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La prima cosa che percepirono fu il vuoto. Come se la pressione fosse cambiata e l'aria premuta sul petto gli avesse tolto per un secondo il respiro, quest'ultima intorno a loro cambiò e la nebbia leggermente si diradò, lasciandoli per qualche secondo disorientati, ma sull'attenti.

«Ecco, di nuovo questa sensazione.» Chuuya parlò per primo, guardandosi intorno con aria circospetta.

Iniziò a camminare verso l'area più interna del cimitero, seguito da Dazai e Fumiko che, a loro volta, sembravano tenere gli occhi anche dietro la testa. L'attenzione era massima, da un momento all'altro poteva capitare di tutto.
E così fu. Un'ombra veloce saettò davanti a loro, seguita poi da un'altra sagoma che, coperta dalla nebbia, sembrava la copia della prima; ma al contrario questa rallentò il passo, e si fermò davanti ai tre. Il viso non si scorgeva, il corpo aveva una forma confusa, ma la voce era distinta. Al solo sentirla, il rosso, Dazai e la donna arrestarono la loro avanzata.

«Quando vengo qui penso sempre a una sola cosa.» calda e sicura, con un piglio più allegro di come ci si aspetterebbe, la voce rimbombò leggera e candida in maniera, in quel luogo, surreale.

«Vita. Vita che qui non c'è, vita a cui tutti aspirano, vita che, alla fine, scompare silenziosa.» avanzò colui che a lungo tutti avevano cercato; avanzò, piano, finché il suo volto non si palesò.

Ihara Saikaku, il giovane dai capelli biondi e gli occhi rossastri, assunse un'espressione quasi colpita non appena venne in contatto con le iridi scure e profonde di Fumiko. La osservò bene e lei osservò lui, e in quello scambio di sguardi d'odio e compassione si percepì insicurezza e sicurezza assieme. Sfrenata vendetta e sfrenato desiderio di far del bene entrarono in contrasto con un solo battito di ciglia; quando, a interrompere quel gioco pericoloso, un altrettanto pericoloso uomo rispose all'esordio del biondo.

«E silenziosa la morte prende il suo posto, fra le anime dei codardi e degli innocenti.» Dazai inclinò la testa e osservò l'arma che Ihara teneva in mano.

Una pistola di piccolo calibro, difficile da maneggiare, ma veloce nel suo effetto. Erano tutti lì per combattere, quel dialogo non era altro che il preludio della fine; quando il ragazzo alzò la pistola, fu ancora più chiaro a tutti.

«Occhi decisi, ma dolci come quelli di tua sorella. Una delle persone più belle e buone che io abbia mai conosciuto. Era forte, leale, giusta. È stato un dispiacere per me saperla ormai in balia delle conseguenze delle sue scelte, posso immaginare per te. Però se è solo per questo che sei qui, per il puro piacere di vendicarla e uccidermi, sappi che non hai capito nulla di chi io sia e di cosa io faccia per te, per gli uomini, per il mondo.» agitò per aria la mano che impugnava l'arma, facendola roteare con un dito e mostrando di quella una padronanza fuori dal comune.

«Mi sono dovuto adattare e ho dovuto imparare a comprendere come certe cose funzionassero dove la giustizia non c'è, dove il debole viene sopraffatto senza pietà dal forte e il potente schiaccia con orgoglio i propri figli.» Ihara spostò lo sguardo su Dazai «Hai detto bene.» sorrise amaramente.

Fece una pausa, quasi perso nei suoi pensieri, poi riprese a parlare.

«Gli innocenti vengono sepolti con i codardi, e nessuno dice o fa niente al riguardo. Quando vengo qua vedo la vita, e con essa mi rendo conto che c'è anche guerra e conflitto per la sopravvivenza. Se tutti noi dessimo ascolto a chi non può parlare, sai come tutto cambierebbe? Se tu, Chuuya Nakahara, avessi guardato negli occhi le prostitute che volevano stare con te, o tu, Dazai Osamu, avessi parlato con i bambini da te salvati nell'incendio. Quante ne sono state uccise? Quanti sono rimasti senza casa?»

Alzò le spalle, si allargò la nera cravatta e si sfilò la giacca abbinata, non curandosi di lasciarla cadere per terra.

«Qui, a parte noi, nessuno si fa male. È una realtà parallela, identica nell'aspetto al nostro mondo. L'unica differenza è che al suo interno ci sono solo le persone concesse dal proprietario dell'Abilità. In questo caso, proprietaria.»

Una donna dalla giacca blu notte uscì fuori e camminò fino a ritrovarsi di fianco a Ihara. Alzò lo sguardo e sembrò parlare; no, anzi, gridare, scalciare, mostrare il coraggio di chi coraggio non ne aveva mai avuto, fino a quell'istante. Aveva gli occhi di un castano molto chiaro, i quali sarebbero risultati gialli come quelli di un gatto nero se solo ci fossero stati i raggi della luna a baciarli. Chiari come le sue iridi c'erano i capelli sciolti lungo tutta la schiena, liberi, come lei.

«Non dirmi che...» Chuuya mormorò qualcosa, ma Ihara lo interruppe subito.

«Sì, lei è Mariko. La prima donna che io, con il mio compagno, ho salvato, e su cui voi avete indagato all'inizio della vostra... missione. Sapete... La mia organizzazione è più di una semplice banda di uomini e donne pronti a fare di tutto per il loro capo; più di un insieme sconclusionato di gente dalle più disparate Abilità, che hanno manie di grandezza e vogliono radere al suolo le altre associazioni. Come me, vorrebbero conquistare il loro posto nel mondo, in quel mondo che fin dall'inizio li ha rifiutati. Vorrebbero dimostrare a tutti che in realtà valgono più di chiunque altro su questa terra. Noi siamo una famiglia, e qui non esiste un vero capo, un vero boss.»

Ripropose lo stesso silenzio di qualche minuto prima, chiuse gli occhi, abbassò la pistola. Sembrava stesse udendo le risposte che nessuno ancora gli aveva dato, mentre la nebbia iniziava a diminuire intorno ai corpi delle persone presenti; dietro di lui un'ombra continuava a rimanere immobile senza mostrarsi, ma i pensieri di tutti erano rivolti a un solo nome e quel nome rimbombò nelle loro orecchie e fra le labbra del giovane Ihara.

«Shusaku ha conosciuto molta gente. Mi ha insegnato a distinguere il bene dal male e anche quello che ci sta in mezzo. Volevo che le persone si fidassero di lui, di me, del nostro scopo. Perché è facile essere fraintesi in un luogo dove una parola è capace di uccidere qualcuno. Un click. Un bang.»

E proprio bang fece la sua arma: in meno di un secondo l'aveva rialzata e puntata contro il mafioso dai capelli rossi, ferendolo alla spalla senza dargli il tempo di schivare o difendersi; e adesso la nebbia era quasi svanita, e al posto di quella il fumo stava uscendo dalla canna della pistola, coprendo il viso di Ihara, ora contorto in un'espressione muta, gelida, impenetrabile. Non si sarebbero riuscite a comprendere le sue intenzioni nemmeno conoscendolo profondamente, sembrava impedisse al suo corpo di rivelare qualsiasi suo pensiero attraverso qualunque minuscolo gesto, chiudendolo nel punto più profondo della sua mente, blindato. La sua versatilità nel sembrare aperto e incomprensibile era alternata a ogni sparo, a ogni proiettile che colpiva proprio dove egli mirava.

Ma la sparatoria unilaterale non durò a lungo.

La donna che manovrava lo spazio e la realtà parallela si allontanò, concentrandosi sul far funzionare la sua Abilità; Fumiko prese le sue armi e iniziò ad avvicinarsi a Ihara, a volte deviando la traiettoria dei proiettili con i suoi coltelli, altre chinandosi ed evitandoli. Ma Ihara non era solo, e dall'alto altri colpi andavano a intaccare l'avanzata della donna, che adesso si ritrovava le braccia ricoperte di graffi causati dallo sfioramento di quei proiettili rapidi. E il sangue ribolliva dentro di lei, ancora più decisa a raggiungere il suo obiettivo, e scorreva, rapido, anche sulle sue braccia scoperte e fino a poco prima illese; la fragilità che prima poteva mostrare era stata sostituita bruscamente dalla rabbia e dall'adrenalina di quel momento.

Chuuya intanto era stato raggiunto da un ragazzo dal viso pulito e inespressivo: era andato contro di lui sfidandolo in uno scontro corpo a corpo, muovendosi veloce come se cercasse il punto più debole da colpire. Era in grado di mutare il suo corpo, rendendosi più magro o più corpulento in base ai movimenti di Chuuya, che, per quanto fossero di una precisione quasi millimetrica, spesso andavano a finire a vuoto. La spalla gli pulsava e dentro di sé si ripeteva che non era più come prima, non era più incapace di controllarsi. Eppure, sentiva ancora la pressione della sua Abilità e il timore di non riuscire a gestirla. Continuò a combattere contro quel ragazzo finché quest'ultimo con un pugno in pieno volto non lo mandò indietro, facendolo cadere a terra.

Chuuya strinse i pugni, e un'aura rossa gli ricoprì il corpo; strinse i denti, e con un solo sguardo il giovane davanti a lui rimbalzò dalla parte opposta scontrandosi contro una lapide fredda e compatta. Si distrusse all'istante.

«Chuuya.» una voce lo richiamò decisa, facendolo voltare nella direzione da cui essa proveniva.

«Non è come con James Joyce. Non sei più quello di una volta. E non sei più solo.» Dazai stava urlando per farsi sentire, mentre i colpi di pistola continuavano senza sosta; per quanto la nebbia fosse meno di prima, la figura del bendato non era comunque ben definita, e la lontananza non aiutava.

«Ci sono io, Chuuya!» un ultimo grido d'incoraggiamento, e poi il rosso rimase da solo a contemplare il terreno.

Sì rialzò pesantemente, guardandosi le mani e fissando i resti della lapide che ricoprivano parte del corpo del ragazzo, privo di conoscenza. Per qualche secondo stette a fissarlo, chiedendosi quale storia ci fosse dietro e perché il suo volto sembrasse senza emozione.

Si girò verso Fumiko, che era arrivata davanti Ihara e agitava le braccia con i pugnali nel vano tentativo di colpirlo; non riusciva a vedere che quello davanti a lui era solo un fantoccio trasparente, dalle fattezze distorte forse grazie all'abilità di qualcun altro, probabilmente resosi tale dopo i primi spari. Chuuya si chiese se la nebbia che gli copriva la visuale del suo compagno non fosse opera di qualcuno. Si domandò perché il vero Ihara fosse sparito, e per quale motivo Shusaku non si fosse presentato. Per un attimo ci fu un silenzio tombale, lì, fra le tombe di uomini, donne e bambini senza volto.
Poi la nebbia si diradò nel punto in cui prima si trovava Dazai.
Dietro il bendato, immobile in piedi, come una statua senza vita, c'era proprio colui che bramava di vedere di più.

«Vecchio bastardo!» Chuuya urlò, incamminandosi verso di lui «Tu, che per primo mi hai visto, tu, che insegui il desiderio di qualcun altro come fosse il tuo, tu!» si fermò, notando il sangue uscire dal naso di Dazai.

«Cosa tieni fra le dita?» Chuuya osservò l'uomo silenzioso, notando il pezzo di carta che teneva, della stessa grandezza del foglietto da loro trovato giorni prima.

«Dazai, ti senti bene?»

«Penso che sia arrivato il momento, Chuuya.» Dazai gli rispose con la voce strozzata, seguita da una tosse violenta.

«Già, è arrivato il momento. Fammi vedere chi ha conosciuto anni fa in Francia il mio amico.» la terza voce appartenente a Ihara proveniva dalle sue spalle «Mostrami chi sei diventato, provami che ho un motivo per uccidere anche te, Chuuya. Io lo so che sei ciò che volevi da sempre essere.» adesso aveva abbassato il tono.

Sembrava stesse per crollare, a terra, arreso.

«Ma voglio sapere perché ci sono persone che possono essere salvate, e altre che non lo potranno essere mai.» e più di tutti, sembrava sconfitto.

Chuuya guardò un'ultima volta Dazai, che gli sorrise quasi come avesse accettato per lui una sfida.
Scosse la testa innervosito dalla calma assurda che riusciva a mantenere il suo compagno, ancora colpito da un'Abilità a loro ignota.
Però lo ascoltò.

«Non ho mai avuto una speranza, Ihara Saikaku, e a quanto pare lo hai sempre saputo.» si voltò.

Ma davanti a sé il biondo teneva Fumiko tra le braccia, abbandonata completamente a lui.

E per un attimo, non riuscì a spiccicare parola. Ritrovò in lei la figura di Shizuka; provò a parlare, ma le labbra non si volevano muovere.

«Crudele» sentenziò Ihara «crudele il modo in cui certe persone devono morire. Per mano di un colpo di pistola, o di un'Abilità... O, peggio di ogni cosa, di un amico.» ripose la donna a terra, con delicatezza.

«Come fai a sapere...»

«Perché io lo vedo. Nelle menti della gente si nascondono mille ricordi, mille sogni e mille incubi, e io riesco a vedere quelle immagini più chiaramente di quanto non le vedano i diretti proprietari. Sento le voci e i pianti isterici di una madre a cui è stato portato via il figlio davanti ai suoi occhi, ed è come se sentissi sulla mia pelle quelle lacrime che quel bambino sta versando per il proprio padre, ucciso dalla Mafia, davanti a lui. Ora sto vivendo quello che tu sei stato costretto a fare per un'organizzazione priva di valori morali, approfittatrice ed egoista. Lo vedo. Il demone ti viene contro e placa la tua iniziale ira; ti risvegli, vicino a lei, ti rassicura. Ha le mani fredde, anche se ha il cappotto con il cappuccio ancora addosso. Tu la uccidi, e poi piangi.»

Gli occhi lucidi di Ihara fissavano Chuuya duramente «tu, che piangi? Perché piangi e ti lamenti di quel che sei, se quel che sei è il diavolo e sei quasi felice di esserlo?»

Chuuya ebbe un attimo di esitazione, a quelle parole.
Ma non si fece bloccare, anzi lo attaccò con una risposta ancora più violenta.

«Felice? Chi cazzo di credi di essere? Non sei il Salvatore dell'umanità, non pensarti forte solo perché sai tutto quello che la gente ha passato! Tieni davvero alla tua famiglia? Perché a me sembra che tu stia usando tutti solo per te stesso, per uccidere chi vuoi tu, a prescindere se coloro che uccidi fanno parte di quella banda di persone da togliere di mezzo per creare un mondo migliore!»

Ihara inarcò le sopracciglia, sconcertato dalle sue parole.

Però Shusaku non gli diede il tempo di rispondergli, perché finalmente alle spalle di Chuuya parlò, avanzando di qualche passo verso di loro.

«Mi dispiace averti lasciato crescere, diavolo rosso. Dio forse credeva in me quanto io credo ancora in lui, adesso però non merito la sua misericordia. Mi deve perdonare per quello che sto per fare. E anche tu, Ihara, anche se te lo avevo promesso.»

Prima si voltò verso Dazai; dopo, come se avesse cambiato improvvisamente idea, guardò negli occhi azzurri di Chuuya. E pronunciò una parola.

«Silenzio.»

~~~

Wow.

Porca miseria, gente, questo capitolo è uno dei più lunghi di questa storia. Sarà che stiamo arrivando alla conclusione?

Come pensate finirà la battaglia? Cosa significa "silenzio"? E... Fumiko?

Mi scuso per il larghissimo ritardo che mi sono portata dietro. Pubblicare questa parte significa darmi anche un tempo definito, per cui spero non dovrete aspettare molto per il seguito.
Io aspetto, come sempre, i vostri commenti.

A presto!

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