamente quei requisiti: lei era abituata a fare lavoro d'analisi statistico, mentre Jake aveva un talento naturale per l'argomentazione scritta e per rendere interessanti anche i dati più noiosi. La loro complementarità era quasi comica, ma al tempo stesso rassicurante.

"Almeno per questo non devo preoccuparmi," pensò Evelyn. Non avevano bisogno di cercare qualcun altro, né di affrontare l'imbarazzo di dover convincere uno sconosciuto a collaborare. Il piano era semplice: alla fine della lezione, avrebbero fornito i loro nomi e sarebbero stati ufficialmente una squadra.

Si concesse un attimo per osservare Jake, che sembrava concentrato sulle istruzioni del docente, il mento appoggiato a una mano mentre con l'altra prendeva appunti disordinati sul taccuino. Evelyn sentì un lieve sollievo scivolare dentro di lei: qualunque cosa questo progetto avesse in serbo, non sarebbe stata sola.

Ma quell'illusione di tranquillità stava per infrangersi.

Mentre prendeva appunti, concentrata sulle istruzioni per la suddivisione dei compiti, una voce alle sue spalle le fece gelare il sangue.

«Sembra un corso interessante. Non credi, Evelyn?»

Il tempo sembrò fermarsi. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattasse. Matthew.

Jake notò immediatamente il cambiamento nell'espressione di Evelyn e si girò per primo, scrutando Matthew con aria curiosa e un filo di diffidenza. Evelyn, invece, si costrinse a mantenere la calma prima di voltarsi lentamente verso di lui, il viso già segnato da una maschera di evidente irritazione.

Matthew era lì, a pochi passi, con lo stesso sguardo enigmatico di sempre. Sembrava completamente a suo agio, come se fosse naturale che si trovasse in quel corso, dietro di lei.

«Matthew,» esordì Evelyn in tono neutro, nonostante un lampo di fastidio trapelasse nei suoi occhi. «Cosa ci fai qui? Pensavo ti stessi concentrando su altri progetti.»

Lui inclinò la testa leggermente, quel mezzo sorriso che sfiorava la provocazione già in bella mostra. «Oh, non è il tipo di corso che ti aspetteresti di vedermi frequentare? Troppo impegnativo, forse?»

Evelyn strinse le labbra. «Solo improbabile.»

Lui sorrise, un sorriso che non raggiungeva del tutto gli occhi. «Mi sono iscritto al seminario. Non sapevi? Pensavo fosse evidente che un corso così interessante potesse attrarmi.»

Jake, percependo la tensione, decise di intervenire. «Sei un esperto di ricerca psicologica, allora?» chiese con un sorriso che cercava di essere disinvolto.

Matthew gli lanciò un'occhiata rapida, come per valutarlo, prima di rispondere con un'alzata di spalle. «Mi piace esplorare nuove prospettive.»

Evelyn si accorse che il suo respiro era più rapido del normale. La sua calma di quella mattina era ormai un ricordo lontano. Ma decise di non permettere a Matthew di distogliere la sua attenzione dal seminario.

Evelyn incrociò le braccia, lo sguardo diretto e gelido. «Spero che tu sia consapevole che questo corso richiede impegno, e che non sarà un passatempo come... altro a cui ti dedichi.»

«Oh, non preoccuparti,» ribatté Matthew con una calma esasperante. «Mi adatto facilmente. E sono certo che lavorare a stretto contatto con persone competenti come te renderà tutto più semplice.»

l tono allusivo fece stringere le mascelle di Evelyn. Jake, intanto, sembrava pronto a intervenire, ma lei gli fece cenno di lasciar perdere con un impercettibile movimento della mano.

«Be', allora buona fortuna con il tuo lavoro di squadra,» disse Evelyn, decisa a chiudere la conversazione.

Matthew le sorrise, un'espressione di sfida che sembrava divertita dal suo tentativo di liquidarlo. «In realtà, stavo pensando di propormi per un gruppo.»

Evelyn sgranò appena gli occhi, ma si riprese subito. «Sei arrivato un po' tardi, sembra che tutti si siano già organizzati sul da farsi. Anche io e Jake abbiamo già deciso.»

«Ah, capisco,» rispose Matthew, come se non avesse già previsto quella risposta. Fece una pausa studiata, gli occhi scintillanti di una sfida non detta. «Quindi siete già un gruppo? Interessante.» Poi si girò verso Evelyn, ignorando deliberatamente Jake. «Tu e Jake formate una coppia... impeccabile, immagino. Ma sai, c'è un aspetto importante che forse vi è sfuggito.»

Evelyn alzò un sopracciglio, il tono della sua voce tagliente come una lama. «Ah sì? E quale sarebbe?»

«Che a volte,» iniziò lui, facendo una pausa teatrale, «i progetti migliori nascono da dinamiche diverse. Contrastanti, per così dire. Non pensi che un punto di vista meno convenzionale potrebbe aggiungere valore al vostro lavoro?»

«Non vedo come,» ribatté Evelyn secca. «Io e Jake rispettiamo perfettamente i requisiti del corso. Non abbiamo bisogno di un terzo membro per complicare le cose.»

Matthew scosse la testa con un sorriso esasperantemente sereno. «Non fraintendermi. Non voglio complicare niente. Voglio solo rendere il progetto più interessante. Dopo tutto, un argomento come la percezione emotiva della musica e i suoi possibili risvolti sulla concentrazione richiede qualcuno che abbia una certa esperienza pratica, non trovi?»

Jake si strinse nelle spalle, fingendo di pensare. «E chi sarebbe, esattamente, questa persona con esperienza pratica? Tu?»

«Forse,» rispose Matthew, con un'aria innocente ma chiaramente provocatoria.

Evelyn sbuffò, cercando di non lasciarsi trascinare nel gioco. «Grazie per l'offerta, ma siamo perfettamente in grado di gestirlo da soli. Ti suggerisco di trovare qualcun altro.»

Matthew sembrò riflettere per un istante, poi alzò le spalle come se si fosse appena ricordato di un dettaglio importante. «Peccato, perché mi ero offerto per occuparmi della raccolta dati sul campo. Sai, quel genere di lavoro che richiede un po' di intraprendenza e una certa capacità di persuasione. Ma se preferite farlo voi...»

Evelyn lo fissò, cercando di cogliere le sue reali intenzioni. Era chiaro che Matthew stava giocando una partita tutta sua, ma l'idea di delegare quella parte del progetto non era del tutto priva di vantaggi. Tuttavia, non voleva dargli la soddisfazione di cedere così facilmente.

«Interessante proposta,» disse lentamente, mantenendo lo sguardo fermo su di lui. «Ma non vedo perché dovremmo accettare. Jake e io possiamo occuparcene senza problemi.»

Matthew fece un passo indietro, portando le mani in alto in segno di resa. «Pensala come vuoi. Ma sono sicuro che la professoressa non avrà nulla in contrario quando aggiungerò il mio nome al vostro gruppo. In fondo, sono qui per imparare anche io.»

Jake incrociò le braccia, scambiando uno sguardo con Evelyn. «Sì, certo,» mormorò, senza neanche cercare di nascondere il sarcasmo.

Evelyn serrò le mascelle, odiando la sensazione di essere stata in qualche modo intrappolata in una discussione che Matthew aveva guidato dall'inizio. «Vedremo,» rispose infine, il tono gelido.

Matthew si limitò a sorridere, quel sorriso che la faceva ribollire di frustrazione. «Perfetto. Sono sicuro che faremo grandi cose insieme.»

Quando si allontanò per parlare con un altro studente, Evelyn sbatté il palmo della mano sulla fronte e sbuffò sonoramente.

Jake si avvicinò, abbassando la voce. «Non capisco perché gli dai corda. Quel tipo vive per manipolare la gente.»

«Non gli sto dando corda,» sibilò lei. «Sto cercando di evitare di strangolarlo in pubblico.»

Il resto della lezione passò in un miscuglio di concentrazione forzata e tensione latente. Evelyn cercava di focalizzarsi sulle parole del docente, ma sentiva la presenza di Matthew come un'ombra pesante dietro di lei. Jake le lanciava ogni tanto uno sguardo preoccupato, ma non disse nulla, almeno non ancora.

Quando la lezione terminò, Evelyn si alzò rapidamente, sperando di sfuggire alla situazione. Ma Matthew la fermò con un semplice, innocuo: «Evelyn, possiamo parlare?»

Lei si voltò verso di lui, con Jake che rimaneva al suo fianco come un alleato silenzioso. «Non ora,» rispose. «Ho un progetto da iniziare.»

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