~56~

«Io cosa?»

Chuuya aveva seguito il compagno: come lui, aveva abbassato il tono della voce, e aveva deciso di dargli retta, di ascoltare ciò che aveva da dire a prescindere se fosse stato quello che lui voleva o no sentire. Ciononostante sapeva che assecondarlo in quel modo non sarebbe stato un bene, li avrebbe entrambi confusi di più e avrebbero dato il via ad un ciclo infinito in cui giusto e sbagliato si sarebbero alternati fino a separarli per sempre. Ma loro potevano saperlo? Potevano immaginare che quelle loro azioni si sarebbero ripercosse in un futuro in cui era già tanto se si consideravano "compagni"?

Il dirigente bendato esitò prima di rispondere.

«Questo continuo cercare di capirmi e ammirare ciò che sono... mi fa andare su tutte le furie.»

Il suo tono di voce era quasi sussurrato, e quella sua ultima risposta sembrava quasi... Una fuga da qualcos'altro.

È quasi la stessa cosa che mi disse quel giorno. Ma è davvero quello che pensa? Davvero non sopporta il fatto che ci sia qualcuno disposto a scoprire chi è?
Non ha ancora capito che a me non frega nulla di quello che pensa dovrei fare, e non si sforzerà mai di capire, questo lo so. Però so anche che in questo stesso luogo ha percepito qualcosa che di solito non riesce a sentire. E so che adesso, in qualche modo, mi sta chiedendo di fargli provare esattamente la stessa cosa di quella volta.

Dazai stava continuando a tenergli il viso fra le mani, l'espressione sempre seria e lo sguardo puntato su di lui. Chuuya non riusciva a muoversi. Dopotutto in quel momento aveva gli occhi del compagno addosso, le sue mani fredde sul volto, il suo corpo vicino; e se in un'altra occasione lo avrebbe solo spinto e allontanato, in quel momento... Non riusciva proprio nemmeno a pensare a quell'eventualità. L'unica cosa che tradiva l'atteggiamento in apparenza controllato di Dazai era il suo respiro irregolare. Chuuya lo sentiva benissimo e non poteva ignorarlo. Dazai lo avrebbe forzato a fare qualcosa di cui si sarebbe di sicuro pentito, che lo avrebbe distratto un'altra volta, e non voleva.

«Come hai intenzione di risolvere la cosa, allora?» chiese Chuuya mormorando, mentre muoveva in modo impercettibile la testa per trovare uno spiraglio da sfruttare per allontanarsi.

È così... Complicato.

«Non credo che si possa risolvere.» rispose il dirigente bendato, sorridendo lievemente.

«Dovrò sopportarti così come sei...» continuò.

... Anche se mi farò del male, pensò subito dopo.

«Allora perché diavolo siamo ancora in questa situazione?» sussurrò Chuuya, stringendo i pugni.

Non era una vera e propria domanda. Era una constatazione di quell'istante, detta forse in maniera un po' nervosa. Erano entrambi esausti, non stavano facendo nessun passo avanti. Chuuya era troppo stanco per continuare in quel modo.

«Ora basta, Dazai.» continuò il rosso «Lasciami.»

Dazai a quelle parole sobbalzò leggermente. Lasciarlo? Dopo tutto quello che si erano detti, dopo tutto quello che stavano facendo, doveva lasciarlo andare?
Lasciarlo... In quel contesto avrebbe significato porre fine a tutte le questioni in sospeso esistenti, ogni cosa non detta sarebbe rimasta non detta per sempre, ogni cosa non fatta sarebbe rimasta incompiuta per sempre. E anche se per sempre Dazai non avrebbe vissuto, la sua vita sarebbe stata breve e in ogni caso dolorosa. Perché aggiungere sofferenza gratuita in quel modo?

Gli si avvicinò ancora di più, finendo per far sfiorare i loro nasi, per far incrociare i loro respiri. Chuuya spalancò gli occhi, immaginando la prossima mossa del compagno. Mise le sue mani su quelle del bendato, le strinse e le allontanò.

«Mi è bastato una volta.» disse, guardandolo dritto negli occhi.

«A me no.»

Neanche a me, pensò Chuuya, ma ho capito che comprenderti è molto più difficile di quanto credessi, e non sono sicuro di volere andare avanti a scoprirlo. Quindi non rendere più complicato questo momento...

Dazai chiuse gli occhi per un istante. Sapeva che qualunque cosa avesse fatto, Chuuya non sarebbe stato in grado di ribattere o ribellarsi. Sapeva che ripetere un evento passato non era impossibile perché sapeva che Chuuya glielo avrebbe permesso, dopotutto.
E se anche non fosse stato così, se anche Chuuya si fosse ribellato, cosa gliene poteva importare? Il dolore provato non sarebbe stato di certo più intenso di quello che si portava addosso ogni giorno della sua misera esistenza. Non sarebbe cambiato nulla. Per lui, farlo o non farlo non avrebbe fatto differenza. Ma... Per Chuuya?

«Come se non fosse successo nulla...» pronunciò Dazai, riaprendo gli occhi e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Allontanò il viso così vicino a quello di Chuuya, e si voltò.

Chuuya rimase immobile, con la bocca asciutta e secca, senza saliva, sbattendo più volte le palpebre e realizzando che Dazai gli aveva dato retta. A malincuore, Dazai lo aveva ascoltato e non aveva fatto di testa sua. Eppure, per una volta, avrebbe tanto desiderato essere ignorato. Avrebbe tanto desiderato cristallizzare l'ennesimo momento assurdo del loro assurdo rapporto, avrebbe tanto desiderato infrangere il loro "giuramento" e rivivere di nuovo le stesse potenti emozioni, le stesse forti sensazioni di quella volta.

«È stata l'unica volta in cui ho provato empatia per qualcuno» esclamò all'improvviso Dazai, dando sempre le spalle al compagno «è stata l'unica volta in cui ho visto una persona forte diventare debole e incapace di reagire alla perdita della vita di qualcuno. È stata l'unica volta in cui ho temuto di perdere una persona nonostante fosse ancora viva e vegeta.» si girò, riprendendo a fissarlo «è stata l'unica volta in cui non sono riuscito a controllare le mie lacrime da sempre invisibili, rendendole chiare davanti a te.»

Mentre Dazai parlava, Chuuya aveva indietreggiato di qualche passo, fino a toccare il materasso del lettino dietro di lui. Aveva ricevuto l'ennesima risposta, e ora, secondo la scaletta delle cose da mettere in chiaro, mancava solo la sua.

Però non ebbe il tempo di aprire bocca, che Dazai gli si era già fiondato vicino e gliela aveva sigillata con le sue labbra.
Non ebbe il tempo di fermarlo, che Dazai gli aveva subito bloccato le braccia e l'aveva fatto sbilanciare all'indietro, facendolo sedere e cadendo di conseguenza su di lui, con le sue gambe fra quelle di Chuuya.
Non ebbe il tempo di pensare solamente a come reagire, che Dazai aveva già deciso come doveva andare.

Le loro labbra di nuovo unite, i loro corpi nuovamente vicini, i loro visi di nuovo caldi, le loro mani nuovamente in cerca delle altre. Dazai non aveva abbandonato la sua malsana idea di riproporre quel bacio improvviso, non aveva abbandonato la sua voglia di riprovare le stesse sensazioni, a prescindere da ciò che ne sarebbe derivato per lui e per Chuuya. A quel punto, non gliene sarebbe fregato più niente se il suo compagno non fosse stato più lo stesso, se lo avesse visto come un pazzo bipolare; sapeva già di essere considerato tale, non gliene sarebbe importato di meno.

Desiderava la morte, no? Che venisse pure, ma almeno non avrebbe rimpianto di avere realizzato ciò che aveva sempre pensato. Magari fosse venuta a prenderlo in quel momento, per non dover affrontare le conseguenze che la sua azione stava già portando con sé.

E Chuuya, come previsto, non si ribellò minimamente. Anzi, prese Dazai dalla camicia, la strinse forte, quasi con rabbia, e lo avvicinò ancora di più spingendolo contro di sé, facendogli quasi male, tenendo la camicia così forte fra le sue dita da soffocarlo. Si sarebbero capiti fino in fondo questa volta e non ci sarebbe stato il bisogno di avere altri confronti come quello, non ci sarebbe stato bisogno di nulla. Quella, per entrambi, era e sarebbe stata l'ultima volta in cui si lasciavano andare a ciò che provavano, qualunque cosa fosse.

Amore o impulso?
Oramai non importava più.
Odio e allontanamento, ecco cosa sarebbe seguito.
Odiarsi era l'unica cosa che potevano continuare a fare per rimanere il duo più forte di Yokohama, per rimanere il Doppio Nero.

Era l'unica scelta che li avrebbe resi compagni, e nulla di più; che li avrebbe resi partner, e nulla di più; che li avrebbe resi ciò per cui erano stati uniti, e nulla di più.

L'alleanza perfetta, che non sempre lo era, ma che lo sarebbe stata nei momenti giusti, senza fallire mai.

«Dazai..» mormorò Chuuya, fermando i gesti del compagno, che continuavano a cercare disperatamente qualcosa, qualcosa che forse non avrebbe trovato mai.

Una pace già provata e già persa, e che nonostante ciò ricercava come fosse la sua unica salvezza in una vita dove la morte... Era l'unica scelta da fare.

Dazai si fermò, rimanendo però lì vicino a lui, quasi seduto sulle gambe del compagno, a tenergli le braccia che a loro volta con le mani tenevano la sua camicia, come a volergli bloccare i respiri, i movimenti, i gesti.
Si fermò nuovamente come tutte le altre volte: come quando stava per lasciarsi prendere dalla morte, contro Joyce, contro Chuuya; come quando poco prima aveva lasciato per un momento che Chuuya lo convincesse a frenare il suo desiderio di baciarlo, o di farsi baciare; come tutte quelle volte in cui Chuuya, e lui soltanto, lo aveva fatto fermare.

Nonostante ciò, a Dazai non sarebbe cambiato molto, fermarsi o meno. E anche ora, per quanto la sua azione potesse essere stata la cosa più giusta che sentiva di fare in quel momento, sapeva che un significato era vano darglielo, perché non ce l'aveva e basta.

«Tanto è inutile...» disse, mentre si alzava lentamente, sfiorando e quasi accarezzando il viso arrossato di Chuuya.

«Di che parli?» il tono del rosso era ancora un po' basso per il contesto andatosi a creare, ma aveva assunto comunque una certa decisione nel porre quella domanda.

Aveva la sensazione di aver capito fin troppo bene i pensieri di Dazai, di quell'istante, e temeva la sua risposta come fosse la strada per scatenare il diavolo che si annidava in entrambi.

«Tutto questo è inutile e insensato.» rispose Dazai, rimanendo di fronte a lui con lo sguardo perso altrove.

Chuuya fece una smorfia, stringendo un pugno. Se tutto quello era stato inutile e insensato, allora perché l'aveva fatto? Perché aveva fornito l'ennesimo ricordo da dimenticare, l'ennesima esperienza che li avrebbe confusi più di ogni altra cosa? Perché gli aveva fatto una cosa del genere?

A Chuuya, proprio a lui, al suo partner, a colui che sapeva non avrebbe soltanto evitato l'argomento, ma anzi l'avrebbe affrontato di petto ogni volta che Dazai lo avesse distolto da qualche altra parte, su qualche altra questione.

Non aveva senso? Tutto quello, per Dazai, non significava nulla? Chuuya non lo poteva accettare.

«Come puoi dire una cosa del genere?» si alzò dal materasso, fissando per brevi istanti il pavimento e volgendo poi lo sguardo su Dazai, il quale lo guardava impassibile «perché diavolo l'hai fatto, allora?» il suo tono di voce era alto, furioso, pronto a distruggere chiunque solamente con la propria voce.

«Vaffanculo, Dazai.» esitò per un secondo. Poi urlò di nuovo.

«Vaffanculo!»

Senza aspettare una risposta, Chuuya scaraventò il compagno contro un muro, con il suo potere. Gli andò contro, con il passo pesante, creando piccole fosse ad ogni suo spostamento, consapevole che una lotta dentro quel capanno avrebbe significato non solo distruggere il loro angolo di tregua, di pace dalle missioni, ma il loro rifugio da tutto, dalla mafia, dalla vita, dalla morte, da ogni cosa.
Ma si lasciò sopraffare lo stesso dalla rabbia che provava in quel momento, dalla voglia di prendere a calci Dazai fino a fargli sputare con il sangue un minimo di dignità morale e umana, di sentimento reale e distaccato da ciò che era, dal vuoto che si portava e dalle tenebre che considerava ormai quotidianità.

Dazai si rialzò, tenendosi il braccio destro probabilmente rotto per l'impatto, e fissando il compagno in avvicinamento. Doveva combatterlo? Solo perché gli aveva sinceramente espresso l'apparente indifferenza che quel bacio per lui aveva significato?

Aprì la bocca per parlare, ma Chuuya era già lì davanti a lui e non gli diede la possibilità di farlo, perché lo colpì con un pugno sul viso, e un altro sullo stomaco, e un calcio ancora sul braccio rotto, facendo urlare Dazai dal dolore.

«Per te niente ha senso, eh? Allora le tue parole per me non significano nulla!» di nuovo, un altro pugno sul volto «tu non sei la mia famiglia, tu non avrai mai la mia fiducia, tu...» si fermò, prendendolo con violenza dal collo e avvicinandolo a sé. Dopo sibilò.

«...Potresti anche morire, a me non farebbe differenza.»

Si allontanò dopo averlo spinto contro la parete, lasciandolo scivolare a terra, mentre strisciava con la sua schiena sul muro oramai quasi distrutto dietro di sé.

«Chuuya.» Dazai lo chiamò a denti stretti, tossendo.

Chuuya smise di camminare, si girò verso di lui e lo guardò, lì dove l'aveva lasciato. E si rivide: rivide se stesso quando Dazai l'aveva strangolato; rivide la sua figura che cercava di riprendere fiato, con la differenza che era tutto il corpo di Dazai ad avere subìto la sua furia, e non solo il collo, adesso. Era ricoperto di ferite, che a pensarci potevano anche essere evitate; Dazai conosceva ogni sua mossa, ma nonostante questo non aveva evitato i suoi continui colpi, li aveva presi quasi fossero la giusta punizione per ciò che era, per ciò che sentiva, o non sentiva.

E Dazai, a fissare lo sguardo del compagno, capì come doveva essersi sentito quella volta, e si rialzò. Accennò un sorriso verso di lui.

«Adesso ti sei sfogato?» disse, tossendo un'altra volta.

«Non ti uccido solo per non farti un favore.»

«No, Chuuya. Tu non mi uccidi perché sai bene che non ci riusciresti.» rispose il bendato, ritornando serio.

Era vero, era così. Chuuya non ne sarebbe stato capace, e nemmeno Dazai. Entrambi non sarebbero stati in grado, nemmeno volendo, di uccidere l'altro in uno scontro corpo a corpo, o in qualsiasi altra loro battaglia.

«Quindi è finita?» continuò Dazai, sogghignando, senza aspettare la risposta che non sarebbe mai arrivata da Chuuya.

Chuuya si voltò, dandogli le spalle.
Iniziò a camminare verso il lettino, lentamente.

Oh, Dazai.

Sai benissimo anche tu che tutto questo...

Non finirà mai.

~~~

Ehi, lettori.

Posso dirvi che il confronto è finito, ma la notte è ancora lunga. Ed è lunga anche la vita, per quanto strano possa suonare.

Vi confido che, per me, scrivere questi due capitoli è stato difficile tanto quanto lo era stato per gli ultimi due riguardanti il caso di James Joyce. Non volevo fare niente di esagerato, ma nemmeno qualcosa di deludente.

La mia conclusione, personale, dopo aver finito di scrivere il confronto, è che questo sarà la base di ciò che accadrà in futuro. Sarà la base del loro rapporto dopo che Dazai tradirà la port-mafia.

E niente..

Per voi, invece, cosa significa?

E come pensate continuerà questa "lunga notte"?

Restate, e lo scoprirete.

Un bacino :3.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top