Capitolo 12
Il pomeriggio scorreva pigro, ma Evelyn non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di disagio lasciata dall'incontro con Matthew al bar. C'erano state troppe sfumature in quella conversazione che non le tornavano: il suo tono, troppo sicuro per essere casuale; il modo in cui aveva aggirato le sue domande su Harper e Madison; il fatto stesso che si fosse presentato. Scosse la testa, sperando che un pomeriggio di studio in biblioteca potesse aiutarla a schiarirsi le idee.
Quando arrivò, trovò Jake seduto al loro solito tavolo, con un mucchio di libri aperti davanti a sé e una lattina di soda appoggiata di lato. Si voltò appena per salutarla, alzando la mano in un gesto rilassato. «Ehi, Evelyn. Sei pronta per un altro emozionante pomeriggio di studio o hai già trovato una scusa migliore?»
Lei lasciò cadere lo zaino sulla sedia accanto, appoggiandosi allo schienale con un sospiro. «Jake, ho bisogno di un diversivo. O di sfogarmi. O entrambe le cose.»
Lui sollevò un sopracciglio, chiudendo il libro che aveva in mano con un gesto teatrale. «Questo è un evento raro. Di solito sei tu quella che mi sgrida perché non mi concentro abbastanza. Bene, sono tutto orecchi. Che succede?»
Evelyn esitò un attimo, giocherellando con la zip del suo zaino. Non era sicura che volesse davvero parlarne, ma la presenza calma di Jake era rassicurante. Alla fine, sbottò: «Hai presente quel ragazzo... Matthew? Quello contro cui sono andata a sbattere e che era anche alla festa della confraternita?»
Jake si lasciò cadere contro lo schienale della sedia, facendo una smorfia pensierosa. «Sì, quello con l'aria da protagonista di una serie TV, giusto? Perfetto sorriso, atteggiamento troppo sicuro? Mi ricordo. Cos'ha fatto?»
«Stamattina era al bar,» iniziò Evelyn, incrociando le braccia. «È venuto a parlarmi. Ha detto che gli sembravo interessante e che voleva conoscermi meglio.»
Jake spalancò gli occhi, simulando un'espressione scioccata. «Che sorpresa! Il bel ragazzo misterioso nota la ragazza seria e intelligente. È un cliché vivente, Evelyn. Dovevo immaginarlo.»
Lei non riuscì a trattenere una risata. «Jake, non scherzare. È stato... strano. Il modo in cui si è comportato, il modo in cui mi ha guardata. E quando gli ho chiesto come conosceva Harper e Madison, ha cambiato discorso. Sembrava elusivo, come se stesse cercando di nascondere qualcosa.»
Jake si protese in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo. «E tu cosa gli hai detto? Gli hai lanciato addosso il tuo zaino? Perché sarebbe stato un ottimo segnale per fargli capire che non sei interessata.»
Evelyn scosse la testa, sorridendo a metà. «No, non l'ho fatto. Gli ho risposto con cortesia, ma non gli ho dato molto appiglio. Non gli ho fatto capire di essere interessata, se è quello che pensava. Però non capisco perché stia cercando di avvicinarsi. Voglio dire, ci siamo visti due volte. Non abbiamo nemmeno parlato davvero alla festa.»
Jake fece una pausa, tamburellando con le dita sul bordo del tavolo. «Okay, ipotesi: o è un tipo a cui piace la sfida, oppure sta cercando di capire qualcosa su di te. In ogni caso, non sembra il massimo. Sei sicura che non ti abbia dato altre informazioni?»
Evelyn scosse la testa. «No. E questa è la cosa che mi irrita di più. Se vuole conoscermi, perché non essere diretto? Perché fare tutti questi giri?»
Jake alzò le mani in segno di resa. «Ah, questo è il classico trucco di certi tipi. Ti confondono per sembrare affascinanti. Ma tu non sei una che si fa ingannare, vero? Voglio dire, sei Evelyn. Evelyn non si fa abbindolare da nessuno.»
Lei sorrise debolmente. «Grazie per la fiducia. Ma non è solo quello. È che non mi piace questa sensazione di essere sotto osservazione, come se fossi finita nel suo radar per qualche motivo che non capisco.»
Jake si sporse ancora di più, posandole una mano sul braccio con un gesto rassicurante. «Evelyn, se qualcosa ti fa sentire a disagio, è già un buon motivo per tenerlo a distanza. Ascolta, non devi niente a quel tipo. Se continua a essere invadente, fammi sapere. Sai che posso tirare fuori il mio lato da cavaliere protettivo se serve.»
Evelyn rise, scrollando le spalle. «Grazie, Jake. Ma non credo che arriverà a tanto. È solo che... non mi aspettavo di dover gestire una situazione del genere.»
Jake annuì, il volto improvvisamente serio. «Sai una cosa? Hai tutto il diritto di ignorarlo. Se ti scrive o ti avvicina di nuovo, rispondi solo se ti senti a tuo agio. Non devi giustificarti con nessuno.»
Lei lo guardò, riconoscente. «Jake, sei davvero il migliore. Seriamente. Non so cosa farei senza di te.»
Lui scrollò le spalle con un sorrisetto. «Probabilmente saresti ancora in biblioteca a cercare di capire i misteri della sociologia da sola. E ti mancherebbero le mie battute geniali.»
Evelyn rise di cuore. «Sì, perché sono davvero imprescindibili.»
Jake fece finta di offendersi. «Ah, vedo che non apprezzi il mio talento. Bene, allora torna pure ai tuoi problemi esistenziali. Ma ricorda: sono qui se hai bisogno di consigli, battute, o anche solo di un silenzioso supporto morale mentre ci immergiamo nella noia di questi libri.»
Evelyn prese un libro dallo zaino e si sedette accanto a lui, sentendosi già un po' più leggera. Nonostante le domande senza risposta, avere qualcuno come Jake al suo fianco rendeva tutto più sopportabile.
Dopo aver passato un paio d'ore in biblioteca con l'amico, Evelyn si sentiva più tranquilla, ma non completamente. Jake aveva la capacità di farla ridere e alleggerire il peso delle sue preoccupazioni, ma la conversazione con Matthew continuava a riaffiorare nella sua mente, come un'ombra fastidiosa che si rifiutava di sparire.
Con la scusa di prendere una boccata d'aria, raccolse le sue cose e lasciò la biblioteca. Salutò Jake con un gesto della mano, ignorando la sua battuta finale sull'importanza di mangiare qualcosa di dolce per affrontare lo stress.
Mentre camminava lungo i sentieri alberati del campus, Evelyn si accorse di quanto il pomeriggio si stesse trasformando in sera. Il cielo si stava tingendo di un tenue arancio, e una brezza leggera faceva ondeggiare le foglie degli alberi. Era un momento di pace apparente, ma dentro di lei c'era un sottile senso di inquietudine.
Forse Jake aveva ragione: non doveva dare troppo peso a quella conversazione. Eppure, c'era qualcosa nel modo in cui Matthew si era avvicinato, nel modo in cui la osservava, che non le permetteva di scrollarselo di dosso.
Immersa nei suoi pensieri, Evelyn sentì il telefono vibrare nella tasca della giacca. Lo prese, quasi distrattamente, con una certa svogliatezza, aspettandosi un messaggio banale. Ma il nome che comparve sullo schermo le fece sgranare gli occhi: Matthew.
Non ricordava di avergli mai dato il suo numero, ma lì, nero su bianco, c'era un messaggio da parte sua:
"Ciao Evelyn, spero di non disturbarti. Volevo solo chiederti se ti andrebbe di prendere un caffè insieme, magari domani. Mi farebbe piacere conoscerti meglio."
Evelyn fissò lo schermo, incerta su come rispondere. Non c'era niente di apertamente sbagliato nel messaggio, ma il suo istinto le diceva di diffidare. Come aveva avuto il suo numero? E perché tanto interesse per lei? In un campus pieno di persone, perché proprio lei?
Non rispose subito. Ripose il telefono nella tasca, cercando di ignorare il fastidio crescente che quella richiesta le provocava. Decise di parlare con Ava. Da quando era tornata al campus, era stata lei la sua confidente, e forse avrebbe potuto aiutarla a chiarire i suoi pensieri.
Arrivata alla confraternita, spinse lentamente la porta della camerata, trovando la stanza avvolta in un'atmosfera tranquilla e familiare. Le luci erano accese, ma soffuse, e l'aria profumava di vaniglia, probabilmente per una delle candele che Ava amava accendere quando studiava.
Ava era seduta sul letto, le gambe incrociate e un libro di poesie aperto davanti a sé. I suoi capelli erano raccolti in una coda disordinata, e gli occhiali le scivolavano leggermente sul naso mentre annotava qualcosa sul suo quaderno. Alzò lo sguardo quando Evelyn entrò e le regalò un sorriso caldo, il genere di sorriso che sembrava dire: È bello vederti tornare.
«Ehi,» disse Ava con la sua voce calma, mettendo da parte il libro. «Tutto bene? Hai passato un bel pomeriggio?»
Evelyn lasciò cadere lo zaino accanto alla scrivania e si lasciò andare sulla sua sedia, massaggiandosi la nuca. «Sì, abbastanza... intenso, credo.»
Ava inclinò la testa, incuriosita. «Jake è riuscito a farti ridere? Sa sempre come migliorarti la giornata.»
Evelyn sorrise debolmente, ripensando al modo in cui Jake aveva scherzato per distrarla. «Sì, è stato bravo. Ma...» esitò, guardando fuori dalla finestra per un momento, come se cercasse le parole. «Ci sono state anche altre cose. Sai, ho avuto un incontro... destabilizzante al bar stamattina.»
Ava la osservò con attenzione, chiudendo il libro e poggiandolo sul comodino. «Destabilizzante in che senso?»
Evelyn scosse la testa, un sorriso tirato sulle labbra. «Non lo so nemmeno io. Solo... complicato.»
Ava non insistette, limitandosi a fare un gesto con la mano come a dire: Quando vuoi parlarne, sono qui. Evelyn apprezzò quel silenzio pieno di comprensione. Era bello sapere di avere qualcuno lì pronto ad ascoltare, se ne avesse avuto bisogno.
Con un sospiro, Evelyn si alzò e si lasciò cadere sul suo letto. Si prese un momento per fissare il soffitto, lasciando che il silenzio rilassante della camerata la avvolgesse. Forse, pensò, Ava aveva ragione. A volte, un rifugio tranquillo era tutto ciò di cui si aveva bisogno dopo una giornata complicata.
«Hai l'aria di chi ha bisogno di sfogarsi,» riprese dopo qualche istante l'amica, chiudendo il libro con un gesto lento.
Evelyn prese un bel respiro e poi, quasi in un sussurro, buttò fuori ciò che la preoccupava. «Matthew mi ha scritto.»
Ava sollevò lo sguardo dal suo quaderno, sorpresa. «Matthew?» chiese, lasciando scivolare via gli occhiali per massaggiarsi il ponte del naso. «Come ha fatto ad avere il tuo numero?»
«Non ne ho idea.» Evelyn agitò le mani, come a sottolineare l'assurdità della situazione. «Ed è proprio questo che mi dà fastidio. Mi ha chiesto di prendere un caffè con lui. Non capisco perché sia così insistente. Voglio dire, ci siamo parlati sì e no due volte. Perché tanto interesse?»
Ava rimase in silenzio per un momento, pensierosa. «Forse gli piaci.»
Evelyn scosse la testa, un'espressione scettica sul volto. «O forse c'è qualcos'altro. Non so... c'è qualcosa in lui che non mi torna. È troppo... insistente, troppo interessato. Come se stesse cercando qualcosa di specifico. E non mi piace per niente questa sensazione.»
«Potrebbe essere solo uno di quei tipi che non sanno come comportarsi,» disse Ava, cercando di trovare un equilibrio tra razionalità e il bisogno di supportare l'amica. «Magari è un po' goffo. Sai, i ragazzi a volte non sono bravi a leggere i segnali.»
«Non è questo,» ribatté Evelyn, appoggiandosi sui gomiti. «È... non so come spiegartelo. È come se ci fosse un secondo fine, come se volesse manipolarmi. Mi fa venire la pelle d'oca. E il fatto che abbia il mio numero senza che glielo abbia dato io non aiuta.»
Ava fece una smorfia, incrociando le braccia. «Capisco perché sei turbata. È inquietante. Hai pensato di rispondergli, magari per chiarire?»
Evelyn sospirò pesantemente. «Non voglio sembrare scortese, ma non voglio nemmeno incoraggiarlo. Ho paura che, se gli rispondo, lui si senta legittimato a continuare. E se non gli rispondo, potrebbe farlo lo stesso.»
«In effetti, non è una situazione semplice.» Ava si sporse in avanti, abbassando il tono della voce, come se temesse che qualcun altro potesse ascoltare. «Ma sei sicura che sia solo Matthew a turbarti? Voglio dire, hai passato giorni a evitare Madison e Harper. Non è da te chiuderti così. Forse questa situazione ti ha spinta a guardare le cose con un po' di paranoia in più.»
Evelyn si irrigidì, riflettendo sulle parole di Ava. «Forse hai ragione. Ultimamente mi sento... fuori posto. Come se tutto mi sfuggisse di mano.»
Ava le prese una mano con un sorriso comprensivo. «Non devi risolvere tutto in un giorno, Evelyn. Puoi prenderti il tuo tempo. Quanto a Matthew, se davvero ti mette a disagio, faglielo sapere con fermezza. Ma fallo alle tue condizioni, senza fretta.»
Evelyn annuì lentamente, sentendosi leggermente più sollevata. «Grazie, Ava. Sei sempre la voce della ragione.»
Ava sorrise, ritraendosi. «E tu sei sempre quella che si preoccupa troppo. Ricordati di respirare ogni tanto, va bene?»
Le due ragazze rimasero in silenzio per un momento, ma era un silenzio carico di comprensione. Evelyn sapeva di poter contare su Ava, anche nei momenti in cui tutto sembrava confuso.
Il giorno seguente, Evelyn decise di ignorare il messaggio. Continuò con la sua routine, cercando di non pensarci. Ma quando arrivò al bar per il solito caffè, lo vide di nuovo. Matthew era lì, seduto a un tavolo vicino alla finestra, con lo sguardo che vagava nella stanza come se stesse cercando qualcuno. Quando i loro occhi si incontrarono, lui le sorrise e si alzò, diretto verso di lei.
Evelyn sentì il cuore accelerare. Non di eccitazione, ma di puro fastidio. Non aveva voglia di un confronto, ma sembrava che non avesse scelta.
«Ciao,» disse Matthew, fermandosi davanti a lei con il suo solito sorriso rilassato. «Non hai risposto al mio messaggio. Pensavo che magari non l'avessi visto.»
«L'ho visto,» rispose Evelyn, stringendo leggermente le labbra.
Matthew alzò un sopracciglio, colto di sorpresa dalla sua freddezza. «Oh. Beh, allora... tutto bene? Spero di non averti messo a disagio.»
«In realtà, sì,» tagliò corto Evelyn, incrociando le braccia e fissandolo con uno sguardo diretto. «Non capisco perché insisti così tanto. Mi hai parlato una volta, ci siamo visti a una festa. Non mi sembra di aver dato l'impressione di voler approfondire.»
Lui sembrò irritato per un istante, ma si riprese subito. «Scusa, non volevo essere invadente. Mi sei sembrata interessante, tutto qui. Pensavo che magari potessimo conoscerci meglio.»
Evelyn inclinò leggermente la testa, scettica. «Interessante? Non mi conosci nemmeno. Cosa c'è di interessante in me, esattamente?»
Matthew si grattò la nuca, come se stesse cercando le parole giuste. «Non saprei... Sei diversa. Non sei come la maggior parte delle persone che incontro. Voglio dire, alla festa eri così... fuori dal giro. E poi, mi sembri intelligente.»
Evelyn alzò un sopracciglio, un sorriso ironico sfiorandole le labbra. «Così mi hai notata perché non partecipavo al gioco alcolico più stupido del secolo? Che criterio affascinante.»
Lui rise, un suono breve e nervoso. «Ok, capisco che suoni strano, ma non intendevo offender...»
«Non mi sto offendendo,» lo interruppe Evelyn, mantenendo un tono calmo ma deciso. «Sto solo dicendo che non vedo il senso di questo approccio. Siamo praticamente sconosciuti. E francamente, tutta questa insistenza mi mette a disagio.»
Matthew si irrigidì, la maschera rilassata del suo volto che cominciava a incrinarsi. «Non pensavo di essere insistente. Ho solo cercato di avvicinarmi.»
«E io ti sto dicendo che non voglio.» Evelyn lo guardò negli occhi, ferma. «Non è niente di personale, ma preferisco tenere le distanze.»
Lui serrò la mascella per un istante, come se stesse valutando se insistere ancora. Alla fine, sollevò le mani in segno di resa. «Va bene. Non voglio forzarti a niente. Solo... pensavo che fossi diversa.»
Evelyn sollevò le spalle. «Forse lo sono. Ma essere diversa non significa essere interessata.»
Matthew la fissò per un momento, poi si costrinse a un sorriso che non raggiunse gli occhi. «Chiaro. Scusa per il disturbo.»
Si girò e tornò al suo tavolo, ma Evelyn rimase ferma, respirando lentamente per calmarsi. Era stata decisa, forse dura, ma non si pentiva. Aveva imparato che proteggere i propri confini era più importante di compiacere gli altri.
Prendendo il suo caffè, uscì dal bar e si allontanò senza guardarsi indietro, sentendo un misto di sollievo e tensione.
Forse era finita lì. O forse no.
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