~63~

Erano passati tre giorni da quando il nemico si era presentato al doppio nero e a Fumiko. Erano passati tre giorni da quando, contro ogni aspettativa, erano stati attaccati senza possibilità di difesa. Ed erano passati sempre tre giorni dal momento in cui, improvvisamente, Dazai aveva ripreso a respirare.

Il dolore che lo colpiva al petto era quasi passato. La sensazione iniziale di soffocamento non c'era più. Sentiva solo una leggera pressione, ma niente che non potesse sopportare. Aveva continuato a pensarci, in quei tre giorni. E non faceva altro che tornargli in mente Chuuya; perché aveva la sensazione che volesse dirgli qualcosa, ma che alla fine si fosse tirato indietro?
O forse era stato lui a non permettergli di parlare?
Era passato troppo tempo e temeva che il nemico si sarebbe ripresentato di nuovo, all'improvviso, per attaccarli. Non era una gara di forza, non si trattava di potenza; era più una battaglia mentale a chi avrebbe ceduto prima, a chi per primo avrebbe svelato le sue carte nascoste. Per essere in vantaggio, quindi, Dazai aveva bisogno di sapere. E di parlare con il suo compagno.

Era seduto sul divano della sua stanza. Gli pulsava la testa e la pressione sul petto era fin troppo fastidiosa. Avrebbe dovuto affrontare la cocciutaggine del suo compagno in quelle condizioni?

Che seccatura. Capirà subito che non sto bene come stavo ieri. Sarà una tortura.

Sospirando, prese il cellulare e compose il suo numero.

«Ehi, Dazai bastardo, cosa diavolo vuoi?»

Ecco, ecco che comincia.

«Stammi a sentire, dobbiamo parlare. Non fare storie e muoviti. Ci vediamo al porto.»

«Ma che diavolo! Sei il mio superiore? Vedi che non devo di certo obbedire ai tuoi ordini, capito?» il tono di Chuuya era nervoso, disturbato.

Dazai si alzò dalla sua posizione, si mise il cappotto e uscì dalla stanza «e allora perché non muori, così non devo più collaborare e discutere con te?»

Ci fu una breve pausa. Poi dei rumori, un verso indefinito, e lo schiocco di lingua del rosso, il quale finalmente ribattè seccato.

«Mi dispiace, ma come vale per gli ordini, vale allo stesso modo per i favori personali.» un'altra pausa sofferta «Ci vediamo al diavolo di porto.»

Senza attendere risposta, Chuuya riattaccò.

Dazai si incamminò quindi verso il luogo dell'incontro, pensando a cosa avrebbe detto al compagno.

Come sto? Bene.
Ho qualche dolore? Perdo sangue? No.
Perché hai la faccia pallida?
Stai per morire?

«Ma chi prendo in giro?» scosse la testa, mentre si sedeva su una panchina a fissare le navi partire e attraccare.

Scosse la testa perché tutto ciò a cui pensava era soltanto quello che avrebbe voluto potesse capitare. Però la realtà dei fatti era che, anche se avesse avuto il viso pallido e il tono di qualcuno che stava per morire, Chuuya non gli avrebbe detto niente.

O forse sì? Sì, forse sto per morire. Scommetto che ne saresti felice.

«Mi sembri più depresso del solito.» una voce aveva però fermato il suo flusso di pensieri.

Con la coda dell'occhio aveva intravisto una ciocca di capelli rossi fuoriuscire dal cappello del suo compagno; aveva alzato lo sguardo e assunto un'espressione divertita. Chuuya lo fissava con la sua solita smorfia: con la faccia di chi avrebbe preferito starsene per i fatti suoi invece che conversare con qualcuno.

«Solo perché guardo le navi del porto? Eppure, ho lo stesso sguardo di chi potrebbe anche solo fissare un bel tramonto.» il bendato allargò le braccia.

«Anche quello è da depressi.» Chuuya si mise di fronte a lui, aspettando che si alzasse e gli parlasse di ciò per cui l'aveva chiamato.

«Direi più da romantici, no?» Dazai lo guardò fisso negli occhi; riprese ad essere serio, il viso indifferente, gli occhi vacui. Riprese a giocare con la sua stessa espressione. Vide un leggerissimo cenno da parte di Chuuya, probabilmente infastidito da quella perdita di tempo, e allora smise di giocare. Si vedeva che il compagno non era dell'umore.

«Oh, d'accordo! Mamma mia, Chuuya, a volte non si può nemmeno scherzare un po', eh?» si alzò con un unico movimento, quindi prese a camminare, per poi fermarsi tutto ad un tratto.

«Volevo chiederti se ci fosse qualcosa che devi dirmi. Qualcosa di cui magari volevi parlarmi l'altro giorno, ma che poi, per una cosa o per un'altra, non hai avuto modo di-»

«Anche se fosse? Se lo ritenessi necessario per il caso, te lo direi senza nemmeno aspettare una tua telefonata. Dato che non lo è, non vedo perché farlo.» alzò un po' il tono di voce, avvicinandosi da dietro per non essergli troppo distante.

«Quindi c'è qualcosa.» Dazai si voltò, aggrottando un po' la fronte «e riguarda il caso, vero?»

«Ti ho detto che è irrilevante.»

«Lascia decidere anche a me se lo è, Chuuya.»

Chuuya sogghignò, fece un passo avanti e inizio a gesticolare «non ce la fai proprio a non essere a conoscenza di qualcosa, vero, Dazai? Non ce la fai proprio. Sei sempre alla costante ricerca di un modo per non rimanere solo con i tuoi pensieri. Deve esserci sempre un pretesto per farti concentrare su altro che non sia il semplice fallire. Ma, sai Dazai, fallire fa parte di te, di me, e di tutti gli altri esseri umani. Arrenditi, per una volta, al fatto che certe cose non le puoi sapere e basta.»

Perché?

Dazai rimase inizialmente senza parole.

Perché mi ha risposto in questo modo?

Non che fosse sorpreso dell'ostilità provata da Chuuya nei suoi confronti. Ma era strano che tirasse fuori un argomento così. O forse no?
In realtà non era strano, era normale, doveva aspettarselo. Ciononostante... In quel momento aveva solo un pensiero per la testa. Non avrebbe fallito, non avrebbe perso. Avrebbe vinto lui.

«Ho pensato molto ai nostri nemici.» Allora, Dazai parlò così, senza continuare il discorso precedente «Se volessi analizzarli velocemente, direi che si ritengono entrambi due persone che cambieranno il mondo. E sono sicuro che lo vogliono cambiare uccidendo prima noi due. La cosa che più mi sono chiesto, però, in questi tre giorni, è il motivo per cui si sono presentati a noi con il loro strano criterio.» fece una pausa, guardò altrove, sospirò.

Serviva tutto solo a creare uno spiraglio in cui inserire la sua voce. La voce di Chuuya: ciò che Dazai voleva sapere da lui.

«A te Ihara, con lo pseudonimo di Yonosuke.» a quel nome, Chuuya gli lanciò un'occhiataccia «A me l'uomo, senza nome. E anche adesso, non saprei proprio quale nome attribuirgli. Perché Ihara non si è presentato anche a me? E perché, la stessa cosa, non l'ha fatta l'uomo? Perché separarsi?»

A quel punto, Chuuya distolse lo sguardo, inquieto.

Non è vero che è irrilevante. È vero che è irrilevante.

È irrilevante, Chuuya.

«Poi ho pensato: magari volevano nasconderci qualcosa. Magari volevano conoscerci, prima, e sorprenderci poi. Però non penso sia stato saggio, da parte loro, presentarsi entrambi da noi il giorno dopo essere apparsi singolarmente. Quello che intendo è... Quale sarebbe stato il senso di farlo? Volevano davvero studiarci? Oppure... In qualche modo sapevano già come ci avrebbero dovuti affrontare?»

È irrilevante?

«L'uomo...» Chuuya mormorò qualcosa, ma Dazai non riuscì a sentirlo. Mormorò qualcosa, ma in realtà non si volle far sentire.

Di cosa aveva paura? Di cedere ancora ai capricci di quel maniaco del suicidio? Di stare ancora al suo gioco? Era convinto che le informazioni in suo possesso fossero irrilevanti, era convinto che parlarne con Dazai non avrebbe portato a niente.
Ne era convinto, ma non al cento percento. E perché?
Perché Dazai riusciva a trovare un senso a tutto. A tutto, sì, tranne...

Tranne a quello, eh? Tranne a quello.

«Io so il nome di quell'uomo.»

«Ovvio che lo sai.» Dazai sorrise.

Mostrò i denti visibilmente soddisfatto. Aveva funzionato. Parlare l'aveva fatto aprire. Ancora una volta era riuscito a sapere qualcosa senza sforzarsi più di tanto; ancora una volta era riuscito a far parlare il compagno proprio quando voleva.

L'unico problema è che parla anche quando non vorrei.

«Quindi credi che saperlo sia inutile?»

«Non penso sia legato alla sua abilità, quindi...» Chuuya, riluttante, schioccò la lingua. E a quel punto, disse ciò che pensava.

«Se davvero vuoi sapere come si chiama, questa è l'unica cosa che ricordo. Il suo nome: Shusaku. L'ho incontrato molto tempo fa. Parlava tanto di violenza e bontà... Lui si ritiene un giustiziere, ma solo da una parte. Bontà? Ma per piacere.»

Chuuya si avvicinò a Dazai, alzò una mano verso il suo viso, gli sfiorò la guancia vicino le sue labbra. Dazai rimase immobile, incapace di reagire. Che diavolo stava facendo?
Ci fu un momento di silenzio, di vuoto assoluto, in cui Dazai rimase fermo guardando il compagno muoversi davanti a lui. Improvvisamente gli era parso consapevole di qualcosa a lui sconosciuto. Improvvisamente, aveva visto nei suoi occhi una strana scintilla che lo fece rabbrividire. Stava cambiando, e doveva accettarlo; ed era anche a causa sua. Dopo qualche secondo, però, Chuuya si ritrasse, mostrando al bendato il sangue sulla punta delle sue dita, da lui preso poco prima con quel tocco leggero. Dazai continuò a fissarlo, da una parte sollevato, ma dall'altra preoccupato. Di nuovo, aveva ripreso a perdere sangue dalla bocca.

«Ti sembra bontà, questa? Ti sembra giustizia? Che mi uccidesse pure, se questa è la mia punizione per aver usato la mia Abilità come un assassino. Che mi uccidesse pure, ma che lo facesse guardandomi dritto in faccia, maledizione!»

Stava urlando, adesso, stava gridando contro Dazai.
Ma in realtà, lo stava facendo contro il suo nemico, contro Shusaku, contro Ihara. Lo stava facendo contro Corruzione, che ancora era la causa di tutto. Stava urlando contro se stesso, contro il suo stesso Io. Perché Dazai, nonostante tutto, non era l'unico a provare dolore e pena per la sua condizione quotidiana. Non era l'unico a pensare di essere nato solo per uno scopo che andava contro i principi di chiunque, che non aveva né morale né etica accettabile.


Non era l'unico demone, fra loro.

Non era l'unico diavolo.

~~~

1666 parole, che numero.

In realtà non ho tipo uno standard, di solito cerco di non superare le duemila parole per capitolo. In alcuni, però (almeno, in quelli più decisivi), sono disposta a sforare. A parte questa precisazione che non importava a nessuno, ecco a voi l'aggiornamento.

Vi anticipo che i giochi sono fatti, le carte sono in tavola. Ora pian piano insieme ai personaggi le sveleremo e, finalmente, chiuderemo il caso più lungo che per ora abbia mai scritto. Lo dico come se già fossimo alla fine, ma tranquilli, ancora ce ne manca un po' prima.

Intanto vi chiedo: come vi è sembrato il breve dialogo fra Dazai e Chuuya? Vi erano mancati i capitoli incentrati solo su di loro? A me sì, un sacco.

Fatemi sapere, e a presto.

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