Capitolo 1
L'aria del mattino era fresca, con quell'odore indefinibile che solo settembre sapeva portare. Evelyn osservava fuori dalla finestra della sua stanza, le foglie degli alberi che iniziavano a tingersi di arancio e oro, un segnale che l'estate aveva ceduto il passo all'autunno.
Il sole filtrava timidamente attraverso le tende della stanza di Evelyn, riflettendo sprazzi di luce dorata sulle pareti color crema e i mobili in legno chiaro. La finestra era socchiusa, lasciando entrare una leggera brezza che solleticava le tende, facendole danzare come fantasmi silenziosi.
Evelyn era in piedi davanti alla scrivania, osservando la pila di libri che aveva appena riposto nello zaino. Erano tutti testi per il nuovo semestre: manuali di letteratura, un paio di antologie, e quel pesante tomo di psicologia che già sapeva avrebbe dovuto consultare assiduamente. É solo il secondo anno, si disse. Devo dare il meglio di me, per il mio futuro.
La ragazza si spostò davanti allo specchio, sistemando l'ultimo ciuffo ribelle dei suoi capelli castani. Erano lisci e morbidi, con un leggero riflesso dorato che si notava solo sotto la luce diretta. Le ricadevano lunghi fino a metà schiena, ma quel giorno li aveva raccolti in una coda alta per praticità. I suoi occhi, di un nocciola caldo, erano intensi ma dolci, come quelli di chi ha imparato a osservare con attenzione ciò che la circonda. La pelle chiara, leggermente arrossata sulle guance, le dava un'aria fresca e giovane, tipica dei suoi vent'anni.
Era minuta, alta poco più di un metro e sessanta, ma aveva un portamento elegante che la faceva sembrare più slanciata. Aveva sempre avuto un certo senso pratico nel vestirsi: jeans comodi, una felpa grigia con il logo del college e sneakers consumate. Tuttavia, sul letto, accanto alla valigia, spiccava quel vestito rosso che non aveva mai osato indossare. Evelyn sorrise guardandolo: Magari quest'anno ci provo, pensò.
Dal piano di sotto arrivava l'odore del caffè appena fatto, e con esso la voce familiare di suo padre, il signor Hart.
«Evelyn! Sei quasi pronta? Non vogliamo fare tardi il primo giorno, giusto?» la chiamò lui, con tono ilare.
«Sto finendo!» rispose lei, senza troppa convinzione. Era una bugia: non era ancora pronta. Non perché avesse dimenticato qualcosa, ma perché il nodo in gola che l'accompagnava da quella mattina non accennava a sciogliersi.
Lasciando la stanza, diede un ultimo sguardo all'ambiente che era stato il suo rifugio negli ultimi mesi. Era spoglia ora, come se lei fosse già partita. Si mise lo zaino in spalla, chiuse la valigia con un gesto deciso e scese le scale.
In cucina, suo padre era seduto al tavolo, una tazza di caffè tra le mani e il giornale del mattino aperto davanti a lui. Alzò lo sguardo quando la vide entrare, un sorriso caloroso che non riusciva a nascondere del tutto la malinconia nei suoi occhi.
«Pronta per l'avventura?» le chiese, facendo un cenno verso la valigia.
Evelyn annuì, ma non rispose subito. Invece si sedette accanto a lui e prese un sorso dal suo bicchiere d'acqua.
«Papà...» iniziò, ma poi si fermò. Non sapeva nemmeno lei cosa stesse cercando di dire. Che le sarebbe mancato? Che aveva paura di non essere all'altezza quest'anno? O forse che si sentiva in colpa per lasciarlo solo.
Lui sembrò capire, perché le mise una mano sulla spalla e disse: «Evelyn, so che è difficile. Ogni volta che ti vedo partire, sento un vuoto. Ma so anche che stai costruendo qualcosa di speciale. Devi andare. Questo è il tuo momento.»
Quelle parole sciolsero un po' del peso che aveva dentro. Sorrise debolmente, gli diede un bacio sulla guancia e si alzò. «Andiamo allora, prima che cambi idea e decida di tenerti qua con me ancora un po'.»
Il viaggio verso il college durò un paio d'ore. La strada si snodava tra colline boscose, campi che cominciavano a tingersi dei colori autunnali, e piccoli paesi che sembravano congelati nel tempo. Evelyn aveva preparato una playlist per l'occasione: canzoni che parlavano di cambiamenti, di crescita, di nuovi inizi. Ma la musica non bastava a coprire il silenzio carico di emozioni che riempiva l'auto. L'anno precedente era stata entusiasta di iniziare il college, ma adesso, l'idea di lasciare suo padre in totale solitudine le faceva annodare lo stomaco.
Il signor Hart guidava con calma, concentrato sulla strada, ma ogni tanto lanciava uno sguardo alla figlia attraverso lo specchietto retrovisore. Lei invece fissava il finestrino, osservando il paesaggio passare come in un sogno.
Quando finalmente arrivarono al campus, Evelyn sentì un misto di sollievo e ansia. La Vanderbilt University era un'istituzione famosa, con edifici imponenti in mattoni rossi, archi gotici e un'atmosfera che sapeva di storia. Il prato principale era già pieno di studenti: matricole spaesate, gruppi di amici che si salutavano dopo l'estate, e persino qualche professore che camminava di fretta con una pila di libri sotto il braccio.
La Jeep si fermò davanti al dormitorio principale, il motore ruggendo per un istante prima di spegnersi. Evelyn scese lentamente dall'auto, stirandosi leggermente dopo il lungo viaggio, e i suoi occhi si posarono sul panorama familiare che si apriva davanti a lei. Il grande edificio del dormitorio si ergeva maestoso con le sue alte finestre e la facciata in mattoni, incorniciata da alberi che cominciavano a tingersi dei caldi colori autunnali. Anche se era stata via solo pochi mesi per le vacanze estive, si rese conto di quanto le fosse mancato quel luogo.
Non era semplicemente un campus: era una casa. Il cuore pulsante di tante esperienze, incontri e momenti che l'avevano trasformata. Guardò il vialetto pieno di studenti indaffarati, alcuni intenti a salutarsi con abbracci e risate, altri concentrati nello scaricare pile di scatole e valigie. Ogni dettaglio parlava di un nuovo inizio, e il familiare trambusto del ritorno riempiva l'aria di una vivace energia che le fece battere più forte il cuore.
Suo padre scese dall'auto, camminando con il passo un po' pesante di chi era abituato a sbrigare da solo i lavori pratici. Aprì il bagagliaio e iniziò a scaricare le valigie. «Hai tutto?» chiese con il tono gentile e fermo che la figlia conosceva così bene.
Lei lo guardò mentre tirava fuori la sua unica valigia. C'era qualcosa di confortante nella sua presenza, nel modo in cui si muoveva con la sicurezza di chi aveva sempre una soluzione pronta per tutto. «Sì,» rispose con un sorriso, ma poi lo osservò con un'espressione più morbida, quasi vulnerabile. «Ti mancherò?»
La domanda colse suo padre di sorpresa, ma solo per un momento. Rise, ma Evelyn non potè non percepire un filo di emozione nel suono, una nota di tenerezza che le fece stringere il cuore. «Ogni singolo giorno, patatina,» rispose, e i suoi occhi sembravano leggermente lucidi mentre la guardava. «Ma voglio che ti concentri su ciò che hai qui. Questo è il tuo mondo adesso. Voglio vederti brillare.»
Lei annuì, trattenendo a stento le lacrime. Sapeva che ogni parola di suo padre era sincera e che il suo modo di sostenerla era sempre stato quello: fermo, incoraggiante, ma con un amore che non aveva mai bisogno di essere urlato per essere sentito.
Dopo un ultimo abbraccio stretto e rassicurante, Evelyn rimase in piedi sul vialetto, guardandolo risalire in macchina. Mentre l'auto si allontanava, lei non distolse lo sguardo, seguendola finché non sparì dietro una curva. Il silenzio che rimase era quasi assordante. Ora era sola.
Respirò profondamente, stringendo la tracolla del suo zaino, e si girò. La sua nuova avventura ricominciava, e con essa, tutte le incognite e le possibilità di un nuovo anno.
La confraternita femminile era a pochi passi dal dormitorio principale. La ragazza tirò il trolley lungo il vialetto acciottolato, fermandosi davanti alla grande porta bianca decorata con una ghirlanda autunnale. Sopra, un cartello dipinto a mano recitava: Bentornate, sorelle!
Entrando nella confraternita, Evelyn venne subito accolta dall'odore inconfondibile di biscotti appena sfornati e dalla confusione tipica del primo giorno. Il soggiorno era pieno di ragazze che si salutavano dopo l'estate, si scambiavano abbracci e racconti, e trascinavano valigie su per le scale verso le loro stanze. Non fece in tempo a posare il trolley che una voce familiare la travolse.
«Evelyn!»
Prima che potesse rispondere, Madison la strinse in un abbraccio che quasi le tolse il fiato. Con i suoi riccioli biondi voluminosi e il sorriso da pubblicità, Madison era impossibile da ignorare. Alta e snella, aveva l'energia contagiosa di chi non si ferma mai, neanche per un momento. Indossava un top bianco aderente e jeans strappati che mettevano in risalto la sua figura atletica. I suoi occhi, di un blu intenso, brillavano sempre di entusiasmo, e il suo trucco impeccabile suggeriva che aveva passato almeno un'ora davanti allo specchio quella mattina.
«Oh mio Dio, sei qui finalmente! Pensavo fossi rimasta bloccata in qualche buco dimenticato da Dio o che avessi fatto tardi come sempre.»
«Piacere di vederti anche io, Madison,» rispose Evelyn, ridendo e cercando di non perdere l'equilibrio. «E io non faccio mai tardi,» replicò, sempre con il sorriso sulle labbra.
«Quasi sempre,» intervenne una voce calma alle loro spalle. Evelyn si girò e trovò Ava che le sorrideva con il suo solito modo pacato. Ava era il completo opposto di Madison, e forse per questo erano inseparabili. Con i suoi lunghi capelli castano scuro, sempre ordinati e lucenti, Ava sembrava uscita da una rivista di moda classica. Portava gli occhiali con una montatura nera che le conferivano un'aria sofisticata, anche se spesso li aggiustava nervosamente sul naso. La sua altezza media e il fisico snello la facevano sembrare quasi eterea, ma Evelyn sapeva che sotto quella calma apparente si nascondeva una mente affilata e un'ironia tagliente.
«Ok, va bene, lo ammetto,» disse Evelyn. «Ma sono qui adesso, ed è questo che conta, giusto?»
«Esatto!» Esclamò Madison, allontanandosi quel tanto che bastava per squadrare dalla testa ai piedi l'amica. «Hai lo stesso aspetto di sempre: semplice, carina e... pratica,» disse, indicando i jeans e la felpa di Evelyn. «Ma quest'anno dobbiamo fare qualcosa. È il secondo anno, Evelyn, dobbiamo brillare.»
«Lasciami indovinare,» intervenne Ava, che si era avvicinata a sua volta con passo tranquillo. «Stai già cercando di trasformarla in una delle tue 'creazioni'?»
Evelyn si girò verso di lei, felice di poter risentire la sua voce, con quelle sue affermazioni sarcastiche ma che nascondevano un grande affetto nei loro confronti. «Finalmente una voce di buon senso.»
Ava le sorrise con il suo tipico modo calmo e ironico. «Madison ti vuole far indossare qualcosa di assurdo, vero? Tipo lustrini o piume?»
La ragazza sbuffò, incrociando le braccia. «Non esagerare. Voglio solo tirare fuori il suo potenziale nascosto! Evelyn è così bella, ma non sfrutta i suoi punti di forza. Guarda i suoi capelli! Sono stupendi, ma li lega sempre in quella noiosa coda di cavallo. Non capisco!»
«Beh, almeno non passo tre ore davanti allo specchio per poi sembrare appena uscita da una sfilata,» replicò Evelyn, prendendola in giro.
«Esattamente!» aggiunse Ava con un sorriso. «Non tutti vogliono sembrare una modella, Madison. E poi, Evelyn è già perfetta così.»
Madison mise le mani sui fianchi, fingendosi offesa. «Va bene, va bene. Mi arrendo per ora. Ma giuro, quest'anno ti farò mettere quel vestito rosso che ti ho regalato!»
Evelyn arrossì leggermente. «Vedremo,» disse, cercando di cambiare discorso. «E voi? Com'è andata l'estate?»
Madison, riacquistando la sua ilarità, prese per il braccio ciascuna delle sue due amiche e le trascinò verso il centro del soggiorno. «Abbiamo un milione di cose da raccontarti, e dobbiamo sistemare le stanze. Ma prima... biscotti! Li hanno appena sfornati.»
Il soggiorno della confraternita era accogliente e vivace, con divani colorati, cuscini sparsi ovunque e un caminetto che non sarebbe stato acceso fino a novembre. Evelyn seguì le sue amiche, lasciandosi trasportare dalla loro energia.
Seduta sul divano con un biscotto caldo in mano, si lasciò avvolgere dalla sensazione di casa. Il tepore della stanza, il profumo di vaniglia e cioccolato appena sfornati e il mormorio familiare delle sue amiche intente a chiacchierare riempivano l'aria di una tranquillità che aveva desiderato per tutta l'estate. Era come ritrovare un pezzo di sé che era rimasto lì, sospeso in attesa del suo ritorno.
Madison, comodamente adagiata su una poltrona con i piedi raccolti sotto di sé, alzò gli occhi al cielo in quel suo modo teatrale che Evelyn conosceva bene, un segnale chiaro che stava per lanciarsi in uno dei suoi racconti appassionati. «Ah, l'estate è stata incredibile!» esclamò con entusiasmo, attirando l'attenzione di Ava, che fino a quel momento era rimasta silenziosa con una tazza di tè tra le mani.
«Racconta,» disse Evelyn, divertita. Conosceva l'amica abbastanza da sapere che il suo entusiasmo era contagioso, e si preparò a essere trascinata in una delle sue storie vivaci e piene di dettagli.
Madison si inclinò leggermente in avanti, i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle in morbide onde, e cominciò a gesticolare con energia. «Ho passato un mese in California per un corso di surf. Giuro, Evelyn, non avevo mai fatto nulla di così assurdo in vita mia. All'inizio non riuscivo nemmeno a stare in equilibrio sulla tavola, per non parlare del fatto che l'acqua gelida dell'oceano sembrava voler congelare ogni cellula del mio corpo!»
Ava sorrise timidamente, guardandola con interesse. «Ma hai imparato?»
La ragazza fece una pausa teatrale, mettendo una mano sul cuore come se fosse stata ferita dalla domanda. «Ava, mi sottovaluti! Certo che ho imparato!» esclamò, poi si sporse di più verso di loro, abbassando leggermente la voce come se stesse per confidare un segreto. «Alla fine del corso non solo riuscivo a stare in piedi, ma... ho dominato le onde!»
Evelyn rise, immaginando Madison lanciarsi impavida in mezzo all'oceano, probabilmente attirando l'attenzione di chiunque fosse nei paraggi. «E anche qualcos'altro,» aggiunse la bionda con un sorriso furbo, lasciando che le sue parole galleggiassero nell'aria per un momento.
Ava inclinò la testa con curiosità, i suoi occhi grandi e pacati che tradivano il suo interesse. «Qualcos'altro? Tipo cosa?»
Madison batté le ciglia, fingendo innocenza. «Oh, niente di importante. Solo... un istruttore di surf con un sorriso da film e gli addominali da copertina.»
Evelyn scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Certo che sì. È ovvio che ci sia un ragazzo in questa storia.»
«Non è colpa mia se la California è piena di bellezze,» ribatté Madison, facendo spallucce. «Comunque, mi ha insegnato un sacco di cose. Non solo sul surf, ma anche sul prendersi rischi. Sai, vivere l'istante, lasciarsi trasportare dalla corrente. È stata una lezione di vita, ragazze!»
Ava sorrise in modo gentile, riflettendo sulle parole dell'amica. «Dev'essere stato meraviglioso.»
«Lo è stato,» rispose Madison con un sospiro soddisfatto, mentre mordicchiava un biscotto. «Ma ora sono pronta per un'altra avventura. Chissà cosa mi riserverà quest'anno.»
Evelyn guardò le sue amiche, sentendosi grata per quei momenti semplici e pieni di energia. «Beh, spero che tu ci tenga aggiornate su tutte le tue conquiste,» disse ridendo.
«Ci puoi contare,» rispose l'amica con un sorriso sfacciato, lanciando loro un'occhiata che prometteva altre storie incredibili.
Tutte e tre scoppiarono a ridere. «Non cambierai mai, Madison,» ribadì Ava.
«Grazie al cielo,» rispose Madison con un sorriso compiaciuto.
«Comunque, la mia estate è stata molto meno avventurosa,» disse Ava, aggiustandosi gli occhiali. «Ho lavorato al negozio di libri di mia zia per mettere da parte un po' di soldi. Ma è stato rilassante, almeno. E ho avuto il tempo di leggere.»
«Questo non sorprende,» commentò Madison, sedendosi sul divano e tirando Evelyn accanto a lei. «Quindi, cosa hai letto, cara intellettuale del gruppo?»
Ava si sedette accanto a loro, con un sorriso sornione. «Solo alcune piccole cose, tipo 'Anna Karenina', 'Middlemarch', e... un paio di gialli per rilassarmi.»
«Anna Karenina per rilassarti?» chiese Evelyn incredula.
«Beh, meglio che passare tutto il tempo a flirtare con surfisti,» ribatté Ava.
Madison fece un gesto teatrale, portandosi una mano al cuore. «Avete finito di attaccarmi? Siamo qui da cinque minuti, e mi sento già perseguitata!»
Tutte scoppiarono a ridere.
«In ogni caso, vi siete perse l'ultima parte del mio racconto,» continuò Madison, rialzandosi con un sorriso malizioso. «Il surfista—Jason, se ve lo state chiedendo—mi ha invitata a una festa sulla spiaggia. E, lasciatemelo dire, ragazze, era come in un film. Stelle sopra di noi, falò acceso, e... io che rubavo la scena!»
Evelyn e Ava si guardarono, trattenendo il riso. «Sembra incredibile,» disse Evelyn sarcastica.
Madison la ignorò, continuando con il suo entusiasmo travolgente. «Ora basta parlare di me. Evelyn, tu come hai passato l'estate? Ti sei rilassata un po' o hai passato tutto il tempo a studiare?»
La domanda la colse leggermente di sorpresa. Abbassò lo sguardo, riflettendo un attimo. «Ho aiutato mio padre in casa, letto qualche libro, e sì, ho studiato un po'. Ma ho anche preso del tempo per me stessa. È stato... tranquillo.»
Madison la fissò con un'espressione incredula, come se la parola "tranquillo" fosse un concetto alieno. «Tranquillo?» ripeté, allargando le braccia in un gesto plateale. «Evelyn, siamo giovani! Dovremmo fare pazzie, viaggiare, scoprire il mondo. Tranquillo non dovrebbe essere nel nostro vocabolario!»
Evelyn rise, scuotendo la testa. «Non tutti riescono a vivere al tuo ritmo, Madison! A me piace la tranquillità ogni tanto. Dopo un anno così impegnativo, avevo bisogno di rallentare.»
Ava, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, intervenne con un sorriso gentile. «Non c'è niente di sbagliato nel prendersi del tempo per se stessi. A volte è proprio quello che ci serve per ricaricare le energie.»
Madison sbuffò teatralmente, ma c'era un accenno di affetto nel suo sguardo. «Va bene, vi concedo che qualche giorno di pace sia necessario. Ma promettimi, Evelyn, che quest'anno non ti lascerai scivolare via i momenti di divertimento. Ci penserò io a trascinarti fuori dalla tua zona di comfort.»
«Ci conto,» rispose Evelyn con un sorriso che tradiva una leggera ironia. Sapeva che Madison era il tipo di persona che manteneva le promesse, soprattutto quelle che implicavano serate folli o avventure improvvisate.
«E che libri hai letto?» chiese Ava, inclinando leggermente la testa. La curiosità nei suoi occhi era sincera, e Evelyn si rilassò ulteriormente nel rispondere.
«Oh, un po' di tutto. Ho letto un romanzo storico, un paio di saggi di psicologia che mi avevano incuriosito, e ho anche riletto qualcosa di leggero, tipo Jane Austen. È stato piacevole, una sorta di fuga mentale.»
Ava annuì con approvazione. "Mi piace. Hai scelto un buon mix.»
Madison fece un'espressione esasperata. «Ragazze, siete proprio incorreggibili. Io vi porterò fuori da tutto questo intellettualismo, ve lo prometto. Quest'anno sarà diverso!»
Evelyn e Ava si scambiarono un'occhiata complice, divertite dall'entusiasmo irrefrenabile della loro amica. «Diverso come?» chiese la prima, curiosa di sentire cosa avesse in mente l'amica.
«Beh, diverso nel senso che ogni settimana faremo qualcosa di speciale. Una serata, un'avventura, un'esperienza che ci faccia uscire dai soliti schemi. E non accetto rifiuti!»
Evelyn sorrise. «Vedremo, Madison. Vedremo.»
Poi si rilassò sul divano, mentre osservava le sue amiche con affetto: Madison, con la sua energia esplosiva e la capacità di rendere ogni momento memorabile, e Ava, il pilastro di calma e razionalità che sapeva sempre cosa dire.
In quel momento, con le risate e il caos della confraternita intorno a loro, si sentì finalmente a casa. Era un equilibrio perfetto, e in quel momento Evelyn si rese conto di quanto le fossero mancate. Questo era il suo mondo, il suo posto, e non vedeva l'ora di vedere cosa le avrebbe riservato il nuovo anno.
Quell'anno prometteva di essere pieno di sorprese. E lei era pronta ad affrontarle tutte.
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