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Erano circa le tre di pomeriggio, il sole era più forte che mai e, purtroppo, anche il caldo.
Chuuya stava pensando a quello che gli aveva detto Dazai su Ihara: forse le scomparse avevano uno scopo per la sua organizzazione, forse ne stava creando una nuova a Yokohama. Ma doveva di certo avere una base d'appoggio, un luogo in cui "nascondere" i suoi sottoposti, in cui essere al sicuro. Yokohama ne era piena, ma era anche vero che la port-mafia la conosceva meglio delle sue tasche, non sarebbe riuscito a nascondersi a lungo. Sempre che volesse rimanere effettivamente nascosto. Non sembrava tenesse molto a eliminare le tracce del suo passaggio. In più, Ihara non era solo, e la persona con cui viaggiava non doveva essere solamente un subordinato, per stare sempre con lui nei luoghi delle scomparse.
Mori aveva parlato di locande poco raccomandabili e bordelli.
Poteva provare a cercare qualche informazione lì.
Senza una presenza come Dazai al suo fianco sarebbe stato meno sospetto, quindi aveva deciso di provare.
Case del piacere, eh? Potrebbe essere più interessante del solito.
Si incamminò verso uno di quei luoghi con il suo solito passo felpato, le mani in tasca e lo sguardo attento. In effetti, pensò, non aveva mai avuto l'idea di andare in uno di quei posti. Il vino sicuramente gli piaceva, ma le donne non lo avevano mai attirato più di tanto. E poi non aveva tempo per cose del genere; aveva già perso la concentrazione durante il caso di James Joyce e gli era bastato quello, altre distrazioni potevano essere fatali per il suo lavoro.
Certo, non si poteva paragonare quella distrazione con Dazai ad una scappatella senza impegno di un giorno.
Ma che andava a pensare? Quando mai si era distratto stando con quel maniaco suicida?
Devo smetterla di pensarci, non è successo niente, non siamo mai stati lì-
«Ehi.»
Ad un tratto venne fermato da un uomo grosso e dal suo vocione, proprio mentre stava entrando senza farci più di tanto caso in una di quelle "case del piacere". Dovevano rompergli anche lì?
«Che vuoi?» ringhiò Chuuya, provando a scostarlo per entrare; ma l'uomo non si spostava di un millimetro, e lo superava di molto sia in altezza che in massa corporea.
«Se vuoi entrare, devi portare rispetto e pagare.» affermò l'omone, incrociando le braccia sul petto.
Chuuya fece per parlare, ma un'altra persona irruppe nella discussione.
«Su, lascialo passare, Ko» disse.
L'uomo grosso si scostò senza cambiare la sua espressione minacciosa, e lasciò passare Chuuya, che finalmente vide a chi apparteneva quel tono particolarmente delicato e controllato.
«Mi dispiace, ma è molto sospettoso della gente che viene qui. In ogni caso, sei il benvenuto» parlò ancora colui che mostrava l'aspetto di un affascinante giovane di vent'anni; oltre che suscitare fascino, era comunque molto bello, con i suoi morbidi capelli biondi poco più corti delle spalle e gli occhi di un colore che sembrava quasi rosso.
Sarà il proprietario?
«Sono in quella stanza, se hai bisogno. Spero ti divertirai.» sorrise, e si allontanò.
Chuuya si guardò un po' intorno, indeciso sul da farsi. Era entrato di getto senza aver preparato un piano d'azione, una base da cui partire per trovare informazioni.
Che diamine gli era passato per la testa?
Cosa avrebbe dovuto fare, adesso?
Se solo pensassi un po' di più a volte, prima di agire in questo modo.
Strinse un pugno, facendo una smorfia nervosa. Non aveva intenzione di andare con qualche "ragazza" e chiedere informazioni in cambio di... Servizi per lui indesiderati. Visitare bordelli era forse la cosa più stupida che avesse mai pensato. Però ormai si trovava lì, e doveva fare qualcosa. Anche solo andare da quel ragazzo che l'aveva poco prima fatto entrare, e chiedergli se aveva notizie di Ihara Saikaku e del suo compagno.
Si voltò verso la stanza in cui si era poco prima diretto, e stette un attimo a pensare. Se ci fosse andato solo per quelle informazioni sarebbe risultato strano e sospetto; d'altro canto se fosse rimasto impalato al centro di quell'enorme sala poco illuminata lo sarebbe stato ancora di più. E poi stava già notando delle ragazze che gli si stavano avvicinando.
Doveva fare in fretta e uscire...
«È la prima volta che vieni qui?» chiese d'un tratto proprio una di quelle, mentre le altre gli si mettevano intorno.
«Fatemi spazio, io!» esclamò una seconda donna, dietro di lui.
Chuuya si voltò: non era giovane, ma nemmeno poi così grande; una bella donna, sicuramente provocante nel modo di vestire, e anche nel modo di atteggiarsi, che ora gli stava sfiorando con un dito il mento.
«Tu?» il rosso indietreggiò leggermente, con aria interrogativa.
Sapeva bene cosa intendeva con quel "io", e sapeva che molte altre si sarebbero offerte se fosse rimasto ancora là, ma era difficile uscire da una situazione di quel tipo e l'omone all'ingresso che continuava a fissarlo minaccioso non aiutava; se fosse andato via avrebbe perso un'occasione, che tipo di occasione difficile da dire, dato che non aveva ideato nessun piano, ma l'avrebbe persa.
Deglutì, dopo che la donna avanzò ancora verso di lui e scacciò via le altre in malo modo; doveva sicuramente essere la più esperta in quel posto, solo con i suoi sguardi incuteva rispetto nelle giovani lì dentro e provocava un certo disagio nell'esecutore che la guardava.
La donna lo prese per mano, indirizzando i loro passi verso la stanza opposta a quella che a Chuuya interessava veramente. Si stava facendo trascinare davvero in quella situazione per lui assurda?
È solo una puttana che vuole me per guadagnare, non posso farmi rovinare i piani da lei.
Si liberò subito dalla presa della sua mano, voltandosi senza darle altra retta e dirigendosi verso la porta che forse gli avrebbe reso più sopportabile l'errore di essere entrato lì dentro.
La donna si lamentò a voce alta.
«Eppure hai un così bel viso!» esclamò, stampandosi un sorriso il quale avrebbe fatto cadere tutti ai suoi piedi in un colpo solo.
«Hai già qualcuna, forse?» continuò, facendo fermare Chuuya.
Che cazzo vuole ancora? L'ho appena rifiutata, perché non mi lascia in pace?
«Basta importunarmi, brutta-»
«O qualcuno?»
La donna gli si era avvicinata tremendamente, arrivando alle sue spalle con quel sussurro al suo orecchio e provocandogli un piccolo brivido lungo il collo. Chuuya girò lentamente la testa verso di lei, guardandola di sbieco. Aveva sentito bene? Che mente perversa doveva avere una persona che supponeva certe cose senza nemmeno conoscerlo?
E perché quel mormorio lo aveva bloccato in quel modo?
Nonostante sapesse che non era vero, nonostante sapesse che voleva solo essere una provocazione, lui la prese come un'affermazione più reale di quanto non fosse effettivamente ed esitò quell'attimo utile alla donna per continuare a provocarlo.
«Oh, quindi le donne non sono di tuo interesse, è così?» mormorò, avvicinando il suo viso a quello di Chuuya.
Lui non resistette un secondo di più; la scostò con forza, facendola sbattere lievemente ad una parete vicina, sotto gli sguardi di tutti i presenti e i bisbigli di sottofondo. Ci fu poi un momento di silenzio, in cui il grosso buttafuori fece per avvicinarsi a Chuuya pronto a farlo a pezzi e spedirlo fuori a calci; ma, di nuovo, ecco il ragazzo biondo a fermarlo.
«Cosa succede?» chiese, guardandosi attorno. Assunse un'espressione piuttosto seria, poi sospirò e ridacchiò.
«Non bisogna costringere i clienti a fare qualcosa che non desiderano, Kya.»
La donna, Kya, alzò le spalle con indifferenza «è un peccato per lui, non sa che si perde.»
«Magari non è venuto qui con le comuni intenzioni di chi viene qui.» rispose il biondo, avvicinandosi a Chuuya «vero?»
Chuuya schioccò la lingua e non rispose. Il ragazzo allora ridacchiò di nuovo e lo guidò verso la sua stanza. Poi ordinò bonariamente agli altri di riprendere ciò che stavano facendo. Chuuya osservò quanta calma e tranquillità trasmettesse quel ragazzo, e quanto la gente intorno a lui fosse serena nonostante il suo vago rimprovero. Non riusciva ancora a capire se fosse il proprietario di quel posto o qualcosa di simile.
Finalmente entrarono dentro la "famosa" stanza, e lì Chuuya ritrovò quel poco di pace che gli fece sbollire il nervosismo dei minuti precedenti.
«Mi chiamo Yonosuke. Sono il figlio del proprietario.» il ragazzo rivelò la sua identità e Chuuya tirò un sospiro di sollievo interiore per non essere stato costretto a chiederglielo direttamente.
Quindi è il figlio, non il proprietario, eh? Beh, suo padre deve avergli insegnato il mestiere, dato che tiene in riga tutti con una semplice risata. Eppure, sembra un tipo strano...
In effetti, la sua aria affascinante sembrava come una maschera su qualcosa di più profondo e cupo, che però non si riusciva comunque a scorgere. Manteneva un atteggiamento serio e controllato, ma Chuuya non era tranquillo.
Sembrava che da un momento all'altro potesse saltargli addosso e immobilizzarlo, con quel suo sorriso rassicurante e rilassato.
«Tu non sei qui per le ragazze.» cominciò Yonosuke, sedendosi su un divanetto nero davanti a Chuuya, che rimase in piedi con una mano in tasca e l'altra pronta a prendere il pugnale nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Non si fidava di quel tipo, gli trasmetteva una falsa sicurezza; allo stesso tempo sentiva in lui una stupida voglia di mettersi in gioco davvero, e non faceva che dargli ancora più fastidio.
Gli dava fastidio non perché fosse effettivamente fastidioso, ma perché quel ragazzo non era niente di più di quello che mostrava. Sembrava estremamente vero nella sua falsità, e se da una parte ammirava quel mettersi allo scoperto, dall'altra lo rendeva attento ad ogni suo minimo gesto.
«No, infatti.» rispose, fissandolo dall'alto.
«Bene.» Yonosuke si alzò dal divanetto, e si mise di fronte a Chuuya, mentre si stirava le braccia e le riponeva lungo i fianchi.
«Prego, allora.» lo invitò a parlare con un gesto della mano.
L'aria era diventata improvvisamente più tesa. Chuuya non voleva parlare a sproposito, quindi ci stette un po' a rispondere. Come se Yonosuke avesse colto quell'esitazione, sorrise. Era un accenno ad un sorriso, le labbra non si erano schiuse e i suoi occhi non erano cambiati di una virgola.
Anzi, qualcosa cambiò.
Il loro colore.
Ora erano diventati totalmente rossi.
Quella contrazione del suo viso generò in Chuuya una strana sensazione.
Si sentì scoperto davanti a quel ragazzo, si sentì nudo delle sue emozioni, si sentì tremendamente esposto. Aggrottò leggermente la fronte, stringendo i denti.
D'accordo, nessuna distrazione. Prenderò le informazioni che mi servono, e me ne andrò il più in fretta possibile da questo posto ipnotico.
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Sono stata graziata oggi, per questo capitolo, quindi ringraziatemi perché questa volta ho davvero temuto per voi di pubblicare ad agosto. In più, soffro tanto quando non posso leggere o rispondere ai commenti, quindi soffrirò in questi giorni quando li riceverò senza nemmeno poter andare a controllare.
Non commenterò questo capitolo per il semplice fatto che voi dovrete farlo: ditemi, cosa sta combinando Chuuya?
Secondo voi, si è andato a cacciare in qualche guaio che gli farà perdere tempo, o ne ricaverà qualcosa di buono e di utile?
Nel prossimo capitolo, sono sicura che sclererete non poco; non vi dirò nulla di più, come al solito, ma certe parole di Yonosuke (e di lui, che ne pensate?) faranno vacillare il nostro irruento Chuuya, e faranno urlare noi piccole anime amanti della soukoku.
Non vedo l'ora che lo leggiate.
Ciao! ^~^
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