Capitolo 13

L'aria fresca del primo pomeriggio accarezzava il volto di Evelyn mentre attraversava il campus, i suoi passi lenti ma decisi risuonano sull'asfalto. Nonostante il cielo limpido, che prometteva una giornata di sole e tranquillità, e il cinguettio degli uccelli che accompagnava ogni passo, Evelyn sentiva ancora il peso di quella conversazione avuta quella mattina con Matthew. Un nodo di tensione sembrava crearsi ogni volta che pensava a lui, come un filo invisibile che non riusciva a districare. La sua mente era ancora pervasa dalla sua insistenza, dal suo comportamento strano, che non riusciva a decifrare. Non era abituata a farsi influenzare da simili sensazioni, ma quel ragazzo l'aveva turbata più di quanto avrebbe voluto ammettere. La sua fastidiosa insistenza l'aveva fatta scattare, rasentando la maleducazione. E, sebbene fosse consapevole che non avrebbe dovuto farsi influenzare così tanto, non riusciva a fare a meno di volersi scrollare via la sua presenza dalle sue giornate. Non era preoccupata per quello che Matthew avrebbe potuto pensare di lei; quello che la turbava era il fatto che lui sembrava determinato a non lasciarla in pace.

Rientrare alla confraternita era diventato un atto che faceva quasi meccanicamente, come se fosse una routine necessaria e al contempo faticosa, specialmente considerando che non aveva ancora risolto completamente il suo rapporto con Madison. Da quella festa, la loro relazione era rimasta tesa. Non c'era stata una vera discussione, ma quella distanza tra loro sembrava allungarsi ogni giorno di più. Madison si era scusata quasi subito, ma Evelyn sentiva che le cose non erano mai tornate come prima. La loro amicizia era come un quadro che aveva perso di brillantezza, come se i colori si fossero sbiaditi, e ogni tentativo di farli tornare vivi sembrava infrangersi contro una parete invisibile. Negli ultimi giorni, avevano interagito più come due estranee che come le migliori amiche che erano state, limitandosi a una convivenza cordiale ma distante.

Quella giornata, però, qualcosa sembrava diverso. Quando Evelyn entrò nella confraternita, il silenzio che la accolse sembrava quasi surreale, come se il luogo stesso percepisse l'intensità dei suoi pensieri. Appena entrata nel salotto comune, notò Madison seduta sul divano, con un libro in mano, concentrata sulla lettura. I suoi capelli erano legati in una coda disordinata, e un plaid era drappeggiato sulle sue gambe incrociate. Quando alzò lo sguardo, l'espressione di sorpresa e lieve esitazione che le attraversò il volto non passò inosservata.

«Ehi, Evelyn,» disse Madison, chiudendo il libro e appoggiandolo sul tavolino davanti a sé, il suo tono un po' più alto del normale, come se stesse cercando di rompere una barriera invisibile tra loro.

Evelyn esitò per un attimo, poi decise di avvicinarsi. Si sedette sulla poltrona accanto al divano, osservando Madison con uno sguardo che cercava di mascherare la confusione che sentiva dentro di sé. «Ciao,» rispose con voce morbida, ma la sua espressione era ancora cauta.

Madison sorrise, ma il gesto sembrava tirato, quasi forzato. «Stai bene? Hai un'aria stanca,» disse, esaminando attentamente il viso di Evelyn come se volesse capire cosa ci fosse sotto quella maschera di tranquillità.

Evelyn scrollò le spalle, cercando di sembrare indifferente. «Sono solo un po' stufa, tutto qui,» rispose, sperando che la sua voce non tradisse il disagio che provava.

Un silenzio imbarazzante calò tra loro, rotto solo dal ticchettio dell'orologio sul muro, un suono che sembrava ingigantirsi a ogni secondo. Evelyn non sapeva bene cosa aspettarsi da quella conversazione. Nonostante il passo incerto, Madison sembrava determinata a parlare, e forse anche lei sentiva il bisogno di colmare quel vuoto che si era creato tra di loro.

«Senti,» iniziò Madison, tirando un respiro profondo, come se stesse raccogliendo il coraggio necessario. «Lo so che ultimamente non sono stata una buona amica. Ho pensato molto a quella sera, e... capisco perché sei ancora arrabbiata con me.»

Evelyn la guardò senza rispondere subito, il suo sguardo impassibile, ma dentro di sé qualcosa sembrava cominciare a cedere. «Madison, mi hai già chiesto scusa. Non vedo cos'altro ci sia da dire,» rispose, il suo tono secco ma non del tutto indifferente.

Madison si mordicchiò il labbro, abbassando lo sguardo. «Forse no. Forse non mi sono spiegata abbastanza. Ho sbagliato, Evelyn. Non solo quella sera, ma anche dopo. Ho continuato a comportarmi come se bastasse dirti che mi dispiace per rimediare a tutto, ma non ti ho dato il tempo né lo spazio per sentirti davvero ascoltata.»

Evelyn si accigliò, sorpresa da quella confessione. «Non è che non abbia apprezzato le tue scuse,» rispose, il tono più morbido. «È solo che... mi sono sentita trascurata. Quella sera, e anche nei giorni seguenti. Come se quello che provavo io non fosse poi così importante.»

Madison annuì lentamente, un'espressione di consapevolezza che le attraversava il volto. «Capisco. E hai ragione, non lo era per me in quel momento. Ero troppo presa da me stessa, dalla mia vita, da... non lo so, l'idea che dovevamo vivere tutto al massimo. Ma non dovrebbe essere così. Non per noi. Non per la nostra amicizia.»

Evelyn rimase in silenzio per un momento, lasciando che le parole di Madison si sedimentassero. Poi sospirò. «A volte mi sembra che ci siamo perse di vista. Quando siamo arrivate qui, pensavo che avremmo affrontato tutto insieme. Invece, ultimamente mi sembra di essere sempre l'ultima ruota del carro.»

Madison si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, con uno sguardo serio e affettuoso. «Non voglio che tu ti senta così. Mai. Sei la mia migliore amica, Evelyn. E anche se sono stata una pessima amica ultimamente, voglio rimediare. Dimmi cosa posso fare.»

Evelyn incrociò le braccia, fissandola intensamente. «Voglio solo che tu sia più presente. Non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Voglio sapere che posso contare su di te.»

Madison annuì con convinzione. «E lo farò. Te lo prometto.»

Evelyn abbassò lo sguardo, un sorriso lieve che si formò sulle sue labbra, ma non abbastanza per nascondere la riservatezza che ancora la caratterizzava. «Sai che non mi fido facilmente delle promesse.»

Madison rise piano, sollevata dal cambiamento di tono. «Allora lo dimostrerò con i fatti. A partire da una serata film, magari con popcorn e... ok, forse anche La città di cristallo?»

Evelyn la guardò, ridendo a sua volta. «Non puoi iniziare da un libro che non hai nemmeno finito di leggere.»

Madison alzò le mani in segno di resa. «Hai ragione. Ma prometto di finirlo. E intanto possiamo scegliere un film che piace a entrambe. Niente commedie stupide, giuro.»

«Affare fatto,» disse Evelyn, sentendosi per la prima volta in giorni un po' più sollevata.

Madison non si alzò subito dal divano, lasciando che il silenzio si distendesse tra loro. Evelyn, invece, sembrava pronta a chiudere il discorso, ma il lieve tremore delle sue mani tradiva un'irrequietezza latente. Mentre si girava per andare verso le scale, Madison parlò con tono calmo ma fermo:

«C'è qualcos'altro che ti preoccupa, vero?»

Evelyn si fermò, le mani che giocherellavano nervosamente con l'orlo della sua maglia. Si voltò lentamente, incontrando lo sguardo attento di Madison.

«Perché lo dici?» chiese, cercando di mantenere un tono neutro.

Madison si strinse nelle spalle, con un sorriso appena accennato. «Ti conosco. È vero che ultimamente non sono stata la migliore delle amiche, ma so ancora leggere tra le righe. C'è qualcosa che ti turba. Qualcosa che va oltre la festa o... noi.»

Evelyn sospirò, tornando a sedersi sulla poltrona accanto al divano. «Forse. Ma non so da dove cominciare.»

Madison si avvolse meglio nel plaid, pronta a mettersi comoda. «Dal principio, magari? Sono tutta orecchie.»

Evelyn esitò, mordendosi il labbro. Non era abituata a condividere certi pensieri, ma con Madison sentiva che poteva permetterselo, almeno in parte. Si passò una mano tra i capelli, cercando di capire da dove iniziare. Con Ava era stato semplice, ma non sapeva come affrontare la cosa con Madison, non voleva sentirsi giudicata per la propria inesperienza in materia. «Okay... c'è un ragazzo. Si chiama Matthew.»

Il volto di Madison si illuminò di sorpresa. «Matthew? Quel tipo contro cui eri andata a sbattere? Aspetta, per caso è lo stesso Matthew che era al gioco alcolico quella sera?»

«Sì,» ammise Evelyn, abbassando lo sguardo. «Proprio lui.»

«Interessante,» mormorò Madison, inclinando la testa. «E cosa è successo con lui? Voglio sapere tutto.»

Evelyn sospirò di nuovo, stavolta più a fondo. «Come ti avevo raccontato, ci eravamo scontrati fuori dall'aula di Sociologia e già lì mi era sembrato strano, voleva per forza accompagnarmi alla lezione seguente. Poi l'ho visto alla festa, e mi è sembrato molto diverso da quello che mi ero immaginata.»

Madison aggrottò la fronte, inclinando leggermente la testa come per mettere a fuoco un pensiero. «Diverso come? Alla festa mi sembrava uno dei tanti: carino, sicuro di sé, forse un po' troppo. Cosa intendi?»

Evelyn incrociò le braccia, il tono della sua voce si fece più deciso. «Intendo che mi aveva detto di essere l'assistente del professore di Sociologia, sai, uno di quelli sempre concentrati sullo studio, seri. Non me lo aspettavo immerso in giochi alcolici, circondato da gente ubriaca. È stato... stridente. Come fossero due persone diverse.»

Madison rimase in silenzio, aspettando che l'amica andasse avanti con il racconto, per valutare meglio cosa dire.

Evelyn si passò una mano tra i capelli, lo sguardo fisso sul pavimento. «Poi l'ho incontrato al bar ieri mattina. È venuto verso di me come se fosse la cosa più normale del mondo, e all'inizio sembrava tutto tranquillo. Ma poi ha detto qualcosa che mi ha lasciato perplessa: mi ha detto di conoscere te e Harper. Ha aggiunto che voi due gli avevate parlato di me.»

Madison aggrottò la fronte, visibilmente confusa. «Di conoscere noi? Io? Parlato di te? Ma... non è vero. Voglio dire, sì, l'ho visto alla festa, ma non ci ho neanche scambiato più di due parole. Non ho mai fatto il tuo nome, questo è sicuro.»

Evelyn annuì, come se avesse previsto quella risposta. «Lo immaginavo. Penso che nemmeno Harper sia il tipo da raccontare cose personali su di me a uno sconosciuto, non mi conosce nemmeno. È stata una delle prime cose che mi ha fatto dubitare. Perché mentire su una qualcosa del genere?»

Madison rimase in silenzio per un momento, cercando di mettere insieme i pezzi. «E tu cosa gli hai detto? Hai chiesto spiegazioni?»

Evelyn sospirò. «Non direttamente. Ho cercato di cambiare argomento, ma lui continuava a insistere. Era così... invadente. Come se volesse sapere di più su di me, ma senza darmi modo di capire il perché. Non mi sentivo a mio agio, quindi ho cercato di defilarmi. Ma mi ha aspetta fuori, insistendo sul fatto che volesse conoscermi meglio e che io gli fossi sembrata interessante. Era come se avesse bisogno di attirare la mia attenzione a tutti i costi.»

«Aspetta,» disse Madison, alzando una mano. «Mi stai dicendo che questo tizio, che a malapena conosci, si comporta come se foste vecchi amici? E, in più, non lascia perdere anche se tu non sembri interessata?»

«Esattamente,» confermò Evelyn. «E c'è di più. Mi ha mandato un messaggio ieri. Non ho risposto, ma stamattina si è fatto trovare in caffetteria per chiedermi spiegazioni. Alla fine sembrava quasi irritato dal fatto che non gli avessi dato corda.»

«Che tipo di messaggio?» chiese Madison, gli occhi ora fissi su Evelyn.

«Era piuttosto generico,» spiegò Evelyn, incrociando le braccia. «Voleva prendersi un caffè con me. Ma il modo in cui si comporta... non lo so, Madison. È come se ci fosse qualcos'altro dietro. E non mi piace.»

Madison rimase in silenzio per un momento, riflettendo. Poi scosse la testa con decisione. «Okay, amica mia, questo è strano. Non voglio saltare a conclusioni, ma hai ragione a essere cauta. Soprattutto se ti mette a disagio.»

Evelyn annuì, le dita che giocherellavano con un lembo del divano. «Non so come gestire queste situazioni. Non sono brava con... questo genere di cose. E lui, con la sua insistenza, mi fa sentire ancora più fuori posto.»

Madison posò una mano sul braccio di Evelyn, stringendolo leggermente. «Non devi gestire nulla che non vuoi. E di certo non sei tu quella fuori posto. Se non ti fidi di lui, fidati del tuo istinto. E, se necessario, ti copro le spalle.»

«Grazie,» disse Evelyn, un sorriso lieve che le sfiorava le labbra.

Madison le diede una pacca amichevole. «Sai cosa farei io? Ignorerei i suoi messaggi. Se ci tiene davvero, troverà un modo meno inquietante per dimostrarlo. E, se non lo fa, allora è meglio così.»

Evelyn scoppiò in una risata breve, ma sincera. «Forse hai ragione. Sembra tutto così complicato.»

«Non deve esserlo,» rispose Madison con convinzione. «E comunque, se mai avessi bisogno di qualcuno che gli spieghi come comportarsi, fammi un fischio. Posso sempre improvvisare una scenata.»

Evelyn rise di nuovo, sentendosi finalmente un po' più leggera. «Non credo che arriveremo a tanto, ma terrò a mente la tua offerta.»

Madison sorrise con aria complice. «Affare fatto. Adesso, però, basta parlare di lui. Che ne dici di andare in stanza a rilassarci con una tazza di tè? Ho il sospetto che entrambe ne abbiamo bisogno.»

Evelyn annuì, sentendo un calore familiare riempirle il petto. Nonostante tutto, sapere di poter contare su Madison le dava una forza nuova, un senso di conforto che non aveva provato da giorni.

Mentre le due amiche erano intente a rilassarsi, la porta della stanza si aprì di colpo, e Ava comparve sulla soglia con un'espressione curiosa. Indossava una felpa oversize e teneva in mano un libro, ma non appena vide le due ragazze sedute vicine sul letto di Madison, un sorriso divertito le si formò sulle labbra.

«Allora, finalmente avete fatto pace o devo ancora preoccuparmi di possibili guerre civili nella stanza?» scherzò Ava, entrando senza aspettare risposta e chiudendo la porta dietro di sé.

Madison rise, quasi sollevata dall'interruzione. «Credo che siamo sulla buona strada. Evelyn mi sta finalmente raccontando tutto. Abbiamo molte cose da recuperare.»

Ava si sedette sulla sedia della scrivania, poggiando il libro sul tavolo. «Bene, perché cominciavo a stancarmi di fare da mediatrice silenziosa. Volevo lasciare che foste voi due a risolvere, ma se le cose si fossero protratte, sarei intervenuta.»

Evelyn incrociò le braccia, fingendo un'espressione seria. «Ah sì? E come avresti fatto, esattamente?»

«Facile,» rispose Ava con tono scherzoso. «Avrei organizzato una serata film obbligatoria con popcorn e biscotti al cioccolato, e vi avrei chiuse in questa stanza fino a che non aveste risolto.»

Le tre risero, e per un momento l'atmosfera sembrò alleggerirsi. Evelyn guardò Madison, che le sorrise timidamente. Forse Ava aveva ragione: quella tensione aveva pesato troppo su tutte loro, ed era ora di voltare pagina.

«Va bene, sì, ci siamo chiarite,» ammise Evelyn, rivolgendosi ad Ava. «Anche se non è stato facile. Madison è stata paziente con me, devo riconoscerlo.»

«Evelyn è stata onesta,» replicò Madison, dandole una leggera spinta sul braccio. «A volte è difficile sentire certe cose, ma sono contenta che me le abbia dette. Ci tenevo troppo per lasciar perdere.»

Ava sorrise, ma il suo sguardo si fece più curioso. «E allora perché sembrava che steste parlando di qualcosa di più complicato di una semplice festa? Di cosa stavate discutendo?»

Madison si voltò verso Ava con un'espressione di lieve disagio. «Di Matthew. Evelyn ha un sacco di dubbi su di lui, e a quanto pare non è l'unica. Tu lo conosci già, vero?»

Ava fece un cenno d'assenso e si sistemò sulla sedia. «Sì, Evelyn mi ha raccontato tutto su di lui. Da come l'ha incontrato la prima volta fino all'ultima discussione. E vi dirò, sono d'accordo con lei: c'è qualcosa che non mi convince.»

Evelyn annuì, cercando il sostegno di Madison. «Ava è stata d'aiuto. Mi ha fatto riflettere su quanto sia strano tutto questo. Il suo atteggiamento, il modo in cui cerca di entrare nella mia vita... Non capisco cosa voglia davvero. E poi ha detto di conoscere Madison e Harper. Mi ha persino detto che voi due gli avevate parlato di me. Ma ora che ne parliamo, sembra evidente che non è vero. Non capisco perché avrebbe mentito su una cosa del genere.»

Madison si agitò leggermente sulla sedia, stringendo le mani. «Onestamente, io non ho mai avuto una conversazione con lui che valga la pena ricordare. È possibile, però, che Harper, possa aver detto qualcosa. Abbiamo visto tutte com'è, è sempre così aperta con tutti.»

Ava si appoggiò allo schienale della sedia, riflettendo. «Anche se Harper avesse menzionato Evelyn, perché Matthew avrebbe usato questo come scusa per avvicinarsi a lei? È strano, non trovate? Sembra che cerchi di creare un legame senza avere un motivo chiaro.»

Madison annuì, il volto sempre più serio. «Sì, è strano. E sai che c'è? Forse dovremmo chiedere direttamente a Harper. Lei è la chiave per capire se Matthew sta raccontando la verità o sta solo cercando di manipolarti.»

Evelyn guardò Ava e Madison, sentendo un misto di sollievo e preoccupazione. «Forse avete ragione. Non posso continuare a ignorare la sensazione che qualcosa non quadri. E se Harper sa qualcosa, voglio scoprirlo.»

Madison sorrise leggermente, cercando di alleggerire l'atmosfera. «Vedi? È per questo che siamo qui, per aiutarti. Anche quando le cose sembrano complicate, non devi affrontarle da sola.»

Ava annuì convinta. «Esatto. E non dimenticare: se Matthew si avvicina di nuovo, non sei obbligata a rispondergli. La tua tranquillità viene prima di tutto.»

Evelyn si rilassò leggermente, grata per il supporto delle sue amiche. Nonostante i dubbi e le incertezze, sapeva che con loro al suo fianco sarebbe stata in grado di affrontare qualsiasi cosa. E per ora, era abbastanza.

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